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8.
Who could ever learn to love a beast?
La
tempesta di neve si stava placando nel regno di Belle e Adam: dalla
torre del castello gli abeti che occupavano fitti e ravvicinati il
bosco sembravano tante piccole statuine di cristallo imperlate di
bianca e candida neve. Il cielo grigio, tuttavia, minacciava ancora
tempesta.
Eravamo
usciti sulla torre dell'ala Ovest, la più alta del castello:
Belle
osservava l'orizzonte, pensierosa, mentre io mi preparavo –
mentalmente e fisicamente – ad uscire di nuovo nel bosco.
«
Quando il villaggio è stato distrutto, gli abitanti si sono
riversati nel bosco, ma non erano più gli stessi. Come
accaduto con
Adam, l'istinto animale si è impossessato di loro. Adesso
brancolano
tra gli alberi come lupi allo stato brado. ». Belle si
fermò a
riprendere fiato, poi tirò nuovamente su il cappuccio della
mantella.
Non
riuscivo a crederci.
«
Sono tanti? » chiesi, cercando di percepire anche il minimo
rumore
dal bosco.
«
Una ventina. » rispose lei, indossando i pesanti guanti che
usava
all'esterno. « decimati, rispetto alla popolazione originaria
del
villaggio. Credo ce ne siano altri, ma hanno troppa paura per uscire.
Solo i più aggressivi girano per il bosco. Ho dovuto
ucciderne tre
finora, minacciavano il castello. ».
«
Sono mai arrivati fino a qui? »
«
Prima. Adesso non lo fanno più. Adam li ha spaventati,
perciò hanno
paura di avvicinarsi. Ma se tu esci nel bosco, probabilmente ti
attaccheranno. ». La vidi mentre puntava i piedi a terra, e
dalla
punta delle scarpe fuoriuscirono due artigli metallici, somiglianti
alla lama di una lancia.
Fece
lo stesso con la struttura di cuoio attorno agli avambracci, e anche
da li spuntarono una serie di lame dall'aria parecchio pericolosa.
«
Quindi dovrò distrarli. Tu devi arrivare dalla parte opposta
del
bosco. Attraversarlo in tutta la sua lunghezza. ». Sfruttando
gli
speroni su mani e piedi, Belle iniziò ad arrampicarsi sulla
parete
della torretta, sul cui tetto non si poteva salire dall'interno. Era
un'attrezzatura piuttosto ingegnosa.
La
fissavo con ammirazione mentre scrutava il bosco con attenzione, una
cacciatrice in abito d'oro. Scese nuovamente alla mia altezza e con
un saltello fu di nuovo sulla torre in cui ero rimasta io.
Sorrise,
imbarazzata. « Adattamento. Adam riesce a farlo con gli
artigli,
perciò mi sono dovuta inventare qualcosa. ».
Scendemmo
al piano di sotto e Belle portò Adam e me all'entrata
posteriore:
uscimmo nel grande giardino e arrivammo al grande cancello di ferro
battuto, che si aprì con uno scricchiolio. Belle
salì in groppa ad
Adam, legandolo con le redini che avevo visto in precedenza.
«
Vieni. » mi disse, tendendomi la mano. « Se sono
lontani, riuscirò
a portarti direttamente al confine. ».
Con
un balzo agile salii su Adam, e in quel momento mi sembrò
quasi di
sentirlo parlare. Ma mi accorsi, dopo qualche istante, che si
trattava solo di un'illusione. Non sentire la sua voce faceva uno
strano effetto.
E
ritrovarlo lì, di nuovo bestia, di nuovo animale, mi
riportava ad un
passato che non avrei voluto ricordare.
Ripensai
ai lupi del mio bosco. A quando mi ero svegliata con il braccio
reciso e sanguinante. A quando avevo pensato alla fine. E al mio
secondo risveglio, viva e non più del tutto umana. Ma viva.
Iniziammo
a correre tra gli alberi. Adam era agile, e schivava i tronchi fitti
e ravvicinati tra loro molto facilmente nonostante la stazza. Belle
tirò appena le redini e lui si fermò, girando a
sinistra, poi di
nuovo a destra e sempre dritto.
