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Autore: wendynoh    26/06/2013    0 recensioni
[Glee x Skins]
Kurt Hummel ha sempre desiderato una vita perfetta: una carriera invidiabile a Broadway come attore protagonista, un ragazzo stupendo, pieno di talento e follemente innamorato di lui, un ragazzo come Blaine Anderson. Sembra andare tutto per il verso giusto, fino a quando non arriverà a Lima una compagnia di giovani attori inglesi pronti a prendergli il posto da superstar.
**
Maxxie Oliver sta finalmente per dare una svolta alla sua vita, Lima sarà il trampolino di lancio per la sua futura carriera e non può di certo farselo scappare.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10.
As if we never said goodbye.



I due giorni trascorsi a New York sembravano aver scosso i ragazzi del Glee, chi in positivo chi in negativo. Michelle credeva di aver finalmente superato la sua ossessione per Tony, che prima di allora non le aveva mai permesso di allontanarsi definitivamente da lui; Quinn, d'altro canto, non aveva ancora perso le speranze per una riconciliazione con quel ragazzo che le aveva rubato tutto, a partire dal suo cuore per arrivare alla sua anima e al suo corpo, dove erano racchiusi tutti i suoi punti deboli e le sue incertezze; Rory aveva finalmente accettato quel nuovo sentimento che sentiva sbocciare dentro di lui, come un fiore in primavera, bello e luminoso; Sam, seppur felice per aver fatto chiarezza nella sua mente e per aver preso la decisione di trascorrere le sue giornate con l'irlandese, si torturava alla ricerca delle parole giuste da usare con Mercedes, alla quale continuava a volere un gran bene, e che sembravano proprio non voler uscire; Puck si era quasi convinto a poter aspettare la fine della scuola, e quindi la sua partenza per Bristol alla volta di casa Stonem, in modo da non infierire sull'inglese diventata ormai amica inseparabile di Santana Lopez; Kurt, infine, era semplicemente felice. Felice di non dover essere, per una volta, colui che avrebbe dovuto sudare sette camicie per conquistare il ragazzo amato, colui che avrebbe potuto persino permettersi di essere quello desiderato, e non il contrario; era felice di aver dimenticato Blaine, disperso tra le fossette ai lati della bocca del biondino inglese che sembrava non volerlo abbandonare mai.

Nonostante questo mare di emozioni incontrastanti, nessuno di loro poteva permettersi di far volare ulteriorimente i propri pensieri verso altri mondi, costretti alla massima concentrazione sulla gara che avrebbero dovuto affrontare quella sera: il giorno delle Provinciali era finalmente arrivato.

«Mancano solamente due ore, Mercedes non ce la farà mai a cantare! La febbre non accenna a diminuire professore!».

«Non preoccupatevi, posso cantare io, sono prontissima», approfittò prontamente Rachel.

«Perché non fate cantare Kurt?».

Tutti si girarono in direzione del ragazzo che aveva parlato, Kurt compreso: Maxxie Oliver voleva davvero far cantare lui davanti a tutte quelle persone, da solo?

«Sì, insomma», continuò allora l'inglese leggermente in imbarazzo. «Ha una voce pazzesca, l'ho sentito. È particolare, ed ha sicuramente un paio di canzoni già pronte. Non volevate la novità? Be', Kurt Hummel è la vostra novità».

«Tu sei pazzo», proferì Kurt a mezza voce.

«Bene, Kurt, hai qualche canzone in serbo per noi? A Rachel non dispiacerà se sarai tu a prendere il posto di Mercedes», continuò deciso il professor Schuester, rivolgendo un'occhiata di fuoco alla ragazza che non aveva fatto in tempo a protestare per quella scelta del tutto insensata di non farla cantare.

«Sì, io, ecco...»

«Puoi cantare “I have nothing”! Quella canzone ti viene una meraviglia, Kurt!», aggiunse allora Quinn, che quella canzone la sentiva anche un po' sua, sperando che a Tony Stonem arrivasse il suo messaggio nemmeno troppo implicito.

