I
due giorni trascorsi a New York sembravano aver scosso i ragazzi del
Glee, chi in positivo chi in negativo. Michelle credeva di aver
finalmente superato la sua ossessione per Tony, che prima di allora
non le aveva mai permesso di allontanarsi definitivamente da lui;
Quinn, d'altro canto, non aveva ancora perso le speranze per una
riconciliazione con quel ragazzo che le aveva rubato tutto, a partire
dal suo cuore per arrivare alla sua anima e al suo corpo, dove erano
racchiusi tutti i suoi punti deboli e le sue incertezze; Rory aveva
finalmente accettato quel nuovo sentimento che sentiva sbocciare
dentro di lui, come un fiore in primavera, bello e luminoso; Sam,
seppur felice per aver fatto chiarezza nella sua mente e per aver
preso la decisione di trascorrere le sue giornate con l'irlandese, si
torturava alla ricerca delle parole giuste da usare con Mercedes,
alla quale continuava a volere un gran bene, e che sembravano proprio
non voler uscire; Puck si era quasi convinto a poter aspettare la
fine della scuola, e quindi la sua partenza per Bristol alla volta di
casa Stonem, in modo da non infierire sull'inglese diventata ormai
amica inseparabile di Santana Lopez; Kurt, infine, era semplicemente
felice. Felice di non dover essere, per una volta, colui che avrebbe
dovuto sudare sette camicie per conquistare il ragazzo amato, colui
che avrebbe potuto persino permettersi di essere quello desiderato, e
non il contrario; era felice di aver dimenticato Blaine, disperso tra
le fossette ai lati della bocca del biondino inglese che sembrava non
volerlo abbandonare mai.
Nonostante
questo mare di emozioni incontrastanti, nessuno di loro poteva
permettersi di far volare ulteriorimente i propri pensieri verso
altri mondi, costretti alla massima concentrazione sulla gara che
avrebbero dovuto affrontare quella sera: il giorno delle Provinciali
era finalmente arrivato.
«Mancano
solamente due ore, Mercedes non ce la farà mai a cantare! La
febbre
non accenna a diminuire professore!».
«Non
preoccupatevi, posso cantare io, sono prontissima»,
approfittò prontamente Rachel.
«Perché
non fate cantare Kurt?».
Tutti
si girarono in direzione del ragazzo che aveva parlato, Kurt
compreso: Maxxie Oliver voleva davvero far cantare lui davanti a
tutte quelle persone, da solo?
«Sì,
insomma», continuò
allora l'inglese leggermente in imbarazzo. «Ha
una voce pazzesca, l'ho sentito. È particolare, ed ha
sicuramente un
paio di canzoni già pronte. Non volevate la
novità? Be', Kurt
Hummel è la vostra novità».
«Tu
sei pazzo», proferì Kurt
a mezza voce.
«Bene,
Kurt, hai qualche canzone in serbo per noi? A Rachel non
dispiacerà
se sarai tu a prendere il posto di Mercedes»,
continuò deciso il
professor Schuester, rivolgendo un'occhiata di fuoco alla ragazza che
non aveva fatto in tempo a protestare per quella scelta del tutto
insensata di non farla cantare.
«Sì,
io, ecco...»
«Puoi
cantare “I have nothing”! Quella canzone ti viene
una meraviglia,
Kurt!», aggiunse allora Quinn, che quella canzone la sentiva
anche
un po' sua, sperando che a Tony Stonem arrivasse il suo messaggio
nemmeno troppo implicito.
«Ok,
è deciso allora, sarà Kurt a cantare il primo
pezzo. Scaldatevi
ragazzi, ci vediamo fra due ore prima di salire sul palco! Sam, vai a
parlare con Mercedes, credo che tu sia la persona più
indicata in
questo momento. Confido in te, mi raccomando», concluse
Schuester
prima di uscire dalla sala.
«Ma
io-»
«Sssh,
vai a parlare con lei, glielo devi», sussurrò
l'irlandese al suo
orecchio con un sorriso incoraggiante.
**
«Mercedes,
ciao», esordì Sam bussando piano alla porta della
ragazza.
«Eeehi,
piccolo, ciao!».