In
quel momento sentii rumore di passi. Passi veloci, forsennati,
diversi da quelli di Adam.
«
Belle! » gridai, sperando che mi sentisse. La
velocità e il rumore
di Adam attraverso la foresta non erano d'aiuto, ma la vidi annuire e
voltare appena la testa.
«
Si stanno avvicinando, tieni gli occhi aperti! »
gridò lei, e Adam
aumentò la sua velocità.
Le
voci si facevano sempre più vicine, la confusione aumentava.
E
improvvisamente mi accorsi di due ombre che ci seguivano, percorrendo
accanto a noi la stessa strada. Erano coperte dagli alberi, ed erano
tanto veloci che non riuscivo a vederli in modo definito.
«
Dannazione... » mugugnò Belle, e dal cinturone che
aveva in vita
estrasse un pugnale dalla lama affilata, legato da un filo elastico
alla cintura. Lo lanciò contro uno di loro, e tutto
ciò che sentii
fu uno schiocco e un mugolio tra gli alberi. Il pugnale
tornò
indietro grazie all'elastico, per metà coperto di sangue.
Uno
di loro tentò di avvicinarsi, e lo respinsi con la mia
lancia. In
quel momento li vidi: erano umani, con i vestiti stracciati e la
faccia sporca.
Sembravano
vagabondi, ma sui loro volti c'era qualcosa di diverso: follia,
istinto, rabbia.
Erano
esseri animaleschi, veloci e aggressivi.
«
Che diavolo è successo a questo mondo... »
sussurrai tra me e me,
ma anche Belle mi sentì.
Continuammo
a cavalcare a gran velocità, fino a che le voci non si
fecero un po'
più lontane. Belle si fermò improvvisamente,
tirando le redini di
Adam – il quale emise un ruggito flebile.
«
La direzione è questa. Vai sempre avanti, non fermarti. Io
me la
caverò. » mi disse lei rapidamente. Scesi da Adam
e lo guardai
negli occhi. Mimai un grazie
con
le labbra, sperando che lui, nonostante quello che era, riuscisse a
capirmi. A comprendere quanto fossi grata a tutti loro.
«
Perché lo fate? ». Mi uscì spontaneo,
quasi d'istinto. Belle mi
guardò. « Ognuno di voi cerca di aiutarmi mettendo
a rischio la sua
vita, e io...io mi sento... ».
«
Smettila. » mi interruppe lei, guardandomi dall'alto della
bestia. «
Tu non hai idea di ciò che il tuo viaggio significhi per me.
Per
tutti noi. Stai mettendo a rischio la tua vita e ne sei consapevole.
Siamo noi, ad esserti grati. Tu puoi farcela, Red. Ce la farai e non
potrai fare nulla, per impedirmi di aiutarti. ».
Rimasi
ad ascoltarla in silenzio, senza sapere cosa dire. Nessuno aveva mai
fatto tanto per me. Tutta quella distruzione mi aveva trasformato in
una cinica bastarda, ne ero consapevole. Reprimevo tutte le emozioni,
impedendomi anche solo di pensare. Ma quello andava oltre tutto
ciò
che avevo sempre pensato di quel mondo in quello stato pietoso.
Perché
c'era ancora speranza.
Annuii
in silenzio e mi voltai. Cominciai a correre, ma la voce di Belle mi
bloccò nuovamente.
«
Red! » gridò, mentre Adam si sollevava sulle zampe
posteriori. «
Li ritroverai. L'ho capito, sai? La tua famiglia. E' questo, il tuo
scopo. Trovarli tutti. Ce la farai, io ci credo! ».
Non
mi lasciò il tempo di ribattere. La bestia si
sollevò ancora come
un cavallo imbizzarrito, ed entrambi partirono nel fitto del bosco
per combattere gli esseri che cercavano di ostacolare il mio cammino.
Mi
voltai ed iniziai a correre.
Probabilmente,
eccetto il Bianconiglio, nessuno sapeva. Non era solo per trovare la
causa di quel caos, che mi ero messa in viaggio. E il dialogo con lo
specchio di Belle l'aveva messo in luce. Lei l'aveva capito.
Cercavo
la mia famiglia, e questo voleva dire lei.
