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Autore: OttoNoveTre    11/12/2013    3 recensioni
- Sono stato così cafone, bimba?
- Oh, zitto e dammi qua!
Corin nascose le pagine in una cartelletta e la mise in fondo ad un cassetto. Invece salvò la versione sullo schermo del computer, e l’iconcina del file comparve nell’elenco di storie.
- Che è quel nome?
- Il titolo.
- Come mai quello?-
- E’ ciò di cui sono fatta.
Di libri, di ombra e di sangue.
[raccolta di storie incentrate sulla coppia Corin/Santiago]
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corin, Santiago, Volturi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Vento focoso e passionale sotto le magnolie'
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A Vannagio,
perché fluff al compleanno, fluff tutto l'anno!





Quella volta delle sigarette


Forse tutto era cominciato quella volta delle sigarette. Non si scherza con le sigarette, per questo Santiago si era arrischiato a disturbare Demetri anche se si stava occupando del giardino giapponese.
- Senti, è mai successo a uno di noi che, arrivati a una certa età, si cominciasse ad avere problemi di memoria?
Demetri non si voltò a guardare Santiago: teneva in mano un paio di pinzette e stava togliendo uno per uno i germogli al pino. Dalla parte opposta, con la stessa precisione chirurgica, lo stava aiutando Ruriko.
- Chiunque, dopo molti secoli, conserva solo memorie selettive. Ancora meno ricordiamo con chiarezza la vita mortale. Se è una cosa importante, vai da Aro e fatti leggere la mente.
- No, niente di così definitivo. Ho un problema di memoria a breve termine: non mi ricordo più dove lascio le cose.
La risposta di Demetri fu preceduta da qualche minuto di silenzio, in cui il vampiro scovò un germoglio nascosto, lo prese tra pollice e indice, lo accarezzò per spostare tutti gli aghi nella stessa direzione e lo tagliò con la punta delle pinzette. Santiago si tastò le tasche in cerca di un pacchetto di sigarette.
- Io rintraccio persone, non oggetti. – disse infine la voce di Demetri da dentro il pino.
- Lo so, non farmi incazzare che sono già abbastanza nervoso. – Santiago cacciò in tasca le mani, ma senza risultato. Tastò la giacca, guardò in un’altra tasca interna e, trovando vuota anche quella, tirò un pugno al tronco più vicino. Una marea di foglioline rosse volò sull’erba. Demetri alzò per la prima volta la testa, negli occhi non proprio una furia omicida, ma di sicuro l’espressione che la precedeva.
- Possiamo escludere che il mio acero sia il responsabile dei tuoi vuoti di memoria, per favore? Se sei nervoso, fuma.
- E’ esattamente questo il problema! – Santiago stava per dare un secondo colpo all’abero. Si fermò un istante prima, stringendo i pugni e lasciandoli ricadere lungo i fianchi. - Da un mese mi spariscono le sigarette. Esco la mattina, ne compro due pacchetti, li appoggio sul tavolo in sala, almeno, sono sicuro di appoggiarli sul tavolo in sala o di metterli in tasca o da qualsiasi altra parte. E invece, tempo dieci minuti, non li ritrovo più.
- Sarà uno scherzo.
- Tu dici che c’è qualche coglione che da un mese mi ruba le sigarette? Porque? Nessun altro fuma qui dentro. E poi succede anche quando non c’è nessuno in giro.
Ruriko aveva interrotto la potatura per guardare le ultime foglie di acero che svolazzavano in aria. Si concentrò un attimo prima di parlare: - Secondo me stai guardando nella direzione sbagliata. Devi fare un… un gyakuten della tua vista, Santiago. – mimò con le mani una capriola.
- Un ribaltamento di prospettiva. – suggerì il pino.
- Grazie, Demetri. Devi avere un ribaltamento di prospettiva, secondo me: non è qualcuno che si è scoperto un fumatore, ma qualcuno a cui il fumo dà fastidio.
Ruriko non aveva detto nulla di eccezionale, ma la sua frase era arrivata al momento giusto, come il colpetto al guscio che aveva fatto stare in piedi l’uovo di Colombo (a Santiago piaceva molto il detto, anche se non ricordava che Cristobal avesse mai fatto una cosa così intelligente). Il cervello la collegò ad altri indizi sparsi: una frase di Chelsea, due settimane prima, che notava come la nuova arrivata mettesse subito a lavare i vestiti, se era andata in un posto dove la gente fumava; lui che si accendeva una sigaretta nella sala comune, che sembrava vuota, se non fosse stato per una poltrona girata verso il muro che pareva tossire; una missione, lui che si fermava a prendere le sigarette e un mantello grigio che lo guardava e scuoteva la testa con disapprovazione…