Entrato
nella stanza, Mercedes lo incoraggiò ad avvicinarsi al letto
per
potersi sedere accanto a lei e il biondo, sebbene un po' titubante,
fece come gli era stato suggerito. Non prima di aver fatto un respiro
profondo, però.
«Sai,
non credo di poter cantare stasera», suggerì lei
vedendolo agitato.
«Canterà
Kurt al tuo posto».
«Oh,
cavoli, non posso perdermelo allora! Dovrai accompagnarmi fra il
pubblico, voglio quantomeno vedere il mio migliore amico cantare! E
poi, non mi dispiacerebbe poter vedere anche te», sorrise
sfiorando
la mano del ragazzo, che per poco non la ritrasse con uno scatto.
Sam
aveva decisamente bisogno di controllarsi, voleva bene a Mercedes e
nonostante non provasse più quel tipo di attrazione nei suoi
confronti non poteva permettersi di ferirla ulteriormente. Aveva
lottato tanto per averla, e ora che lei aveva lasciato Shane per
tornare insieme, lui si era sottratto. Per un ragazzo. No, non era
giusto definire così la sua situazione. Lui non l'aveva
lasciata
perdere per un ragazzo, lui l'aveva lasciata per quel
ragazzo; quello che da quando Sam aveva messo piede nell'aula di
canto e se l'era ritrovato davanti che lo fissava incuriosito, non
aveva potuto fare a meno di ammirare; quello per il quale sarebbe
stato disposto a fare di tutto, pur di averlo al suo fianco e
proteggerlo; quello per il quale avrebbe lottato, e avrebbe parlato
con tutte le Mercedes Jones di questo mondo per poter stare con lui.
Sam non era più attratto da Mercedes perché si
stava innamorando di
Rory Flanagan.
«Piccolo,
si può sapere che hai?», chiese la ragazza
vedendolo così
pensieroso e stringendogli la mano con più vigore,
nonostante la
spossatezza dovuta dall'influenza.
«Mercedes,
sono felice».
«Felice?»,
chiese allora lei sorpresa da quella uscita improvvisa. «Mi
fa
piacere che tu sia felice, so che hai sofferto molto quando sei
tornato, perché sì, insomma, vedermi con Shane
non deve essere
stato proprio bello, e sono sicura che quel bacio alla festa
è stato
inaspettato per me come per te, così che non hai avuto modo
di
realizzare cosa stesse effettivamente accadendo. Ma vedi, io in quel
bacio ci ho visto tutta la nostra storia e mi sono resa conto che i
miei sentimenti per te non si erano estinti, li avevo solamente
sepolti per colmare la tua assenza. Anche io sono felice, ora che
siamo insieme».
«Non
voglio tornare con te»
«Cosa?
Sam, cosa vuoi dire?»
«Voglio
dire che ora sono felice, e per questo non possiamo tornare insieme.
Non sono felice come quest'estate, quando ero con te, sono felice
come non lo sono mai stato in tutta la mia vita. Mi sono innamorato,
Mercedes. E questo mi fa paura, ma mi rende felice. Non voglio che tu
ci stia male, sai che per te ci sarò sempre tutte le volte
in cui ne
avrai bisogno, perché ti voglio bene e vederti soffrire
sarebbe
tremendo, ma sono troppo felice per tarparmi le ali tornando con te.
Ora che ho capito come si fa, sono pronto a spiccare il
volo». Sam
aveva sputato fuori quelle parole senza neanche prendere fiato, per
paura che una minima pausa gli avesse impedito di continuare a
parlare: sentiva di doverle dare tutte le spiegazioni di questo
mondo, ma al tempo stesso voleva proteggere Rory da tutto, persino da
questo. Voleva che Rory fosse suo, parlarne anche solo con Mercedes
avrebbe significato condividere quei sentimenti che nessun altro al
di fuori di loro due avrebbe capito. Era una creatura troppo preziosa
per poterla intaccare in questo modo.
Mercedes
ritrasse di colpo la mano che accarezzava ancora la sua, come
scottata da quelle rivelazioni. Sam, in un ultimo atto di coraggio,
la guardò negli occhi per comunicarle tutto ciò
che non era stato
in grado di dirle con le parole; sperava che almeno questo lo avrebbe
capito.
