A Vannagio,
perché fluff
al compleanno, fluff tutto l'anno!
Quella volta delle sigarette
Forse tutto era cominciato quella volta delle sigarette. Non si scherza
con le sigarette, per questo Santiago si era arrischiato a disturbare
Demetri anche se si stava occupando del giardino giapponese.
- Senti, è mai successo a uno di noi che, arrivati a una
certa età, si cominciasse ad avere problemi di memoria?
Demetri non si voltò a guardare Santiago: teneva in mano un
paio di pinzette e stava togliendo uno per uno i germogli al pino.
Dalla parte opposta, con la stessa
precisione chirurgica, lo stava aiutando Ruriko.
- Chiunque, dopo molti secoli, conserva solo memorie selettive. Ancora
meno ricordiamo con chiarezza la vita mortale. Se è una cosa
importante, vai da Aro e fatti leggere la mente.
- No, niente di così definitivo. Ho un problema di memoria a
breve termine: non mi ricordo più dove lascio le cose.
La risposta di Demetri fu preceduta da qualche minuto di silenzio, in
cui il vampiro scovò un germoglio nascosto, lo prese tra
pollice e indice, lo accarezzò per spostare tutti gli aghi
nella stessa direzione e lo tagliò con la punta delle
pinzette. Santiago si tastò le tasche in cerca di un pacchetto
di sigarette.
- Io rintraccio persone, non oggetti. – disse infine la voce
di Demetri da dentro il pino.
- Lo so, non farmi incazzare che sono già abbastanza
nervoso. – Santiago cacciò in tasca le mani, ma
senza risultato. Tastò la giacca, guardò in
un’altra tasca interna e, trovando vuota anche quella,
tirò un pugno al tronco più vicino. Una marea di
foglioline rosse volò sull’erba. Demetri
alzò per la prima volta la testa, negli occhi non proprio
una furia omicida, ma di sicuro l’espressione che la
precedeva.
- Possiamo escludere che il mio acero sia il responsabile dei tuoi
vuoti di memoria, per favore? Se sei nervoso, fuma.
- E’ esattamente questo il problema! – Santiago
stava per dare un secondo colpo all’abero. Si
fermò un istante prima, stringendo i pugni e lasciandoli
ricadere lungo i fianchi. - Da un mese mi spariscono le sigarette. Esco
la mattina, ne compro due pacchetti, li appoggio sul tavolo in sala,
almeno, sono sicuro di appoggiarli sul tavolo in sala o di metterli in
tasca o da qualsiasi altra parte. E invece, tempo dieci minuti, non li
ritrovo più.
- Sarà uno scherzo.
- Tu dici che c’è qualche coglione che da un mese
mi ruba le sigarette? Porque?
Nessun altro fuma qui dentro. E poi succede anche quando non
c’è nessuno in giro.
Ruriko aveva interrotto la potatura per guardare le ultime foglie di
acero che svolazzavano in aria. Si concentrò un attimo prima
di parlare: - Secondo me stai guardando nella direzione sbagliata. Devi
fare un… un gyakuten
della tua vista, Santiago. – mimò con le mani una
capriola.
- Un ribaltamento di prospettiva. – suggerì il
pino.
- Grazie, Demetri. Devi avere un ribaltamento di prospettiva, secondo
me: non è qualcuno che si è scoperto un fumatore,
ma qualcuno a cui il fumo dà fastidio.
Ruriko non aveva detto nulla di eccezionale, ma la sua frase era
arrivata al momento giusto, come il colpetto al guscio che aveva fatto
stare in piedi l’uovo di Colombo (a Santiago piaceva molto il
detto, anche se non ricordava che Cristobal avesse mai fatto una cosa
così intelligente). Il cervello la collegò ad
altri indizi sparsi: una frase di Chelsea, due settimane prima, che
notava come la nuova arrivata mettesse subito a lavare i vestiti, se
era andata in un posto dove la gente fumava; lui che si accendeva una sigaretta nella sala comune, che
sembrava vuota, se non fosse stato
per una poltrona girata verso il muro che pareva tossire; una missione,
lui che si fermava a prendere le sigarette e un mantello grigio che lo
guardava e scuoteva la testa con disapprovazione…
- Perché?
- Cosa?
- E che ne so! Tua madre da piccola ti spegneva sulle braccia i
mozziconi delle sue sigarette mentre tradiva tuo padre con uno dei suoi
tanti amanti? Lo faceva ridendo sguaiatamente, circondata di broccato
rosso e candele profumate di lussuria?
