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ATTENZIONE:
di nuovo vorrei fare una piccola precisazione: in questo capitolo
è presente più di una (2) scena un po’…diciamo forte; nella prima parte c’è la
descrizione di un qualcosa che potrà sembrare un tantino macabro a persone
facilmente impressionabili, ma conoscendo i miei standard (li conoscete?) potete
immaginare che non è come al solito nulla di terribile. Ci tenevo comunque a
dirlo per correttezza. Nell’altra è accennata l’idea del sesso, ma non c’è
nessuna descrizione approfondita, per cui ritengo che possa essere letta da
chiunque. Mi scuso di nuovo se il linguaggio usato nei dialoghi dei criminali è
un po’ volgare.
-Melanyholland
15.Kiss Kiss
h. 16:55
La giornata si stava pian
piano facendo più fresca, come accadeva spesso dopo che il sole aveva raggiunto
il suo zenit; si era alzato il vento, scuoteva le fronde degli alberi inclinando
i rami più fragili, che ondeggiavano sinuosi trasformando la violenza di
quell’impeto in armoniosa dolcezza in sincronia. Ben presto il freddo pungente
sarebbe sceso insieme alle ombre della sera, soffocando anche il flebile calore
che il sole invernale dava con la sua luce. Gelo. Come quello che trasmetteva
attraverso il suo sguardo. Non che lo volesse, ma non ne poteva fare a meno: i
suoi occhi erano lo specchio del mondo in cui aveva vissuto fino a poco tempo
prima, un mondo glaciale, dove il calore delle emozioni umane le era stato
negato. Freddo come le provette che era abituata a maneggiare, impersonale come
il computer su cui lavorava. Richiamava alla mente quei giorni, in cui era stata
schiava dell’Organizzazione, con un vuoto allo stomaco, un sapore acido in
bocca. La sua infanzia (quella vera) era nebulosa, confusa, aveva rimosso quasi
tutto; aveva visto morire molte persone nella sua vita, spesso nel buio della
notte rivedeva i loro volti pallidi, gli occhi svuotati, i rivoli di sangue
secco che colavano dalle ferite…anche loro erano gelati e privi del calore dei
sentimenti, che gli era stato strappato insieme alla vita…corpi esanimi, che una
volta brillavano di emozioni e che tutt’ a un tratto erano stati privati dello
spirito. In molte di quelle notti, i cadaveri avevano il viso di sua sorella
Akemi; ma non il viso che lei ricordava, sorridente, colorito, gli occhi ricolmi
dell’affetto che riservava solo a lei. Non il viso bello a cui lei pensava
costantemente mentre lavorava per Loro, non il viso dolce e determinato che le
aveva sempre dato forza e fiducia. Nei suoi sogni, il volto di Akemi era
scavato, gli occhi non la guardavano teneramente ma la sua immagine si
rifletteva in quelle pupille vitree e vuote, le sue labbra non erano dischiuse
per sorriderle, ma in una smorfia di dolore e paura. Il suo corpo era gelido e
così rigido che temeva di poterla spezzare, se l’avesse sfiorata. E quando non
riusciva più a trattenersi le lacrime solcavano silenziose le sue guance, e lei
aspettava, aspettava che sua sorella si muovesse per asciugargliele, per
accarezzarle il viso e mormorarle con quella amorevolezza tutta sua che sarebbe
andato tutto bene, che lei le sarebbe stata vicina, nonostante le difficoltà,
nonostante cercassero di dividerle. Ma non succedeva mai. Akemi restava
immobile, fredda come la morte, e lei continuava a specchiarsi in quei pozzi bui
che una volta erano stati i suoi occhi, piangendo fino a consumare le lacrime.
Spesso si era svegliata da
questi incubi con le guance bagnate davvero e il cuore lacerato; solitamente
dopo un brutto sogno si ha almeno il sollievo di scoprire che non è successo
niente, in realtà. A lei quel sollievo era stato negato. Sua sorella, l’unica
persona che avesse al mondo, era morta sul serio. L’unica differenza era che lei
non le era accanto mentre accadeva. No, l’aveva saputo vedendo la prima pagina
del giornale, riconoscendo il suo profilo sotto il lenzuolo bianco con cui la
polizia l’aveva coperta; in quel momento tutto le era crollato addosso, l’unica
certezza che aveva nella vita era l’affetto e il sostegno di sua sorella
maggiore, e le erano stati sottratti all’improvviso, colpendola violentemente e
lasciandola scossa e impaurita. A nulla era servito andare a chiedere
spiegazioni a Gin, rifiutarsi di lavorare ulteriormente per loro. La rabbia che
provava nei loro confronti, seppure ardesse in tutto il suo corpo, non celava il
dolore e il grido d’aiuto del suo cuore, che la stavano consumando lentamente,
dall’interno. Così, aveva imboccato l’unica via di fuga possibile, aveva preso
l’unica cosa che la potesse far smettere di soffrire: l’APTX 4869, il veleno che
aveva inventato per l’Organizzazione, e che ora gli avrebbe impedito di
strapparle la vita come avevano fatto con sua sorella Akemi.
A volte il destino gioca
brutti scherzi. Il composto non la uccise come aveva previsto, ma la fece
regredire all’età di otto anni. Fu a quel punto, che nell’abisso scuro in cui
era sprofondata dopo aver appreso della morte di Akemi, vide un’altra
scappatoia, qualcosa che l’avrebbe impegnata e appagata: sconfiggere
l’Organizzazione, uccidere Gin e Vodka per rendere giustizia a sua sorella
meglio di come avrebbe fatto morendo a sua volta. Ma non poteva farcela da sola,
non contro di Loro. Aveva bisogno dell’aiuto di qualcuno forte, intelligente,
coraggioso, che fosse a conoscenza dell’esistenza dell’Organizzazione e che
condividesse il suo stesso desiderio di distruggerla. E quel qualcuno, ironia
della sorte, era una persona che le aveva nominato sua sorella stessa, nel loro
ultimo incontro: Shinichi Kudo, il liceale detective di cui lei aveva confermato
il decesso nei file degli Uomini in Nero, ma che sapeva essere in splendida
forma. Così, fuggì dal luogo dove l’avevano rinchiusa e si trascinò sotto la
pioggia battente con la forza della disperazione, cercando di non pensare al
freddo, alla febbre che cominciava ad alzarsi, ai brividi che le percorrevano il
corpo fragile da bambina, finché tutto divenne improvvisamente buio e perdette
i sensi. Si svegliò a casa del professor Agasa, che la accolse come un nonno
amorevole e la curò e poco più tardi conobbe finalmente Conan Edogawa,
l’alter-ego di colui di cui lei aveva bisogno.
Lo stesso Conan Edogawa ora
dormiva profondamente sul divano della casa del professore, russando
leggermente. Si era assopito poco dopo essere tornato, spossato dalle fatiche
che probabilmente aveva sopportato quel giorno e assonnato per essersi alzato
all’alba. Ai stette a guardarlo per un po’, la capsula dell’antidoto stretta
nella mano infilata nella tasca del camice candido: gli aveva tolto gli occhiali
e il suo viso quieto e tranquillo, sebbene ancora conservasse i tratti
infantili, appariva più simile a quello di Shinichi Kudo. La giacca blu e il
farfallino erano gettati sul pavimento di linoleum, la camicia bianca quasi
trasparente era sbottonata sul colletto, e quando il ventre si alzava e
abbassava ritmico scopriva parti piuttosto interessanti. Non l’aveva mai visto
a petto nudo, ma era certa che Kudo, da adulto, avesse un bel fisico; il suo
corpo da bambino prometteva bene, comunque. Si avvicinò, si sedette accanto a
lui e prese ad accarezzargli le guance, con una delicatezza che avrebbe stupito
qualunque osservatore, evitando di chiedersi il motivo di quel gesto. Conan non
batté ciglio, ma sembrò più pacifico di prima. Ai gli spostò una ciocca di
capelli che gli era finita sugli occhi, la sua mano si fermò e avvicinò il suo
viso a quello di lui, sorprendendosi del calore che la sua vicinanza le stava
trasmettendo. Era sempre così, con lui. Le dava sicurezza e pace, insieme a
tanti altri sentimenti…si accorse di arrossire.