La
ragazza lo guardò atterrita, incapace di far uscire alcun
suono
dalle sue labbra, lasciando così che il biondo uscisse da
quella
stanza senza darle ulteriori spiegazioni.
**
Un'ora
era trascorsa da quell'ultima conversazione avvenuta per decidere chi
avrebbe cantato, un'ora mancava alla loro esibizione per le
Provinciali.
Quinn
Fabray era decisa a togliersi dalla testa, almeno per quella sera,
l'assillante pensiero che ormai la logorava da giorni, e che non le
permetteva nemmeno di respirare. Si sentiva abbandonata, per la
seconda volta; frustrata, per aver dato ascolto al suo cuore e non
alla sua mente; usata, come avevano sempre fatto tutti.
Non
voleva ammetterlo, ma la botta che aveva preso per colpa dell'inglese
faceva più male persino di Puck, che a modo suo, almeno,
l'aveva
amata. Nel modo sbagliato, sì, ma pur sempre amata. Tony
Stonem
invece aveva fatto di tutto, fin dalla prima volta che l'aveva vista,
per portarla a letto; e lei era caduta con tutte le scarpe nella sua
trappola di tentatore. O forse, sarebbe stato meglio dire senza
vestiti. Non solo in senso letterale, perché Quinn con lui
si era
denudata di tutto, aveva lasciato cadere le mille maschere che aveva
indossato all'inizio, quando credeva di potersi permettere quella
relazione affinché riuscisse ad essere di nuovo in cima alla
scala
delle classi sociali. Quinn Fabray, dal momento in cui lui aveva
smesso di assillarla, si era innamorata. E credeva di amare quel
ragazzo almeno quanto aveva amato Finn, due anni prima. Quando Tony
era tornato da Michelle, lei non aveva provato gelosia, ma
distruzione. Il suo cuore si era frantumato e la sua anima era stata
risucchiata da una forza oscura fino all'ultimo respiro,
così da
impedirle di guarire. Quinn era malata dentro, si sentiva sporca,
marcia, usata e poi gettata via. Odiava quel ragazzo, per averle teso
la trappola più dolorosa di tutta una vita.
«Posso?»
Quinn
aveva riconosciuto subito quella voce, inconfondibile tra mille,
dolorosa come uno schiaffo in piena faccia, confortante come una
carezza a fior di pelle. Come una stupida, si scoprì a
sperare che
potesse ancora cambiare qualcosa e che quella voce fosse in grado di
farla rinascere.
«Pensavo
di esser diventata invisibile».
«Invisibile?
Quando deciderai di farti un'operazione lì sotto e
indosserai delle
fasce per nascondere il seno, allora forse diventerai invisibile ai
miei occhi», scherzò Tony entrando nella stanza
dove la ragazza era
sola a pensare.
Ma
certo! Ti
concederà un'ultima scopata, perché Tony trova
sempre il tempo per
scopare.
Le
parole di Michelle rimbombavano nella sua testa come un martello
pneumatico, insistenti e dolorose come non mai.
«Non
te la darò una seconda volta Tony, non per farmi usare
più di
quanto tu non abbia già fatto. Non troverai più
niente in me, mi
hai svuotata di tutto».
«Come
siamo filosofiche stasera. Agitata per la gara?», chiese
l'inglese
avvicinandosi con grandi falcate alla ragazza.
Le
sfiorò delicatamente una guancia, come a voler assorbire
tutto il
suo dolore e la sua agitazione in quel gesto e farli suoi. Quinn non
riuscì a spostarsi neanche di qualche centimetro,
così che percepì
il tocco della mano di lui come una scossa elettrica, straziante ma
alla quale non avrebbe voluto rinunciare per nulla al mondo, anche se
quella fosse stata l'ultima.
«Vattene,
Tony, non mi sfrutterai ancora». Come sempre, le sue parole
non
coincidevano davvero con ciò che il cuore le suggeriva. Rimani
qui, stringimi fra le tue braccia e permettimi di rimanere con te per
sempre. Erano queste,
le parole che la ragazza avrebbe voluto davvero usare.