«Ok, è deciso allora, sarà Kurt a cantare il primo pezzo. Scaldatevi ragazzi, ci vediamo fra due ore prima di salire sul palco! Sam, vai a parlare con Mercedes, credo che tu sia la persona più indicata in questo momento. Confido in te, mi raccomando», concluse Schuester prima di uscire dalla sala.

«Ma io-»

«Sssh, vai a parlare con lei, glielo devi», sussurrò l'irlandese al suo orecchio con un sorriso incoraggiante.


**


«Mercedes, ciao», esordì Sam bussando piano alla porta della ragazza.

«Eeehi, piccolo, ciao!».

Entrato nella stanza, Mercedes lo incoraggiò ad avvicinarsi al letto per potersi sedere accanto a lei e il biondo, sebbene un po' titubante, fece come gli era stato suggerito. Non prima di aver fatto un respiro profondo, però.

«Sai, non credo di poter cantare stasera», suggerì lei vedendolo agitato.

«Canterà Kurt al tuo posto».

«Oh, cavoli, non posso perdermelo allora! Dovrai accompagnarmi fra il pubblico, voglio quantomeno vedere il mio migliore amico cantare! E poi, non mi dispiacerebbe poter vedere anche te», sorrise sfiorando la mano del ragazzo, che per poco non la ritrasse con uno scatto.

Sam aveva decisamente bisogno di controllarsi, voleva bene a Mercedes e nonostante non provasse più quel tipo di attrazione nei suoi confronti non poteva permettersi di ferirla ulteriormente. Aveva lottato tanto per averla, e ora che lei aveva lasciato Shane per tornare insieme, lui si era sottratto. Per un ragazzo. No, non era giusto definire così la sua situazione. Lui non l'aveva lasciata perdere per un ragazzo, lui l'aveva lasciata per quel ragazzo; quello che da quando Sam aveva messo piede nell'aula di canto e se l'era ritrovato davanti che lo fissava incuriosito, non aveva potuto fare a meno di ammirare; quello per il quale sarebbe stato disposto a fare di tutto, pur di averlo al suo fianco e proteggerlo; quello per il quale avrebbe lottato, e avrebbe parlato con tutte le Mercedes Jones di questo mondo per poter stare con lui. Sam non era più attratto da Mercedes perché si stava innamorando di Rory Flanagan.

«Piccolo, si può sapere che hai?», chiese la ragazza vedendolo così pensieroso e stringendogli la mano con più vigore, nonostante la spossatezza dovuta dall'influenza.

«Mercedes, sono felice».

«Felice?», chiese allora lei sorpresa da quella uscita improvvisa. «Mi fa piacere che tu sia felice, so che hai sofferto molto quando sei tornato, perché sì, insomma, vedermi con Shane non deve essere stato proprio bello, e sono sicura che quel bacio alla festa è stato inaspettato per me come per te, così che non hai avuto modo di realizzare cosa stesse effettivamente accadendo. Ma vedi, io in quel bacio ci ho visto tutta la nostra storia e mi sono resa conto che i miei sentimenti per te non si erano estinti, li avevo solamente sepolti per colmare la tua assenza. Anche io sono felice, ora che siamo insieme».

«Non voglio tornare con te»

«Cosa? Sam, cosa vuoi dire?»

«Voglio dire che ora sono felice, e per questo non possiamo tornare insieme. Non sono felice come quest'estate, quando ero con te, sono felice come non lo sono mai stato in tutta la mia vita. Mi sono innamorato, Mercedes. E questo mi fa paura, ma mi rende felice. Non voglio che tu ci stia male, sai che per te ci sarò sempre tutte le volte in cui ne avrai bisogno, perché ti voglio bene e vederti soffrire sarebbe tremendo, ma sono troppo felice per tarparmi le ali tornando con te. Ora che ho capito come si fa, sono pronto a spiccare il volo». Sam aveva sputato fuori quelle parole senza neanche prendere fiato, per paura che una minima pausa gli avesse impedito di continuare a parlare: sentiva di doverle dare tutte le spiegazioni di questo mondo, ma al tempo stesso voleva proteggere Rory da tutto, persino da questo. Voleva che Rory fosse suo, parlarne anche solo con Mercedes avrebbe significato condividere quei sentimenti che nessun altro al di fuori di loro due avrebbe capito. Era una creatura troppo preziosa per poterla intaccare in questo modo.