Lui emise un grugnito che la
fece sussultare e ritrarre bruscamente: ma lui non si era svegliato. Continuava
a dormire placidamente senza essersi accorto di nulla. Ai si chinò di nuovo,
sentì il suo odore, fresco e frizzante, gli passò una mano fra i capelli e si
avvicinò tanto che le loro labbra si sfiorarono…e fu a quel punto che non le
importò più di essere cauta per non svegliarlo, che la ragione venne meno e
qualcos’altro s’impadronì di lei. Ormoni, avrebbe concluso più tardi, quando la
freddezza e la mente scientifica avrebbero riavuto il sopravvento. Fatto sta che
tolse ogni distanza fra le sue e le labbra di Conan e lo baciò, dolcemente,
lambendo la sua bocca senza violarla, solo accarezzando e assaporando la
morbidezza delle sue labbra, provando qualcosa che nessun altro bacio, seppure
meno casto e infantile, le aveva trasmesso in passato. Si sentì invasa da una
passione forte, da qualcosa che le riempì il cuore e la scosse dentro, come una
dolce, violenta scossa di piacere. Conan…lui arrossì, e per un attimo lei pensò
di avergli donato le stesse sensazioni, trasmesse anche attraverso il torpore
del sonno, e sorrise, un sorriso candido e sincero, per la prima volta da tempo.
Si chinò per ripetere quel gesto, ma le labbra che avrebbe voluto baciare di
nuovo si dischiusero mormorando qualcosa che la trafisse violentemente, che le
fece sparire il sorriso dalla bocca, che la rigettò all’improvviso nella gelida
realtà.
"Ran…"
Nell’incoscienza, l’unica
parola che il suo gesto l’avevano portato a pronunciare. Perché probabilmente
stava sognando lei, e aveva accettato quell’emozione solo perché s’illudeva che
fosse stata quella ragazza a dargliela…lei, l’unico, vero amore della sua vita.
Ai rimase immobile,
vergognandosi di se stessa, rimproverandosi per essere stata tanto ingenua,
mentre uno strano formicolio si faceva sentire fastidiosamente agli angoli degli
occhi. Il calore che Conan le aveva trasmesso era stata un’illusione effimera.
Nessuno le avrebbe più dato tepore, nella sua vita. E avrebbe fatto bene ad
accettarlo, prima che fosse troppo tardi…mai più affezionarsi a qualcuno. Perché
l’amore non è un idillio di bellezza e perfezione. L’amore è violenta
sofferenza, ti prende, ti sfrutta, ti consuma e ti abbandona, lasciandoti vuota
e umiliata, con ferite profonde che non si rimarginano, e continuano a far male
anche a distanza di anni. E Kudo non avrebbe mai condiviso con lei
quell’esperienza, nonostante tutto quello che poteva fare. Non sarebbe servito a
niente invidiare Ran Mouri, né cercare di nuocerle in qualche modo. Anzi,
quello avrebbe allontanato ancora di più Kudo da lei…ed era l’ultima persona che
voleva perdere.
Estrasse dalla tasca la
capsula bianca e rossa, squadrandola nel palmo della mano sospirando, poi una
voce la fece sussultare.
"Oh, Ai kun, sei riuscita a
creare l’antidoto! Complimenti!" le si rivolse il dottor Agasa con un sorriso
radioso e un tono di lode. A quelle parole si udì Conan farfugliare dal divano
"Antidoto..!?" con voce impastata, mentre con un grosso sbadiglio si alzava a
sedere stiracchiandosi. Scoccò un’occhiata al viso di Ai, che fece in modo di
non incrociare il suo sguardo, e poi i suoi occhi si fermarono sulla mano dove
ancora teneva la capsula in bella vista.
"Ehm…sì, ero venuta a
svegliarti apposta." Disse neutra, credendo di dover giustificare la sua
presenza, lì seduta sul divano vicino a lui; ma Conan probabilmente non si era
nemmeno posto il problema:
"Sei grande!! Funzionerà?"
le chiese raggiante, guardandola intensamente in un modo che le riportò alla
mente tutte le sensazioni provate poco prima. Tuttavia dalla sua espressione non
trapelò nulla, come al solito.
"Non ne sono sicura. Ti ho
già spiegato che da assuefazione, ma non ho potuto aumentare di tanto le
quantità per non rischiare di farti morire. Comunque, anche se ho cercato come
ti ho detto di non alzare troppo le dosi è ugualmente una quantità decisamente
superiore all’ultima volta; che funzioni o no non conta molto dal punto di vista
del metabolismo, in entrambi i casi non possiamo sapere quali effetti potrà
avere sul tuo corpo. L’APTX già di per sé è una sfida contro la vita, ma fare in
continuazione su e giù è pura follia. Non solo qualsiasi medico, ma chiunque
con del buon senso ti esorterebbe a rinunciare. È pericoloso, più di
quanto tu possa immaginare." Lo fissò intensamente, un’espressione seria e
composta, mentre il viso di Conan si rabbuiava un po’. Esitò per qualche
secondo, poi annuì.
"È come il gioco della
roulette russa, Kudo." Prese la capsula fra l’indice e il pollice e la alzò al
centro del viso di lui: "Sicuro di voler provare?" chiese, uno strano sorriso
a deformarle le labbra, che avrebbero voluto pronunciare altre parole:
"Sicuro che ne valga la pena?"
"Devo." Fu la semplice
risposta. Sfilò dalle sue dita la compressa e la infilò in bocca, senza un
attimo di esitazione. Una cosa che per lei non avrebbe mai fatto, pensò Ai prima
di scacciare via quelle riflessioni e parlare di nuovo.
"Bene, a questo punto non ci
resta che aspettare che crolli a terra contorcendoti agonizzante."
Conan inarcò le sopracciglia
a disagio e deglutì rumorosamente.
"Dì un po’, ma è proprio
necessario che ogni volta mi trasformi in una stufa umana? Non potresti fare in
modo…non so…che cada semplicemente in un sonno profondo e mi risvegli adulto?"
domandò speranzoso.
"Potrei provarci…" disse
pensierosa, poi gli si rivolse con uno sguardo freddo e un sorriso crudele.
"Ma poi…dove sarebbe il
divertimento?"
"Ha, ha…" replicò ironico,
ignorando il brivido gelido che gli aveva percorso la schiena "Piuttosto, perché
uno di voi due.." lanciò un’occhiata al professor Agasa. "Non va a prendermi
qualcosa da mettermi addosso nel caso mi trasformassi?" Ai non smise di
sorridere con quell’atteggiamento maligno e insieme distaccato.
"Perché?" chiese con falsa
ingenuità.
"Mi pare ovvio…" obbiettò
Conan arrossendo. "…i vestiti che ho adesso si strapperanno e io rimarrò…ehm…"
"Nudo?" concluse Ai, il
dottor Agasa scoppiò in un falso colpo di tosse, chiudendo gli occhi un po’
rosso.
"Ma qui siamo fra persone
adulte, non si scandalizzerà nessuno…" replicò Ai con irritante tranquillità,
poi la sua voce si trasformò in un sussurro lascivo "…o devo pensare che hai
qualcosa di cui vergognarti là in mezzo, Kudo kun?"
"AI!!!!!" strillò Conan
diventando color porpora e strizzando gli occhi. Il professor Agasa, che non
aveva potuto udire quell’ultima parte, guardò incuriosito dall’imbarazzo di lui
al ghigno trionfante di lei, poi si strinse nelle spalle e commentò sbuffando.
"I ragazzi di oggi…"
h. 18:00
Il parco era piuttosto
silenzioso, se si escludeva il rumore del vento che attraversava i rami e le
foglie; l’erba stava già prendendo il suo tipico profumo forte e penetrante,
l’odore di fresco, mentre nel verde si poteva già scorgere qualche gocciolina di
rugiada. Una ragazza era seduta su una panchina, un sorriso radioso a fior di
labbra, i capelli bruni sospinti ogni tanto dalla brezza serale che
incorniciavano il suo viso luminoso, le guance colorate di un rosa lieve e
naturale, gli occhi luccicanti di trepidazione. I pochi passanti che scorsero la
sua figura graziosa e delicata capirono subito che doveva essere una giornata
speciale, per lei, che stava aspettando qualcuno di davvero importante. Non
poterono fare a meno di provare un poco di invidia nell’osservarla, sembrava
davvero felice, anche se…sospesa, in qualche modo, non completamente
rilassata: come se fosse stata delusa tante volte in passato, e avesse paura di
perdersi completamente in quella felicità per scoprire che era stata solo
un’illusione. Sì, c’era qualcosa, dietro quell’apparenza di assoluta felicità,
un’ombra su quel viso seppure così luminoso…un’ombra che avanzava inesorabile e
inghiottiva la luminosità ogni minuto scandito dall’orologio. Invidia, sì…ma
anche un po’ di dispiacere. Quella ragazza sembrava in attesa di qualcosa di più
di una persona: attendeva una risposta, una dimostrazione…di affetto, di
amore magari, o forse solamente di non essere sola.
