Capitolo secondo- Spiacevoli sorprese
Ciao a tutte! ^-^
Ecco a voi un nuovo capitolo di Eternity, spero vivamente che vi piaccia. :)
Qua sopra c'è la foto
della ragazza che, secondo me, è adatta ad interpretare la
protagonista femminile, Lucinda. Nel prossimo capitolo metterò,
invece, colui che impersonerà il protagonista maschile, Raphael.
:D
Detto questo vi auguro una BUONA LETTURA!
Eternity
Non tutti i fiori fioriscono per essere visti,
alcuni sono destinati
a disperdere la loro fragranza nel deserto.
Finchè qualcuno
non li raccoglie e ne apprezza il profumo.
(Northanger Abbey-Jane
Austen)
CAPITOLO SECONDO: Spiacevoli sorprese
<< Mi raccomando Luce, stai ben attenta in città, delle ragazze che sono
ancora in contatto con delle amiche già uscite dall'orfanotrofio, mi hanno
riferito che New York è molto pericolosa come città, c'è un alto tasso di
criminalità e... >> iniziò Irina, partendo in quarta.
<< Irina è
tutto ok! Me la saprò cavare in attesa del tuo arrivo, tranquilla. >>
dissi esasperata da tanta preoccupazione, immotivata, a parer mio.
Lei, in
risposta, annuì incerta, gettandosi su di me per un ultimo caloroso
abbraccio.
Era il giorno dopo il mio compleanno e per me, era giunta l'ora di
partire verso la mia nuova vita. Con la mente, ripercorsi tutti i momenti, gli
istanti più preziosi, passati in compagnia di Irina e delle altre ragazze in
orfanotrofio.
Le risa spensierate per i
giardini dietro l'edificio, il profumo dolce delle rose nel giardino fiorito, le
grida birichine dopo gli scherzi fatti alle suore da bambine, i semplici
sguardi complici fra noi...
Non avrei mai dimenticato tutto ciò.
Mai. Ogni singolo ricordo sarebbe stato la mia luce nel buio nei momenti tristi,
la mia difesa contro la solitudine.
Una lacrima ribelle scese dalle mie
guance color pesca, attirando l'attenzione della mia migliore amica.
<<
Ehi, che fai adesso piangi? >> disse lei con le lacrime agli
occhi.
<< Senti da che pulpito viene la predica. >> ribattei con
un sorriso.
Ci guardammo e fu come ritornare di nuovo le bambine di un tempo,
un tempo che a me, adesso, sembrava così lontano ed
irraggiungibile...
<< Ragazze mie, mi spiace interrompere questo momento
di intimità fra voi ma... l'auto per Lucinda è arrivata da un po' ormai...
>> ci comunicò quasi in un sussurro suor Kate. La donna era affiancata
dalla suora madre, che adesso rivolgeva lo sguardo altrove, come se la sola
vista della mia partenza le facesse troppo male e, forse, era esattamente così,
pensai commossa.
<< Si, vado. Posso abbracciarvi almeno un ultima
volta? >> risposi con gli occhi lucidi, riferendomi alle due donne davanti
a me.
Di questo passo avrei ceduto, accidenti. Non potevo piangere, non ora e
soprattutto non in pubblico. Non era da me.
In risposta, le suore si
avvicinarono velocemente a me e, evento più che raro, perfino la suora madre
perse la sua maschera di donna tutta d'un pezzo, abbracciandomi in un modo che,
solo poche ore prima, avrebbe definito assai poco decoroso per una
signorina.
<< Mi mancherete tutti. >> confessai.
<<
Anche tu mia cara Lucinda, anche tu. >> dissero, non appena si furono
staccate da me, le due suore.
Dopo un ultimo saluto a tutte e tre, mi voltai
fiera, camminando lentamente e più rigida di un manico di scopa verso l'auto
scura a pochi metri da me. Sentì delle risa mal trattenute in sottofondo e, con
uno sbuffo, pensai che dovevo davvero sembrare la brutta copia di un pinguino
per far ridere, oltre Irina, anche suor Kate.
Arrivata difronte l'auto però,
ebbi un attacco di affetto improvviso, cosa assolutamente non da me. Tanto che, con uno
scatto, mi voltai per poi correre verso la mia amica e stritolarla in un
abbraccio, cercando di farle capire silenziosamente quanto mi sarebbe mancata in
quei mesi in cui saremmo state lontane.
<< Ti voglio bene anch'io,
stupida che non sei altro. >> sorrise sulla mia spalla.
Subito dopo
aver sciolto l'abbraccio, ricambiai il sorriso per poi voltarmi nuovamente e
dirigermi verso l'auto, entrando poi al suo interno. Poggiai una mano sul vetro
su cui stavano, pian piano, incominciano a scendere delle scie d'acqua dovute
alle gocce di pioggia; la quale era appena iniziata, come se quello fosse il suo
personale saluto alla mia partenza.
