Non
può piovere per sempre
Capitolo
59
Lo
scontro finale
«
Caramelle Mou!
La parola d'ordine è questa, lo giuro! »
Lo
strillo soffocato del custode risuonò nel corridoio, subito
seguito
da un gemito quando i due Mangiamorte che lo tenevano fermo lo
scaraventarono sul pavimento di pietra.
Lord
Voldemort lo fissò con i suoi occhi rossi e serpenteschi.
«
Lo spero per te. Vediamo se per una volta ti sei reso utile,
Magonò
».
Voltò
le spalle a Gazza e ai due Mangiamorte e si rivolse al gargoyle di
fronte a lui, pronunciando la parola d'ordine che aveva appena
estorto al custode della scuola. Stavolta era quella giusta. Un
attimo dopo, il gargoyle iniziò a muoversi, rivelando una
scala a
chiocciola che saliva in alto e finiva davanti ad una porta di legno
massiccio.
«
Portatelo via » si limitò a ordinare ai due
seguaci. Gazza strillò
ancora, spaventato, ma Voldemort lo ignorò. Con passo sicuro
e
un'espressione trionfante dipinta sul volto, salì la scala
ed entrò
nell'ufficio del Preside.
Il
mormorio che aveva sentito quando aveva aperto la porta davanti a
sé
si interruppe bruscamente quando i ritratti degli antichi Presidi di
Hogwarts si resero conto che ad entrare non era stato Silente. Ci
furono alcuni istanti di silenzio assoluto, durante il quale
Voldemort si guardò intorno con aria soddisfatta. Poi
qualche
ritratto più coraggioso degli altri si decise a parlare.
«
Questo è l'ufficio di Albus Silente ».
«
Non più. La scuola è sotto il mio comando, adesso
».
La
sua affermazione non doveva essere una novità per loro, dal
momento
che le voci tra i ritratti correvano più velocemente che tra
le
persone in carne e ossa, ma loro tacquero lo stesso, quasi raggelati
dallo shock.
Voldemort
li ignorò. Aveva ben altro a cui pensare. Anche se il
Diadema di
Corvonero adesso era ben sorvegliato e al sicuro, non si sentiva
affatto tranquillo. Tutti gli altri Horcrux erano stati distrutti.
Una rabbia cocente divampò dentro di lui quando quel
pensiero tornò
a tormentarlo. Erano andati, pezzi della sua anima erano ormai
perduti per sempre. Gliene restavano solo due, quello nascosto nel
Diadema e quello che aveva sede nel suo corpo. Si sentiva debole e
vulnerabile come non era mai stato negli anni precedenti. Aveva
dimenticato cosa significasse tornare ad essere quasi mortale, e se
lui che aveva comunque una seconda possibilità era tornato a
temere
la morte, non riusciva proprio a immaginare come potessero vivere
tranquille le persone comuni, quelle menti limitate e insignificanti
che di vita ne avevano solo una.
Sapeva
da chi era partito quel disastro. Non era Silente, stranamente: lui
non ci era arrivato né avrebbe potuto farlo. Era stato
Regulus
Black. Quando aveva letto il messaggio nascosto nel falso medaglione
di Serpeverde, all'inizio lo shock e il terrore erano stati troppo
devastanti per permettergli di ragionare lucidamente e capire chi si
celasse dietro la sigla R.A.B. Ma, una volta tornato in sé,
Voldemort aveva capito. Solo il suo inutile elfo domestico aveva
visto la caverna e, a quanto pareva, era stato l'unico a uscirne
vivo. Il come non gli interessava più di tanto; dopotutto la
vita di
un elfo era irrilevante. Come avrebbe mai potuto immaginare che per
un Black, invece, fosse così importante? Era un elfo
domestico, una
creatura nata per servire, talmente inferiore che ucciderla non era
nemmeno divertente. Ma dopotutto ogni nobile Purosangue aveva una
fissazione strana, un capriccio o un lato eccentrico. Non era questo
che gli interessava. Ciò che gli faceva ribollire il sangue
nelle
vene era stato il proprio errore di sottovalutare Black. Lo aveva
considerato un moccioso che voleva sentirsi grande e potente ma alla
fine si era spaventato ed era fuggito. Invece si trattava di una
serpe in seno, un traditore che si era finto stupido e ingenuo, per
poi carpire il suo più grande segreto e usarlo per
distruggerlo. Ma
non ci sarebbe riuscito. Con quel messaggio di sfida che gli aveva
lasciato, aveva condannato a morte se stesso e tutte le persone che
gli erano vicine.
Ma
per il momento Voldemort doveva pensare a se stesso. Non poteva
permettere che la sua immortalità, conquistata con tanta
fatica,
venisse messa a repentaglio da un Purosangue viziato, un ragazzo che
aveva sempre avuto tutta la strada spianata e che non aveva bisogno
di fare alcuno sforzo per ottenere quel che voleva, solo
perché si
chiamava Black, e non Riddle. Doveva costruire un nuovo Horcrux, al
più presto. E in quel momento aveva davanti l'oggetto che
aveva
scelto.