Aspettava…
Aspettava e ogni attimo che
passava sembrava trafiggerla da parte a parte, dolorosamente. Il sorriso
restava, imperturbabile, così come quel brillio nei suoi bellissimi occhi color
fiordaliso: la luce della speranza, ma soprattutto della fiducia; fiducia nella
persona che stava aspettando, chiunque fosse, fiducia nel trovare finalmente la
risposta alle sue domande, trovare quella pace interiore e quel benessere che
per ora le era negato, e la lasciava in bilico, fra la speranza e la paura di
essere delusa, un’altra volta. L’ombra era potente…la luce fioca e fragile,
anche se sostenuta da un sentimento molto forte. Molta gente si chiese per un
attimo cosa sarebbe successo se fosse stata ferita un’altra volta, se avesse
ricevuto un’altra delusione dalla persona che aspettava con tanto
coinvolgimento…non avrebbe resistito. Già. Ed era un peccato, perché vedere il
buio su quel viso così stupendo sarebbe stata un’ingiustizia…
Tutti coloro che la
osservarono dimenticarono tutto questo una volta tornati a casa; la loro vita
prese di nuovo il sopravvento, con tutti i suoi avvenimenti e il susseguirsi
estenuante di impegni e circostanze. Nessuno andando a letto avrebbe ripensato a
quella ragazza così strana, all’ombra nei suoi occhi…
Nessuno…o quasi.
Una persona non l’avrebbe
dimenticato....
h. 18:40
L’Otto Volante si fermò con
uno stridere delle ruote sulle rotaie di metallo. Un ragazzo alto, dalla pelle
scura e i capelli neri, scese da una delle carrozze e aiutò la ragazza seduta
accanto a lui a fare altrettanto, porgendole una mano che lei accettò di buon
grado, mentre i capelli corvini legati in una coda con un nastro rosso
ondulavano al vento.
"Grazie…" esordì Kazuha,
piacevolmente sorpresa. Heiji alzò le spalle e si diresse verso l’uscita,
guardando indifferente le persone ancora in fila che aspettavano di salire
sull’attrazione.
Per come era cominciata, non
era stata poi una brutta giornata, pensò sorridendo. Abituato ad averla intorno
in continuazione, aveva dimenticato quanto potesse essere gradevole stare in
compagnia della sua amica d’infanzia. Il tempo era praticamente volato, il sole
era quasi già tramontato e a lui pareva essere passata appena un’ora da quando
avevano scherzato vicino alla panchina davanti alle auto-scontro. Guardò con
rammarico lo spicchietto luminoso che gradualmente spariva all’orizzonte e si
accorse con lieve dispiacere di dover mettersi in viaggio al più presto per
tornare a Osaka. Peccato. Gli sarebbe piaciuto restare lì ancora un po’…
"Allora, Heiji, che facciamo
adesso?" chiese allegra la ragazza al suo fianco con un sorriso che lo fece
incespicare goffamente.
"Idiota, non vedi che è
tardi? Dobbiamo andare all’aeroporto e tornare a casa." Ribatté brusco,
sperando che il suo gesto le fosse sfuggito. Evidentemente sì, perché lei gli
rivolse un’occhiata torva.
"Idiota sarai tu…e poi non è
così tardi…" replicò, pur sapendo benissimo che il ragazzo aveva ragione.
"Comunque, usciamo di qui,
passiamo all’agenzia a prendere le borse e poi filiamo diritti all’aeroporto."
"Uffa! Mi stavo divertendo…e
poi volevo sapere com’era andata fra Ran chan e Kudo kun…mi sarebbe piaciuto
rivederlo…" commentò soprappensiero, in un tono che a Heiji non piacque per
niente.
"E perché mai?" domandò
accigliato. Kazuha gli scoccò un’occhiata di apprezzamento, poi sorrise
mordendosi il labbro inferiore.
"Oh, è un ragazzo che non mi
dispiacerebbe conoscere meglio, a esser sincera. Carino, intelligente…"
"…e impegnato. E con
la tua migliore amica. Ricordatelo, Kazuha." Sottolineò il ragazzo del
Kansai, improvvisamente aspro. Il sorriso sul volto della sua amica d’infanzia
si allargò compiaciuto.
"Sì, beh…la capisco. Kudo
kun…Shinichi…" Heiji inarcò un sopracciglio "…è così bello, e affascinante…e
sexy"
"Oh, non la penseresti così
se sapessi com’è ora, mi sa…" commentò con un sarcasmo che lei non afferrò.
"…e poi non vedo come fai a
dirlo…l’hai visto una volta sola, alla recita di Ran, ed era coperto
completamente da quel ridicolo costume da cavaliere col mantello." Obbiettò con
uno sguardo acuto. Adesso aveva capito dove voleva andare a parare, cercava di
farlo ingelosire. Povera illusa, pensare di imbrogliare il Grande Detective
dell’Ovest.
"Me l’ha detto Ran…e
comunque non puoi negare che sia proprio bono…" aggiunse con un tono allusivo.
Heiji sorrise maligno.
"Eh già…ma niente in
confronto alla sua ragazza…non è solo bella e dolce, ha anche stile…cosa che
qualcuna qui non potrebbe mai eguagliare."
"Ma come ti permetti! Io ho
il mio stile, al contrario di te, che fai di tutto per assomigliare a
Kudo!"
"Io non cerco di
assomigliare a lui, cretina! Ci assomigliamo e basta, non so perché." Replicò,
smettendo di camminare e fissandola in malo modo. Lei gli restituì lo stesso
sguardo, mettendosi le mani sui fianchi mentre il povero Ellery veniva
sballottato addosso alla parete plastica.
"Beh, in ogni caso, lo
stesso vale per te! Ran è impegnata con il tuo migliore amico!"
"E anch’io ne capisco il
motivo…carattere a parte, ci sono altre due cose con cui tu non potresti
competere."
Kazuha lo guardò perplessa,
sbattendo le ciglia, poi improvvisamente sbarrò gli occhi, arrossì e lanciò
un’occhiata fugace alla propria maglietta, prima di rivolgergliene un’altra
estremamente velenosa.
"Sei un pervertito!!" gridò
stridula.
"Sono un adolescente."
Replicò lui tranquillamente.
La ragazza di Osaka restò
interdetta per un secondo e nonostante la stizza non poté fare a meno di ridere
sinceramente divertita. Heiji si voltò e riprese a camminare. "Occhio per
occhio…" disse distrattamente, e lei capì immediatamente cosa intendesse; con
una breve corsetta raggiunse di nuovo il suo fianco.
"Allora avevi capito tutto…"
"Naturalmente." Rispose
altezzoso.
"Hai finto per tutto il
tempo?" domandò esitante, e a lui parve che fosse un po’ delusa.
"E tu ammiri davvero così
tanto Kudo?" chiese a sua volta.
"E tu perché lo vuoi
sapere?"
Heiji si accorse che
potevano andare avanti così per ore. Terrorizzato all’idea di dover sopportare
un interrogatorio straziante fino all’aeroporto di Osaka, decise di risponderle
subito. Il problema era: cosa dire che non fosse equivoco, imbarazzante…vero,
gli suggerì la sua mente prima che lui la rimproverasse.
"Mi darebbe un po’
fastidio…"disse a bassa voce, entrambi arrossirono di colpo. Kazuha lo guardò
con gli occhi che brillavano di verde, simili a smeraldi, fermandosi davanti a
lui.
"Dici davvero?" sussurrò
dolcemente. Ora, Heiji vide due possibilità chiare nella sua testa: una era
comportarsi come il suo solito e rovinare tutto con una battuta che l’avrebbe
imbarazzata e irritata. L’altra era…essere serio…
"Sì…io…"
Cavoli, quant’era difficile
essere seri.
Kazuha lo fissava
intensamente, e per un attimo lui si perse in quello sguardo adorabile e
sincero.
"…ehm…"
E Cavoli, quant’era bella.
