Warnings: Band!AU,
Fluff.
N/A: Scritta
per il COWT #3.5 @ maridichallenge,
terza settimana, missione #3, prompt “Band!AU” e per 500themes_ita,
prompt #31.
I venti del cambiamento.
- Questo
seguito non era previsto, ma è arrivato e non potevo
cacciarlo via a calci. Non escludo nemmeno di ritornarci su questa AU,
le voglio troppo bene per abbandonarla XD
Little by little
Si
rigira la matita tra le dita di una mano, picchiettandone la punta
contro il bordo del tavolo prima e contro la propria tempia poi,
cercando di dare un senso alle note e alle parole che gli si mischiano
in testa senza un senso preciso. Alla fine Stefan sospira, lascia
cadere la matita sul taccuino aperto e si accende un'altra sigaretta.
Si era proprio illuso per bene a pensare che le cose sarebbero state
più facili dopo quello che ha battezzato come “il
giorno dei grandi ritorni, delle nuove scoperte e delle insospettabili
rivelazioni” o, più brevemente, come “il
giorno della grande rissa”.
Probabilmente
è solo il periodo ad essere sbagliato: il giorno del diploma
si avvicina a velocità spaventosa, la mole di studio ha
ormai raggiunto livelli critici e non ha la più pallida idea
di come farà a passare l'esame di letteratura con voti
decenti. E poi c'è l'applicazione per il college da
scrivere, lettere da inviare, decisioni da prendere. E la band non
facilita le cose. Le
band,
anzi, perché non si sa come né perché,
ma da questo punto la situazione per lui è addirittura
peggiorata: ora gli tocca suonare non più per una, ma per
due band diverse. Che si odiano a vicenda. E in entrambe ha una
ex-ragazza che lo evirerebbe volentieri e senza pensarci due volte.
Eppure,
se si ferma a pensarci un attimo, le cose in generale non vanno poi
tanto male.
Con
Damon, ad esempio, la situazione è migliorata parecchio:
riescono perfino a rivolgersi la parola senza litigare, e anzi, negli
ultimi mesi hanno passato anche un bel po' di bei pomeriggi insieme,
allo stadio e in sala prove, e durante gli ultimi concerti gli
è sembrato quasi di essere tornato ai vecchi tempi, quando
non c'era rabbia né lunghi silenzi tra loro. Il merito
è probabilmente delle nuove canzoni: nuovi ricordi, nuove
esperienze, quasi nessuna allusione al passato. L'ideale sarebbe
riuscire a scriverne abbastanza da non dovere più ricorrere
alle vecchie, ma è più facile a dirsi che a
farsi, nonostante gli strilli e le minacce di Caroline.
Stefan
lancia un altro sguardo alla pagina ancora bianca del taccuino e
sospira di nuovo, soffiando il fumo verso il soffitto. Potrebbe
mettersi a studiare letteratura, per quello che vale. Non ha proprio
ispirazione per la musica, non oggi almeno. Ma non ha voglia neanche di
studiare.
Sbuffando
recupera il cellulare da sotto il cuscino del divano e dà
un'occhiata ai messaggi. Decide di ignorare ancora per un po' quelli di
Rebekah (ogni volta che lei gli chiede di suonare con lei e i suoi
fratelli gli tocca subire frecciatine al vetriolo da parte di Tyler e
Caroline, inoltre uscire con loro è uno dei molti metodi
sicuri per far incazzare Damon, che anche se non dice mai nulla trova
sempre qualche modo subdolo per fargliela pagare), e finge di non
vedere anche quelli di Katherine (altro tasto dolente per tutti). Trova
invece un messaggio della buonanotte da parte di Elena, e rimane per un
po' a fissarlo con un leggero sorriso sulle labbra.
Perché
no?,
si domanda infine, portandosi il telefono all'orecchio.
~
Trasferirsi
in un nuovo liceo proprio l'anno del diploma non è stata
esattamente una delle idee più brillanti della sua vita.