Sopra
la scrivania che fino a poche ore prima era appartenuta a Silente,
appena al muro, c'era la spada dell'ultimo dei quattro fondatori di
Hogwarts. Fino a quel momento Voldemort non aveva voluto usarla per
trasformarla in un Horcrux: in fondo era di Grifondoro. Ma ora la
necessità e il bisogno lo avevano spinto a cambiare idea.
Perché
no? Era sempre uno dei quattro e quella spada era una delle reliquie
più antiche del mondo magico. Senza contare il fatto che
usarla per
nascondervi un frammento della sua anima avrebbe rappresentato una
certa vittoria nei confronti di Grifondoro, l'eterno rivale di
Salazar Serpeverde. Chi altri se non l'Erede avrebbe potuto farlo? E
in più, quella volta non voleva accontentarsi di uccidere un
vagabondo, o il primo che gli fosse capitato davanti. No, per creare
quell'ultimo Horcrux, avrebbe ucciso Albus Silente.
Il
mormorio di dissenso tra i ritratti tornò a farsi sentire
quando
Voldemort tese il braccio, pronto ad afferrare la spada.
«
Mio Signore! »
Voldemort
si voltò di scatto, irritato da quell'interruzione.
«
Che cosa vuoi, Codaliscia? » sbottò, rivolto al
ragazzo che aveva
appena fatto irruzione nell'ufficio, senza alcuna autorizzazione.
Minus
era in pessime condizioni. Non aveva trascorso molto tempo ad
Azkaban, ma quei pochi giorni erano bastati a farlo sembrare di colpo
più vecchio e debole. Il suo volto era pallido e grigiastro,
fin
troppo smunto per un fisico che era sempre stato in carne come il
suo. Solo la costante paura che animava i suoi occhi era ancora
intatta, anche se spesso Voldemort vi leggeva anche qualcos'altro, un
sentimento che sembrava svuotarlo e farlo diventare ancora
più
spento e debole. Quando tutti gli altri Mangiamorte erano evasi da
Azkaban, Minus non aveva avuto altra scelta che quella di tornare con
loro. Voldemort però non si fidava più, dal
momento che le sue
informazioni non lo avevano aiutato a catturare i Potter, quando
ancora credeva nella Profezia. E ora che si era fatto scoprire
dall'Ordine della Fenice, non gli era nemmeno più utile come
spia.
Tuttavia, si era limitato a torturarlo un po', senza ucciderlo. Uno
come Minus poteva sempre tornare utile in qualche modo.
«
Chiedo scusa, mio Signore » esordì Codaliscia,
servile e spaventato
come al solito. « Il castello è stato attaccato!
Sono entrati di
nascosto ma sono stati scoperti... e ora combattono! »
Voldemort
s'irrigidì, irritato. Sapeva che quella situazione non
sarebbe
durata a lungo, ma sperava di poter contare su un po' più di
tempo.
«
E Silente? Dov'è? »
«
Dicono che sia anche lui... ma non riusciamo a trovarlo »
rispose
Minus, tremante.
La
porta della Sala Grande esplose, facendo schizzare frammenti di legno
e schegge per tutto l'ingresso e scaraventando Hestia e gli altri con
una potente onda d'urto. La ragazza si ritrovò semicoperta
da
detriti e frammenti. Tossendo a causa della polvere, si
rialzò
dolorante, mentre vedeva la battaglia imperversare intorno a
sé.
«
State tutti bene? » chiese, preoccupata.
Sirius
e gli altri dell'Ordine della Fenice confermarono, tossendo a loro
volta. Poi, tutti insieme, entrarono nella Sala Grande. Non fu
difficile sconfiggere i due Mangiamorte rimasti di guardia, dal
momento che tutti gli altri erano intenti a combattere nel resto del
castello. Gli studenti erano terrorizzati, stretti gli uni agli altri
per farsi forza a vicenda.
Quando
anche i professori furono liberati dalle corde che li legavano, la
McGranitt fu la prima a prendere il controllo della situazione.
«
Bisogna far evacuare subito i minorenni! » tuonò.
«
C'è un passaggio segreto vicino alle cucine »
propose James. «
Conduce a Hogsmeade, ed è il più facile da
raggiungere ».
«
Molto bene, li faremo passare di lì. Tutti gli studenti con
meno di
diciassette anni si radunino » ordinò la
McGranitt. « Noi faremo
loro da scudo. Chiunque voglia offrirsi volontario è ben
accetto ».
Mentre
i professori, l'Ordine della Fenice e gli studenti dell'ultimo anno
formavano un cordone protettivo intorno ai ragazzi più
giovani,
Hestia fu raggiunta da Kingsley.
