Sherlock&John- Caring of you
CARING OF YOU
Come sapeva John con assoluta certezza che Sherlock in qualche contorto modo teneva a lui?
Tutte le volte che se lo chiedeva gli comparivano alla mente diversi
episodi che lo portavano a sorridere come un ebete per una buona
mezz'ora. Prima che Sherlock gli dicesse di togliersi dalla faccia
quell'espressione assolutamente alla Anderson.
.Primo Episodio
John entrò in salotto sbuffando pesantemente. Era stata una
giornata orribile, per non dire di peggio, e la cosa che lo
irritò maggiormente fu vedere Sherlock in vestaglia seduto
comodo e placido sulla sua poltrona, tranquillo e rilassato. Mentre lui
tra l'inseguimento avvenuto quella mattina per catturare un omicida e
il turno del pomeriggio all'ambulatorio era a pezzi.
"Vado a farmi una doccia" annunciò.
Ovviamente da Sherlock nessuna risposta, era immerso di sicuro nel
suo mind palace, per cui tanti saluti. Avrebbe potuto benissimo uscire
che nemmeno se ne sarebbe accorto. Cosa decisamente frustante.
Rimase lì fermo a fissarlo, prima di dire a voce alta e
scandita una cosa che aveva reso il suo pomeriggio veramente orrendo.
"Sono stato investito da una macchina, ma sto bene, tranquillo".
Detto questo, ben sicuro che tanto Sherlock non aveva sentito una sola parola, entrò in bagno e accese l'acqua calda.
Si tolse i vestiti e si gettò ansioso sotto l'acqua calda, un
vero toccasana per la vasta botta presa sul fianco a causa di quel
guidatore pazzo.
Appoggiò la nuca al muro piastrellato godendosi il getto d'acqua in pieno viso.
Fu riscosso solo dal rumore della porta del bagno spalancata e dalla tenda della doccia scostata di colpo.
Sherlock lo fissava ad occhi sgranati, chiaramente preoccupato di qualcosa.
"Sherlock?"
"Stai bene?"
"Di che parli?"
"Sei stato investito" rispose Sherlock con ovvietà puntando lo sguardo sulla botta che stava diventando violacea.
"Pensavo che non mi avessi sentito" confessò John.
"Tu sei l'unica persona che ascolto sempre" rivelò Sherlock ora leggermente più tranquillo.
John lo fissò stupito mentre si allontanava verso la porta.
"Vado in cucina a prenderti una pomata, te la lascio sul tavolo in salotto" disse Sherlock per poi chiudere la porta.
John era talmente stupito che non aveva fatto caso al dettaglio che
Sherlock l'aveva visto completamente nudo. Dettaglio che gli venne in
mente quella sera stessa prima di addormentarsi.
.Secondo Episodio
Finalmente anche l'ultimo paziente della giornata se n'era andato. Poteva andare a casa e bersi una tazza di tè.
Ma ovviamente, fortunato com'era, prima di arrivare a destinazione,
si sarebbe preso una bella lavata, visto che aveva deciso di piovere e
lui ovviamente non aveva portato l'ombrello.
Niente da fare, sapeva che a Londra la possibilità che
piovesse era molto elevata ma lui l'ombrello se lo dimenticava sempre,
tutte le benedette volte.
Mycroft di sicuro non aveva il suo stesso problema, secondo lui ci dormiva pure con l'ombrello.
Uscì fuori fermandosi sotto il cornicione per osservare in
pochi secondi che quello non era un temporale normale, ma un vero
diluvio. Bene, fantastico.
Era già pronto a correre come un pazzo verso la fermata dalla
tube ma una figura alta e sottile catturò la sua attenzione.
Doveva avere un'allucinazione, di sicuro. Eppure dall'altra parte
della strada c'era Sherlock, sotto l'ombrello, che si guardava intorno
con il chiaro intento di attraversare per raggiungerlo.
Era venuto a prenderlo per cosa? Di sicuro un caso. Addio tè.
"Che ci fai qui?" gli domandò quando lo raggiunse.
"Ti accompagno a casa" rispose semplicemente Sherlock.
John lo guardò stupito.
"Sapevo che non avevi l'ombrello, e non volevo ti bagnassi tutto" rispose Sherlock nervoso.