Corin, se possibile, si era fatta ancora più piccola di
fronte alla furia da fumatore in astinenza che l’aveva
colpita. Santiago si ritrasse un attimo, accese una sigaretta (teneva il pacchetto in mano da quando era uscito dal negozio, che provasse a prenderlo) e abbassò il tono di
voce: - Allora, c’è qualche oscura ombra nel tuo
passato che ti ha fatto odiare le sigarette con tutto il tuo cuore e
con tutta la tua anima?
- Cielo no! Anche se una volta ho letto un libro simile, dove
c’era la ribelle Rebecca che poi la madre…
Santiago le soffiò il fumo in faccia. Corin alzò
la testa e sgranò gli occhi, troppo allibita anche per
tossire. Santiago rise e inspirò un’altra boccata,
senza staccare per un attimo lo sguardo da lei.
- Allora, come mai questa bimba dispettosa mi ruba le sigarette? Non
sarà che – si avvicinò volutamente
troppo, Corin fu costretta ad alzare il viso per guardarlo, - volevi
attirare la mia attenzione? Bien,
adesso è tutta tua. – sul
“tua” buttò a terra la sigaretta, prese
il pacchetto, lo scosse con studiata lentezza e se ne
accese un'altra. In un battito di ciglia, il viso di Corin scomparve
dietro la cortina di capelli. Per un attimo fu certo che sarebbe
scappata o scomparsa nelle ombre del portico. Invece…
- Perché mi dà fastidio l’odore, e tu
fumi sempre! Sei in sala e fumi, in giardino fumi, ti nutri e dopo
accendi l’ennesima sigaretta. È un odore che
odiavo da umana, adesso con il naso da vampira mi sembra di essere
dentro una ciminiera, non lo sopporto, sembra che mi vadano a fuoco gli
occhi. Ed è così da te sapere che mi credevi
irresistibilmente attratta dalla tua persona al punto di mettere in
scena una commedia da bambini per attirare la tua attenzione,
perché nessuna donna può resistere a Santiago,
giusto? Oh, che dimostrazione di dominanza virile! Immagino che tu
creda mi strappi i capelli o aneli a finire una tua sigaretta,
perché sarebbe un po’ come rubarti un bacio, cosa
che…
- Ah, quindi è così?
- Eh?
Santiago inspirò un’altra boccata e si
appoggiò al muro, intrappolando Corin sotto l’arco
del suo braccio.
- Con me non servono troppe commedie, bimba, basta chiedere. Vuoi
finire questa sigaretta… - i suoi capelli sfioravano la nuca
di Corin, - o preferisci direttamente il bacio?
Una frusta vischiosa gli colpì la mano, il mozzicone
disegnò una parabola nell’aria. Non fece in tempo
a vederlo cadere a terra che gli era arrivato un manrovescio: il
tentacolo nero si ritrasse di nuovo tra i capelli di Corin, mentre la
sua padrona correva via a una velocità folle anche per un
vampiro.
Quella volta della pioggia
Quella volta è stata una cosa piccola, ma talmente piccola
che è diventata un po’ il simbolo delle altre cose
piccole che non si ricorda più molto bene, per via della
memoria selettiva di Demetri e quelle cose lì.
Quella
volta, Santiago se la ricordava per la pioggia (del resto lo dice anche
il
titolo). La delegazione era capitanata da Caius, robe grosse, e si
trovava da qualche ora dentro un edificio abbandonato. La lampadina del corridoio si accendeva a scatti, frizzava in
piccole scariche, si spegneva per qualche secondo e ricominciava il
ciclo. Le trattative erano al terzo piano,
c’erano dieci di
loro fuori dalla porta, più altri dieci sulle scale. Corin
faceva il
palo fuori, con un diluvio che la strada era diventata un fiume.
- Che ci fai qui?
- Di sopra era tutto fin troppo tranquillo, ma la tensione mi ha fatto
venir voglia di una sigaretta.
- Ovvio, quindi vieni a scocciare me.
Santiago
sfregò per quattro volte l’acciarino, prima di
riuscire a produrre una
fiamma. L’acqua picchiava sulle grondaie sopra di loro e
faceva un
fracasso d’inferno. Corin si tirò su il bavero,
per quanto riusciva, e
tornò a fissare la strada, con i capelli trasformati in
tante
condutture per la pioggia.