«
Non ti ho vista da nessuna parte. Pensavo che ti avessero uccisa!
»
«
Non mi hanno mai catturata » spiegò lei mentre
James iniziava a
fare strada attraverso la sala d'ingresso, con tutti gli altri che lo
seguivano a ruota. « Ero nelle cucine » ammise,
imbarazzata.
Non
appena i Mangiamorte li videro scappare in direzione delle cucine, li
attaccarono, e professori e Ordine cercarono di rimandare indietro le
loro fatture. Hestia si trovava in coda al gruppo ed era bersagliata
da maledizioni letali; nonostante il terrore che provava insieme alla
consapevolezza del fatto che ogni suo nuovo respiro poteva essere
anche l'ultimo, riuscì a Schiantare e mettere fuori
combattimento un
paio di Mangiamorte.
Erano
quasi arrivati al corridoio, quando accadde qualcosa. Hestia si
sentì
sbalzare lontano per la seconda volta nel giro di cinque minuti.
Atterrò di schiena sul pavimento di pietra e colmo di
schegge di
vetro, graffiandosi diverse parti del corpo. Rimase senza fiato per
alcuni istanti ma si affrettò a rialzarsi non appena delle
urla
atterrite riecheggiarono per la sala d'ingresso.
Gli
studenti minorenni erano stati intrappolati all'interno di una cupola
trasparente. Accanto a essi, con in mano la bacchetta che aveva
evocato la loro gabbia, c'era Voldemort.
«
Arrendetevi » tuonò con la sua voce serpentesca,
amplificata
magicamente in modo tale da essere udita in tutto il castello.
« O
loro moriranno tutti ».
Si
guardava intorno con gli occhi rossi che lampeggiavano, come eccitato
all'idea di avere il controllo completo delle vite di decine di
innocenti.
La
battaglia si era interrotta di colpo e un silenzio orripilato cadde
sulla scuola, interrotto solo dai singhiozzi dei ragazzini tenuti
sotto tiro. Alcuni volontari provarono a intervenire, ma furono
fermati dai loro stessi alleati. Una ragazza, che era tra coloro che
avevano tradito facendo entrare i Mangiamorte a Hogwarts, aveva
assunto un colorito bluastro, mentre fissava con terrore uno dei
ragazzini che l'Ordine aveva cercato di proteggere. Forse era suo
fratello, pensò Hestia, e lei era stata così
ingenua da credere ai
Mangiamorte che le avevano assicurato che lui non sarebbe stato
toccato.
«
Non ho intenzione di sacrificare tutte queste vite »
continuò
Voldemort. « Propongo un compromesso: un duello tra me e
Albus
Silente. So che è tra voi e so anche che sta cercando di
prendere
tempo, nella vana speranza di trovare un modo per sconfiggermi, ma
così facendo voi morirete uno dietro l'altro, mentre lui
continua a
tenersi lontano dalla prima linea ».
Hestia
si guardò disperatamente intorno, e non era l'unica. Tutti
cercavano
Silente con lo sguardo, ma non lo videro da nessuna parte. La ragazza
colse già alcuni sguardi fugaci di persone che iniziavano a
dubitare.
«
So che mi puoi sentire, Silente » insisté
Voldemort, con un tono di
trionfo. « Ti concedo dieci minuti per raggiungermi nel
cortile e
affrontarmi. Altrimenti i tuoi alleati subiranno le conseguenze della
tua codardia ».
Le
ultime parole di Voldemort continuavano a risuonargli nella testa,
ininterrottamente e senza per questo diventare ogni volta meno
dolorose. Albus Silente si trovava nella torre di Astronomia quando
il Signore Oscuro gli aveva lanciato la sua sfida, cogliendolo alla
sprovvista. Non era ancora pronto per affrontarlo. Nessuno di loro
aveva ancora trovato l'Horcrux, né sapevano quanti altri ne
restavano, e ora che il loro avversario sapeva cosa stavano cercando,
probabilmente aveva spostato i rimanenti, mettendoli ancora
più al
sicuro, in modo tale da rendere impossibile la loro distruzione.
Albus
non aveva idea di che cosa sarebbe successo con esattezza se avesse
colpito Voldemort con una maledizione mortale anche se il Diadema di
Corvonero era ancora intatto. Sarebbe morto momentaneamente, per
riassumere sembianze corporee poco dopo? Oppure non gli avrebbe
neanche fatto un graffio? Dopotutto era ancora immortale. Meno di
prima, ma lo era.
Aveva
già provato una sensazione simile, trentasei anni prima, nei
minuti
immediatamente precedenti alla sua decisione di affrontare
Grindelwald in duello. La situazione era diversa, tuttavia. Gellert
non era immune ai suoi incantesimi. Il loro era stato un duello alla
pari. Adesso invece Silente non aveva alcuna possibilità di
vincere.