Mercedes ritrasse di colpo la mano che accarezzava ancora la sua, come scottata da quelle rivelazioni. Sam, in un ultimo atto di coraggio, la guardò negli occhi per comunicarle tutto ciò che non era stato in grado di dirle con le parole; sperava che almeno questo lo avrebbe capito.

La ragazza lo guardò atterrita, incapace di far uscire alcun suono dalle sue labbra, lasciando così che il biondo uscisse da quella stanza senza darle ulteriori spiegazioni.


**


Un'ora era trascorsa da quell'ultima conversazione avvenuta per decidere chi avrebbe cantato, un'ora mancava alla loro esibizione per le Provinciali.

Quinn Fabray era decisa a togliersi dalla testa, almeno per quella sera, l'assillante pensiero che ormai la logorava da giorni, e che non le permetteva nemmeno di respirare. Si sentiva abbandonata, per la seconda volta; frustrata, per aver dato ascolto al suo cuore e non alla sua mente; usata, come avevano sempre fatto tutti.

Non voleva ammetterlo, ma la botta che aveva preso per colpa dell'inglese faceva più male persino di Puck, che a modo suo, almeno, l'aveva amata. Nel modo sbagliato, sì, ma pur sempre amata. Tony Stonem invece aveva fatto di tutto, fin dalla prima volta che l'aveva vista, per portarla a letto; e lei era caduta con tutte le scarpe nella sua trappola di tentatore. O forse, sarebbe stato meglio dire senza vestiti. Non solo in senso letterale, perché Quinn con lui si era denudata di tutto, aveva lasciato cadere le mille maschere che aveva indossato all'inizio, quando credeva di potersi permettere quella relazione affinché riuscisse ad essere di nuovo in cima alla scala delle classi sociali. Quinn Fabray, dal momento in cui lui aveva smesso di assillarla, si era innamorata. E credeva di amare quel ragazzo almeno quanto aveva amato Finn, due anni prima. Quando Tony era tornato da Michelle, lei non aveva provato gelosia, ma distruzione. Il suo cuore si era frantumato e la sua anima era stata risucchiata da una forza oscura fino all'ultimo respiro, così da impedirle di guarire. Quinn era malata dentro, si sentiva sporca, marcia, usata e poi gettata via. Odiava quel ragazzo, per averle teso la trappola più dolorosa di tutta una vita.

«Posso?»

Quinn aveva riconosciuto subito quella voce, inconfondibile tra mille, dolorosa come uno schiaffo in piena faccia, confortante come una carezza a fior di pelle. Come una stupida, si scoprì a sperare che potesse ancora cambiare qualcosa e che quella voce fosse in grado di farla rinascere.

«Pensavo di esser diventata invisibile».

«Invisibile? Quando deciderai di farti un'operazione lì sotto e indosserai delle fasce per nascondere il seno, allora forse diventerai invisibile ai miei occhi», scherzò Tony entrando nella stanza dove la ragazza era sola a pensare.

Ma certo! Ti concederà un'ultima scopata, perché Tony trova sempre il tempo per scopare.

Le parole di Michelle rimbombavano nella sua testa come un martello pneumatico, insistenti e dolorose come non mai.

«Non te la darò una seconda volta Tony, non per farmi usare più di quanto tu non abbia già fatto. Non troverai più niente in me, mi hai svuotata di tutto».

«Come siamo filosofiche stasera. Agitata per la gara?», chiese l'inglese avvicinandosi con grandi falcate alla ragazza.

Le sfiorò delicatamente una guancia, come a voler assorbire tutto il suo dolore e la sua agitazione in quel gesto e farli suoi. Quinn non riuscì a spostarsi neanche di qualche centimetro, così che percepì il tocco della mano di lui come una scossa elettrica, straziante ma alla quale non avrebbe voluto rinunciare per nulla al mondo, anche se quella fosse stata l'ultima.