- Non si usano gli ombrelli, in Inghilterra?
Corin
emise il suo tipico sospiro rassegnato, quello precedente qualche
aneddoto che, detto da chiunque altro, sarebbe sembrato il
più triste
dell’universo; detto da lei diventava buffo.
- Prima non pioveva, ha
cominciato a riunione iniziata. Nessuno si è ricordato di
portarmi un
ombrello e io ho ordine di non muovermi assolutamente. Quindi eccomi
qua, come la triste Sophie gettata in strada dal crudele mister Crouch,
con il cesto dei panini dolci inzuppato, e si chiede come
farà a
ripagare gli ingredienti alla sua severa padrona, che… ehi!
L’impermeabile
che si era tolto la copriva del tutto, anzi, avanzavano dieci
centimetri che si stavano già inzuppando d’acqua
sul marciapiede.
- Aspetta qui, vado a cercare qualcosa di meglio.
- Oh non serve, non che ormai mi preoccupi di sentire freddo.
- Insisto, bimba.
Era tornato con l’ombrello promesso, ma non aveva
richiesto indietro l’impermeabile. Da parte sua, Corin non
aveva insistito per ridarglielo.
- Sei un gentiluomo, Santiago. Grazie. – gli aveva detto con
un sorriso.
Doveva
aver pensato qualcosa di una banalità sconcertante, tipo che
le
ridevano anche gli occhi e che erano neri come i capelli, e che una
donna per essere bella deve avere occhi e capelli neri.
- Diablo,
come piove.
- Non mi dire, non me n’ero accorta.
Quella volta di Erzulie
Quella volta poteva essere stata colpa di un incantesimo voodoo,
perché quando si ha a che fare con le streghe non ci si
può mai fidare fino in fondo.
Zelime gli era andata incontro sul bagnasciuga, con il suo solito
sguardo profondo.
- Santiago! Se mwen
menm se konsa, se konsa kontan m 'te voye ou. Non ci sono
più schiavi che arrivano sulle navi, ma
c’è tanto da fare.
- Anche io sono contento di vederti, mia strega creola. Ti porto i
saluti del Maestro Avvoltoio e del suo violino.
Zelime si fece un segno della croce, scoccandogli un’occhiata
di rimprovero materno che gli era mancata.
L’immortalità non aveva scalfito la fiducia di
Zelime nei loa, né aveva cancellato la diffidenza che
provava nei confronti di Aro.
- Che cosa vuole il mio mèt
da Zelime? Qui va tutto bene, siamo in pace da molto tempo.
- Non sono qui per nulla che riguardi i Volturi, mi andava di girare un
po’ il mondo.
- Non parlare come se tutto avvenisse per caso, sciocco. Io sapevo che
saresti arrivato, me lo aveva detto Agwe. Sei molto caro ad Agwe,
è lui che ha raccolto il tuo sangue quando sei stato
ricacciato indietro.
- Adoro quando parli così. Sai, c’è una ragazza che non hai mai incontrato,
nella guardia: penderebbe dalle tue labbra. Se le presentassi una vera
strega voodoo, credo potrebbe avere un mancamento. E'
una signorina inglese, molto di buona famiglia, ma ha questa passione
strana per le storie… quelle dove ci deve essere almeno
qualche morto, una che rimane incinta per sbaglio, patti con gli
spiriti, pirati… Sono sicuro che uno dei suoi libri
preferiti ha dentro anche il voodoo, ma non chiedermi il nome
perché potrebbe essere un titolo qualsiasi con dentro parole
come "isola, stregata, pirati, maledizione". Anche se credo che
rimarrebbe delusa dalla nostra aia. Per farle piacere, potresti fare
finta di abitare in una capanna in mezzo alla palude con i tuoi
spiriti? E avere degli zombie come servitori? O vestire con antichi e
misteriosi monili e teste di morto essiccate?
- A volte parli in un modo che non comprendo.
- E questo è molto strano, detto da una donna che sta
tracciando veve
nella sabbia.
Zelime non raccolse la provocazione e continuò a disegnare
con un rametto che aveva trovato.
- La devi portare con te.
- Le piacerebbe molto. Vedi, lei ha un potere particolare, si confonde
con le ombre. Quando lo fa, è come se si dipanasse in tanti
piccoli fili. Non gliel’ho mai detto perché si
arrabbierebbe moltissimo, lei odia le sigarette, ma è come
se i suoi capelli svanissero in tante spire di fumo, come queste.