«Non
voglio farti del male. Non adesso che sto per andarmene».
Credeva
di esser stato rassicurante, ma quelle parole ferirono Quinn
più di
quanto qualsiasi altre avrebbero fatto.
«Andartene?
Ora?». La voce allarmata di lei non lasciava spazio ad altre
interpretazioni, la paura era visibile sul suo volto e nel suo
sguardo implorante, che gli chiedeva di restare.
«Non
vorrei, ma abbiamo l'aereo prenotato per questa sera. Faremo in tempo
a guardare la vostra esibizione, ma ci perderemo la premiazione. Sono
venuto per salutarti», concluse Tony cingendola in un
abbraccio
confortante e colmo di sofferenza.
Quinn
era stordita da quella situazione, non riusciva a respirare. In quel
momento, non aveva alcuna importanza ciò che Tony provasse
per lei;
era venuto a cercarla prima di andare via, e se lui le avesse chiesto
di fare sesso lì, in quell'istante, Quinn avrebbe accettato
senza
ripensamenti.
Le
parole fra di loro si annullarono per qualche istante, persi in
quell'abbraccio che sapeva di addio. A sorpresa di Quinn, tutto
quello che lui pretese fu un lieve bacio a fior di labbra, come se
spingersi oltre fosse stato oltremodo pericoloso e compromettente.
«Non
andare via», lo implorò lei con la voce tremante,
cercando di non
scoppiare a piangere.
«Non
posso», fu tutto quello che uscì dalle labbra di
lui. Labbra che
Quinn desiderava in modo eccessivo, labbra in grado di cancellare
ogni singola traccia di dolore provato in precedenza, labbra in grado
di riempire nuovamente la sua anima e il suo cuore di sentimenti.
Labbra che Quinn accostò alle sue, per assaporare ogni fibra
di
quegli ultimi istanti, ogni sensazione che lui era in grado di
trasmetterle.
«Facciamolo.
Qui, ora. Abbiamo tempo, la gara non inizierà prima di
un'ora».
Quinn era sempre più convinta delle sue parole.
«No».
«C-cosa?
Perché no?». Quella parola l'aveva spiazzata,
ancora una volta.
«Non
sarebbe giusto. Significherebbe che questo è un addio. Non
voglio
che lo sia».
«Perché
continui a comportarti così?»
«Così
come?»
«Come
se ti importasse qualcosa di me». Una lacrima rigò
la guancia della
ragazza, che non riuscì a trattenersi oltre.
«Mi
importa di te. Puck me l'ha fatto capire. Non voglio mandare all'aria
quello che abbiamo costruito in questi giorni. Concedimi una
possibilità, posso aspettarti. Voglio farlo, voglio che sia
tu a
venire quando sarai davvero pronta»
«Ma
io sono pronta ora»
«No,
non lo sei. Sei solamente annebbiata dalla situazione, stiamo per
salutarci e questo scaturisce in te il desiderio di donarti
completamente a me, ma non vuoi davvero farlo. Sono stato uno
stronzo, l'altro giorno. Avrei dovuto capirlo che non volevi davvero
fare sesso, e mi dispiace. Amo Michelle, ma mi sto innamorando di te.
Amo l'idea di Michelle, la amo perché è stata con
me da quando mi è
permesso ricordare, la amo perché si è comportata
come avrei voluto
che si comportasse la mia ragazza, ma non amo Michelle
perché si
tratta di lei. Tu sei diversa, per la prima volta nella mia vita non
provo il desiderio irrefrenabile di portarti a letto, preferirei
rimanere abbracciato a te per il resto della mia vita, se tu lo
volessi. Non voglio bruciare le tappe, voglio fare in modo che tu
possa innamorarti di ciò che sono davvero, e non del mio
corpo.
Voglio aspettarti, Quinn. Non è ancora arrivato il
momento»
«Come
faccio a sapere che aspetterai davvero?»
«Non
puoi saperlo», disse semplicemente.
«O
posso chiedere a Maxxie di tenerti d'occhio!»,
esclamò la ragazza
in una debole risata a mezza voce.