«Vattene, Tony, non mi sfrutterai ancora». Come sempre, le sue parole non coincidevano davvero con ciò che il cuore le suggeriva. Rimani qui, stringimi fra le tue braccia e permettimi di rimanere con te per sempre. Erano queste, le parole che la ragazza avrebbe voluto davvero usare.

«Non voglio farti del male. Non adesso che sto per andarmene».

Credeva di esser stato rassicurante, ma quelle parole ferirono Quinn più di quanto qualsiasi altre avrebbero fatto.

«Andartene? Ora?». La voce allarmata di lei non lasciava spazio ad altre interpretazioni, la paura era visibile sul suo volto e nel suo sguardo implorante, che gli chiedeva di restare.

«Non vorrei, ma abbiamo l'aereo prenotato per questa sera. Faremo in tempo a guardare la vostra esibizione, ma ci perderemo la premiazione. Sono venuto per salutarti», concluse Tony cingendola in un abbraccio confortante e colmo di sofferenza.

Quinn era stordita da quella situazione, non riusciva a respirare. In quel momento, non aveva alcuna importanza ciò che Tony provasse per lei; era venuto a cercarla prima di andare via, e se lui le avesse chiesto di fare sesso lì, in quell'istante, Quinn avrebbe accettato senza ripensamenti.

Le parole fra di loro si annullarono per qualche istante, persi in quell'abbraccio che sapeva di addio. A sorpresa di Quinn, tutto quello che lui pretese fu un lieve bacio a fior di labbra, come se spingersi oltre fosse stato oltremodo pericoloso e compromettente.

«Non andare via», lo implorò lei con la voce tremante, cercando di non scoppiare a piangere.

«Non posso», fu tutto quello che uscì dalle labbra di lui. Labbra che Quinn desiderava in modo eccessivo, labbra in grado di cancellare ogni singola traccia di dolore provato in precedenza, labbra in grado di riempire nuovamente la sua anima e il suo cuore di sentimenti. Labbra che Quinn accostò alle sue, per assaporare ogni fibra di quegli ultimi istanti, ogni sensazione che lui era in grado di trasmetterle.

«Facciamolo. Qui, ora. Abbiamo tempo, la gara non inizierà prima di un'ora». Quinn era sempre più convinta delle sue parole.

«No».

«C-cosa? Perché no?». Quella parola l'aveva spiazzata, ancora una volta.

«Non sarebbe giusto. Significherebbe che questo è un addio. Non voglio che lo sia».

«Perché continui a comportarti così?»

«Così come?»

«Come se ti importasse qualcosa di me». Una lacrima rigò la guancia della ragazza, che non riuscì a trattenersi oltre.

«Mi importa di te. Puck me l'ha fatto capire. Non voglio mandare all'aria quello che abbiamo costruito in questi giorni. Concedimi una possibilità, posso aspettarti. Voglio farlo, voglio che sia tu a venire quando sarai davvero pronta»

«Ma io sono pronta ora»

«No, non lo sei. Sei solamente annebbiata dalla situazione, stiamo per salutarci e questo scaturisce in te il desiderio di donarti completamente a me, ma non vuoi davvero farlo. Sono stato uno stronzo, l'altro giorno. Avrei dovuto capirlo che non volevi davvero fare sesso, e mi dispiace. Amo Michelle, ma mi sto innamorando di te. Amo l'idea di Michelle, la amo perché è stata con me da quando mi è permesso ricordare, la amo perché si è comportata come avrei voluto che si comportasse la mia ragazza, ma non amo Michelle perché si tratta di lei. Tu sei diversa, per la prima volta nella mia vita non provo il desiderio irrefrenabile di portarti a letto, preferirei rimanere abbracciato a te per il resto della mia vita, se tu lo volessi. Non voglio bruciare le tappe, voglio fare in modo che tu possa innamorarti di ciò che sono davvero, e non del mio corpo. Voglio aspettarti, Quinn. Non è ancora arrivato il momento»

«Come faccio a sapere che aspetterai davvero?»