– Santiago si rigirò la sigaretta tra le dita,
mentre dalla brace si levava un filo impalpabile, trasportato via dal
vento della spiaggia. – Sì, lei odierebbe il
paragone. E ha sempre un paragone per tutto! Una scena della sua vita?
L’ha già letta in uno dei suoi libri. E i
paragoni, diablo, non sono mai azzeccati, sono sempre delle cose
assurde e tristissime, tutto il contrario di lei.
- E come si chiama ou
renmen?
- Chi?
- Di chi abbiamo parlato per ora, di uno spirito?
- Ah, no, Corin non è la "mia innamorata", come dici tu. Non so nemmeno
perché ho cominciato a parlarti di lei. Hai fatto qualche
strano gioco con i tuoi disegni?
- I loa guidano la mia mano, se stasera hanno voglia di scherzare,
questo non lo so. Ma vieni, qui. – Zelime lo tirò
verso di sé e gli tracciò con le dita una croce
un fronte, una sulla bocca e una sul cuore. - Se c’era, ho
scacciato il maleficio.
- Ottimo lavoro, strega mia. Che dici, voglio rivedere le piantagioni e
la casa padronale. Aro vorrà sapere se i suoi sottoposti
fanno un buon lavoro! – Santiago si alzò e si
incamminò verso il sentiero.
Zelime smise di giocare con il rametto: davanti a lei, disegnato nella
sabbia umida, stava il veve di Erzulie. La prima onda
consumò la punta del cuore, la seconda lo sommerse del
tutto, la terza aveva già cancellato ogni traccia. Zelime
sospirò, riservando ai suoi dei lo stesso sguardo da madre
paziente che aveva con tutti.
- Ve li siete scelti, panse
ou.
Pensateci voi.
Quella volta del porno
E poi c’era stata quella volta del porno. Ovviamente,
essendoci di mezzo del porno, non poteva che esserci di mezzo anche
Felix.
Santiago non si ricordava nemmeno da cosa era nata la discussione. Era
possibile che stessero guardando qualche film giapponese che Alec aveva
portato indietro dopo la missione a Tokyo. No, non era Kurosawa. E
nemmeno Ozu. Insomma, capullos,
bisogna mettere i sottotitoli per bambini speciali? Era un qualche tipo
di pornazzo disturbante dal nome ridicolo, dove i peni si devono
censurare ma non se sono tentacoli di un mostro alieno e assatanato, e
le ragazze arrossiscono e piangono sempre.
- Non vi ricorda qualcuno, quella lì?
Alec aveva scosso la testa (sì, a volte capitava che
guardassero i nuovi acquisti assieme, specie prima
dell’avvento dei computer portatili. No, questo non minava la
loro eterosessualità, e se qualcuno provava a farlo notare a
Felix, lui ribadiva il concetto con le sue mani foderate di dolore.
Altrui), Demetri continuò a potare un bonsai che si era
portato dietro. Santiago si era irrigidito.
Felix incalzò.
- Dai, quell’espressione da finta innocentina, quel modo che
ha di toccarsi i capelli. Giuro che l’ho già vista
da qualche parte…
Santiago sapeva che non era un bluff e che, dato di chi si stava
parlando, Felix stava davvero riflettendo molto intensamente su chi
potesse essere la tipa dai lunghi capelli neri a cui un maiale gigante
stava strappando il reggiseno con le zanne. Ogni parola, nonostante
questa consapevolezza, gli procurava un fastidio fisico.
- Guarda come fa la ritrosa, mentre si vede lontano un miglio che se lo
sogna dalla vita un cazzone gigante. Ah, ecco! – il maialone
aveva completato l’opera, e la ragazza aspettava il suo
destino tette al vento. Piccole tette al vento.
No lo digas, no digas
ese nombre.
- Corin! Ovvio che non mi fosse venuto in mente prima. –
concluse Felix soddisfatto.
Alec ridacchiò.
- E l’avresti capito dal seno?
- Certo! Aro non ne fa molta pubblicità perché
è un’arma pericolosa, ma anche io ho un super
potere come voialtri gemellini psicopatici: riconosco con
un’occhiata la misura di seno di una donna. Che ci posso
fare, già da umano manifestavo i sintomi del mio potere.
