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3.
Magic mirror on the wall,who is the fairest one of all?
La
prima cosa che riuscii a sentire al mio risveglio fu un intenso odore
di spezie. E cipolla. Troppa cipolla.
Tuttavia,
la sorpresa nel sentirmi ancora in vita era troppa per pensare agli
odori acri che mi circondavano.
C'era
una temperatura piacevole, e non faceva affatto freddo. Non come lo
ricordavo in mezzo a tutta quella neve.
Provai
ad aprire gli occhi, ma vedevo ancora tutto appannato. Oltretutto mi
costava una gran fatica, segno che dovevo aver riposato poco. Provai
a sgranchirmi le gambe, e sorprendentemente ci riuscii.
Deglutii
a fatica. Avevo la bocca secca e una terribile sensazione di sete.
In
più, quell'odore che prima disprezzavo cominciava a piacermi.
«
Che... » mugugnai, e tutto quello che sentii dopo furono dei
passi
rapidi in mia direzione.
«
Ben svegliata. » squittì una voce accanto a me, e
ci misi un po'
per ruotare la testa e mettere a fuoco la situazione. A quel punto mi
resi conto di essere sdraiata su un letto di legno e paglia, il che
spiegava tutta quella comodità imprevista.
La
stanza era comoda e accogliente, non molto grande ma quel tanto che
bastava per viverci, interamente intagliata nel legno. Intravidi il
camino con il fuoco acceso, sopra cui era posizionata una pentola da
cui proveniva quell'odorino invitante.
«
Dove sono? » mormorai, ma avevo la bocca impastata. Passai la
lingua
sulle labbra screpolate, e provai a mettermi seduta. L'ombra accanto
a me provò ad aiutarmi, visto che era palese quanto fossi
irrigidita
nei movimenti.
«
Dannato Inverno nucleare, le mie ossa ti malediranno per sempre.
»
borbottai sottovoce, imprecando come solo io sapevo fare. Accanto a
me partì una risatina cristallina e limpida, che mi
tranquillizzò.
E
finalmente riuscii a metterla a fuoco.
Non
mi ci volle molto per riconoscerla: i capelli neri scendevano in
ampie onde sulle spalle nude, appena raccolti con un fazzoletto color
lampone, incorniciando il viso simmetrico e due grandi e intensi
occhi color smeraldo. Mi sorrise, mostrando la fila di denti bianchi
in risalto sulla pelle olivastra.
Tossii,
e lei mi passò una ciotola da cui proveniva quel
meraviglioso
profumo, muovendo le braccia su cui ondeggiavano una serie di
bracciali colorati, che arrivavano quasi fino al gomito. Quel
tintinnio riuscì quasi a calmarmi.
«
Mangia qualcosa, sei molto debilitata. » mi
suggerì lei, e
l'istinto mi disse che potevo fidarmi. La zuppa era calda e
buonissima. Talmente buona che ripulii la ciotola in pochi istanti.
«
Te ne porto ancora. Può farti solo che bene, fidati.
» aggiunse,
con voce energica. Prese la ciotola e si avvicinò al camino.
Indossava un'ampia gonna color ametista, strappata ai margini e
decorata con perle e altre decorazioni dai colori sgargianti. Le
calze color lampone la coprivano fin sopra al ginocchio, e le
caviglie erano decorate con catenine brillanti e ciondoli d'oro.
Indossava un paio di orecchini dorati, due cerchi spessi che dovevano
pesare una tonnellata.
«
Noi...ci conosciamo? » mormorai, sapendo già la
risposta. Nel mondo
delle Favole ci conoscevamo tutti, ma alcuni di noi meglio di altri.
«
Non proprio. » rispose lei, voltandosi. Mi portò
un'altra razione
di zuppa, e mangiai di gusto anche quella.
«
Cos'è successo? » le chiesi, ancora ignara di dove
fossi. Qualcuno
mi aveva salvata, e di certo questo mi bruciava un po'. Ma in quel
mondo così cambiato un po' d'aiuto non guastava mai.