Era imbarazzo quello che vedeva? Sherlock imbarazzato? Pensava di
aver visto di tutto nella sua vita, ma evidentemente era ancora capice
di dargli qualche sorpresa.
"Grazie" rispose affiancandolo sotto l'ombrello.
Da quel giorno di novembre tutte le volte che pioveva e John era in
ambulatorio, sapeva che quando sarebbe uscito Sherlock sarebbe stato
lì, pronto per accompagnarlo a casa.
.Terzo Episodio
Bene, questa era la fine.
Non passò niente per la mente di John in quel momento, quando
Jeremiah Stuart, il serial killer a cui lui e Sherlock stavano dando la
caccia da cinque giorni, gli puntò la pistola al petto.
Il vuoto prese possesso del suo cervello, per poi venire riempito da
immagini flash che ripercorrevano tutta la sua vita. E si stupì
per un attimo di quante immagini gli rimandavano il volto di Shelock in
tutte le sue molteplici espressioni.
L'unica cosa che sentiva era il suo respiro regolare che
probabilmente tra pochi secondi si sarebbe interrotto per sempre. Non
chiuse gli occhi, voleva vedere fino all'ultimo istante la faccia di
quel bastardo.
Mentalmente chiese scusa a Sherlock per non averlo aspettato e
nemmeno avvisato di aver trovato il nascondiglio dell'assassino e di
essergli andato dietro.
Gli faceva male lo zigomo, lì dove Stuart l'aveva colpito con
un sonoro pugno nel breve corpo a corpo che avevano avuto, nel quale
lui aveva perso la pistola chissà dove.
Avvenne tutto in una frazione di secondo, sentì quella voce
molto vicino urlare il suo nome e qualcosa di pesante spingerlo a terra
nello stesso momento in cui un inconfondibile colpo di pistola
risuonò nell'aria.
Sbattè velocemente le palpebre per rendere la vista limpida e
la prima cosa che vide furono i capelli neri e ricciolati di Sherlock a
pochi centimetri del naso.
Realizzò di essere a terra, e che Sherlock era sopra di lui. Oddio, lo sparo...
Sherlock era stato colpito al posto suo?
"Sherlock?!" proruppe con una evidente nota isterica e preoccupata nella voce.
Sentì le braccia di Sherlock avvolgerlo e stringerlo e respirò profondamente per calmarsi.
Ci riuscì solo quando Sherlock sollevò il volto e lo
fissò con quegli unici occhi azzurri a poca distanza dai suoi.
"Stai bene?"
John annuì e si rese conto di stare anche lui stringendo Sherlock a sè.
Sherlock distolse lo sguardo da lui per qualche secondo per
osservare un dolorante Jeremiah ferito al braccio e Lestrade chino su
di lui infilargli le manette.
Poi lo fissò qualche secondo, lo sguardo puntato sul livido
sullo zigomo, e si alzò in piedi senza dire una parola.
John si mise seduto notando con stupore Sherlock avvicinarsi
velocemente al killer che Lestrade teneva saldamente in piedi e
tirargli un pugno sul naso, rompendoglielo e facendogli emettere un
urlo di dolore.
"Sherlock!" esclamò Gregory afferrando più saldamente Stuart in modo che non cadesse a terra.
"Stava per uccidere John" rispose Sherlock come se quella per lui fosse una giustificazione più che valida.
"Tutto bene, John?" chiese Gregory.
John, ancora confuso e incredulo, annuì. A stupirlo
più che altro era stato il tono ovvio con cui Sherlock aveva
detto quella frase.
Osservò Sherlock ritornare da lui e allungargli la mano per aiutarlo ad alzarsi.
"Torniamo a casa".
John annuì di nuovo e gli strinse la mano.
.Quarto Episodio
Era arrabbiato a morte con Sherlock. E pure con se stesso.
Tutte le volte che ci pensava sentiva lo stomaco in subbuglio.
Entrò in salotto spalancando la porta in maniera non proprio
gentile mentre dietro di lui Sherlock lo seguiva osservandolo
attentamente.
"Sei arrabbiato" dedusse Sherlock togliendosi la sciarpa blu e sedendosi sulla poltrona.
John non rispose e si voltò per non guardarlo in faccia togliendosi il cappotto.
Poi si voltò. "Sono furioso, Sherlock".