- Perché?
- Cosa?
- E che ne so! Tua madre da piccola ti spegneva sulle braccia i mozziconi delle sue sigarette mentre tradiva tuo padre con uno dei suoi tanti amanti? Lo faceva ridendo sguaiatamente, circondata di broccato rosso e candele profumate di lussuria?
Corin, se possibile, si era fatta ancora più piccola di fronte alla furia da fumatore in astinenza che l’aveva colpita. Santiago si ritrasse un attimo, accese una sigaretta (teneva il pacchetto in mano da quando era uscito dal negozio, che provasse a prenderlo) e abbassò il tono di voce: - Allora, c’è qualche oscura ombra nel tuo passato che ti ha fatto odiare le sigarette con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima?
- Cielo no! Anche se una volta ho letto un libro simile, dove c’era la ribelle Rebecca che poi la madre…
Santiago le soffiò il fumo in faccia. Corin alzò la testa e sgranò gli occhi, troppo allibita anche per tossire. Santiago rise e inspirò un’altra boccata, senza staccare per un attimo lo sguardo da lei.
- Allora, come mai questa bimba dispettosa mi ruba le sigarette? Non sarà che – si avvicinò volutamente troppo, Corin fu costretta ad alzare il viso per guardarlo, - volevi attirare la mia attenzione? Bien, adesso è tutta tua. – sul “tua” buttò a terra la sigaretta, prese il pacchetto, lo scosse con studiata lentezza e se ne accese un'altra. In un battito di ciglia, il viso di Corin scomparve dietro la cortina di capelli. Per un attimo fu certo che sarebbe scappata o scomparsa nelle ombre del portico. Invece…
- Perché mi dà fastidio l’odore, e tu fumi sempre! Sei in sala e fumi, in giardino fumi, ti nutri e dopo accendi l’ennesima sigaretta. È un odore che odiavo da umana, adesso con il naso da vampira mi sembra di essere dentro una ciminiera, non lo sopporto, sembra che mi vadano a fuoco gli occhi. Ed è così da te sapere che mi credevi irresistibilmente attratta dalla tua persona al punto di mettere in scena una commedia da bambini per attirare la tua attenzione, perché nessuna donna può resistere a Santiago, giusto? Oh, che dimostrazione di dominanza virile! Immagino che tu creda mi strappi i capelli o aneli a finire una tua sigaretta, perché sarebbe un po’ come rubarti un bacio, cosa che…
- Ah, quindi è così?
- Eh?
Santiago inspirò un’altra boccata e si appoggiò al muro, intrappolando Corin sotto l’arco del suo braccio.
- Con me non servono troppe commedie, bimba, basta chiedere. Vuoi finire questa sigaretta… - i suoi capelli sfioravano la nuca di Corin, - o preferisci direttamente il bacio?
Una frusta vischiosa gli colpì la mano, il mozzicone disegnò una parabola nell’aria. Non fece in tempo a vederlo cadere a terra che gli era arrivato un manrovescio: il tentacolo nero si ritrasse di nuovo tra i capelli di Corin, mentre la sua padrona correva via a una velocità folle anche per un vampiro.