Raramente era rimasto a guardarla tanto a lungo, e tanto accuratamente. Non
riusciva a trovare nemmeno un difetto: i capelli ondulati che le incorniciavano
il viso chiaro, le guance che bruciavano di porpora, le labbra morbide e
rosee…si ritrovò a riflettere sulle sensazioni che avrebbe provato baciandole,
lambendole, unendo la sua bocca a quella di lei…
"Che vuoi dirmi, Heiji?"
insisté lei con quel tono cauto e mielato, in un sussurro.
E perché non farlo? Al
massimo si sarebbe beccato una sberla…però…se lei non avesse voluto…se l’avesse
ferita, rovinando per sempre il loro rapporto? Non se lo sarebbe mai perdonato…
"Io…non vorrei…che ti
piacesse…un altro…in effetti." Sillabò, a grandi pause, e ogni parola gli costò
cara. Ma che stava dicendo? E perché sembrava che la sua faccia stesse prendendo
fuoco??
"Oh…" Il viso di Kazuha era
dello stesso colore del suo nastro fra i capelli. Per un attimo fissò con
insistenza le sue stesse mani, che pareva stessero stritolandosi a vicenda,
lasciando Heiji sprofondare nell’imbarazzo più completo, poi tornò a guardarlo,
gli occhi intensamente concentrati nei suoi:
"Tra…tranquillo…io
stavo…scherzando, prima. Non mi piace Kudo,davvero…" balbettò, e Heiji, sebbene
sapesse benissimo che il detective dell’est non le interessava, si sentì
rincuorato dal fatto di sentirlo dalle sue labbra; quelle stesse che ora
desiderava più di ogni altra cosa…spesso si era chiesto cosa si provasse
baciando una ragazza, ma per la prima volta si chiese cosa avrebbe provato
baciando Kazuha. Lei, così bella, così speciale…poter approfittare del
suo calore e annegare nel suo profumo e sentire il sapore delle sue labbra e…
"Non potrebbe mai…perché…"
Kazuha deglutì rumorosamente e distolse di nuovo lo sguardo. Heiji fu intenerito
dai suoi modi esitanti, non capitava spesso che lei fosse così schiva;
solitamente era spigliata, esuberante, non si faceva problemi a dire quello che
pensava in faccia. Sebbene quel suo nuovo lato non gli dispiacesse, si chiese
quale mai potesse essere la cosa che l’aveva trasformata in quel modo. E aveva
trasformato lui…da quando in qua si sentiva così a disagio davanti alla tipa che
vedeva tutti i giorni da quando era piccolo? E perché improvvisamente aveva
cominciato a fare certi pensieri??
"…perché…a me…"
Un momento, perché
improvvisamente era diventato così difficile pensare??? E perché lei si stava
avvicinando???? Poteva sentire il suo profumo…glassato, lieve, come una brezza
primaverile…il calore che trasmettevano le sue guance in fiamme…la luminosità
delle sue labbra leggermente umide…Dio, quanto avrebbe voluto baciarla. Sentire
il suo sapore in bocca, la delicata morbidezza con cui le sue labbra avrebbero
sfiorato le proprie, carezzandole, tormentandole piacevolmente…violare la sua
bocca e trascinare le loro lingue in un gioco malizioso e eccitante…
Non si rese nemmeno conto
che le proprie mani si mossero per cingerle la vita; in compenso sentì
distintamente le mani di lei agganciarsi dietro la sua nuca. I lori visi erano
così vicini che poteva sentire il soffice calore del suo respiro.
"Heiji…" un impercettibile
sussurro
"Kazuha…" quasi senza fiato.
Entrambi chiusero gli occhi,
le loro labbra che si avvicinavano ansiose per quel bacio che sentivano stare
per arrivare…
"EHILA’ RAGAZZI!!!" Una voce
squillante li fece sussultare, si accorsero di quanto erano vicini e stretti
l’uno all’altra e subito si scostarono bruscamente, imbarazzati, guardando in
ogni direzione fuorché negli occhi dell’altro.
"Ooops…ho interrotto
qualcosa..?" domandò arguta Sonoko Suzuki, squadrando entrambi rossi in faccia.
"Ma no…che dici?" ribatté
Kazuha continuando a studiare il suolo.
"Non hai interrotto niente…"
insisté Heiji, ma dentro di lui sentì una delusione incalcolabile, unita ad un
astio represso nei confronti di Suzuki. Doveva proprio arrivare in quel
momento?? Non poteva aspettare almeno un paio di minuti??? Da una parte,
però, si sentì sollevato: non aveva rischiato di rovinare la loro amicizia.
Anche se…Kazuha…sembrava altrettanto desiderosa di fare ciò che voleva
lui…pronta ad accettare il suo bacio… e poi cosa stava per dirgli..?
"Siete sicuri?" incalzò lei.
"Certo! Tu piuttosto, come è
andata con quel biondino che avevi adocchiato?" La ragazza del Kansai cambiò
abilmente discorso e stavolta Sonoko sospirò afflitta.
"Non troppo bene…cioè, è
stato gentile, un vero gentiluomo…ma quando gli ho chiesto il suo numero mi è
parso piuttosto a disagio, e se n’è andato accennando ad un impegno…" raccontò
mesta, Heiji ridacchiò dentro di sé. Ben le stava, bravo il biondino. Almeno non
era l’unico ad essere andato in bianco…
"Beh, meglio!!! Almeno
Makoto kun non si arrabbierà!!" Sonoko si era ripresa subito, riacquistando il
tono argentino. Heiji sospirò: chiunque fosse questo Makoto, doveva essere un
santo.
"Beh, Suzuki, noi dobbiamo
andare ora…" afferrò per il polso la sua amica d’infanzia, che al contatto ebbe
un leggero tremito, e si avviarono.
"Oh, ma certo, Hattori kun!"
rispose lei sorridendogli con uno strano sguardo. "Torna presto a trovarci! E
anche tu, Kazuha!"
Uscirono dal luna park,
evitando accuratamente di parlare o di guardarsi negli occhi. Mentre aspettavano
l’autobus, tuttavia, Heiji le scoccò un’occhiata in tralice e sorrise:
decisamente, non era stata una brutta giornata.
h. 19:10
Bussò decisa alla porta di
legno e una voce cupa e tagliente le rispose che poteva entrare. Così fece, i
tacchi alti che risuonavano sul parquet con tonfi secchi; richiuse la porta
dietro di sé e si appoggiò con la schiena al muro, sfilandosi una sigaretta e
tenendola fra le labbra di un rosso vermiglio brillante. Attraverso la semi
oscurità della stanza, poteva riconoscere la figura alta e allampanata del suo
collega, che fissava lo sguardo fuori dalla finestra con aria assorta, soffiando
fumo a sua volta. Non doveva essere stata una giornata proficua, per lui;
interessante, forse, piena di spunti su cui riflettere, ma non proficua. Non
solo non era riuscito a compiere la missione che gli era stata affidata, ma era
stato anche punto nell’orgoglio. E lei sapeva da chi. Era al corrente di ciò che
era accaduto, sebbene lui non gliene avesse fatto parola. Un sorriso sardonico
le deformò le labbra perfette: in parte era stata colpa sua. Ma d’altronde, se
lui non riusciva a tenere a bada un moccioso-detective lei non poteva farci
niente. Non che gli avesse rivelato la loro posizione perché sperava li avrebbe
catturati; anche lei faceva parte dell’Organizzazione, era un’assassina a sangue
freddo, e l’ultima cosa che voleva era passare dalla parte degli sbirri. Era
sicura che il suo collega non si sarebbe fatto arrestare. L’aveva fatto per
osservarlo, per studiare le mosse di quel ‘ragazzo ’ che aveva catturato il suo
interesse fin dal principio: la vita prima era così noiosa, sempre uguale: ti
davano un bersaglio, lo uccidevi, o male che vada piazzavi una bomba, e te ne
tornavi a casa in tempo per vedere il tuo operato al telegiornale. Con lui era
diverso. Amava giocare con lui. Mai conosciuta una persona così: piena di valori
morali e senso di giustizia, pronto a sacrificarsi per i suoi amici… leale fino
alla stupidità. Ogni partita contro di lui la divertiva immensamente, la
stuzzicava in modo quasi perverso. Oggi stesso si era dilettata giocando con
lui, facendogli credere di volerlo uccidere in quel luna park, tentandolo come
il serpente fece con Eva, inutilmente. Perché lui era fin troppo ‘pulito’ per
starla ad ascoltare. E lei lo sapeva, anche se aveva voluto provare. Comunque,
era stata un altro round decisamente piacevole. Era un gioco che non voleva
finisse. Il suo collega l’avrebbe pensata diversamente. L’avrebbe ucciso subito,
se avesse saputo, rovinandole tutto. Lei non voleva. Il gioco sarebbe
continuato...almeno finché non si fosse stufata.