«
Al sicuro. » disse semplicemente lei, allontanandosi dal
letto. «
Eri in mezzo alla tempesta, devi essere svenuta. Hai dormito per
parecchie ore. ». Prese un gilet sbracciato color smeraldo e
lo
indossò sopra il corpetto bianco. Solo in quel momento mi
resi conto
che alla cintura, legato con una fascia, c'era un coltello dal manico
d'ottone.
A
quanto pare ognuno, anche il più insospettabile, doveva
difendersi.
Anche nel posto apparentemente più accogliente di
quell'Inferno.
«
Grazie. » mormorai, riconoscente. Non potevo non farlo, visto
che mi
aveva salvato la vita.
«
Non ringraziare me. » rispose lei, con un sorriso affettuoso.
« Non
sono io che ti ho salvata. ».
Rimasi
in silenzio, rimuginando sulle sue parole, e solo a quel punto
cominciai a guardarmi attorno: attraverso la finestra si scorgeva
solo un manto bianco senza fine, ma nessun accenno di tempesta.
Forse
mi trovavo ancora nel bosco, benché mi sembrasse leggermente
diverso
da quello a cui ero abituata a vedere.
«
Oh, dimenticavo. » esordì poi lei, avvicinandosi
nuovamente. Le
calze erano tagliate in fondo, e lei camminava a piedi nudi senza
provare il minimo fastidio. « Io sono
Esmeralda.
».
Sorrisi.
« Piacere. Red. ».
«
E' un piacere conoscerti, finalmente. Non ci siamo mai incontrate,
vero? ».
«
Mai. ». Ed era vero, i nostri mondi erano lontani. Ma allora
che ci
faceva lì?
In
quel momento udii nuovamente un rumore di passi, come se qualcuno
oltre la porta stesse salendo le scale. Esmeralda si voltò e
sorrise. « Arriva. » disse, strizzandomi l'occhio.
La
porta si aprì e tutto quello che vidi furono due pesanti
stivaloni
neri e un'ampia gonna gialla da bambola vittoriana.
«
Sei sveglia! Era ora. » squittì la voce acuta e
vispa della
ragazza, stretta in quel corpetto blu e rosso che mi fece trasalire.
Strabuzzai
gli occhi. « Biancaneve? ».
Non
era cambiata di una virgola. Fatta eccezione per l'abitino molto
più
succinto.
Di
certo i bambini non si sarebbero addormentati immaginando una
sventola simile.
«
E' da tanto che non ci si vede. Vero, Red? » rispose lei,
muovendo
le labbra rosse e perfette.
I
capelli nero corvino le fasciavano il viso in un caschetto
spettinato, tenuto fermo da un fiocco rosso nel cui centro era
fissato un piccolo teschio. Non osavo immaginare da quale animale
l'avesse tirato fuori.
Povere
bestie.
«
Sono nel tuo bosco? » sussurrai, guardando oltre la finestra.
Effettivamente era diverso dal mio.
Ero
a casa sua. O meglio, nella casetta nel bosco.
«
Eri arrivata al confine, a quanto sembra. Ero in giro per la solita
ronda e ti ho vista in mezzo alla tempesta. Fortuna che sono arrivata
in tempo. » mi spiegò lei, avvicinandosi.
« come ti senti? ».
«
Meglio, grazie. » dissi, annuendo. Riuscii finalmente ad
alzarmi in
piedi. « E tu? Come stai? ».
Nonostante
i nostri regni fossero vicini, non ci eravamo più viste
dall'Apocalisse. Era difficile comunicare.
«
Me la cavo. » rispose, lanciando un'occhiata ad Esmeralda.
Sotto la
gonna color canarino intravidi una serie di fasce che tenevano
stretti coltelli e armerie. Altro che reggicalze.
Esmeralda
si alzò e attraversò la stanza. « Io
comincio a scendere. Ci
vediamo giù. ». Mi sorrise e si richiuse la porta
alle spalle.
Scendere?
Biancaneve
prese una sedia di legno e si accomodò accanto al mio letto,
così
anche io tornai a sedere. Fortunatamente non avevo perso nulla nella
tempesta: la lancia e la sacca erano poggiate al muro,ad un angolo. E
il mio corpetto metallico era sul bancone di fronte a noi.