"Per quello che ho fatto nel vicolo?" chiese Sherlock.
La non risposta di John era più che sufficiente.
"Andiamo John, era solo un bacio..."
"Per fare in modo che il sospettato non ci vedesse, sì lo so"
completò John irritato. "Avresti dovuto comunque chiedermelo".
"Non capisco perchè la fai tanto lunga...con le ragazze con
cui esci ti sbaciucchi allegramente e fai anche altro" commentò
Sherlock sprezzante.
"Cosa?!" sbottò John rabbioso avvicinandosi a lui.
"Ti ha dato fastidio perchè sono un uomo? Tranquillo John,
non ci ha visto nessuno, nessuno poteva vederci nella posizione in cui
eravamo, per cui puoi dormire sonni tranquilli" Sherlock afferrò
con stizza il violino cominciando a strimpellare note a caso.
Ma John non replicò, la mente focalizzata su una parte della
frase detta da Sherlock. Deglutì capendone fino in fondo le
implicazioni.
"Nessuno poteva vederci nella posizione in cui eravamo, nemmeno il sospettato" disse John serio.
Sherlock si ostinò a non guardarlo continuando ad armeggiare col violino.
"Tu mi hai baciato perchè volevi farlo" concluse John.
"E a te ha dato fastidio. Chiudiamola qui" replicò Sherlock sulla difensiva.
Ciò che lo colpì fu il tratto di sofferenza nella voce di Sherlock.
Sospirò e raggiunse Sherlock, fermandosi davanti alla
poltrona. Quel cocciuto continuava imperterrito a non volerlo guardare.
"Mi ha dato fastidio che dopo tu abbia detto -perfetto, non ci ha
visti- come se non avesse contato niente per te. Mi sono sentito usato,
Sherlock. Perchè era una cosa che avevo voluto tanto...e per te
era sembrata una cosa di poco conto, irrilevante..." rivelò John
con cuore che batteva veloce.
Sherlock, le mani immobili da quando John aveva iniziato a parlare,
finalmente alzò gli occhi incontrando quelli di John.
Si chinò verso Sherlock lentamente, con esitazione. "Anche io lo volevo...e lo voglio anche adesso".
Sherlock si protese verso di lui baciandolo di nuovo, toccando di nuove le sue labbra, abbracciandolo.
"Non andartene mai, John" disse Sherlock dopo che si furono staccati, fronte contro fronte.
John sorrise, sapeva qual era il vero significato di quella frase, il primo dei tanti ti amo nascosti dietro altre parole.
"Mai, Sherlock".
.Quinto Episodio
"Dove mi stai portando?" domandò John per l'ennesima volta.
"Pazienza John, pazienza" rispose Sherlock prendendolo da dietro per i fianchi e spingendolo in avanti.
Era stato bendato con la sciarpa blu del Consulente Investigativo
non appena aveva messo piede in salotto e sapeva solo che Sherlock
l'aveva ricondotto fuori, fatto salire in un taxi e portato
chissà dove.
"Non essere nervoso, ti fidi di me?" gli sussurrò Sherlock all'orecchio.
"Purtroppo per me sì" rispose John facendo un sorriso a mezza
bocca, lo stesso che comparve anche sulla faccia di Sherlock.
C'erano rumori intorno a lui, di persone e auto, per cui erano
ancora all'aperto, anche se non aveva la più pallida idea di
dove. Gli parve anche di sentire il Tamigi...
Sentì Sherlock sporgersi in avanti e udì probabilmente
una porta metallica aprirsi. Lo spinse in avanti e sentì un
altro rumore metallico, probabilmente Sherlock l'aveva chiusa.
"Sei pronto?"
"Sì" rispose impaziente come un bambino.
Sherlock gli allentò la sciarpa abbassandogliela sul
collo. Nello stesso istante sentì una forza tirarli verso l'alto.
Spalancò la bocca, davanti a lui il Tamigi e le luci di
Londra che si riflettevano sull'acqua. Sherlock l'aveva portato sulla
London Eye.
"Mi avevi detto di non esserci mai salito" mormorò Sherlock
abbracciandolo da dietro e appoggiando il mento sulla sua spalla sana.
John mise le mani su quelle di Sherlock, gli occhi lucidi e emozionati.