Quella volta della pioggia

Quella volta è stata una cosa piccola, ma talmente piccola che è diventata un po’ il simbolo delle altre cose piccole che non si ricorda più molto bene, per via della memoria selettiva di Demetri e quelle cose lì.
Quella volta, Santiago se la ricordava per la pioggia (del resto lo dice anche il titolo). La delegazione era capitanata da Caius, robe grosse, e si trovava da qualche ora dentro un edificio abbandonato. La lampadina del corridoio si accendeva a scatti, frizzava in piccole scariche, si spegneva per qualche secondo e ricominciava il ciclo. Le trattative erano al terzo piano, c’erano dieci di loro fuori dalla porta, più altri dieci sulle scale. Corin faceva il palo fuori, con un diluvio che la strada era diventata un fiume.
- Che ci fai qui?
- Di sopra era tutto fin troppo tranquillo, ma la tensione mi ha fatto venir voglia di una sigaretta.
- Ovvio, quindi vieni a scocciare me.
Santiago sfregò per quattro volte l’acciarino, prima di riuscire a produrre una fiamma. L’acqua picchiava sulle grondaie sopra di loro e faceva un fracasso d’inferno. Corin si tirò su il bavero, per quanto riusciva, e tornò a fissare la strada, con i capelli trasformati in tante condutture per la pioggia.
- Non si usano gli ombrelli, in Inghilterra?
Corin emise il suo tipico sospiro rassegnato, quello precedente qualche aneddoto che, detto da chiunque altro, sarebbe sembrato il più triste dell’universo; detto da lei diventava buffo.
- Prima non pioveva, ha cominciato a riunione iniziata. Nessuno si è ricordato di portarmi un ombrello e io ho ordine di non muovermi assolutamente. Quindi eccomi qua, come la triste Sophie gettata in strada dal crudele mister Crouch, con il cesto dei panini dolci inzuppato, e si chiede come farà a ripagare gli ingredienti alla sua severa padrona, che… ehi!
L’impermeabile che si era tolto la copriva del tutto, anzi, avanzavano dieci centimetri che si stavano già inzuppando d’acqua sul marciapiede.
- Aspetta qui, vado a cercare qualcosa di meglio.
- Oh non serve, non che ormai mi preoccupi di sentire freddo.
- Insisto, bimba.
Era tornato con l’ombrello promesso, ma non aveva richiesto indietro l’impermeabile. Da parte sua, Corin non aveva insistito per ridarglielo.
- Sei un gentiluomo, Santiago. Grazie. – gli aveva detto con un sorriso.
Doveva aver pensato qualcosa di una banalità sconcertante, tipo che le ridevano anche gli occhi e che erano neri come i capelli, e che una donna per essere bella deve avere occhi e capelli neri.
- Diablo, come piove.
- Non mi dire, non me n’ero accorta.
 



Quella volta di Erzulie

Quella volta poteva essere stata colpa di un incantesimo voodoo, perché quando si ha a che fare con le streghe non ci si può mai fidare fino in fondo.
Zelime gli era andata incontro sul bagnasciuga, con il suo solito sguardo profondo.
- Santiago! Se mwen menm se konsa, se konsa kontan m 'te voye ou. Non ci sono più schiavi che arrivano sulle navi, ma c’è tanto da fare.
- Anche io sono contento di vederti, mia strega creola. Ti porto i saluti del Maestro Avvoltoio e del suo violino.
Zelime si fece un segno della croce, scoccandogli un’occhiata di rimprovero materno che gli era mancata. L’immortalità non aveva scalfito la fiducia di Zelime nei loa, né aveva cancellato la diffidenza che provava nei confronti di Aro.
- Che cosa vuole il mio mèt da Zelime? Qui va tutto bene, siamo in pace da molto tempo.
- Non sono qui per nulla che riguardi i Volturi, mi andava di girare un po’ il mondo.
- Non parlare come se tutto avvenisse per caso, sciocco. Io sapevo che saresti arrivato, me lo aveva detto Agwe. Sei molto caro ad Agwe, è lui che ha raccolto il tuo sangue quando sei stato ricacciato indietro.
- Adoro quando parli così. Sai, c’è una ragazza che non hai mai incontrato, nella guardia: penderebbe dalle tue labbra. Se le presentassi una vera strega voodoo, credo potrebbe avere un mancamento. E' una signorina inglese, molto di buona famiglia, ma ha questa passione strana per le storie… quelle dove ci deve essere almeno qualche morto, una che rimane incinta per sbaglio, patti con gli spiriti, pirati… Sono sicuro che uno dei suoi libri preferiti ha dentro anche il voodoo, ma non chiedermi il nome perché potrebbe essere un titolo qualsiasi con dentro parole come "isola, stregata, pirati, maledizione". Anche se credo che rimarrebbe delusa dalla nostra aia. Per farle piacere, potresti fare finta di abitare in una capanna in mezzo alla palude con i tuoi spiriti? E avere degli zombie come servitori? O vestire con antichi e misteriosi monili e teste di morto essiccate?
- A volte parli in un modo che non comprendo.
- E questo è molto strano, detto da una donna che sta tracciando veve nella sabbia.
Zelime non raccolse la provocazione e continuò a disegnare con un rametto che aveva trovato.
- La devi portare con te.
- Le piacerebbe molto. Vedi, lei ha un potere particolare, si confonde con le ombre. Quando lo fa, è come se si dipanasse in tanti piccoli fili. Non gliel’ho mai detto perché si arrabbierebbe moltissimo, lei odia le sigarette, ma è come se i suoi capelli svanissero in tante spire di fumo, come queste. – Santiago si rigirò la sigaretta tra le dita, mentre dalla brace si levava un filo impalpabile, trasportato via dal vento della spiaggia. – Sì, lei odierebbe il paragone. E ha sempre un paragone per tutto! Una scena della sua vita? L’ha già letta in uno dei suoi libri. E i paragoni, diablo, non sono mai azzeccati, sono sempre delle cose assurde e tristissime, tutto il contrario di lei.
- E come si chiama ou renmen?
- Chi?
- Di chi abbiamo parlato per ora, di uno spirito?
- Ah, no, Corin non è la "mia innamorata", come dici tu. Non so nemmeno perché ho cominciato a parlarti di lei. Hai fatto qualche strano gioco con i tuoi disegni?
- I loa guidano la mia mano, se stasera hanno voglia di scherzare, questo non lo so. Ma vieni, qui. – Zelime lo tirò verso di sé e gli tracciò con le dita una croce un fronte, una sulla bocca e una sul cuore. - Se c’era, ho scacciato il maleficio.
- Ottimo lavoro, strega mia. Che dici, voglio rivedere le piantagioni e la casa padronale. Aro vorrà sapere se i suoi sottoposti fanno un buon lavoro! – Santiago si alzò e si incamminò verso il sentiero.
Zelime smise di giocare con il rametto: davanti a lei, disegnato nella sabbia umida, stava il veve di Erzulie. La prima onda consumò la punta del cuore, la seconda lo sommerse del tutto, la terza aveva già cancellato ogni traccia. Zelime sospirò, riservando ai suoi dei lo stesso sguardo da madre paziente che aveva con tutti.
- Ve li siete scelti, panse ou.
Pensateci voi.