E poi c’era lei…il suo
angelo…pura, sincera e dolce proprio come una creatura celeste…a lei non avrebbe
mai fatto del male. Non avrebbe mai permesso a nessuno di sporcarla, di
strapparle le ali…perché lei era il suo angelo custode, perfetto, inviolabile,
sacro. Era colei che l’avrebbe strappata alle fiamme dell’inferno, quando
sarebbe stato il momento.
E infine c’era l’altra, la
traditrice, l’opportunista. Avrebbe lavato col sangue le sue colpe. Quando
qualcuno sceglieva la sua strada doveva imboccarla fino alla fine, non tirarsi
indietro a metà. Era una sciocca, odiosa, vigliacca voltafaccia. Le avrebbe
scontate tutte. L’avrebbe distrutta con le sue stesse mani.
"Allora bambola, come ti è
andata?" le domandò freddamente, distogliendola dai suoi pensieri.
"Bene, direi. Il ficcanaso è
in viaggio per la terra del non ritorno." Rispose con falsa dolcezza. Si chiese
se fosse troppo crudele stuzzicarlo un po’ dopo una giornata del genere. Sì,
naturalmente. Tanto crudele per lui quanto divertente per lei, almeno.
"Oh, e a voi invece come è
andata? Ho incontrato Vodka, poco fa, e non mi sembrava in splendida forma."
"Fatti i cazzi tuoi."
Replicò bruscamente. Lei sorrise mordendosi il labbro inferiore.
"Andiamo…quanti uomini ci
sono voluti per mettervi ko entrambi? Dovevano essere almeno una decina! E
armati fino ai denti!" continuò con leggerezza, lui si voltò di scatto
fulminandola con uno sguardo che avrebbe terrorizzato chiunque, esclusa la donna
in questione, a cui lo aveva rivolto tanto spesso che stava perdendo di
significato…
"Mi sembra che tu ne sappia
più di quanto dici, Vermouth." Ah, sempre così arguto, il suo Gin.
"Davvero?" replicò, con un
tono ingenuo che sapeva non essere per nulla convincente.
Gin cominciò ad avvicinarsi
a lei, i suoi passi risuonarono più bassi e tonanti dei propri sul pavimento. Le
si piazzò davanti, allungando un braccio e appoggiando la mano sul muro vicino
alla sua testa.
"Davvero." Assicurò
guardandola torva. Lei spense la sigaretta e la fece cadere per terra,
spegnendola con la punta della sua costosissima scarpa di Gucci.
"My darling, non è questione
di sapere, quanto di capire. Se fosse stata una squadra di polizia a farvi
fallire, ora sareste in gattabuia…e in questo periodo non stiamo ricattando
nessun’altra organizzazione. Per cui…" spiegò mielata, sorridendo al suo
ringhio.
"Non devo rendere conto a
te." Replicò lui aspro, ritraendo il braccio.
"Ma ai piani alti sì, e loro
non sono molto contenti. Mi hanno chiesto di giudicare se stai effettivamente
perdendo colpi, Gin…" era vero. Uno dei loro rappresentanti l’aveva convocata
poco prima.
"Non sto perdendo colpi!! E
ho una pista su cui lavorare per trovare quel guastafeste…" esclamò con rabbia
furiosa. Questa era un’informazione interessante che non possedeva. Sarebbe
stato meglio indagare…
"Sicuro? Non è che stai
mentendo per salvarti il culo?" chiese, e a quel punto lui non riuscì più a
trattenere la collera. La strinse per i polsi, forte, appiccicandola al muro. I
loro volti erano a distanza di millimetri. Lei sorrise, eccitata.
"Attenta a quello che dici,
Chris. Me ne frego se vai a braccetto con quelli dei piani alti. Potrei farti
giudicare la mia condotta analizzando quanto sono in forma deturpando il tuo bel
corpo, bellezza." Ringhiò freddamente.
"Non lo farai." Replicò lei
con tranquillità, unendo la sua bocca a quella di lui e trascinandolo in un
bacio violento e furioso, a cui lui rispose con altrettanta ferocia. Quando si
staccarono ansimando, lui lasciò un secondo uno dei suoi polsi per pulirsi la
bocca con la manica.
"Allora mi dici qual è
questa pista, dolcezza?" domandò lei con voce sensuale, gli occhi grigio-verdi
puntati nei suoi.
"Cosa ti fa pensare che
sbattere un po’ le ciglia mi farà parlare? Io non mi fido di te, sei una troia
manipolatrice…" rispose lui, gelido.
"Il fatto che tu sia un
porco bastardo. E mi vuoi, ammettilo…" replicò, alzando la testa per fargli
intravedere il seno attraverso la scollatura del vestito nero. Lui la esplorò
con lo sguardo per quasi un minuto prima di tornare a fissarla negli occhi.
"Posso averti anche senza dire nulla…"
"Forse, ma sarebbe l’ultima
volta, mio caro. Perché poi non potrai essere sicuro di quale sarà il giudizio
che presenterò ai piani alti." Sussurrò lentamente, esaminando la sua reazione.
Gin restò in silenzio per un attimo, evidentemente valutando la situazione.
"Non mi fregheresti mai,
pupa." Ribatté in modo freddo, ma a lei non era sfuggita l’incertezza nella sua
voce. Anni di carriera nel mondo dello spettacolo le avevano insegnato a
riconoscere i bravi attori da quelli infimi. E Gin poteva ingannare un pubblico
di spettatori qualunque se voleva, ma non lei.
"Dimmi della tua pista,
allora." Disse dolcemente, cominciando baciargli il collo e lasciandogli rosse
impronte di labbra.
"Le chiavi per arrivare a
quel bastardo sono due…" cominciò, mentre i baci si facevano sempre più roventi.
"Una è Sherry…credo che loro
due si siano alleati contro di noi…qualche tempo fa, lui l’ha salvata mentre
cercavo di farla fuori."
"Lo so, c’ero anch’io…"
commentò lei, smettendo per un momento il suo sensuale attacco.
"L’altra è la ragazzina di
oggi…mi pare di averla già vista da qualche parte. E sembravano molto legati…"
La sua voce si faceva sempre
più bassa e affannata mentre lei cominciava a strusciarglisi contro, muovendo i
fianchi con lentezza esasperante. Così Gin aveva gia incontrato il suo
angelo…brutta storia. Se si fosse ricordato dove- e prima o poi sarebbe
successo- il suo gioco sarebbe finito. Facile arrivare a Cool Guy una volta che
hai Angel…
"Sì, ma il piano in che
consiste?" si informò, un mormorio bollente. Lui la allontanò da sé bruscamente,
spingendola con violenza sul letto e sdraiandosi su di lei: "Questo lo vedrai a
tempo debito, Chris. Adesso sta’ zitta." Disse, e lei capì che la conversazione
era conclusa. Mentre si lasciava esplorare dalle mani di lui, sorrise
compiaciuta, un po’ per le sue carezze morbose, un po’ al pensiero che, tutto
sommato, questo imprevisto poteva rendere la partita più interessante.
h. 19:20
Heiji e Kazuha bussarono
alla porta dell’ufficio di Kogoro Mouri, e siccome dopo vari tentativi non
ottennero risposta, salirono le scale fino alla casa dell’investigatore. Quest’ultimo
gli aprì alla seconda bussata, scuro in volto, fissandoli con due occhi che li
fecero rabbrividire. Sembrava infuriato e amareggiato allo stesso tempo.
"Ah, siete voi…" borbottò,
dandogli le spalle "Che volete?"
"Ehm…siamo venuti a prendere
le borse…" rispose Kazuha titubante. Era evidente che qualcosa non andava, lì
dentro.
"Allora prendetele e
sparite." Concluse Kogoro, burbero. I due ragazzi si guardarono perplessi, poi
Heiji distolse lo sguardo da quello di lei e lo fissò sulla schiena
dell’investigatore.
"Qualcosa non va, Mouri
san?" si arrischiò a chiedere, cauto.