Per quanto abile fosse, non era un caso se il mago oscuro che fino a
quel momento lo aveva sempre temuto era diventato improvvisamente
così fiducioso: Voldemort aveva un ultimo, ma essenziale,
vantaggio,
e sapeva già che sarebbe risultato vittorioso.
Dalle
finestre lungo il corridoio che stava percorrendo poteva vedere il
cielo notturno, che era coperto dalle nuvole cariche di pioggia, nere
e minacciose come non mai. Per la prima volta da anni, Albus Silente
si ritrovava senza una strategia. E adesso aveva ben poco da
pianificare. Se non avesse accettato la sfida, tante vite innocenti
avrebbero pagato per la sua scelta. Si disse che sarebbero morti
anche se Voldemort avesse trionfato, ma alcuni avrebbero anche potuto
arrendersi e passare dalla sua parte. Per quanto lui lo ritenesse
sbagliato, quale diritto aveva di privare tutte quelle persone della
possibilità di scegliere se sacrificare o salvare le proprie
vite e
quelle dei loro cari?
Sapeva
di dover accettare, ma ancora non se ne riusciva a fare una ragione.
Era assurdo, pensò, mentre stringeva tra le dita sottili il
Mantello, l'anello con la Pietra e la Bacchetta. Aveva riunito i tre
Doni, diventando il Padrone della Morte, eppure quelli erano gli
ultimi minuti della sua vita.
«
Sai cosa significa davvero essere Padroni della Morte, Albus?
»
La
domanda postagli da Grindelwald continuava a tornargli alla mente a
intervalli regolari. Ormai sapeva la risposta, dal momento che aveva
avuto parecchio tempo per rifletterci, ma questo non voleva dire che
intendesse accettarlo. Non era ancora pronto per morire, la sua ora
non poteva essere già arrivata, pensava, ogni nuovo passo
che
diventava sempre più difficile e pesante.
Eppure,
in ogni caso il mondo non sarebbe finito con lui. Non era l'unico a
sapere degli Horcrux. C'erano anche Regulus, Sirius, i Potter e
Rachel. Tutti loro sapevano bene cosa dovevano continuare a fare,
anche se il suo aiuto fosse venuto meno. Tutti loro avrebbero
continuato a provarci, ne era certo. E quasi tutti loro quella sera
si trovavano lì a Hogwarts, intenti a cercare gli Horcrux
rimanenti.
Forse il suo compito sarebbe stato proprio quello di concedere loro
del tempo per cercarli, tenendo occupato Voldemort il più
possibile.
Ma non era molto ottimista al riguardo. C'erano ancora troppi posti
da controllare, e troppo poco tempo. Nemmeno lui sarebbe riuscito a
combattere contro un Voldemort immortale in eterno. Eppure
continuò
a camminare.
«
Accetto la sfida » disse infine ad alta voce, mettendo
finalmente
piede nel cortile di fronte all'ingresso della scuola, dove Voldemort
lo stava aspettando, circondato da combattenti di entrambe le
fazioni, immobili e tesi come corde di violino.
Silente
trovò la forza per mostrare un'espressione serafica, anche
se non
era sicuro di esserci riuscito.
«
Accetto, ma con delle condizioni » ripeté.
« Devi permettere agli
ostaggi di lasciare la scuola ».
Con
sé non aveva nient'altro se non la bacchetta che adesso
stava
puntando contro Lord Voldemort.
«
Sai cosa significa davvero? »
«
Accogliere la Morte come una vecchia amica ».
Albus
Silente aveva deciso di lasciare la Pietra della Resurrezione e il
Mantello dell'Invisibilità sulla torre di Astronomia.
Regulus
e Rachel si voltarono di scatto nello stesso momento, pronti ad
attaccare il loro aggressore, ma lui fu più veloce e li
disarmò,
costringendoli ad alzare le mani in segno di resa.
Era
stato Severus Piton a sorprenderli alle spalle. Il Mangiamorte li
scrutava con la sua solita espressione indecifrabile mentre loro
cercavano disperatamente una via di fuga.
«
Continuate a tenere le mani in vista » disse infine, per poi
fare un
cenno in direzione del corridoio dietro l'angolo. « Camminate
».
Loro
obbedirono; non avevano alternative, dal momento che le loro
bacchette erano in suo possesso.
Mentre
Severus li spingeva lungo il corridoio, Regulus valutava le loro
prospettive. Li avrebbe portati da Voldemort, non aveva dubbi. Un
fremito di paura li percorse da capo a piedi quando pensò al
momento
in cui il Signore Oscuro avrebbe potuto finalmente vendicarsi di lui,
un ragazzino che aveva osato giocarlo.
Si
stava sforzando di trovare una soluzione per impossessarsi di nuovo
delle bacchette, quando da dietro l'angolo successivo si udirono
delle voci concitate. Dovevano essere per forza altri Mangiamorte.