«Puoi
solamente fidarti?», sorrise Tony, baciandola un'ultima volta
e
avvolgendola in un abbraccio che non ammetteva addii di nessun
genere.
**
«Puoi
salutarlo Maxxie, si sta preparando per l'esibizione ma
troverà il
tempo per te. Dopotutto, è l'ultima occasione che avete per
stare
insieme»
Le
parole di Michelle scalfivano il cuore dell'inglese e lo laceravano,
impedendogli anche solo di muovere un passo in direzione del camerino
di Kurt.
«Non
ce la faccio»
«Sì
che ce la fai, non dovete per forza dirvi addio. Puoi semplicemente
salutarlo, augurargli buona fortuna per la gara e promettergli di
tornare a trovarlo il prima possibile, no?»
«Ha
tanto l'aria di essere un addio»
«Vai
da lui, Maxxie»
Michelle
si allontanò e lasciò Maxxie da solo a pochi
passi da Kurt, la
porta chiusa del camerino che li teneva separati. Il biondo fece un
respiro profondo, prese coraggio ed aprì la porta,
eliminando la
distanza fra lui e il ragazzo americano.
«Ehi»,
esordì timidamente Kurt vedendolo entrare.
Maxxie
era immobile, come pietrificato, non riusciva a dire una parola. Non
voleva dire una parola. Perché sapeva che
qualunque cosa
avesse detto, qualunque discorso avesse pronunciato, tutto sarebbe
finito con un addio. E lui non era pronto a dire addio a Kurt.
«Ciao,
Kurt». Questo poteva
ancora dirlo, pensò.
«Sono
talmente in ansia che rischio l'infarto ancor prima di salire su quel
palco»
«Andrai
benissimo, non devi preoccuparti»
Ci sono già io ad esser preoccupato, qui.
«Perché
hai proposto che fossi io a cantare?»
«Perché
te lo meriti. Quando abbiamo cantato 'Lean on me', quella sera, ho
capito che la tua voce era fatta per risplendere. Tu,
sei fatto per risplendere. Li conquisterai tutti Kurt»
«Lo
pensi davvero?»
«Sì,
lo penso davvero»
Il
biondo si avvicinò notevolmente a Kurt e prima che potesse
scoppiare
a piangere affondò il viso nell'incavo della sua spalla,
sprofondando tra le sue braccia e inspirando il suo odore. Sapeva di
buono, Kurt.
«C'è
qualche problema Maxxie?», chiese Kurt quasi preoccupato,
accogliendo l'inglese fra le sue braccia. Maxxie rimase in silenzio,
senza scostare il viso di un millimetro dal collo di Kurt,
approfittando di quel momento come se fosse l'ultimo riservato
interamente a loro. Il problema, era che Maxxie sapeva benissimo che
quel momento era davvero
l'ultimo.
«No
Kurt, sono solo emozionato per te»
Maxxie
ritrasse leggermente il viso in modo da poter finalmente guardare
Kurt negli occhi, per potergli sorridere. Quando lo fece, il cuore di
Kurt perse un battito. Non si sarebbe mai abituato a quel sorriso
assassino. Fortunatamente, Kurt non doveva ancora preoccuparsi di
quando quel sorriso non sarebbe stato più a portata di mano.
Sapeva
bene che Maxxie sarebbe dovuto tornare a Bristol, e che lui sarebbe
rimasto solo ancora una volta. Per il momento, però, Maxxie
era lì
con lui e gli sorrideva, per cui andava tutto bene. A meraviglia,
quasi.
«Ho
davvero paura di sbagliare, stasera»
«Kurt,
guardami bene. Andrai benissimo su quel palco, conosci la canzone
perfettamente, la tua voce non è in grado di stonare neanche
sotto
tortura e il tuo fascino colpirà tutti in quella sala.
Ricordati,
finché ci sarò io a guardarti, andrà
tutto bene»
«Rimarrai
lì fra il pubblico, vero? Mi guarderai cantare?»