Dopo non molto l'auto partì, lasciando dietro di se l'immagine
delle tre donne che ancora si sbracciavano per salutarmi. Ma quello non
era un addio, era un arrivederci, promisi a me stessa e a loro,
silenziosamente. Irina mi avrebbe raggiunta nella mia futura casa nella
Grande Mela, quindi per quanto riguardava lei potevo stare tranquilla;
ma sarei sicuramente ritornata all'orfanotrofio per fare qualche visita
alle suore e ai miei vecchi compagni perché, dopotutto, una
piccola parte del mio cuore sarebbe sempre rimasta lì,
accanto a loro.
Oltrepassato il cancello tolsi la mano dal vetro e mi girai
definitivamente, osservando lo scorrere della strada davanti a me. Man
mano che ci allontanavamo dal bosco in cui si trovava l'orfanotrofio,
le case e gli edifici aumentavano sempre di più, così
come la loro modernità. Ben presto, infatti, cominciai ad
intravedere i primi grattacieli e non potei evitare di spalancare la
bocca, incredula. Non avendo mai oltrepassato la soia dell'edificio che
mi aveva vista crescere, infatti, non avevo mai visto di persona quelle
magnifiche costruzioni in cemento armato, acciaio e vetro.
<< È la prima volta che viene qua a New York, vero
signorina? >> mi chiese cordialmente il conducente dell'auto.
<< Si, infatti. Spero di trovarmi bene, la mia amica non ha fatto
altro che mettermi in guardia dalla gente del posto. >>
ridacchiai al pensiero delle facce buffe che aveva fatto Irina fin da
questa mattina.
L'uomo si rabbuiò e rispose: << La sua amica fa bene a metterla in guardia, ci sono persone e famiglie che è meglio evitare in città. >>
<< Beh, io del luogo ho conosciuto solo un certo Raphael Grigori
e... >> cominciai incerta, ma lo sguardo cupo dell'uomo
bloccò sul nascere il mio discorso.
<< C'è qualcosa che non va, forse? >> dissi allora, turbata.
<< Ecco signorina, quella è una persona che dovrebbe evitare, così come la sua famiglia. >>
Aprì allora la bocca per chiederne il motivo, ma non potei
farlo, perché subito dopo il conducente mi disse che eravamo
arrivati. Vidi infatti che mi trovavo proprio difronte la casa che,
insieme alla suora madre, avevo scelto di comprare tramite le vendite
online.
La casa a due piani che mi si presentava davanti era piccola e modesta,
comprata grazie ai pochi soldi che le suore avevano ritrovato nella
scatola in cui mi avevano trovata diciotto anni fa. Quando mi ero messa
alla ricerca di una casa in cui abitare, avevo subito richiesto che ci
fosse un piccolo giardino in cui piantare delle rose, ed infatti questa
casa ne possedeva uno già ricco di piante a cui poi io avrei
aggiunto ben presto i miei fiori preferiti. Il tutto era circondato da
una graziosa staccionata bianca.
Una casa vecchio stile insomma, in simbiosi con il quartiere in cui mi
trovavo che era un classico residence, solo meno, molto meno,
prestigioso. Sperai solo che i vicini fossero simpatici, dopotutto era
con loro che molto probabilmente avrei fatto le prime amicizie.
Dopo che il conducente mi ebbe aiutato a portare le mie poche valige
sulla soia di casa, mi salutò con un debole sorriso per poi
infilarsi dentro l'auto ed andarsene. All'inizio mi era sembrato
socievole ma poi, non appena avevo parlato di Raphael, si era incupito
notevolmente e sinceramente non ne capivo il motivo. Ok, Raphael mi era
fin da subito sembrato un tipo arrogante ed antipatico, il tipico uomo
di potere ma lo sguardo del conducente mi era parso esagerato, potevo
giurare infatti di aver intravisto un lampo di paura passare nei
suoi occhi color cioccolato. Ma paura di cosa?
Sospirai, era inutile pensarci, tanto io quell'idiota non l'avrei mai più rivisto quindi...
Ci rivedremo molto presto io e te, puoi giurarci.
Ti farò cadere ai miei piedi ragazzina, da adesso comincia la nostra sfida.
Il ricordo di quelle frasi mi fece rabbrividire. Avevo incontrato il diavolo di New York, ne ero certa.
Sospirai per la seconda volta. Possibile che la prima nuova conoscenza dovevo farla con quel pallone gonfiato?
Interruppi il fluire dei miei pensieri, pensando che adesso dovevo
concentrarmi solo sulla sistemazione delle mie cose nella casa ma non
feci in tempo a chiudere la porta che subito suonarono al campanello.
Mi illuminai. Un vicino! Magari era un vicino che veniva a darmi il benvenuto nel quartiere!
Corsi, trafelata ed impaziente, all'ingresso, dandomi una veloce
sistemata ai capelli davanti allo specchio lì vicino poco prima
di aprire la porta con un enorme sorriso stampato in viso, pronta ad
accogliere al meglio qualsiasi persona mi si fosse parata difronte.
<< Buongiorno ragazzina impertinente. >> mi salutò
così l'ultima persona che mi sarei aspettata di vedere.
Lui.
Lui era qui!
Oh santo cielo, perché capitavano tutte a me?