«
L'Inverno nucleare è una rogna. » mugugnai,
ripulendo gli
occhialoni da aviatore dal sangue e dal ghiaccio.
«
Non posso che darti ragione. » aggiunse lei, guardando oltre
la
finestra. Anche il suo bosco era stato colpito dall'Inverno,
così
come il mio. Non sapevo quali bestie feroci si aggirassero nei
dintorni, ma se erano uguali ai miei lupi, allora doveva essere un
gran casino anche lì.
«
Perché Esmeralda è qui? ». Non sapevo
nulla di lei e del suo
mondo. Praticamente eravamo agli antipodi.
«
Una brutta storia, purtroppo. Il suo mondo è stato
completamente
distrutto. La Corte dei Miracoli è diventata cenere. Non ha
più
nessuno, e ha vagato fino a qui di regno in regno. ».
Capivo
cosa voleva dire. Il mio mondo non era stato distrutto, ma avevo
perso tutto ciò che avevo e dovevo combattere di giorno in
giorno
contro la morte.
«
E tu? » le chiesi, indicando con un gesto le pareti di legno
e il
tetto. « Perché non sei al castello? ».
Sul
suo volto apparve un'espressione contrariata. La smorfia
increspò la
meravigliosa pelle diafana.
«
Il castello non esiste più, è andato distrutto.
»
«
E... » iniziai, ma lei aveva già capito. Di norma
non avrei chiesto
così tanto, ma Biancaneve ed io ci conoscevamo da tanto.
Nonostante
tutto, mi fidavo di lei e lei di me.
Ed
ero contenta di rivederla, dopo tanto tempo.
«
Il principe? Oh, lui mi ha lasciata nel castello. A parlare d'amore
sono tutti bravi, Red. E' quando dobbiamo dimostrarlo che si vede la
vera essenza delle persone. » concluse poi, alzandosi per
togliere
la pentola dal fuoco.
O
fare qualsiasi altra cosa che potesse distrarla. Rimasi incredula di
fronte alle sue parole.
L'aveva
abbandonata, rischiando di lasciarla morire in quel castello.
«
Perlomeno ha avuto ciò che si merita. Gli animali del bosco
si sono
vendicati di lui. » mormorò, con un ghigno
soddisfatto. « Lui è
Grimilde possono marcire all'Inferno, per quanto mi riguarda.
».
Sbattei
le palpebre, incredula. La donna che avevo di fronte aveva dato un
bel calcio in culo alla bambolina dalle guance rosee.
«
Coraggio, andiamo di sotto. C'è una cosa che devi vedere.
» sibilò
lei, con fare cospiratorio.
Fantastico.
Quando
raggiungemmo il piano di sotto quasi mi venne un colpo. Di certo non
mi aspettavo una cosa simile.
L'atmosfera
era calda e illuminata solo da qualche luce fioca, aranciata. C'erano
piccoli tavoli rotondi in ogni angolo, e al lato un lungo bancone di
legno dove due nani stavano servendo enormi pinte di birra.
In
fondo alla stanza era posizionato un piccolo palchetto, circondato da
tessuti colorati che mi ricordarono improvvisamente l'abito di
Esmeralda.
«
Tu...? » iniziai, guardando Biancaneve. Lei osservava la sua
creazione con immensa soddisfazione.
«
Io. » confermò, guidandomi attraverso i tavoli
fino al bancone. I
due nani la salutarono con calore.
Li
guardai, poi mi voltai dando le spalle al bancone: c'era un sacco di
gente, proveniente da tutti i mondi vicini, e qualcuno anche da molto
lontano.
«
E' un punto di ritrovo. O anche di sosta. Insomma, chiamalo come ti
pare. » mi spiegò Biancaneve, salutando un altro
nano in fondo alla
sala. « questo mondo ancora non è finito.
».
Di
certo, la speranza non era sparita del tutto. In quel momento provai
un moto di grande ammirazione per lei, e pensai a quando avevo
incontrato il Bianconiglio: perché io non ero in grado di
pensare al
futuro con un minimo di positività?
Biancaneve
mi passò un bicchiere con all'interno un liquido di un rosso
intenso. Quando lo assaggiai, notai l'intenso sapore di alcool e
mela.