Mia
nonna. Lei era ancora viva, ne ero certa. E sapevo che l'avrei
trovata, alla fine del mio viaggio, perché era tutto quello
che mi
rimaneva al mondo. Dopo di lei ero sola.
Il
crepitio dei miei passi sulla neve era silenzioso e costante. Cercavo
di mantenere un ritmo veloce per arrivare il prima possibile al
confine.
Un
bagliore luminoso, improvvisamente, mi distrasse. Mi voltai di scatto
per osservare meglio l'intensa luce che proveniva dal fitto del
bosco.
Belle.
Rivolsi
l'ennesima preghiera al cielo, sperando che quella specie di
esplosione non l'avesse ferita, o non avesse procurato danni ad Adam.
Sperai con tutto il cuore che stessero entrambi bene.
Un
ringhio sommesso alle mie spalle mi mise in allerta. Mi ero fermata,
e questo non era un bene.
Voltai
appena il capo, indirizzando lo sguardo oltre la neve, oltre me
stessa. Uno di loro era proprio lì.
E
mi stava fissando con gli occhi di chi ha appena trovato la cena.
Mi
voltai lentamente, cercando di non aizzarlo: dopotutto erano uomini
ridotti allo stato animale, perciò dovevo comportarmi in
modo da non
scatenare la loro ira con gesti troppo rapidi o inaspettati. Aveva,
in fondo, tutto l'aspetto di un umano: i vestiti, benché
stracciati,
pendevano a brandelli sul corpo sporco di fango e terra, e la postura
ricordava ancora quella di un essere umano nonostante la schiena
ingobbita e le braccia a penzoloni.
Quello
che mi si era presentato davanti doveva essere un ragazzo piuttosto
giovane: i capelli ramati, ispidi e incolti, scendevano a grandi
ciuffi sul volto pallido ed emaciato, circondando gli occhi vacui e
le profonde occhiaie da fame e freddo. Dietro di lui ne apparve
un'altra, una donna dai riccioli rossi con le lentiggini e la pelle
chiarissima.
Non
potevo ucciderli. Erano ancora lì, me lo sentivo. Sotto
quella
scorza animale c'era ancora un cuore umano. Ripensai alle parole di
Belle: anche lei doveva aver fatto un grande sacrificio uccidendo
coloro che minacciavano il castello.
Così
decisi di aspettare. Aspettare che facessero loro il primo passo.
Contai una, poi due volte, sempre più lentamente. I secondi
passavano, e dopo poco ne apparve un altro alle mie spalle. Stavano
aumentando.
Non
potevo rimanere lì. Dovevo andare via.
Corsi
in direzione del ragazzo emaciato e dalla donna dai capelli rossi.
Ostacolavano il mio cammino, perciò non dovevo farmi
scrupoli. Tenni
stretta la lancia attorno alle dita, cercando di spaventarli.
Al
contrario, loro mi vennero incontro con lo sguardo inferocito e avido
del mio sangue.
Sfruttai
la velocità per schivare i loro colpi una, poi due volte.
Nel
frattempo ne vidi altri, probabilmente un gruppo separato da quello
che Adam e Belle stavano combattendo al centro del bosco.
La
rossa tornò all'attacco, di tutti era lei la più
aggressiva. Mi
ringhiò contro, lanciandomisi addosso. Cercai di schivarla,
nonostante la sua velocità mi sorprese. Indietreggiai, e
ricominciai
a contare.
Uno,
due, tre.
Uno,
due, tre.
Il
silenzio religioso del bosco durò per circa dieci secondi.
Poi, con
un movimento repentino, mi voltai di scatto e cominciai a correre
verso il confine. Non volevo ucciderli, e rimanere lì
probabilmente
sarebbe andato a mio sfavore visto che aumentavano progressivamente
di numero.
Sentivo
le loro grida e i loro passi alle mie spalle, e non erano molto
lontani.
Alzai
involontariamente gli occhi al cielo: anche in una situazione
drammatica come quella riuscivo a trovare il lato comico delle cose,
visto che essere inseguita da un'orda di umanoidi in mezzo ad un
freddo e umido bosco non era proprio nei miei piani della giornata.