Regulus e Rachel si scambiarono un'occhiata sconfortata: avrebbero
potuto reagire e avere la meglio contro un solo Mangiamorte, ma
adesso ogni loro speranza era diventata vana.
«
Entrate in quest'aula, svelti » sibilò Piton, con
una certa
veemenza.
Senza
capire, loro entrarono, e Piton si chiuse la porta alle spalle in
fretta e furia. Un attimo dopo, i passi dei Mangiamorte, dopo aver
svoltato l'angolo, echeggiarono nel corridoio ma oltrepassarono
l'aula senza fermarsi.
Per
alcuni istanti Regulus non capì. Perché Piton
avrebbe dovuto
nasconderli ai suoi amici e alleati? Voldemort gli aveva ordinato di
fare qualcosa che gli altri non dovevano sapere? Poi si rese conto
che il ragazzo teneva le bacchette tese verso di loro, non per
attaccarli, ma per restituirle.
«
Sei tu l'informatore di Silente? » chiese Regulus infine,
colto da
una rivelazione improvvisa, mentre si rimpossessava della propria
bacchetta.
Lui
non rispose in modo esplicito, ma fu evidente a entrambi che Regulus
avesse detto il vero.
«
Avresti potuto dircelo subito, invece di aggredirci »
commentò
Rachel, perplessa e non proprio convinta.
«
Perché, mi avresti creduto? » le chiese Severus,
scettico.
«
No » ammise lei senza mezzi termini.
«
Appunto ».
Regulus
intercettò lo sguardo della ragazza. Sembrava volergli
chiedere se
fosse il caso di fidarsi, ma quella era una domanda alla quale lui
non sapeva rispondere. Si chiese per quale motivo Severus avesse
deciso di tradire Voldemort a sua volta. Piton era sempre stato il
più attratto dalle Arti Oscure, molto più di lui,
che era diventato
un Mangiamorte nella convinzione di poter fare qualcosa che all'epoca
riteneva giusta. Ma Severus non aveva mai dato segni di cedimento.
Forse era stato più abile di lui a nascondere i propri
pensieri, ma
Regulus ricordava bene anche il loro precedente incontro: quella
notte Piton gli era parso tutt'altro che restio a continuare a
collaborare con Voldemort. Ma chissà cosa poteva essere
successo
mentre lui era latitante... Del resto il Signore Oscuro non aveva
scrupoli nemmeno nei confronti dei suoi alleati.
«
Come siete arrivati qui? » chiese Severus, interrompendo
bruscamente
le sue riflessioni.
«
Con una Passaporta. Prima eravamo al Ministero della Magia »
rispose
Regulus che, per qualche strana ragione, aveva inconsciamente deciso
di fidarsi.
Piton
aggrottò la fronte.
«
Com'è la situazione al Ministero? »
«
Stanno combattendo ancora. Ci sono state perdite da entrambe le
parti, ma per lo meno Rodolphus Lestrange è morto
» rispose
Regulus, e il tono che usò non nascose affatto la
soddisfazione
vendicativa che aveva provato poco prima, quando lo aveva visto ormai
senza vita e incapace di nuocere a nessun altro.
«
Qui invece che cosa è successo? Hanno ucciso qualcuno?
Perché hai
permesso che Voldemort conquistasse Hogwarts se eri già
dentro e
potevi avvertire tutti gli insegnanti prima che succedesse? »
chiese
Rachel con un tono inquisitorio: evidentemente non si fidava di
Piton.
Regulus
si guardò intorno per la prima volta da quando erano entrati
lì.
Una sensazione spiacevole si fece strada in lui quando si rese conto
che quella era l'aula di Incantesimi. Non l'aveva mai vista ridotta
in quel modo. Il legno dei banchi era stato scheggiato, i cumuli di
libri che di solito erano accatastati lungo le pareti ora giacevano
per terra in maniera scomposta e disordinata, e il seggiolino sul
quale il professor Vitious era solito salire per riuscire a vedere
oltre la cattedra era stato scaraventato dall'altra parte dell'aula.
«
Una cosa per volta » disse Severus, senza scomporsi.
« Silente mi
ha ordinato chiaramente di restare nelle grazie di Voi-Sapete-Chi. E
inoltre non potevo agire come mi pareva. Molti studenti sono sempre
stati dalla sua parte e gli hanno aperto le porte del castello. Ma
sto già provvedendo a rimediare. Quanto a Hogwarts, adesso
è sotto
il controllo del Signore Oscuro. Il castello è stato
attaccato da da
Auror, volontari e i loro alleati, ma Voi-Sapete-Chi ha dichiarato
una tregua, a condizione che sia Silente a sfidarlo a duello
».
Rachel
non sembrava del tutto persuasa.