Lo guardai male, ben intenzionata a chiudergli la porta in faccia e
mandando così al diavolo le buone maniere ma, al contrario delle
mie rosee aspettative, un suo piede bloccò il chiudere della
porta di casa, facendomi così imprecare silenziosamente.
<< È così che si trattano gli ospiti Lucinda? >> ghignò Raphael.
<< Oh, no, questo trattamento speciale lo riservo solo a te e
adesso, se vuoi scusarmi, avrei molto da fare. >> risposi
fulminandolo con lo sguardo.
<< Io invece vorrei darti il benvenuto nel quartiere, quindi entro con molto piacere, grazie. >> enfatizzò l'ultima parola con arroganza, facendo leva sulla porta ed entrando in casa.
<< Certo, un uomo come te che veste abiti firmati e, molto
probabilmente, fatti su misura, vive in un misero quartiere di
provincia! >> grugnì in risposta.
Lui mi sorrise maligno: << In effetti io abito nel grattacielo
privato della mia famiglia, il più alto mai costruito a New
York. >>
Sbuffai infastidita, l'ego di quest'uomo era incomparabile.
Lo vidi sistemare sul piccolo tavolino lì vicino il mazzo di
rose che aveva portato in dono e che io, troppo presa ad insultarlo
mentalmente, non avevo notato prima. Beh, almeno non era un completo
maleducato.
Ripensai alla sua frase di poco prima con sgomento. Aveva detto il mio
nome! Ma chi diavolo poteva averglielo rivelato? Forse la suora madre
quando io e Irina ce ne eravamo andate?
<< Come sai il mio nome? >> mi informai allora, spinta dalla mia solita curiosità.
<< Ho fatto alcune ricerche. >> disse con nonchalance, come
se quello che avesse appena detto fosse una cosa che facevano tutti,
normale.
Strabuzzai gli occhi: << Che cosa hai fatto?! >>
<< Hai capito perfettamente e poi, dal tuo tono, credo che tu
abbia già immaginato che io sia un uomo molto potente qua in
città. >> rispose con un sopracciglio alzato.
<< Beh si ma... >> dissi ancora scossa. Lui aveva fatto
ricerche su di me... lui... LUI AVEVA FATTO RICERCHE SU DI ME! Come
accidenti si era permesso!
<< Brutto idiota, chi ti ha dato il permesso di ciò, eh? >> domandai furente.
<< Modera i toni ragazzina, l'ho fatto perché volevo
conoscere la donna che mi ha rifiutato, no? Devo pur avere una pista
con cui cominciare il mio piano di seduzione. >> affermò
tranquillo.
Stava scherzando, vero?!
No, notai con orrore, dal sadico sorriso che gli era spuntato in volto.
Merda.
ANGOLO AUTRICE:
Eccoci arrivati alla fine del capitolo ragazze, allora, vi è piaciuto? :)
Vi sareste mai aspettate che a suonare il campanello fosse il bel
Raphael? E soprattutto, cosa ne pensate della sua ultima frase?
Riuscirà nel suo intento di sedurre la protagonista? E lei, cosa
farà difronte i suoi sempre più insistenti tentativi? Chi
cederà per primo all'altro?
Lo scoprirete solo seguendo i prossimi capitoli, ragazze. ;)
Ditemi ogni vostro pensiero in una, anche piccola, recensione, mi farebbe molto piacere, anche perchè solo grazie a voi potrò migliorare! :D
Ringrazio infinitivamente colore che hanno aggiunto la storia fra le:
- preferite: 2
-ricordate: 1
- seguite: 11
GRAZIE a tutti, davvero. <3
Adesso vi saluto, bacioni, vostra Ashwini. :*
*L'altra mia storia, attualmente in corso, a cui spero darete un'occhiata:
In un tempo futuro scoppia la cosiddetta
''Apocalypse Demons War'', a causa della quale l'intera umanità
si ritroverà sottomessa ad una nuova e potente razza di demoni,
esseri crudeli e quasi privi di ogni sentimento.
La loro razza arriverà a conquistare quasi l'intero pianeta
Terra e questi territori verranno sottomessi all'Impero di Alloces,
governato dal più potente demone della razza demoniaca: il
bellissimo imperatore Andras, famoso, oltre che per la sua enorme forza
anche per malvagità e freddezza. Amia, ragazza umana
caratterizzata da una grande determinazione e forza di vivere, si
ritroverà catapultata in un mondo oscuro e completamente diverso
dal suo, dovrà adattarsi e soprattutto dovrà combattere
per ciò in cui crede.
Le vite dei protagonisti e di coloro che gli stanno vicino verranno irremediabilmente sconvolte da eventi di enormi proporzioni.
La storia ha inizio, preparatevi ad entrare in un mondo completamente nuovo.
Dall'undicesimo capitolo:
- Ancora. - dissi perdendomi in quella turbolenta tempesta che erano i suoi occhi.
- Ancora cosa? - disse confuso.
- Il mio nome, ripetilo ancora. - risposi sussurrando, come a non voler spezzare l'atmosfera creatosi.
Dal quattordicesimo capitolo: - Gemi Amia, gemi per me. - disse succhiando e mordendo con foga poco sopra la giugulare.
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