D'altronde non è stata neanche una vera e propria scelta,
non con la morte dei suoi genitori e il ritorno di Katherine. E per
quanto la situazione le sembri sempre più disperata, Elena
non se ne pente affatto.
Certo,
si è trovata coinvolta in una specie di guerra tra due band
rivali e sì, lei e sua sorella sono finite in una rissa e
poi in ospedale dopo appena due settimane dal loro ritorno a Mystic
Falls, e ancora non ha perfettamente capito tutta la storia che
c'è dietro, dato che ognuno la racconta a modo suo, ma ci
sono anche dei lati positivi in fondo.
Ha
già degli amici, ad esempio. E nonostante la tensione tra
loro e sua sorella, le sono stati molto d'aiuto. Katherine stessa ─
quando di buon umore ─ si è rivelata una brava sorella
(anche se la sua soluzione standard a qualsivoglia problema
è una serata in discoteca e tanto alcool da dimenticarsi
persino il proprio nome).
E
poi c'è Stefan, ovviamente. E nonostante il fatto che sia
l'ex ragazzo di sua sorella (questo perlomeno lo ha capito) e
nonostante la recente rottura tra lei e Matt (sono rimasti amici,
però. Anche se la lontananza ha probabilmente aiutato la
nuova situazione: facile chiamare amico una persona che non vedi quasi
mai), sarebbe una bugiarda ad affermare di non avere una specie di
piccola cotta per lui. Dubita che la cosa si concretizzerà
mai (ogni volta che sono da soli un neon a luci rosse si accende nella
sua testa: allerta,
allerta, pericolo, ex-ragazzo di tua sorella...
difficile ignorarlo), ma è comunque una bella sensazione
dopo tutte le lacrime e il dolore degli ultimi mesi.
È
bello sentire il cuore battere più forte nel petto non per
la paura ma per l'eccitazione (come sta facendo adesso), ed
è bello vedere qualcuno che sorride non appena ti vede (e
Stefan ha davvero un bel sorriso).
«Ciao!»,
la saluta lui, quando sono abbastanza vicini. «Ti va un
gelato?»
«Credevo
dovessimo studiare», replica Elena, mostrandogli la borsa dei
libri e alzando un sopracciglio in modo eloquente.
Stefan
si stringe nelle spalle.
«Ti
ho teso una trappola, mi dispiace», ribatte, senza la minima
traccia di rimorso. «Le mie intenzioni sono di rapirti,
offrirti un gelato e trascinarti a vedermi suonare con gli Originals in
un locale sperduto e poco pulito.»
«Sto
per mettermi ad urlare», lo informa Elena con un sorriso.
«E
ci andremo con la macchina che ho rubato a mio fratello»,
aggiunge Stefan con un ghigno.
«Se
ci prendono testimonierò contro di te, lo sai,
vero?», domanda Elena, e ormai fa sempre più
fatica a trattenere le risate.
Il
sorriso di Stefan si allarga ancora di più.
«Sono
pronto a prendermi le mie responsabilità»,
annuncia, poi le porge un braccio strizzandole l'occhio.
«Andiamo?»
Elena
ride e si stringe allegramente contro di lui.
~
Katherine
non è mai stata il tipo di persona che si lascia mettere da
parte. La sensazione di non essere gradita in un posto o ad una persona
non l'ha mai messa a disagio, anzi, se si rende conto della situazione
finisce quasi sempre per divertirsi parecchio. Soprattutto se la
persona e il luogo in questione sono rispettivamente Damon e quella
specie di maniero pretenzioso in cui abitano lui e suo fratello.
«Vattene»,
sbuffa infatti il proprietario del sopracitato pretenzioso maniero,
passandole davanti con le braccia cariche di scatoloni.
«Pulizie
di primavera?», chiede Katherine di rimando. «Sei
un po' in ritardo, siamo quasi in estate.»
Damon
sbuffa di nuovo ma non le risponde. Invece carica un'altra scatola
sulla pila già più alta della sua testa e si
avvia verso la porta, solo per trovarsi di fronte al problema di una
maniglia da aprire e nessuna mano libera con cui farlo.