«
Se è vero che sei dalla nostra parte, perché non
ci dici qual è
stato il motivo che ti ha spinto a cambiare? »
Per
la prima volta Severus perse il controllo che aveva sempre avuto. Di
colpo il suo volto si fece livido e le parole che pronunciò
sembravano affilate quanto coltelli.
«
Questo non ti riguarda! »
«
Vuoi scusarci un secondo? » gli disse Regulus, trascinando
Rachel in
un angolo dell'aula e rivolgendosi infine a lei, sottovoce. «
Lascia
perdere, d'accordo? Dobbiamo fidarci per forza ».
«
Ma come facciamo? »
«
Non lo so, lo facciamo e basta. Sei tu quella che ha sempre avuto
fiducia in tutti ».
«
Mi sbagliavo ».
«
Allora fidati di me, se non riesci a farlo con gli altri. Dopotutto
non abbiamo alternative » insisté Regulus.
Rachel
era ancora scettica, ma non replicò. Quando entrambi si
riaccostarono a Severus, quest'ultimo aveva assunto di nuovo
un'espressione annoiata.
«
Avete deliberato? »
«
Fino a prova contraria » ribatté la ragazza.
«
Cercherò di sopravvivere al dolore »
commentò lui, sarcastico. «
Ora, per quale motivo siete venuti qui? »
Regulus
esitò. Andava bene credere alla sua redenzione, ma non fino
al punto
di parlargli degli Horcrux.
«
Dobbiamo trovare mio fratello e i suoi amici » rispose
comunque con
una mezza verità. « Si sono intrufolati a Hogwarts
prima di noi, ma
c'è una cosa che non sanno ».
«
Non potete andarvene a zonzo come se nulla fosse. Se il Signore
Oscuro ti vedesse, Black, ti farebbe fuori senza che tu abbia il
tempo di battere le palpebre ».
«
Aiutaci tu a trovarli, no? Tanto a questo punto siamo tutti dalla
stessa parte » disse Rachel, provocando una contrattura
involontaria
dei muscoli facciali di Severus.
«
Non è una mossa saggia. Rumoroso com'è,
quell'idiota di suo
fratello si sarà già fatto catturare. E anche nel
caso contrario,
non posso farmi vedere insieme a voi due: Silente vuole che resti
sotto copertura fino all'ultimo ».
Rachel
emise un verso sarcastico, come se avesse data per scontata quella
risposta. Regulus non era altrettanto diffidente, ma non aveva
nessuna intenzione di restare nascosto senza fare nulla.
«
Allora lasciaci andare da soli. Abbiamo una cosa molto urgente da
fare. E se è vero che Silente sta andando a duellare con
lui,
dobbiamo sbrigarci, perché le speranze sono già
poche così »
disse con il tono più determinato che aveva.
«
Credo di sapere cosa dovete fare ».
«
No, fidati: non lo sai ».
«
State cercando il Diadema di Corvonero ».
Per
alcuni istanti un silenzio di tomba cadde nella stanza, mentre sia
Regulus che Rachel restavano a bocca aperta per lo shock.
«
Che cosa?
» esordì lei poco dopo. « Come fai a
saperlo? »
Severus
fece una smorfia esasperata.
«
Me l'ha detto Silente ».
«
E si fida di te fino a questo punto? »
«
Non mi ha spiegato esattamente di cosa si tratta »
spiegò lui. «
So solo che il Signore Oscuro non vuole che si trovi, e che va
distrutto. Ce l'hai tu l'arma per farlo, vero? »
«
Questo non ti riguarda » rispose Regulus, ancora incredulo.
Che cosa
aveva mai fatto Piton per meritarsi tutta quella fiducia da parte di
Silente? O forse il vecchio era semplicemente rimbambito come aveva
sospettato prima di iniziare a collaborare con lui. « Sirius
e gli
altri sono andati a cercarlo. Per questo motivo dobbiamo trovarli
».
«
È inutile che esci di qui. Tuo fratello e i suoi compari
potrebbero
aver trovato il nascondiglio del Diadema, ma non hanno fatto in tempo
a prenderlo » commentò Severus, mentre una strana
espressione
prendeva forma sul suo volto.
Regulus
e Rachel si scambiarono un'occhiata preoccupata e incerta.
«
Perché? Cosa è successo? »
«
Potrei essere arrivato prima di loro » rivelò
Piton.
E,
dopo averlo estratto da una tasca interna del mantello,
mostrò loro,
sbigottiti e increduli, il Diadema di Corvonero.
Silente
schivò l'anatema appena in tempo, ma Lord Voldemort non si
lasciò
abbattere da quel fallimento. Anzi, traeva una certa soddisfazione da
quel duello. Più tempo sarebbe durato, e più lui
avrebbe gustato la
propria vittoria finale. Una volta morta la loro guida, quasi tutti i
suoi avversari avrebbero deciso di arrendersi e unirsi alle schiere
dei Mangiamorte, e il suo trionfo sarebbe stato completo.