«Ma
certo, Kurt»
«Allora
è vero, andrà tutto bene»
Kurt
sorrise di rimando e, molto più sicuro di prima, strinse
Maxxie in
un abbraccio quasi soffocante e posò le sue labbra su quelle
del
biondo, per imprimere nella memoria quelle parole. A quel contatto,
anche Maxxie non potè fare a meno di sentirsi al sicuro, e
di
pensare che andasse davvero tutto bene. In quel momento c'erano solo
Maxxie e Kurt, e non poteva esserci spazio per nient'altro. Kurt
sperava di poter vincere la competizione, Maxxie sperava di non dover
mai dire addio al ragazzo che lo teneva stretto. Uno dei due,
però,
sapeva perfettamente che le sue speranze erano vane.
**
«Dai
Kurt, devi andare, tocca a te!»
La
voce di Sam risuonò nella testa del ragazzo così
forte da mandarlo
quasi in paranoia, poi gli tornarono alla mente la chiacchierata di
qualche minuto prima, Maxxie seduto sicuramente fra il pubblico in
sala ad aspettarlo e un sorriso ad incorniciargli il volto. E allora
fu tutto a posto.
Prese
un respiro profondo e, rivolgendo uno sguardo fugace in direzione dei
compagni, salì le scale e si incamminò verso il
centro del palco.
Se Maxxie fosse stato in prima fila, Kurt di certo non avrebbe saputo
dirlo. Le luci dei riflettori quasi lo accecavano, impedendogli di
puntare lo sguardo sulla folla; per di più, l'ansia lo stava
a poco
a poco divorando e, sebbene fosse sicuro di ciò che stava
per fare,
la mente gli si annebbiò per un istante e con essa anche la
vista.
Aspettò che le prime note partissero, poi si
avvicinò all'asta che
sorreggeva il microfono e chiuse gli occhi. Dopo qualche secondo,
riuscì miracolosamente ad aprire la bocca e tutto il suo
corpo
iniziò a cantare. Andava tutto bene.
Share
my life, take me for what I am
Cause I'll never change all my
colours for you
Take my love, I'll never ask for too much
Just
all that you are and everything that you do
Maxxie
gliel'aveva promesso, e lui non era tipo da non mantenere le promesse
date. Ma quella visione gli stava facendo un male del cazzo, e lui
non riusciva proprio a sopportarlo.
«È
tutto ok?»
No,
non era tutto ok. Decisamente non lo era. Era Kurt, ed era troppo
doloroso doverlo lasciare lì. Il biondo si alzò
dalla sedia
nell'ultima fila e si avviò a testa china verso l'uscita,
senza
voltarsi neanche una volta.
«Ehi
Maxxie, possiamo rimanere ancora un po'. Puoi vederla la sua
esibizione»
Il
ragazzo non rispose, troppo impegnato a ricacciare indietro le
lacrime che gli rigavano il volto.
I
don't know why I'm frightened, I know my way around here
The
cardboard trees, the painted seas, the sound here...
Yes, a world
to rediscover, But I 'm not in any hurry
And I need a moment
Kurt
ora si sentiva bene, stava cantando e tutti erano in trepidante
ascolto, tutto il pubblico stava ascoltando lui, i loro sguardi
puntati su quel palco gli trasmettevano sicurezza, Kurt poteva
percepirli uno ad uno pur avendo ancora gli occhi chiusi. E poi
c'erano i suoi occhi a guardarlo, e allora andava tutto bene.
I
don't really need to look very much further
I don't want to have
to go where you don't follow
I won't hold it back again, this
passion inside
Can't run from myself, there's nowhere to
hide
(Your love I'll remember forever)
Maxxie
non voleva, davvero non voleva. Gli aveva promesso che sarebbe
rimasto a guardarlo, che sarebbe andato tutto bene. Ma in quel
momento non c'era davvero niente che andasse bene, solo un cazzo di
aereo ad aspettarlo e delle promesse infrante contro la sua
volontà.
E poi, quella voce che gli spezzava l'anima.
The
whispered conversations in overcrowded hallways
The atmosphere as
thrilling here as always
Feel the early morning madness
Feel
the magic in the making
Why, everything's as if we never said
goodbye
Poteva
davvero essere tutto così perfetto? Kurt si sentiva
intoccabile in
quel momento, come se nulla riuscisse a scalfirlo, perché
sì,
Maxxie gliel'aveva detto, andava tutto bene. Mentre pronunciava
quelle parole, credeva che fossero persino superflue, perché
in quel
momento non sarebbe servito a nulla dirlo. Perché lui aveva
ancora
Maxxie, e allora andava tutto bene.