«Se
me lo chiedi gentilmente ti aiuto», cinguetta Katherine.
Damon
le borbotta contro un invito non molto gentile ad andare in un posto
non molto educato, poi fa un passo indietro e tenta di aprire la porta
con il piede. Pessima mossa. La colonna di scatoloni traballa
visibilmente per qualche secondo, ed entrambi rimangono a fissare
l'ultima scatola scivolare di lato, rimanere in precario equilibrio sul
bordo, resistere stoicamente all'eroico tentativo di Damon di
raddrizzarla con un colpo di reni, ed infine cascare rovinosamente al
suolo.
Dopo
un attimo di silenzio Katherine sorride e si stringe nelle spalle,
alzando appena le mani al cielo.
«L'orgoglio
è un brutto vizio, Damon», commenta con il suo
solito sorriso furbo. Damon, per tutta risposta, le mostra il dito.
«Non
sei affatto un gentiluomo.»
«Mai
detto di esserlo.»
«Tuo
fratello è molto più gentile.»
«Tua
sorella è molto meno rompiscatole.»
«Lo
so. Sto facendo del mio meglio per rimediare ed educarla
meglio.»
Damon
scuote la testa e si lascia scappare un sorriso. Posa la pila di
scatoloni sul pavimento, apre la porta con una manata un po' stizzita,
poi si china a raccogliere la scatola suicida ed il suo contenuto
sparso sul pavimento.
«È
la roba di tuo padre?», domanda Katherine, chinandosi a sua
volta per aiutarlo.
«Mh-mh.
Penso sia ora di liberarcene», mormora lui.
Katherine
raccoglie un plettro e se lo rigira tra le dita.
«Ci
sono anche molti ricordi nostri», gli fa notare.
«Intendo della band. Dei primi tempi. Di me e te e Stefan e
Caroline», si sente in dovere di aggiungere quando lui alza
lo sguardo per fissarla con un sopracciglio inarcato.
«Non
ti facevo tanto sentimentale», la prende in giro Damon,
allungando una mano per afferrare il plettro tra le dita. È
uno dei suoi, forse addirittura quello che ha usato durante il loro
primissimo concerto (una cosa tristissima a cui hanno assistito non
più di una ventina di persone, e quasi tutti parenti, tra
parentesi).
«Non
lo sono. Puoi anche bruciarli per quanto mi riguarda»,
ribatte Katherine, piccata. «Sto solo dicendo che poi
potresti pentirtene.»
Damon
annuisce piano.
«Per
il momento li metterò in garage. Lo scarto lo
farò un altro giorno, e probabilmente anche Stefan
vorrà darci un'occhiata.»
«A
proposito... sai dove sarà tuo fratello stasera?»,
domanda Katherine quasi casualmente.
«Sì»,
le risponde Damon. «Suona con i Mikaelson. Abbiamo
già litigato per telefono, arrivi tardi, Kath.»
«Non
chiamarmi Kath.
Non mi piace.»
«E
a me non piacciono i tuoi continui tentativi di farmi
arrabbiare», replica Damon, guardandola dritta negli occhi.
«Non hai di meglio da fare?»
«No»,
risponde Katherine, ed è la sacrosanta verità.
Forse
Damon lo capisce. Forse capisce anche che è una buona
occasione per fargliela pagare, per ributtarle in faccia i mesi, le
settimane e i giorni che ha passato pensando a lei, litigando con suo
fratello, con i suoi amici e con la propria debolezza.
Eppure
non lo fa. Ed entrambi ne sembrano parecchio sorpresi.
«Quando
suonerete di nuovo?», domanda allora Katherine per spezzare
il pesante silenzio che stava giusto iniziando a crearsi.
«Non
a breve. I ragazzi hanno gli esami», risponde Damon, finendo
di raccogliere il resto della roba. Il plettro rimane però
al sicuro nel palmo della sua mano.
«Dura
essere il vecchio del gruppo, eh?»
«Dura
essere l'unica del gruppo ad aver mollato la scuola prima del diploma,
eh?»