"Sì, voi stupidi bambocci
che vi divertite a prendere in giro i sentimenti di una ragazza! Andate al
diavolo, tu e quell’altro tuo pari!" gli gridò contro, tagliente, gli occhi neri
che mandavano fiamme come carboni ardenti . Heiji trasalì alla sua reazione, poi
capì di che cosa stesse parlando e lo sgomento lasciò spazio alla
preoccupazione; si voltò verso Kazuha, che sembrava aver anche lei tirato le sue
somme, anche se il detective dell’ovest si rendeva conto che il suo quadro non
era completo quanto il proprio. "Ran è di là, Mouri san? Posso parlarle?" disse
Kazuha, speranzosa, Kogoro guardò per un attimo i suoi occhi verdi afflitti e
crucciati, e sospirò:
"Vai, se ci riesci. Da
quando è tornata non fa che piangere e blaterare cose insensate."
Kazuha annuì e si diresse
velocemente verso la camera della sua amica di Tokyo. I due la seguirono con lo
sguardo, poi Kogoro si rivolse di nuovo a Heiji, cupo.
"Il tuo amico ha chiuso con
mia figlia. Digli che dovunque sia in questo momento ci resti per sempre, perché
se me lo trovo davanti, lo ammazzo. Ci siamo capiti?"
Il ragazzo del Kansai annuì,
ma non lo stava del tutto ascoltando. Rifletteva preoccupato sul motivo per cui
Kudo non si era presentato all’appuntamento con Ran. Non voleva pensare che
l’Organizzazione l’avesse rintracciato e ucciso, non se la sentiva. Nonostante
un vero detective dovesse ragionare con mente fredda e distaccata, non era in
grado di supporre la morte del suo migliore amico. Eppure, se non fosse stato in
pericolo, quale altra ragione l’aveva allontanato dalla persona che gli era più
cara al mondo? Forse…
"Ehm, scusa, Conan è già
tornato a casa?" domandò fiducioso. Kogoro lo squadrò inarcando un sopracciglio,
come se non potesse credere a quello che aveva sentito.
"Prego?"
"Conan…il bambino
occhialuto…è qui?" incalzò.
"So chi è Conan! Ma che
diavolo c’entra adesso?" sbottò, acido. Heiji lo fissò con insistenza, e l’uomo
alla fine cedette.
"No, non c’è. Non lo vedo da
ieri...ma non vedo cosa c’entri ora…"
Heiji sentì le viscere
riempirsi di piombo. Kudo non era tornato a casa…aveva dato buca alla sua
fidanzata e non si era fatto più vedere. Non poteva credere a quello che stava
succedendo. Cercò di scacciare dalla sua mente le immagini truculente che
stavano prendendo forma ed estrasse il cellulare, formando il numero del suo
migliore amico. Kogoro lo osservava torvo interessato e infastidito allo stesso
tempo. Due, tre, quattro squilli…nessuna risposta, il suo cuore cominciò a
perdere qualche battito, la pelle si faceva sempre meno scura.
"Si può sapere che
diavolo..?"
"Mouri san, che genere di
cose ti ha detto Ran quando è tornata?" domandò agitato, Kogoro lo fissò
perplesso, poi rispose accigliato: "Stupidaggini senza senso…che è colpa sua,
che Kudo non sarebbe più tornato a causa sua…ma io le ho detto che non deve
nemmeno azzardarsi a darsi la colpa per quel…"
Il ragazzo del Kansai lo
ignorò e corse a sua volta verso la camera di Ran Mouri: la trovò in lacrime,
fra le braccia di Kazuha, che cercava di calmarla accarezzandole piano la testa.
Ma i balbettii confusi della ragazza di Tokyo non erano quelli che ci si sarebbe
aspettati in una situazione del genere. Come gli aveva riferito suo padre, non
sembrava darsi pace, si sentiva responsabile di qualcosa di orribile. E Heiji si
chiese timoroso se lei sapesse qualcosa di ciò che era accaduto al detective
dell’est. "Mouri kun…" esordì, ma non fece in tempo a dire altro. Sembrò che la
sua voce avesse fatto scattare qualcosa all’interno di Ran, che alzò di colpo la
testa, fissandolo con occhi spaventati e speranzosi, si staccò bruscamente
dall’abbraccio di Kazuha e si stagliò davanti a lui, afferrandogli le braccia
con le mani e stringendolo forte: "Hattori kun..! Tu devi…Shinichi…aiutalo..!"
lo implorò fra i singhiozzi, premendo ancora di più le dita sugli avambracci.
Heiji le restituì uno sguardo altrettanto agitato, mentre Kazuha e Kogoro,
materializzatosi dietro di loro, li fissavano allibiti e confusi.
"Sì, lo aiuterò, ma devi
dirmi cosa è successo!"
"Papà…lui non mi crede…e non
posso chiamare la polizia, Shinichi ha detto di no…io non so che fare!"
continuò Ran, la voce intrisa di pianto, gli occhi vuoti. Heiji afferrò a sua
volta gli avambracci della ragazza, scuotendola con delicatezza ma decisione.
"Ho capito, ma dimmi che è
successo!! Non perdere tempo!!!" incalzò, lei annuì reprimendo un singhiozzo.
Kogoro era impallidito, Kazuha sembrava incapace di proferir parola e guardava a
turno il suo amico d’infanzia e la sua amica.
"Shinichi…lui…prima di
sparire qualche mese fa…lui ha seguito due uomini in nero che…"
"Sì, lo so! Vai avanti!!
Oggi, che è successo?" stavolta fu Ran a rimanere stupita.
"L...lo sai?" balbettò
stupefatta e impressionata.
"Ma sai cosa? Di che
parlate?" intervenne brusco Kogoro, lanciando occhiate velenose a entrambi.
"So tutto…adesso dimmi che
cosa…?"
"Hem, hem."
Tutti e tre si voltarono
sorpresi e scorsero una figura piccola e minuta sulla soglia della stanza, un
berretto da baseball azzurro con una ‘K’ candida calcato sul viso; attraverso le
lenti degli occhiali i suoi occhi passarono in rassegna Heiji e Ran avvinghiati
l’uno all’altra, Kogoro infuriato e confuso vicino a loro, Kazuha seduta sul
letto sbigottita e pallida in volto. Un sopracciglio s’inarcò sul giovane viso,
conferendogli un cipiglio interessato e irritato allo steso tempo. Heiji tirò un
sospiro di sollievo, fissandolo attentamente come se non lo vedesse da anni, poi
trasalì accorgendosi del modo in cui era abbracciato a Ran e subito si ritrasse,
tossicchiando. La ragazza distolse lo sguardo dal bambino e tornò a fissarsi su
Heiji. In tutto non poteva essere passato che qualche secondo, e la vista di
Conan, che aveva rassicurato e rilassato il detective dell’ovest, non aveva
avuto lo stesso effetto sugli altri tre.
"Hattori kun!! Se lo
sai…dimmi che sta succedendo, ti prego! Shinichi…se l’hanno preso…fai
qualcosa!!" continuò in lacrime la ragazza di Tokyo, Heiji si sentì
improvvisamente a disagio e inopportuno.
"No…aspetta…sì, Kudo mi ha
raccontato di quegli uomini in nero del luna park…" scoccò un’occhiata fugace al
bambino e si accorse che lo fissava torvo.
"Allora sai che è colpa loro
se si nasconde!! Che cosa possiamo fare..?" insisté Ran con voce rotta.
"Nascondendo!? Chi, Kudo!?!
Ma no, che ti viene in mente..!" obbiettò con un’agitazione diversa da quella
precedente. Cavoli, le cose si stavano mettendo molto, molto male.
"Ma sì!! Oggi li ho
rivisti…parlavano di un ficcanaso a cui dovevano chiudere la bocca…"
"Chi hai visto tu oggi?"
Kogoro cercò di nuovo di entrare nel discorso, con scarso successo.
"Beh, Mouri kun, non è
carino da parte tua accostare subito il tuo fidanzato alla parola ‘ficcanaso’…"
replicò Heiji in tono leggero.
"Non scherzare!!" lo aggredì
Ran con voce stridula "Fa qualcosa!! Ti prego…"
Il detective dell’ovest
lanciò un’occhiata significativa al bambino, come se sperasse in un qualche
aiuto, ma lui non lo stava nemmeno guardando: fissava il pavimento con aria
afflitta.