Sia Alec che Demetri risero e continuarono a guardare l’anime
col leggero distacco con cui si studia una cosa esotica. Santiago
avrebbe voluto imitarli, ma era troppo impegnato a stringere i pugni e
fingere un’aria disinvolta.
La vera domanda era perché? Quella di Felix era
oggettivamente una battuta fantastica e ci sarebbe stato un sacco da
ridere, ma era nervoso e non capire bene perché fosse
nervoso lo rendeva solo più nervoso. O forse era nervoso
perché capiva benissimo come mai era nervoso,
perché se la tipa dell’anime fosse stata simile a
Heidi, lui avrebbe riso assieme agli altri.
Ma la stracazzo di tipa dell’anime assomigliava davvero a
Corin.
Tutti quei pensieri in realtà gli si erano chiariti
più tardi, troppo sofisticati per i cinque secondi che nel
tempo reale erano passati dal successivo: - Scommetto che anche lei
farebbe quella faccia da stupro, con la bocca a “o”
pronta per infilarci… - al cazzotto che aveva spedito Felix
contro il muro. Non gli lasciò il tempo di alzarsi: gli
afferrò la maglietta e lo inchiodò alla parete.
Quando incrociò lo sguardo stupito di Felix, si rese conto
di non sapere cosa dire. Il pugno di risposta arrivò
inclemente e ancora più inaspettato. Santiago si
massaggiò la guancia e mise a fuoco Felix che lo scrutava,
in allerta.
- Scusate? Qui qualcuno sta cercando di seguire una trama, se non vi
dispiace. – come un ago appuntito, la voce di Alec
sgonfiò la tensione. Entrambi rimisero a posto le sedie
cadute e ricominciarono a guardare l’anime, dove gli
Ultraporci tenevano fede al loro nome.
- Scusa, non lo sapevo. – gli sussurrò Felix
nell’orecchio.
Santiago annuì, distratto da una matassa di pensieri in cui
ancora non aveva trovato il nodo giusto da sbrogliare.
- Certo che… Voglio dire, non me lo aspettavo.
- Nemmeno io, Fel.
Quella volta della saggezza
orientale
Quella volta Santiago non se la ricorda, perché era corso
via di gran carriera, lasciando Demetri e Ruriko alle prese con il
pino. Potarono, lui con pazienza certosina, lei con pazienza zen,
ancora alcuni rami, prima che Ruriko rompesse di nuovo il silenzio.
- Sai cosa altro diciamo noi in Giappone, in un caso come questo? Kuki o yomu.
- “Leggere l’aria”?
- Credo che voi diciate “leggere tra le righe”.
– Ruriko fece una smorfia, per i suoi standard praticamente
un sorriso. - È adeguato, no? Dato che si tratta di lei.
- Secondo te quando se ne accorgerà?
- È come con il pino, si tratta solo di avere pazienza.
La tana di Otto
Questa storia, e tutto il fluff che contiene, è
interamente dedicata a Vannagio
per il suo compleanno.
A volte su facebook capita che ci si chieda quali sono le coppie
preferite, e io ho sempre degli imbarazzanti ingarbugliamenti di
stomaco quando Gio cita Corin e Santiago. Dato che la storia precedente
si era conclusa benissimo,
questa è la storia par condicio per ristabilire il giusto
livello di kuori nel mondo.
Noticine:
- Zelime è comparsa per la prima volta qui.
- i loa sono le divinità voodoo, Agwe è quella
delle acque e del mare, Erzulie invece protegge l'amore.
- l'hentai con i maiali esiste davvero. Ovviamente io non l'ho visto,
me l'ha detto mio cuggino.
- Ruriko compare, credo, per la prima volta. Dato che a volte devo
infilare a forza il Giappone nelle mie storie, non poteva mancare la
Voltura giapponese. Approfitto anche per dire qui nelle note una cosa
che non ha trovato spazio nella storia: pazienza in giapponese si
pronuncia nintai,
scritto con i due caratteri di nascosto (è anche il nin di
ninja, per intenderci) e quello di perseveranza.
Grazie di cuore a chi continua imperterrito a seguire la raccolta!
Leggo tutte le vostre recensioni e vi assicuro che mi do anche a
balletti poco dignitosi. Mi dispiace non aver ancora risposto a tutti,
ma è un periodo decisamente intenso. Come direbbe Ruriko,
abbiate un po' di pazienza.
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