Questa
volta è il dito di Katherine a svettare nell'aria. Damon
ride. Katherine vorrebbe chiedergli cosa sarà di loro quando
tutti gli altri saranno lontani, diretti verso il college e verso nuove
vite piene di opportunità e di porte spalancate. Invece si
alza e, senza chiedere il permesso, si dirige verso le scale. Quando
torna giù ha tra le mani la chitarra di Damon.
«Suonami
qualcosa», gli ordina, più che chiederglielo.
«Se mi piace potrei anche decidere di cantarci su.»
«Come
se sentissi la mancanza della tua voce», borbotta Damon, ma
afferra la chitarra e si mette a sedere sul divano.
I
primi accordi rimbalzano sicuri tra le pareti di quell'enorme casa
vuota, come hanno già fatto innumerevoli altre volte in
passato. Katherine riconosce subito il brano, sorride ed inizia a
cantare per la prima volta dopo anni.
~
Il
locale è molto meno sporco di quanto Elena immaginasse, ma
avrà comunque bisogno di disinfettare i vestiti che ha
indosso prima di poterli usare di nuovo. Non le importa più
che tanto, non in quel momento. In quel momento osserva il modo in cui
i riflettori giocano con i capelli metà biondi e
metà rosa di Rebekah mentre lei muove la testa a tempo con
la musica, e intanto si sforza di tenere ancora per qualche istante lo
sguardo lontano da quello di Stefan.
Non
ha intenzione di dirlo a Katherine (o ancor meno a Caroline: le
prenderebbe un colpo e cercherebbe di farla arrestare per alto
tradimento), ma l'altro gruppo di Stefan le piace parecchio. E Rebekah,
dopo un'iniziale diffidenza, si è mostrata abbastanza
amichevole con lei.
I
suoi occhi scivolano via di nuovo, incontrando subito quelli di Stefan,
e il ragazzo le sorride per quella che dovrebbe essere, ad occhio e
croce, la diciassettesima volta da quando è salito sul palco
(non che lei stia tenendo il conto, eh).
Elena
gli sorride a sua volta, poi nasconde il volto nel bicchiere di birra
procuratole da Klaus.
Il
cuore le sta di nuovo battendo forte, e quasi a ritmo con il brano che
stanno suonando, nota con divertimento.
~
La
cosa più bella della musica è che sia quando la
ascolti, sia quando la suoni, ha il potere di portarsi via ogni
problema. È per questo che Stefan la ama, ed è
per questo che l'idea di relegare questi concerti confusionari e male
organizzati al mondo dei bei ricordi di gioventù di cui si
troverà a parlare da qui a trent'anni non gli piace per
niente.
Anche
perché gli riesce difficile ricordare un momento di
felicità che non abbia a che fare con il suo gruppo (il
vecchio e il nuovo, perché per quanto si senta un po'
ingiusto nei confronti di entrambi, non può davvero dire di
voler scegliere tra l'uno e l'altro). Forse solo qualche pomeriggio con
Katherine. E, be'... anche quello che ha appena passato con Elena.
Abbassa
gli occhi sul basso e per qualche momento si concentra solo sulle corde
e sulle proprie dita, lasciandosi trasportare lontano dalla voce di
Rebekah.
Non
ha voglia di pensare al passato, a quando il mondo sembrava in bilico
sull'orlo di un precipizio, a Katherine e a Damon, alla tomba di suo
padre su cui non ha mai posato alcun fiore dopo il giorno del funerale.
Non
ha voglia di pensare al domani, all'esame di letteratura, alla litigata
che lo aspetta il giorno dopo, al fatto che Elena è la
sorella di Katherine e che tra poco dovrà scegliere tra il
college e questa magia che lo avvolge ogni volta che sale su un palco.
Non
ha voglia di pensare a nient'altro che a questa canzone, a quella che
sa finalmente come scrivere non appena torna a casa, e alla birra che
non vede l'ora di condividere con Elena alla fine del concerto.
Tutto
il resto può anche aspettare, si dice. È uno dei
pochi privilegi dell'avere diciassette anni, dopotutto.
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