Dallo
scalpiccio alle mie spalle mi resi conto che erano decisamente
vicini, e decisamente aumentati in numero.
Ma
non era l'unico rumore nel bosco silenzioso. No, c'era qualcos altro.
Un cigolio metallico, accompagnato da un bizzarro scoppiettio. Avevo
le allucinazioni, per caso?
Cercai
di concentrarmi nonostante la fatica per la corsa. Si, era
decisamente un motore.
Voltai
appena la testa, ma concentrarmi su quel rumore anomalo mi rallentava
decisamente.
«
Ma che diavolo... » mugugnai, constatando che qualcosa si
stava
avvicinando, e gli umanoidi non c'entravano nulla. Un'ombra
sfiorò
gli alberi, poi si frappose tra me e il bosco, alla mia stessa
velocità.
Quasi
mi venne un colpo quando focalizzai l'attenzione su quella
sottospecie di tavola da surf di rame e metallo, con gli ingranaggi
in vista e una vela color cremisi spiegata nella direzione del vento
gelido.
I
due motori turbinavano nella parte posteriore della tavola, che si
staccava a pochi metri da terra.
Strabuzzai
gli occhi, continuando a correre. Non poteva essere vero.
Il
ragazzo alla guida mi lanciò un'occhiata intensa,
lasciandosi
sfuggire un sorriso malizioso.
«
J-Jim?! » gridai, e la mia voce superò il rumore
dei motori. Jim
Hawkins era a pochi passi da me su un bolide in corsa con le rotelle
degli ingranaggi che ruotavano a velocità disumana. Molto steampunk.
Ma
era Jim Hawkins. Che diavolo ci faceva lì?
«
Sali! » mi gridò, abbassandosi di poco.
Lanciò un'occhiata fugace
alle bestie che mi stavano alle costole, poi schivò
abilmente un
tronco bruciato e si rimise in linea retta.
«
Che diavolo ci fai qui?! » gridai ancora, seguendo con le
dita i
bordi della sacca che tenevo in spalla. Appese al lungo manico di
cuoio c'erano una serie di piccole sferette ancorate a dei ganci in
ottone. Ne sfilai una, poi mi voltai e la lanciai all'indietro,
proprio al centro della folla inferocita. La sfera emise un suono
acuto e breve, poi esplose mandando tutti nel panico.
«
Red! » gridò nuovamente Jim, avvicinandosi in
volo. « Sali,
maledizione! ». Mi tese la mano.
Nella
mia testa circolarono una serie di pensieri nell'arco di pochi
secondi.
Non
voglio il tuo aiuto.
Questi
tizi sono veloci, mi raggiungeranno.
Jim
Hawkins è qui.
Sali.
Mi
voltai si scatto, e con un salto bilanciato tesi la mano e afferrai
la sua, poggiando i piedi sulla tavola motorizzata. Barcollai per
qualche secondo, ma trovai sostegno nelle braccia di Jim. Mi strinsi
attorno alla sua schiena e mi voltai ancora, osservando la folla alle
nostre spalle.
«
Tieniti forte! » gridò lui, e in pochi istanti
partimmo a tutta
velocità verso il confine.
Attraversare
il confine fu come una doccia fredda. Mi ricordò la fuga
dalle
guardie della Regina rossa nel Paese delle Meraviglie. Attraversammo
l'ultima parte del bosco innevato e poi a tutta velocità
verso
l'esterno.
Quando
superammo l'ultima fila di abeti, ero sicura della nostra salvezza:
gli umanoidi erano legati a quel regno, e il loro essere animalesco
non gli permetteva di prendere decisioni in merito. Non potevano
muoversi da lì. Ce l'avevamo fatta.
Fuori
dal bosco la neve era sparita: quel dannato cambiamento climatico
dovuto alle tempeste radioattive aveva fatto proprio un bel casino.
Il passaggio ci creò non pochi problemi: attraversare la
barriera
tra le due zone destabilizzò i motori della tavola di Jim,
che
vacillò per qualche metro.
Le
turbine si spensero per qualche istante, poi si riaccesero troppo
tardi: la tavola si impuntò a terra e noi ruzzolammo
giù.