«Non puoi saperlo», disse semplicemente.

«O posso chiedere a Maxxie di tenerti d'occhio!», esclamò la ragazza in una debole risata a mezza voce.

«Puoi solamente fidarti?», sorrise Tony, baciandola un'ultima volta e avvolgendola in un abbraccio che non ammetteva addii di nessun genere.


**


«Puoi salutarlo Maxxie, si sta preparando per l'esibizione ma troverà il tempo per te. Dopotutto, è l'ultima occasione che avete per stare insieme»

Le parole di Michelle scalfivano il cuore dell'inglese e lo laceravano, impedendogli anche solo di muovere un passo in direzione del camerino di Kurt.

«Non ce la faccio»

«Sì che ce la fai, non dovete per forza dirvi addio. Puoi semplicemente salutarlo, augurargli buona fortuna per la gara e promettergli di tornare a trovarlo il prima possibile, no?»

«Ha tanto l'aria di essere un addio»

«Vai da lui, Maxxie»

Michelle si allontanò e lasciò Maxxie da solo a pochi passi da Kurt, la porta chiusa del camerino che li teneva separati. Il biondo fece un respiro profondo, prese coraggio ed aprì la porta, eliminando la distanza fra lui e il ragazzo americano.

«Ehi», esordì timidamente Kurt vedendolo entrare.

Maxxie era immobile, come pietrificato, non riusciva a dire una parola. Non voleva dire una parola. Perché sapeva che qualunque cosa avesse detto, qualunque discorso avesse pronunciato, tutto sarebbe finito con un addio. E lui non era pronto a dire addio a Kurt.

«Ciao, Kurt». Questo poteva ancora dirlo, pensò.

«Sono talmente in ansia che rischio l'infarto ancor prima di salire su quel palco»

«Andrai benissimo, non devi preoccuparti» Ci sono già io ad esser preoccupato, qui.

«Perché hai proposto che fossi io a cantare?»

«Perché te lo meriti. Quando abbiamo cantato 'Lean on me', quella sera, ho capito che la tua voce era fatta per risplendere. Tu, sei fatto per risplendere. Li conquisterai tutti Kurt»

«Lo pensi davvero?»

«Sì, lo penso davvero»

Il biondo si avvicinò notevolmente a Kurt e prima che potesse scoppiare a piangere affondò il viso nell'incavo della sua spalla, sprofondando tra le sue braccia e inspirando il suo odore. Sapeva di buono, Kurt.

«C'è qualche problema Maxxie?», chiese Kurt quasi preoccupato, accogliendo l'inglese fra le sue braccia. Maxxie rimase in silenzio, senza scostare il viso di un millimetro dal collo di Kurt, approfittando di quel momento come se fosse l'ultimo riservato interamente a loro. Il problema, era che Maxxie sapeva benissimo che quel momento era davvero l'ultimo.

«No Kurt, sono solo emozionato per te»

Maxxie ritrasse leggermente il viso in modo da poter finalmente guardare Kurt negli occhi, per potergli sorridere. Quando lo fece, il cuore di Kurt perse un battito. Non si sarebbe mai abituato a quel sorriso assassino. Fortunatamente, Kurt non doveva ancora preoccuparsi di quando quel sorriso non sarebbe stato più a portata di mano. Sapeva bene che Maxxie sarebbe dovuto tornare a Bristol, e che lui sarebbe rimasto solo ancora una volta. Per il momento, però, Maxxie era lì con lui e gli sorrideva, per cui andava tutto bene. A meraviglia, quasi.

«Ho davvero paura di sbagliare, stasera»

«Kurt, guardami bene. Andrai benissimo su quel palco, conosci la canzone perfettamente, la tua voce non è in grado di stonare neanche sotto tortura e il tuo fascino colpirà tutti in quella sala. Ricordati, finché ci sarò io a guardarti, andrà tutto bene»

«Rimarrai lì fra il pubblico, vero? Mi guarderai cantare?»