"Come hai fatto a trovarla aperta a quest'ora di notte?"
Era quasi l'una di notte, ed era perlomeno strana la cosa.
"Un tizio dallo staff mi doveva un favore da un po' di tempo"
rispose Sherlock evasivo. "E poi è uno spettacolo strabiliante".
Sherlock osservava Londra illuminata che si estendeva sotto di loro.
"Londra è sempre bellissima" concordò John.
"Sì, anche se la cosa più bella al momento è qui con me" rispose Sherlock dandogli un bacio sulla guancia.
"Sherlock Holmes è anche un uomo romantico" commentò John sorridendo.
"Solo con John Watson" specificò Sherlock strofinando la guancia con la sua.
"E decisamente in vena di coccole" aggiunse John voltandosi verso di lui.
"Tu potrai ricambiare a casa" disse Sherlock, lo sguardo rivolto al panorama.
"Grazie, Sherlock" proruppe John.
Sherlock si voltò verso di lui sorridendogli. John si sporse
verso di lui dandogli un piccolo bacio prima di ritornare ad osservare
in silenzio la città che si estendeva con le sue mille luci
sotto di loro.
.Sesto episodio
Un nuovo caso. Una donna sui quarantacinque trovata accoltellata e
sgozzata nell'ufficio dell'azienda pubblicitaria dove lavorava.
John seguì Sherlock e Lestrade su per il terzo piano,
passando in mezzo alla scientifica e ai poliziotti che si stavano dando
da fare per isolare la scena del crimine.
Si infilò delle protezioni ai piedi ed entrò nella stanza.
C'era sangue, molto sangue. La vittima era a terra, proprio di
fianco a quella che si presumeva essere la sua scrivania, il pc era
ancora acceso.
Ma la cosa che lo fece bloccare sulla porta fu il suo viso.
I capelli a caschetto castano chiaro, gli occhi grigi aperti che
guardavano il nulla, la bocca sottile, il viso squadrato ma nel
compenso grazioso.
Quella donna era quasi la perfetta sosia di sua sorella Harriet.
"Jane Cavendish, 46 anni, grafica pubblicitaria..."
Le parole di Greg gli entravano da un'orecchio e gli uscivano
dall'altro. Si rese conto vagamente di star stringendo forte lo stipite
della porta, e di non essersi ancora mosso. Sentiva di stare per
vomitare, nella mente il viso di sua sorella.
"John?" Sherlock lo guardò confuso.
Lui non aveva mai incontrato Harriet, non poteva saperlo.
"Scusate".
Si voltò e uscì scendendo velocemente le scale e togliendosi velocemente le protezioni ai piedi.
Quando fu fuori prese un bel respiro e si guardò intorno.
L'edificio era stato delimitato dal nastro. Raggiunse un cespuglio
di fianco all'edificio e vomitò.
Sentì una mano fresca sulla fronte e un'altra sulla spalla.
"John?"
"Sto bene, Sherlock. Tranquillo".
Accettò il suo fazzoletto e si pulì la bocca.
"Sei pallido e stai sudando, per di più hai vomitato, quindi non stai bene. Che succede?"
Fu lo sguardo preoccupato di Sherlock a farlo parlare.
"Quella donna, il suo viso...è quasi identica a mia sorella.
Mi è sembrato di vedere lei lì per terra, morta".
Sherlock strinse le labbra prima di parlare. "Ti porto a casa".
"No, no. Tu devi andare là e analizzare la scena del crimine,
io ti aspetterò qui. Sto bene adesso, non ti preoccupare,
davvero. Ti aspetto e poi andiamo insieme" replicò John.
"Sei sicuro?" domandò Sherlock esitante.
"Sì Sherlock, dobbiamo prenderlo questo bastardo".
Sherlock annuì "Non ci metterò molto".
John lo osservò entrare velocemente e poi si appoggiò al muro chiudendo gli occhi.
Dopo pochi minuti sentì una voce sconosciuta chiamarlo.
"John Watson?"
John aprì gli occhi e osservò un poliziotto, doveva avere non più di venticinque anni.
"Sì, sono io".
"Questo è per lei, glielo manda Sherlock Holmes" il
poliziotto gli allungò un bicchiere di plastica con dentro
quello che sembrava tè. "Mi ha detto di dirle che è
quello delle macchinette e che probabilmente non sarà un
granchè e che a casa gliene farà un altro, il suo
preferito, quello nero".