"Senti…" cominciò, poggiando
le mani sulle sue spalle e guardandola negli occhi. "Kudo sta bene, te
l’assicuro. Quegli uomini…mi ha raccontato di loro, che avevano attratto la sua
attenzione, ma non c’entrano col fatto che non è qui. Sta risolvendo un caso
all’estero, e fidati, in questo momento è vivo e vegeto."
"Ma…ma prima…sembrava la
pensassi diversamente…" ribatté lei tristemente, quasi senza fiato "Ti
scongiuro, Heiji kun, se sai qualcosa…dimmelo! Non posso vivere col timore
che…Shinichi possa…"
"Sì, se sai qualcosa vuota
il sacco!" incalzò Kogoro, scrutandolo inquisitorio. Heiji notò che in quella
stanza l’aria cominciava a farsi un po’ pesante.
"Non so perché Kudo non si
sia presentato all’appuntamento, ma sono certo che poi ti telefonerà e te lo
dirà lui stesso." Con questo lanciò un’occhiata eloquente a Conan "Ma non è in
pericolo. Non so come ti sia venuto in mente che possa avere a che fare con quei
tipi…che ti faccio notare, potevano stare parlando di chiunque. Perciò
smettila di piangere e disperarti, okay?"
"Ma…prima…tu…" continuò
imperterrita lei.
"Prima credevo che avessi
effettivamente visto succedere qualcosa a Kudo mentre veniva
all’appuntamento. Per questo ti chiedevo con insistenza di oggi. Ma poi ho
realizzato che non era così quando mi hai parlato di quella cosa successa un
sacco di tempo fa." Era quasi tutto vero, aveva omesso solo la presenza
tranquillizzante di Conan per evitare ulteriori, spinose spiegazioni. Ran lo
contemplò insistentemente, il blu dei suoi occhi reso più intenso dalle lacrime,
desiderosa di credergli.
"S…sei sicuro, Hattori kun..?"
chiese implorante.
"Sicuro. So che ci teneva
tanto a vederti, che deve aver avuto un impegno improrogabile e improvviso per
darti buca senza nemmeno uno squillo. Ma questo impegno non è un pericolo
mortale, credimi."
"Come fai a esserne certo?
Come fai a dire che non può venire qui perché si nasconde da qualche pericolo? O
che non è addirittura già…stato…" il resto della frase fu inghiottito da un
singhiozzo e da nuove lacrime.
"Kudo è un osso duro. Non è
il tipo da nascondersi, ed è troppo in gamba per farsi ammazzare. Dovresti
saperlo meglio di me. Se non vuoi fidarti di me, fidati almeno di lui." concluse
Heiji con uno dei suoi migliori sorrisi rassicuranti, indubbiamente non efficaci
quanto quelli del suo rivale, ma utili ugualmente allo scopo. Ran restò
interdetta per un momento, poi sorrise a sua volta, debolmente.
"Fidarmi di lui..? Eh…Dio
come vorrei poterlo fare…. " mormorò, più a se stessa che a chiunque altro, poi
alzò la testa e disse a voce alta e chiara: "Grazie, Hattori kun. Vorrà dire
che…parlerò con Shinichi, sentirò cosa ha da dire. Anche se non capisco perché
dovrei dargliene la possibilità, a questo punto."
"Sono d’accordo. Lascialo
perdere." Disse Kogoro, burbero. Heiji scoccò un’occhiata preoccupata a Conan
prima di intervenire risoluto: "Non è stata colpa sua, ne sono certo…vedrai che
te lo dirà anche lui il prima possibile."
"Lui lo sapeva,
Hattori, non capisci??" esclamò con voce rotta, piena di una rabbia che lo
sorprese "Sapeva quanto fosse importante per me…e me l’aveva promesso!!
Me l’aveva promesso…ma mi ha preso in giro, come al solito! Tanto ormai fa
sempre così, sempre!!! È solamente un…un BUGIARDO!!!" gridò, strizzando gli
occhi per evitare che le lacrime continuassero a uscir fuori.
"Ma…Mouri…"
"Basta così. Tu non c’entri
niente, non devi stare qui a difenderlo." Disse decisa, aprendo gli occhi e
inarcando le sopracciglia. "Sa difendersi da solo…anche se non mi pare sia
ansioso di farlo. Dimentica ciò che ho detto. Sono felice che Shinichi sia
salvo…pensare che gli fosse successo qualcosa mi aveva distrutta. Ora sto…bene.
Sul serio. Ti ringrazio Hattori kun, sei gentile a preoccuparti…ma adesso non
c’è più alcun bisogno di te qui."
"Sentito? Vi ha praticamente
detto di levare le tende!" incalzò Kogoro, mentre Ran si voltava per prendere un
fazzoletto di carta con cui asciugarsi gli occhi. Nessuno delle quattro persone
che la stavano guardando avrebbe potuto credere che stesse davvero bene.
Comunque, nessuno di loro ebbe il coraggio di rivolgerle di nuovo la parola.
Kazuha annuì e si alzò
lentamente, ancora un tantino perplessa dallo spettacolo a cui aveva assistito.
Recuperò da sotto il letto di Ran il suo borsone e se lo mise a tracolla,
mormorando debolmente, mentre usciva dalla stanza.
"Beh, ci vediamo, Ran chan.
Telefonami per farmi sapere di Kudo, okay? Arrivederci, Mouri san."
Ran rispose al saluto
fiocamente, senza voltarsi, Kogoro grugnì una qualche risposta. Heiji si diresse
verso la stanza che la notte prima aveva condiviso con l’investigatore.
"Aspettami, Kazuha, prendo la mia roba e arrivo."
Entrò nella camera,
chiudendo con un gesto secco la chiusura lampo del suo borsone; avrebbe voluto
dire qualcosa al suo migliore amico, qualunque cosa che potesse tirarlo su di
morale. Ma lui non lo raggiunse. Dopotutto, si disse poi, non avrebbe potuto
pronunciare altro che le solite banalità d’incoraggiamento…forse era stato
meglio così.
Lui e Kazuha uscirono
dall’agenzia, e un freddo vento d’inverno gli diede il benvenuto fuori,
scompigliandogli i capelli e sferzandogli la faccia. Entrambi non avevano molta
voglia di parlare. Kazuha guardava in basso, probabilmente riflettendo
sconcertata su quanto era accaduto, Heiji ripensava amareggiato allo
sconforto che doveva provare il suo miglior
amico, e meditava soprattutto sul discorso che avevano affrontato al luna park
sugli Uomini in Nero. La faccenda era molto seria e se non avessero fatto subito
qualcosa, un giorno o l’altro le sensazioni di orrore e angoscia che aveva
provato temendo che Kudo fosse stato ucciso sarebbero state fondate. E il solo
pensiero che lui potesse essere fatto fuori da quei bastardi gli rivoltava lo
stomaco, lo faceva ardere di rabbia e sprofondare nello sconforto.
Sì, alla fine di quella
giornata, una cosa gli era chiara in mente, e di sicuro lo era anche nella testa
del suo collega dell’est: dovevano cominciare a fare concretamente qualcosa,
subito, al più presto, prima che uno di loro morisse…prima che fosse troppo
tardi.
Note dell’Autrice:
uhm…capitolo piuttosto strano questo,
non credete? Una specie di frullato di umorismo e malinconia, di amore e
ostilità, di passato e presente…non avrei MAI creduto che sarebbe uscito fuori
così; giuro che avevo in mente di scrivere un capitolo tranquillo e smielato,
completamente incentrato sul love, ma neanch’io so mai cosa ha in serbo per me
la mia mente folle, dunque…^^" tralasciando volutamente di parlare della
cosa per la quale molti di voi saranno presi da raptus omicidi nei miei
confronti, (aiuto!) ci tengo a spiegare l’atteggiamento di Ran nell’ultima parte
del chap: avrete notato il contrasto fra la più completa disperazione in un
primo momento e la rabbia bruciante in un secondo. Il fatto è che, dopo tutto
ciò che le era successo in quella giornata, è normale che Ran pensasse al
peggio, con paura, timore, dolore, ma non potendone fare a meno. E se la
spiegazione di Heiji da una parte l’ha confortata, dall’altra non ha potuto
evitare che la ferisse, per quanto fosse felice che Shinichi fosse sano e salvo.