Con
un elaborato movimento della bacchetta, Silente evocò una
raffica di
vento che iniziò a girare su se stesso, creando un vortice
che si
avventò mulinando verso Voldemort. Quest'ultimo gli fece
cambiare
direzione, trasformandolo in un vortice di fuoco che tornò
indietro
in direzione del suo originario creatore. Silente non ebbe
particolari problemi a estinguerlo con un potente getto d'acqua, ma
alla fine sembrava avere il fiato corto.
«
Tutto qui? » lo provocò in tono trionfante.
« Puoi sempre
arrenderti, se vuoi. »
Silente
ignorò la sua affermazione, e continuò ad
attaccarlo. Voldemort
sogghignò. Poteva quasi leggere cosa il vecchio Preside di
Hogwarts
stava pensando in quel momento. Sapeva già di essere
spacciato, che
qualsiasi cosa avesse fatto non sarebbe riuscito a ucciderlo, non con
un Horcrux ancora integro e al sicuro. Forse non sapeva nemmeno che
ne restava solo uno. Tanto meglio per lui.
Il
combattimento stava andando avanti da parecchi minuti, ma Voldemort
era sicuro di farcela.
«
Sai bene che non potrai mai uccidermi. Non hai ancora trovato tutte
le cose che volevi trovare, lo sai, vero? Hai già perso,
Silente.
Hai avuto un pessimo tempismo, e sei arrivato troppo tardi. Lo sai
quello che dice la gente: sono immortale ».
Ma
proprio in quel momento una voce si levò a rispondergli, e
non era
quella di Silente.
«
Non più ».
Entrambi
i duellanti si bloccarono, tutti e due sbigottiti, e si voltarono a
guardare nella direzione da cui era provenuta la voce. Una vena nella
tempia di Voldemort iniziò a martellare, come percependo un
pericolo
imminente. Poi, senza che lui avesse il tempo di ordinare al
proprietario della voce di farsi avanti, quello avanzò di un
passo,
facendosi strada tra la folla.
La
mano di Voldemort, stretta intorno alla bacchetta, formicolò
dalla
voglia di usarla contro di lui, non appena vide che a parlare era
stato Regulus Black.
«
Tu! Prova a ripetere! »
Aveva
proprio voglia di morire, allora, e stavolta per davvero. Ma Lord
Voldemort lo avrebbe accontentato prima di quanto pensasse.
Regulus
gli lanciò un'occhiata di sfida. Non sembrava più
temerlo, e
questo, nonostante tutto, indusse Voldemort a stringere i pugni e
irrigidirsi.
«
Non è più immortale. Adesso può essere
ucciso » disse il ragazzo,
rivolto a Silente, i cui occhi improvvisamente si illuminarono.
Il
Signore Oscuro iniziò a udire un fischio acuto nelle
orecchie, ma un
attimo dopo si riscosse. Non era possibile.
«
Il tuo è un bluff. Stai mentendo ».
«
E perché dovrei? »
E
poi Black guardò accanto a sé. Versi di stupore
si levarono dalla
folla quando tutti videro avanzare la persona che era accanto a lui.
Non appena Voldemort incrociò lo sguardo imperscrutabile di
Severus
Piton, il fischio nelle sue orecchie si trasformò in un
boato. Il
sangue gli si gelò nelle vene e i momenti successivi
trascorsero
come al rallentatore.
Piton
aveva qualcosa in mano. Lo lanciò verso i duellanti, come se
fosse
stato un guanto di sfida, e l'oggetto rotolò sul lastricato
del
cortile, finché non si fermò proprio ai piedi di
Voldemort che, non
appena trovò il coraggio di guardare, a quel punto si rese
conto di
quello che era successo.
Il
Diadema di Corvonero giaceva a pochi centimetri da lui, la grande
pietra incastonata al centro spezzata, e il resto dell'Horcrux
incrostato di sangue secco e rappreso. Distrutto, perduto per sempre,
proprio come l'ultimo frammento dell'anima che era riuscito a
sottrarre al proprio corpo.
La
consapevolezza di essere tornato mortale lo colpì con una
violenza
tale da fargli mancare il respiro, come se qualcuno lo stesse
soffocando, stringendogli le mani intorno al collo.
Poi
il tempo tornò a scorrere alla stessa velocità di
prima. Voldemort
si voltò a fronteggiare Silente proprio mentre quest'ultimo
levava
la bacchetta e iniziava a pronunciare la formula della maledizione.
«
AVADA KEDAVRA! »
Reso
ancora più fulmineo da un disperato istinto di
sopravvivenza,
Voldemort pronunciò a sua volta le due parole, gridandole
come per
caricarle della propria rabbia e frustrazione.
Non
vide mai se la propria maledizione andò a segno. Il getto di
luce
verde lo investì, e poi fu il nulla.