«
Il miglior sidro di mele della zona. Fidati. »
sussurrò Biancaneve
al mio orecchio. « Oh, e non preoccuparti. Non sono
avvelenate. ».
Mi
scappò una risata, la prima dopo lungo tempo. Iniziai a
guardarmi
attorno nella stanza.
«
Due, tre...cinque...sette. » mormorai, sotto il suo sguardo
intenso.
« ci sono tutti. ».
Lei
mi sorrise e annuì. « Per fortuna. ».
Perdere i suoi amati nani
sarebbe stato il lutto più difficile da superare. Ma per
fortuna
ancora non doveva preoccuparsene. Erano tutti lì, e
l'aiutavano.
Questo
era importante.
Una
musica trascinante cominciò a diffondersi nella sala,
coperta dagli
apprezzamenti degli spettatori. Intravidi un'ombra dietro i teli
colorati, e quando apparve non rimasi stupita. Esmeralda
cominciò a
ballare sul palco con una straordinaria grazia e sensualità,
muovendo i fianchi a ritmo di musica.
Gli
spettatori lasciavano il loro contributo per lo spettacolo al centro
di ogni tavolo, nel cestino della candela.
Mi
scappò un altro sorriso. « Ci avrei scommesso.
».
Biancaneve
si voltò verso il bancone e uno dei nani le passò
un bicchierino
ricolmo di un denso liquido verde. L'odore forte e pungente mi invase
le narici, facendomi tossire. Lei lo bevve in un sorso.
«
Non dirmi che ti sei data all'assenzio, adesso. Non bastavano tutte
quelle mele avvelenate? » commentai, cercando di farmi
sentire sopra
la musica che cresceva di volume. Dio, adoravo prenderla in giro.
«
Non farmi arrabbiare, ragazzina. » rispose lei in tono,
lasciando il
bicchiere sul bancone. Esmeralda continuava a ballare, così
la
salutai da lontano sperando che mi vedesse e mi diressi verso le
scale insieme a Biancaneve, che mi accompagnò al piano di
sopra.
Presi le mie cose e mi avvicinai all'uscita.
«
Sicura di voler andare così presto? Puoi stare quanto vuoi.
»
mormorò lei, con un sorriso affettuoso.
«
Grazie, ma devo andare. ».
Lei
annuì, perché sapeva. « Tieni.
» mi disse poi, passandomi un
sacchetto di pelle nera. Al suo interno c'era una maschera color
petrolio, con due sbocchi laterali.
Una
dannata maschera anti – gas.
«
Oh, dio. Non dirmelo. » mi lamentai, alzando gli occhi al
cielo. Lei
annuì, esasperata.
«
Probabilmente sono gli effluvi radioattivi dal terreno. Fortuna che
la zona in cui ti ho trovata era di confine, e non ce n'è
traccia.
Ma più avanti sicuramente te ne accorgerai, ti conviene
indossarla
subito. » mi consigliò lei, ed io mi sentii quasi
in colpa
nell'accettare quel regalo.
«
Grazie. Per tutto, Bennie. » sussurrai, stringendo la fredda
plastica attorno agli sbocchi d'aria.
Lei
si aprì in un sorriso affettuoso. « Te lo ricordi
ancora. »
mormorò, con una punta di emozione. « nessuno mi
chiama più così,
sai? ».
Le
sorrisi, e indossai la maschera. Tenni gli occhiali da aviatore ben
saldi sulla testa, e coprii i capelli con il cappuccio. Sapevo che ci
saremmo incontrate di nuovo, presto.
O
almeno lo speravo.
La
guardai un'ultima volta, poi mi voltai e cominciai ad incamminarmi.
Senza girarmi. Senza pensare.
Nb. Probabilmente le rivedrete ancora. Lo dico perché adoro
Esmeralda, e nonostante Biancaneve mi sia sempre sembrata un
pò moscetta, questa versione mi ispira di più,
quindi penso che saranno due personaggi che rivedremo nel corso della
storia. Oh, e odio il principe di Biancaneve. Probabilmente lo avete
capito! Spero che la storia vi piaccia!
L.
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