«Ma certo, Kurt»

«Allora è vero, andrà tutto bene»

Kurt sorrise di rimando e, molto più sicuro di prima, strinse Maxxie in un abbraccio quasi soffocante e posò le sue labbra su quelle del biondo, per imprimere nella memoria quelle parole. A quel contatto, anche Maxxie non potè fare a meno di sentirsi al sicuro, e di pensare che andasse davvero tutto bene. In quel momento c'erano solo Maxxie e Kurt, e non poteva esserci spazio per nient'altro. Kurt sperava di poter vincere la competizione, Maxxie sperava di non dover mai dire addio al ragazzo che lo teneva stretto. Uno dei due, però, sapeva perfettamente che le sue speranze erano vane.


**


«Dai Kurt, devi andare, tocca a te!»

La voce di Sam risuonò nella testa del ragazzo così forte da mandarlo quasi in paranoia, poi gli tornarono alla mente la chiacchierata di qualche minuto prima, Maxxie seduto sicuramente fra il pubblico in sala ad aspettarlo e un sorriso ad incorniciargli il volto. E allora fu tutto a posto.

Prese un respiro profondo e, rivolgendo uno sguardo fugace in direzione dei compagni, salì le scale e si incamminò verso il centro del palco. Se Maxxie fosse stato in prima fila, Kurt di certo non avrebbe saputo dirlo. Le luci dei riflettori quasi lo accecavano, impedendogli di puntare lo sguardo sulla folla; per di più, l'ansia lo stava a poco a poco divorando e, sebbene fosse sicuro di ciò che stava per fare, la mente gli si annebbiò per un istante e con essa anche la vista. Aspettò che le prime note partissero, poi si avvicinò all'asta che sorreggeva il microfono e chiuse gli occhi. Dopo qualche secondo, riuscì miracolosamente ad aprire la bocca e tutto il suo corpo iniziò a cantare. Andava tutto bene.


Share my life, take me for what I am
Cause I'll never change all my colours for you
Take my love, I'll never ask for too much
Just all that you are and everything that you do


Maxxie gliel'aveva promesso, e lui non era tipo da non mantenere le promesse date. Ma quella visione gli stava facendo un male del cazzo, e lui non riusciva proprio a sopportarlo.

«È tutto ok?»

No, non era tutto ok. Decisamente non lo era. Era Kurt, ed era troppo doloroso doverlo lasciare lì. Il biondo si alzò dalla sedia nell'ultima fila e si avviò a testa china verso l'uscita, senza voltarsi neanche una volta.

«Ehi Maxxie, possiamo rimanere ancora un po'. Puoi vederla la sua esibizione»

Il ragazzo non rispose, troppo impegnato a ricacciare indietro le lacrime che gli rigavano il volto.


I don't know why I'm frightened, I know my way around here
The cardboard trees, the painted seas, the sound here...
Yes, a world to rediscover, But I 'm not in any hurry
And I need a moment


Kurt ora si sentiva bene, stava cantando e tutti erano in trepidante ascolto, tutto il pubblico stava ascoltando lui, i loro sguardi puntati su quel palco gli trasmettevano sicurezza, Kurt poteva percepirli uno ad uno pur avendo ancora gli occhi chiusi. E poi c'erano i suoi occhi a guardarlo, e allora andava tutto bene.


I don't really need to look very much further
I don't want to have to go where you don't follow
I won't hold it back again, this passion inside
Can't run from myself, there's nowhere to hide
(Your love I'll remember forever)


Maxxie non voleva, davvero non voleva. Gli aveva promesso che sarebbe rimasto a guardarlo, che sarebbe andato tutto bene. Ma in quel momento non c'era davvero niente che andasse bene, solo un cazzo di aereo ad aspettarlo e delle promesse infrante contro la sua volontà. E poi, quella voce che gli spezzava l'anima.