John prese il bicchiere. "L'ha minacciata di rivelare agli altri qualcosa di imbarazzante su di lei per farmelo portare, vero?"
Il sorriso del poliziotto fu sufficiente come risposta.
"Può andare, grazie" disse John avvicinando il tè alle labbra.
Il poliziotto si voltò e tornò dentro.
Sherlock era un pazzo...pazzo quando si trattava di lui. Sorrise
come un idiota prima di sorseggiare il tè e concordare con
Sherlock che non fosse un granchè.
.Settimo episodio
Sherlock era su quel dannato tetto, e lui non sapeva come diavolo fare per farlo tornare al sicuro da lui.
"Sherlock...non farlo..." mormorò al telefono, la voce roca e le lacrime sul volto.
"Ti amo, John. Ricordatelo" rispose Sherlock, la voce come la sua rotta dal pianto. "Addio, John".
"Sherlock! Sherlock!" urlò con tutte le sue forze, nella speranza assurda di bloccarlo.
Ma lo vide saltare giù con grazia, come un angelo, mentre lui
non riusciva a smettere di urlare il suo nome, di chiamarlo, ben
sapendo che non l'avrebbe più sentito.
"John! Svegliati!"
Sentì delle mani scuoterlo forte e la prima cosa che vide aprendo gli occhi fu il viso bello e preoccupato di Sherlock.
Aveva il respiro corto e affannoso e gli faceva male la gola,
probabilmente aveva urlato come nel suo sogno il nome del Consulente
Investigativo.
"Calmati, John. Hai avuto un incubo" Sherlock gli accarezzò le guance asciugandole dalle lacrime.
John respirò profondamente, nel tentativo di regolare il battito cardiaco.
Non era successo nulla, Sherlock stava bene ed era lì con
lui. Eppure a volte, a distanza di anni, sognava ancora quel giorno,
modificato ma lo sognava comunque. Anche se le volte prima Sherlock non
l'aveva svegliato o perchè non c'era durante quei tre anni o
perchè non dormivano ancora insieme.
"Sono qui, John. Non me ne andrò mai più" disse Sherlock leggendo nei suoi occhi la sua angoscia.
Poi si chinò dandogli un bacio sulle labbra e John lo
abbracciò forte, accarezzandogli i capelli e sentendo il suo
cuore battere proprio sopra il suo.
Si addormentarono stretti l'uno all'altro, fino al mattino, quando
John si svegliò e scoprì di essere ancora avvolto nel
calore del corpo di Sherlock, talmente forte da non potersi liberare
senza svegliarlo.
"John, smettila di sorridere in quel modo" Sherlock si chinò da dietro verso di lui dandogli un bacio sulla guancia.
John chiuse il giornale che non stava leggendo da diversi minuti e lo ripose sul tavolino davanti alla poltrona.
Tuttavia il sorriso non cessava di andarsene via dal suo volto. Non ci poteva fare niente se era troppo felice.
"A cosa stai pensando che ti fa così sorridere?" chiese
Sherlock curioso sedendosi sulle sue gambe e accambellandosi ben bene
addosso a John.
Era un pizzico di gelosia quello che aveva colto nel tono di Sherlock?
John si avvicinò dandogli un bacio sulle labbra, poi fece la sua rivelazione. "A noi due".
Sherlock sorrise soddisfatto. "Oh beh, allora sei autorizzato a sorridere in quel modo".
John rise stringendo maggiormente Sherlock a sè.
"Tu sei l'unico per me" aggiunse Sherlock incastrando la testa nell'incavo della sua spalla.
"Sì, lo so. Me l'hai dimostrato un sacco di volte senza nemmeno accorgertene" replicò John.
Rimasero in silenzio per minuti, a bearsi della reciproca compagnia,
mentre la mattina scivolava via e il sole illuminava le loro figure
avvolte in uno stretto abbraccio.
ANGOLO AUTRICE
Sono troppo carini, non ci
posso fare niente se me li immagino insieme in tutte le situazioni
possibili. La mia testa ormai è piena di filmini su loro due.
Che il Johnlock sia con voi!
Nikki Potter
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