Don't
make me close one more door, I don't wanna hurt anymore
Stay in my
arms if you dare or must I imagine you there
Don't walk away from
me...
I have nothing, nothing, nothing
If I don't have you
Maxxie
non riuscì a sentire le ultime note della canzone, si chiuse
la
porta alle spalle senza nemmeno aspettare che Michelle e Tony lo
raggiungessero. Voleva andarsene, perché rimanere
lì gli avrebbe
fatto troppo male. Voleva andarsene perché rimanere
lì era l'unica
cosa che desiderava. Non gli aveva detto addio.
Everything's
as if we never said goodbye
Kurt
finì di cantare quasi con le lacrime agli occhi, felice che
fosse
davvero andato tutto bene. Gli altri del Glee lo raggiunsero per
completare l'esibizione, in uno scroscio di applausi che
cessò solo
nel momento in cui furono richiamati sul palco gli altri gruppi per
annunciare il vincitore.
Kurt
non si accorse di niente, Kurt era felice.
I
ragazzi si presero per mano, in trepidante attesa, pronti a scoprire
il verdetto dei giudici.
Quando
le Nuove Direzioni si ritrovarono il trofeo del primo posto, Kurt non
si accorse di nulla, Kurt era ancora felice. Anche quando gli amici
lo travolsero in un abbraccio quasi opprimente, Kurt non si accorse
di nulla. Festeggiarono, gioirono, piansero di felicità,
quello era
il loro momento. Poi Kurt si girò verso il pubblico, a
cercare il
ragazzo che lo aveva reso ancora più felice. Non lo
trovò. Si
ripromise che lo avrebbe cercato dopo, dietro le quinte.
Abbracciò
di nuovo i suoi compagni, si fece coccolare da Rachel che non
smetteva di complimentarsi per la sua esibizione.
Scese
dal palco, si diresse dietro le quinte insieme ai suoi compagni. Lo
cercò con lo sguardo, senza però realmente
trovarlo. Vide un
ragazzo biondo, di spalle, i suoi occhi si illuminarono. Ma no, non
era lui. Lo cercò ancora, si allontanò dal gruppo
del Glee e uscì
persino fuori, doveva trovarlo, voleva tornare fra le sue braccia e
godere di quella meritata vittoria. Si affacciò nuovamente
ai
camerini, ma l'unica persona che vide fu Quinn, china su un mazzo di
rose alle quali era attaccato un bigliettino. Era un bigliettino
d'addio.
E
lui non c'era.
E
in quel momento, niente andava più bene.
I
have nothing if I don't have you
THE
END
Note
dell'Autore:
Prima
di tutto, volevo sapere se era chiara l'ultima scena con l'intermezzo
delle canzoni. Le canzoni cantate sono infatti due, 'I have nothing'
cantata da Kurt, e 'As if we never said goodbye' cantata da Maxxie.
Spero sia chiaro!
Siamo
arrivati alla fine di questa storia, dopo tanto tempo. Scusate se ci
ho messo così tanto per portarla a termine, non avrei voluto
aspettare così tanto. Nonostante tutto, ora siamo alla
conclusione,
e io mi sento un verme per averla fatta finire così. Il
problema è
che non appena ho iniziato a scriverla, ho capito che la fine non
poteva essere che questa. È nata per avere un seguito,
probabilmente
in diretta da Bristol. Questo però non è detto
che il sequel ci
sarà sicuro, dipende tutto dall'ispirazione, se ci
sarà o meno.
Quindi, per il momento, consideratela una storia unica. E scusate per
questo finale triste. ç.ç
Volevo ringraziare tutte le persone
che sono arrivate alla conclusione di questa storia (sempre che ci
siano, dato il terribile ritardo con cui mi ritrovo a postare), tutte
quelle che hanno recensito e anche tutte quelle che, pur
silenziosamente, l'hanno inserita fra le
preferite/ricordate/seguite.
Grazie a tutti, davvero!