Sentivo
odore di terra bagnata. La polvere mi entrò nel naso, mentre
rotolavo a qualche metro di distanza dalla tavola. Lasciai subito
andare la lancia per evitare di avere la lama troppo vicino, e vidi
il corpo di Jim distanziarsi dal mio.
Quando
aprii gli occhi, a terra, ci misi un paio di secondi a capire cosa
era accaduto. Mi rialzai lentamente, cercando di ignorare il dolore
alla gamba. Dovevo essere finita su una pietra, o qualcosa del
genere.
Mi
guardai attorno: la tavola era ancora conficcata nella terra, le
turbine si erano spente e la vela era ancora aperta. Jim era a poca
distanza. Cercai di muovermi il più rapidamente possibile
verso di
lui, recuperando sulla strada la lancia che avevo abbandonato durante
il volo.
Jim
era disteso sulla schiena, con le braccia aperte e il volto coperto
di terra. Quando cercai di svegliarlo una prima volta non rispose,
tossicchiando appena ad occhi chiusi. Tirai un sospiro di sollievo,
constatando che almeno non era morto durante la caduta. Di quei
tempi, era un grosso passo avanti.
«
Jim, mi senti? ». Lo vidi aprire lentamente gli occhi,
battere le
palpebre rapidamente un paio di volte e poi fissarsi su di me. Rimasi
in silenzio, tirando un altro sospiro di sollievo.
«
Stai bene? » mi disse con voce roca, tossendo ancora. Lo
guardai
storto: lui era in quello stato pietoso ed ero io a dovermi
preoccupare della mia salute?
«
Si...tutto okay. Ma forse dovresti controllare il tuo carretto.
»
gli risposi, cercando di tirarlo su con entrambe le braccia. Si mise
a sedere, massaggiandosi la testa.
«
Ehi, non chiamarlo così. Ah, la testa. Abbiamo fatto un
bell'atterraggio, eh? » concluse, tirando fuori il solito
sorrisetto
che oramai riuscivo a riconoscere. Come poteva sorridere anche in una
situazione come quella, era un mistero che non avrei mai capito.
A
poco a poco riuscì ad alzarsi, e anche io feci lo stesso. Ci
avvicinammo alla tavola impuntata a terra, e Jim la studiò
da
lontano. Poi, con forza, la liberò dal suolo e la mise
nuovamente in
posizione orizzontale.
«
Vediamo un po'. ». Accese di nuovo i motori, che
scoppiettarono per
qualche secondo. Chiuse la vela, la riaprì e
valutò le condizioni
di ogni centimetro. Si alzò in volo e fece qualche piroetta,
ma
avevo l'impressione che quell'ultima parte servisse solo per darsi un
po' di arie.
«
Nessun danno. » asserì entusiasta, scendendo
nuovamente a terra.
Spense i motori e legò la tavola alla schiena con un
cinturone di
pelle. Poi lanciò un'occhiata alla mia gamba. «
Ehi, ma tu sei
ferita. Fatti dare un'occhiata. ».
«
Oh, non è niente. Sono abituata e – »
non feci in tempo a finire
che mi ritrovai seduta sul terriccio umido con Jim che valutava la
mia gamba da lontano. La sua espressione rendeva tutto ancora
più
comico.
«
Va bene, va bene. Ora controllo. Basta che la smetti. »
mormorai,
scostando la mantella rossa dalle gambe. Al di sotto, le calze in
pelle nera e lattice erano ancora intatte. Raggiunsi il bordo nella
metà superiore della coscia e sganciai il reggicalze,
tirandone giù
una. Erano molto pesanti, e fornivano la protezione ideale per
fronteggiare il freddo del mio bosco. Effettivamente si vedeva una
piccola escoriazione sul ginocchio, ma nulla di grave.
Jim
era diventato stranamente silenzioso. Frugai nella mia sacca, fino a
che non trovai una fascia bianca e il sidro di mele che mi aveva dato
Biancaneve. Dall'ultimo assaggio ricordavo che il tasso alcolico era
parecchio alto, ed era comunque la cosa che si avvicinava
più ad un
disinfettante in quel momento. Ne lasciai scorrere un po' sulla
ferita, poi fasciai delicatamente il ginocchio e tirai di nuovo su la
calza.