Quella volta del porno

E poi c’era stata quella volta del porno. Ovviamente, essendoci di mezzo del porno, non poteva che esserci di mezzo anche Felix.
Santiago non si ricordava nemmeno da cosa era nata la discussione. Era possibile che stessero guardando qualche film giapponese che Alec aveva portato indietro dopo la missione a Tokyo. No, non era Kurosawa. E nemmeno Ozu. Insomma, capullos, bisogna mettere i sottotitoli per bambini speciali? Era un qualche tipo di pornazzo disturbante dal nome ridicolo, dove i peni si devono censurare ma non se sono tentacoli di un mostro alieno e assatanato, e le ragazze arrossiscono e piangono sempre.
- Non vi ricorda qualcuno, quella lì?
Alec aveva scosso la testa (sì, a volte capitava che guardassero i nuovi acquisti assieme, specie prima dell’avvento dei computer portatili. No, questo non minava la loro eterosessualità, e se qualcuno provava a farlo notare a Felix, lui ribadiva il concetto con le sue mani foderate di dolore. Altrui), Demetri continuò a potare un bonsai che si era portato dietro. Santiago si era irrigidito.
Felix incalzò.
- Dai, quell’espressione da finta innocentina, quel modo che ha di toccarsi i capelli. Giuro che l’ho già vista da qualche parte…
Santiago sapeva che non era un bluff e che, dato di chi si stava parlando, Felix stava davvero riflettendo molto intensamente su chi potesse essere la tipa dai lunghi capelli neri a cui un maiale gigante stava strappando il reggiseno con le zanne. Ogni parola, nonostante questa consapevolezza, gli procurava un fastidio fisico.
- Guarda come fa la ritrosa, mentre si vede lontano un miglio che se lo sogna dalla vita un cazzone gigante. Ah, ecco! – il maialone aveva completato l’opera, e la ragazza aspettava il suo destino tette al vento. Piccole tette al vento.
No lo digas, no digas ese nombre.
- Corin! Ovvio che non mi fosse venuto in mente prima. – concluse Felix soddisfatto.
Alec ridacchiò.
- E l’avresti capito dal seno?
- Certo! Aro non ne fa molta pubblicità perché è un’arma pericolosa, ma anche io ho un super potere come voialtri gemellini psicopatici: riconosco con un’occhiata la misura di seno di una donna. Che ci posso fare, già da umano manifestavo i sintomi del mio potere.
Sia Alec che Demetri risero e continuarono a guardare l’anime col leggero distacco con cui si studia una cosa esotica. Santiago avrebbe voluto imitarli, ma era troppo impegnato a stringere i pugni e fingere un’aria disinvolta.
La vera domanda era perché? Quella di Felix era oggettivamente una battuta fantastica e ci sarebbe stato un sacco da ridere, ma era nervoso e non capire bene perché fosse nervoso lo rendeva solo più nervoso. O forse era nervoso perché capiva benissimo come mai era nervoso, perché se la tipa dell’anime fosse stata simile a Heidi, lui avrebbe riso assieme agli altri.
Ma la stracazzo di tipa dell’anime assomigliava davvero a Corin.
Tutti quei pensieri in realtà gli si erano chiariti più tardi, troppo sofisticati per i cinque secondi che nel tempo reale erano passati dal successivo: - Scommetto che anche lei farebbe quella faccia da stupro, con la bocca a “o” pronta per infilarci… - al cazzotto che aveva spedito Felix contro il muro. Non gli lasciò il tempo di alzarsi: gli afferrò la maglietta e lo inchiodò alla parete.
Quando incrociò lo sguardo stupito di Felix, si rese conto di non sapere cosa dire. Il pugno di risposta arrivò inclemente e ancora più inaspettato. Santiago si massaggiò la guancia e mise a fuoco Felix che lo scrutava, in allerta.
- Scusate? Qui qualcuno sta cercando di seguire una trama, se non vi dispiace. – come un ago appuntito, la voce di Alec sgonfiò la tensione. Entrambi rimisero a posto le sedie cadute e ricominciarono a guardare l’anime, dove gli Ultraporci tenevano fede al loro nome.
- Scusa, non lo sapevo. – gli sussurrò Felix nell’orecchio.
Santiago annuì, distratto da una matassa di pensieri in cui ancora non aveva trovato il nodo giusto da sbrogliare.
- Certo che… Voglio dire, non me lo aspettavo.
- Nemmeno io, Fel.