The whispered conversations in overcrowded hallways
The atmosphere as thrilling here as always
Feel the early morning madness
Feel the magic in the making
Why, everything's as if we never said goodbye


Poteva davvero essere tutto così perfetto? Kurt si sentiva intoccabile in quel momento, come se nulla riuscisse a scalfirlo, perché sì, Maxxie gliel'aveva detto, andava tutto bene. Mentre pronunciava quelle parole, credeva che fossero persino superflue, perché in quel momento non sarebbe servito a nulla dirlo. Perché lui aveva ancora Maxxie, e allora andava tutto bene.


Don't make me close one more door, I don't wanna hurt anymore
Stay in my arms if you dare or must I imagine you there
Don't walk away from me...
I have nothing, nothing, nothing
If I don't have you


Maxxie non riuscì a sentire le ultime note della canzone, si chiuse la porta alle spalle senza nemmeno aspettare che Michelle e Tony lo raggiungessero. Voleva andarsene, perché rimanere lì gli avrebbe fatto troppo male. Voleva andarsene perché rimanere lì era l'unica cosa che desiderava. Non gli aveva detto addio.


Everything's as if we never said goodbye


Kurt finì di cantare quasi con le lacrime agli occhi, felice che fosse davvero andato tutto bene. Gli altri del Glee lo raggiunsero per completare l'esibizione, in uno scroscio di applausi che cessò solo nel momento in cui furono richiamati sul palco gli altri gruppi per annunciare il vincitore.

Kurt non si accorse di niente, Kurt era felice.

I ragazzi si presero per mano, in trepidante attesa, pronti a scoprire il verdetto dei giudici.

Quando le Nuove Direzioni si ritrovarono il trofeo del primo posto, Kurt non si accorse di nulla, Kurt era ancora felice. Anche quando gli amici lo travolsero in un abbraccio quasi opprimente, Kurt non si accorse di nulla. Festeggiarono, gioirono, piansero di felicità, quello era il loro momento. Poi Kurt si girò verso il pubblico, a cercare il ragazzo che lo aveva reso ancora più felice. Non lo trovò. Si ripromise che lo avrebbe cercato dopo, dietro le quinte. Abbracciò di nuovo i suoi compagni, si fece coccolare da Rachel che non smetteva di complimentarsi per la sua esibizione.

Scese dal palco, si diresse dietro le quinte insieme ai suoi compagni. Lo cercò con lo sguardo, senza però realmente trovarlo. Vide un ragazzo biondo, di spalle, i suoi occhi si illuminarono. Ma no, non era lui. Lo cercò ancora, si allontanò dal gruppo del Glee e uscì persino fuori, doveva trovarlo, voleva tornare fra le sue braccia e godere di quella meritata vittoria. Si affacciò nuovamente ai camerini, ma l'unica persona che vide fu Quinn, china su un mazzo di rose alle quali era attaccato un bigliettino. Era un bigliettino d'addio.

E lui non c'era.

E in quel momento, niente andava più bene.


I have nothing if I don't have you



THE END




Note dell'Autore:

Prima di tutto, volevo sapere se era chiara l'ultima scena con l'intermezzo delle canzoni. Le canzoni cantate sono infatti due, 'I have nothing' cantata da Kurt, e 'As if we never said goodbye' cantata da Maxxie. Spero sia chiaro!

Siamo arrivati alla fine di questa storia, dopo tanto tempo. Scusate se ci ho messo così tanto per portarla a termine, non avrei voluto aspettare così tanto. Nonostante tutto, ora siamo alla conclusione, e io mi sento un verme per averla fatta finire così. Il problema è che non appena ho iniziato a scriverla, ho capito che la fine non poteva essere che questa. È nata per avere un seguito, probabilmente in diretta da Bristol. Questo però non è detto che il sequel ci sarà sicuro, dipende tutto dall'ispirazione, se ci sarà o meno. Quindi, per il momento, consideratela una storia unica. E scusate per questo finale triste. ç.ç
Volevo ringraziare tutte le persone che sono arrivate alla conclusione di questa storia (sempre che ci siano, dato il terribile ritardo con cui mi ritrovo a postare), tutte quelle che hanno recensito e anche tutte quelle che, pur silenziosamente, l'hanno inserita fra le preferite/ricordate/seguite.
Grazie a tutti, davvero!

   
 
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