«
Sei contento, adesso? » mugugnai, ma lui si limitò
a rispondere con
un cenno silenzioso. Mi alzai in piedi, stiracchiandomi. Il mio corpo
era ancora intorpidito dalla caduta. Quello che vidi attorno a me
aveva tutta l'aria di un territorio di transizione: il bosco alle
nostre spalle sembrava lontanissimo e inaccessibile, mentre davanti a
noi si imponeva una lunga distesa di terra chiara. Mi voltai.
«
Ti ringrazio di avermi portata fino a qui. » iniziai, sapendo
che
era arrivato di nuovo il momento di separarsi. « Adesso posso
proseguire da sola, e tu puoi tornare alle tue...cose. ».
Jim
mi guardò divertito. Non ero capace a fare quel genere di
discorsi,
lo sapevo benissimo. A dire il vero potevo sembrare piuttosto
ridicola, e forse Jim stava pensando proprio a quello.
«
Scherzi? Non ti lascerò in questa landa deserta. Vengo con
te. »
rispose lui, sistemando nuovamente la tavola sulle spalle.
«
Oh! Grazie, ma...ma no, grazie. » mormorai, nonostante lui si
fosse
già avviato. Lo seguii a passo rapido, sperando che mi desse
un po'
di considerazione. « Ehi? Mi hai sentito? Ce la faccio da
sola! ».
In
quel momento mi ritornarono in mente le sue parole, e pensai
inevitabilmente a Peter.
Non
ti lascio di certo qui.
Tutti
lì a volermi aiutare, come se non potessi cavarmela da sola.
Come se
non potessi farcela.
«
Sappi che ce la faccio benissimo da sola. Non ho bisogno che tu mi
faccia da spalla. » mugugnai, raggiungendolo.
«
Oh, ma questo lo so benissimo. » rispose lui, attirando la
mia
attenzione. « Ma non voglio lasciarti sola. ».
Quelle
parole sparirono nel silenzio. Non ribattei. Semplicemente, lasciai
che il muto suono del vento le portasse via. Forse perché
volevo
dimenticarle. O forse perché mi avevano colpita.
Jim
mi guardò di nuovo, e sentii quella stessa sensazione che
avevo
percepito al nostro primo incontro.
Camminammo
in silenzio per un bel po', attraversando la landa deserta. C'era una
brezza piacevole, nonostante il sole che cadeva a picco sulle nostre
teste. Le cose cambiarono solo quando, improvvisamente, sentii uno
strano odore diffondersi attorno a noi. Era piacevole, davvero
piacevole.
«
Lo senti? » sussurrai, e Jim si voltò. «
C'è odore di...sale. ».
«
Sale? »
«
Si. Non so come spiegarlo... ». Jim annusò l'aria,
e sulle sue
labbra apparve un sorriso. Poi iniziò a correre.
«
Ehi! » gridai, cercando di raggiungerlo. In pochi istanti
alle mie
orecchie giunse un rumore scrosciante, impetuoso, ma allo stesso
tempo delicato.
Quando
raggiunsi Jim, all'orizzonte una striscia blu si frapponeva fra la
terra e il cielo.
Il
blu intenso del mare.
Nb. Eccomi qui, e scusate se non ho aggiornato prima ma ultimamente ho
parecchio da fare! Comunque, come vedete Jim si ripresenta nel corso
della storia e i nostri eroi vengono condotti fino all'oceano. Mi
è piaciuto scrivere questo capitolo, ho immaginato la fuga
di Red in mezzo alla neve e il salvataggio da parte di Jim in ogni
dettaglio. Ultimamente sto scrivendo con il sottofondo musicale dei
Mumford and Sons, qualcuno di voi li conosce? Fanno della musica
bellissima, dategli un ascolto, e magari potranno accompagnarvi nella
lettura di questo capitolo.
Per il resto spero che la storia vi stia piacendo, e fatemi sapere cosa
ne pensate! Ringrazio tanto coloro che hanno lasciato un commento, o
anche solo un pensiero.
Significa tanto per me.
Un abbraccio,
L.
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