Quella volta della saggezza orientale

Quella volta Santiago non se la ricorda, perché era corso via di gran carriera, lasciando Demetri e Ruriko alle prese con il pino. Potarono, lui con pazienza certosina, lei con pazienza zen, ancora alcuni rami, prima che Ruriko rompesse di nuovo il silenzio.
- Sai cosa altro diciamo noi in Giappone, in un caso come questo? Kuki o yomu.
- “Leggere l’aria”?
- Credo che voi diciate “leggere tra le righe”. – Ruriko fece una smorfia, per i suoi standard praticamente un sorriso. - È adeguato, no? Dato che si tratta di lei.
- Secondo te quando se ne accorgerà?
- È come con il pino, si tratta solo di avere pazienza.









La tana di Otto
Questa storia, e tutto il fluff che contiene, è interamente dedicata a Vannagio per il suo compleanno.
A volte su facebook capita che ci si chieda quali sono le coppie preferite, e io ho sempre degli imbarazzanti ingarbugliamenti di stomaco quando Gio cita Corin e Santiago. Dato che la storia precedente si era conclusa benissimo, questa è la storia par condicio per ristabilire il giusto livello di kuori nel mondo.
Noticine:
- Zelime è comparsa per la prima volta qui.
- i loa sono le divinità voodoo, Agwe è quella delle acque e del mare, Erzulie invece protegge l'amore.
- l'hentai con i maiali esiste davvero. Ovviamente io non l'ho visto, me l'ha detto mio cuggino.
- Ruriko compare, credo, per la prima volta. Dato che a volte devo infilare a forza il Giappone nelle mie storie, non poteva mancare la Voltura giapponese. Approfitto anche per dire qui nelle note una cosa che non ha trovato spazio nella storia: pazienza in giapponese si pronuncia nintai, scritto con i due caratteri di nascosto (è anche il nin di ninja, per intenderci) e quello di perseveranza. 

Grazie di cuore a chi continua imperterrito a seguire la raccolta!
Leggo tutte le vostre recensioni e vi assicuro che mi do anche a balletti poco dignitosi. Mi dispiace non aver ancora risposto a tutti, ma è un periodo decisamente intenso. Come direbbe Ruriko, abbiate un po' di pazienza.
















   
 
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