***
«
È finita, Bella. È
morto! »
«
Non ci credo! Sono tutte menzogne! Se lo sono inventato! »
Bellatrix
stava continuando a togliere incantesimi protettivi alla porta che si
erano chiusi alle spalle e che li divideva da un intero esercito di
Auror.
Rabastan
si asciugò il sudore e il sangue dalla fronte, fece un passo
avanti
e la strattonò, impedendole di continuare e ignorando le
proteste
della cognata.
«
Non è una bugia. Nell'Atrium stanno già
festeggiando. Abbiamo
perso, Lui ha perso! »
«
Taci! »
Bellatrix
alzò la mano che reggeva la bacchetta, decisa a colpirlo, ma
Rabastan la anticipò, bloccandole il polso.
«
Tutti gli altri sono scappati, o si sono arresi. Non possiamo
continuare a... »
«
Io continuerò a combattere! Cosa vorresti fare? Vuoi fuggire
come
tutti quegli altri vigliacchi? »
Rabastan
le lasciò andare il polso con uno scatto violento, cercando
di
trattenere la rabbia. Erano stati sconfitti, la causa in cui avevano
creduto per anni era perduta, e suo fratello era morto. Ma niente di
tutto questo era peggio dei dubbi che Bellatrix nutriva nei confronti
delle sue intenzioni.
«
Non sono un traditore! Io non mi arrenderò ai nostri nemici.
Ma non
possiamo affrontarne cento tutti da soli. Ci faremo solo ammazzare!
»
Bellatrix
non gli rispose e tornò a togliere gli incantesimi. Qualcosa
nello
sguardo di sua cognata gli fece intuire che a lei non importasse per
niente vivere.
È
impazzita, ha perso il senno, pensò.
Ebbe
pochi istanti per decidere cosa fare. Quando gli Auror sfondarono la
porta e irruppero nel corridoio, Rabastan le aveva voltato le spalle,
diretto verso l'ascensore. Non si sarebbe mai arreso, ma la scelta di
Bellatrix non aveva senso. Era dettata solo dalla sua disperazione.
Rabastan
non volle assicurarsi di cosa le fosse successo, anzi, forse
preferiva non saperlo. Molti Auror lo stavano inseguendo,
perciò
accelerò e raggiunse l'ascensore. Non era al piano, quindi
premette
ripetutamente il tasto di chiamata, voltandosi poi ad affrontare gli
assalitori.
Riuscì
a resistere a sufficienza, fino a che un suono alle proprie spalle lo
avvertì dell'arrivo dell'ascensore. Mise fuori combattimento
l'ultimo Auror più vicino e, prima che i rinforzi potessero
raggiungerlo, fece per entrarvi.
Ma
all'interno vi erano già due persone, che gli puntarono le
bacchette
contro e lo disarmarono prima che lui potesse reagire.
«
Sei circondato. Arrenditi, Lestrange » tuonarono Frank e
Alice
Paciock.
Non
aveva altre vie d'uscita, era in trappola. Rabastan cadde in
ginocchio, sconfitto. Mentre gli Auror lo legavano, poteva
già
sentire il gelo della sua futura cella di Azkaban, pronta ad
accoglierlo.
Sono
imperdonabile! Mi dispiace per l'attesa di più di quattro
mesi,
ma è stato un periodo in cui non avevo voglia di scrivere
(in
breve, il post laurea è stato un'altalena di momenti
entusiastici in cui volevo fare tutto quello che non ho potuto fare
mentre studiavo e altri depressi in cui non avevo idea di cosa fare
della mia vita, quindi spero che capirete xD).
Non sono pienamente soddisfatta di questo capitolo, avrei voluto
metterci più azione, ma in fondo c'è stata nel
capitolo scorso, a questo ho dato un'impronta più
riflessiva. Comunque, ora manca solo l'epilogo, che spero di
riuscire a pubblicare in tempi brevi xD
Ora posso
dirlo. La decisione di salvare i Potter (che
all'inizio non avevo preso in considerazione) mi ha limitata nelle
scelte sul finale, quindi la battaglia non è venuta come
speravo. Però non tornerei indietro. E dal momento che non
poteva essere Harry a uccidere Voldemort, ne ho approfittato per
sfruttare Silente e completare il suo percorso di comprensione della
faccenda dei Doni prima di quanto faccia nei libri (per questo ho
inserito la scena con Grindelwald). Io stessa vado più fiera
del
capitolo precedente che di questo, ma vi assicuro che tutte le altre
alternative che avevo in mente non erano migliori. Spero che vi sia
piaciuto comunque, nonostante la mia scrittura fosse un (bel) po'
arrugginita.
Nell'epilogo ci sarà qualche chiarimento e soprattutto
saprete se anche l'Avada Kedavra di Voldemort ha fatto centro :S
Un abbraccio stritolante alla Hagrid a tutti!
|