Una sorta di conflitto di interesse…non so se riuscite ad afferrarlo. Ad ogni
modo, dedicherò una parte del prossimo capitolo agli stati d’animo di Ran, spero
che ogni perplessità sarà così cancellata. Per il resto credo che sia tutto
okay, spero che la scena Heiji/Kazuha vi sia piaciuta, così come spero che i
convinti fans della coppia Shinichi/Ran non mi uccidano per quel bacio
all’inizio…non ne ho potuto fare a meno, era TROPPO allettante!! ^^" Spero solo
che lei non sia uscita fuori dal personaggio….il mio timore più grande era lì.
Voi comunque cosa ne pensate?? Fatemi sapere!!! Io intanto passo ai
ringraziamenti singoli:
Lili:
non sei assolutamente in ritardo, anzi!! Sei stata la prima a
commentare!! Grazie tantissimo, sono sempre molto felice di sentire che quello
che scrivo piace a qualcuno. Qui c’è un’altra scena dedicata alla coppietta di
Osaka, visto? E chissà che in un futuro prossimo… ^ _ ~ ehm…per quanto riguarda
Shinichi & Ran…beh…se le cose andassero sempre come si sono programmate, non ci
sarebbe più gusto a leggere le storie fino alla fine, non trovi?? Ma vedrai che
riuscirò a farmi perdonare lo "scherzetto". Cioè, lo spero! ^^" Un bacio.
Ginny85: i tuoi commenti continuano a farmi piacere in modo
indescrivibile, lo sai, sì? Non posso fare a meno di sorridere quando li leggo,
grazie tanto tanto!!^//^ Il commento sulla scena di azione mi ha sollevato il
morale, avevo paura che non sarebbe piaciuta senza il buon vecchio faccia a
faccia stile western che si trova ormai in OGNI film d’azione (trovami tu un
film di questo genere in cui il "buono" non affronti il "cattivo" in una
sparatoria - _ -") quindi di nuovo un grazie che viene dal profondo del
cuore!!^//^ La parte dei dialoghi finali piace molto anche a me, anche se io
preferisco il dialogo fra i due boys a quello fra Heiji e Kazuha (adoro il
rapporto di amicizia che c’è fra Conan/Shinichi e Heiji, sono una bella
squadra^^); avrei voluto incentrare questo chap completamente sull’amore, era in
effetti l’idea di base, ma le cose hanno preso una piega imprevista ^^" spero di
non averti deluso. In quanto alla tua posizione sulle coppie, più o meno è la
stessa che ho io…adoro quelle ufficiali del manga, ma non trovo nulla di male a
voler giocare un po’ in campo fanfiction. Spero che i siti che ti ho segnalato
ti siano stati utili e che tu sia riuscita a connetterti al mangaviewer…io non
ci riesco più e non capisco il perché O _ O. Che scuola faccio? Liceo
classico-linguistico, con 35 ore settimanali distribuite in 6 giorni;
praticamente faccio tutte le materie del classico escluso il greco, sostituito
con francese dal primo anno e spagnolo o tedesco, a scelta, dal terzo anno in
poi (io ho scelto spagnolo, naturalmente :p). Progetto "Brocca", lo chiamano, e
ti assicuro che è una vera ammazzata. Ho un sacco di materie e di conseguenza un
sacco di compiti, senza contare interrogazioni e compiti in classe che non
mancano mai, la mattina! È solo Dicembre e mezza classe è già esaurita, in più
lo scorso anno e questo hanno messo trimestre e pentamestre invece dei soliti
due quadrimestri, quindi figurati! Ehm…lo so che questo è MOLTO di più di quello
che volevi sapere, ma se ho la possibilità di sfogarmi non riesco a trattenermi!
Il fatto è che è davvero stancante. Beh, ora è meglio che smetta prima che ti
addormenti sulla tastiera del computer.^^; Un bacione, spero di risentirti Ginny!
Hoshi:
grazie!^^ Sì, è una Shinichi/Ran…spero mi perdonerai la scena
iniziale, ma come ho già detto, era una tentazione trooooppo forte. Inoltre Ai
non è poi così male, non credi?? Cioè, a volte fa un po’ la bastarda, lo
ammetto, ma in fondo in fondo è una brava ragazza. Molto in fondo….moltissimo in
fondo….decisamente in fondo…
Yuki:
sì, Shinichi e Ran sono proprio una bella coppia, concordo, ^//^ e come hai
detto entrambi si amano tanto e non hanno occhi per nessun altro. Infatti io
non ho mai detto che Ai possa avere una possibilità nell’anime/manga, bensì che
è divertente giocare un po’ con le coppie nelle fanfiction. Ma
naturalmente ognuno ha la propria opinione e io accetto e rispetto la tua.
Nessuno può andarti contro se non ti piacciono gli "scambi di coppie", né può
costringerti a leggere ff Conan/Ai. Beh, la mia è una Shinichi/Ran quindi
diciamo che per ora ho la tua "benevolenza" ^__^ Abbi pietà per quel bacio
Yuki-chan…non uccidermi!!! In fondo tu non ammetti che Conan si innamori della
biondina, ma che a lei lui piaccia lo sai no? Per cui…clemenza! Lei non è
nemmeno così cattiva se ci pensi…il motivo per cui non ha avvertito
Shinichi del suo tempo limitato è che stava curando i propri interessi. Chi non
lo farebbe?? Cioè, se il ragazzo che ti piace esce con un’altra….non ti viene da
essere generosa!! O no?
Primechan:
ciao! Grazie mille della recensione e dei complimenti…eh sì,
Shinichi & Ran sono proprio carini insieme!! Io non gli rendo la vita facile,
poverini… ^^" ti assicuro che la cosa pesa a me per prima; un bacio, al prossimo
chap!
Mareviola:
ma figurati! ^^ Non sei in ritardo...io ci metto tanto a postare,
dunque hai tutto il tempo di commentare, tranquilla!! Beh, risolto il problema
vecchiaia e sorvolando la tua passione per le scene violente, (brrr! Fai venire
i brividi!! Va beh che anch’io…pensa che uno degli scrittori che preferisco è
Stephen King!^^") sono come al solito felice che il capitolo ti sia piaciuto.
Conoscerci via e-mail? Per me va bene, nessun problema. Mi piace ricevere posta,
soprattutto da gente che non vedo tutti i giorni a scuola. Spediscimene una
quando vuoi, io cercherò di risponderti sempre il prima possibile, impegni
permettendo. Ciao ciao!
K:
grazie!^ _ ^ Non mi sono accorta di fare descrizioni così approfondite…ce
n’è una anche all’inizio di questo chap, ma mi serviva per introdurre il tema
attorno al quale ho svolto la prima parte…spero perciò che vorrai sorvolare ^^;
e che il capitolo ti piaccia.
Leo:
grazie mille anche a te^^, ecco qui il seguito…eh sì, mi è proprio piaciuto
scrivere la parte in cui Gin e Vodka le prendono, è stata una piccola rivincita
che ho dato a Shinichi per quello che gli hanno fatto nel primo volume. ^__^
Ci
tengo anche a ringraziare:
Anny_Miyu
(sono contentissima che ti sia piaciuta, grazie per la
recensione!)
&
LeoConan (Leo??
Sei tu? O _ O Beh, comunque, ti ringrazio tanto, incoraggiarmi a scrivere altre
ff su quello stile mi è di aiuto più di quanto tu possa immaginare! E sono
contenta che anche a te piaccia la biondina.^^)
per aver commentato l’altra mia ff "A Very…", mi rendete fiera di una fanfic
per cui avevo già una predilezione. Thanks! ^__^
Ultime cose: l’hem hem di Conan mi è uscito molto professoressa Umbridge….(vd
Harry Potter e L’ordine della Fenice) quindi se qualcuno nota la
somiglianza, diciamo che non è del tutto casuale, okay? ^ _ ~ I
riferimenti a fatti passati sono presi dai vol.18, 24 e 26 di Meitantei Conan
pubblicati in Giappone (perché qui in Italia siamo fermi agli antipodi…- -")
Questo è tutto per oggi; al prossimo chap, che prevedo sarà decisamente
complicato perché ho un bel po’ di cose da affrontare…^^; spero di riuscire al
meglio. Intanto, se non vi dispiace, lasciate una recensione, anche piccola, se
vi va; non sapete quanto possono essermi di aiuto, soprattutto considerando che,
grazie a quella magnifica invenzione che è il trimestre, fra poco meno di un
mese mi daranno la pagella (e lì ci sarà decisamente poco da ridere, temo - _
-")
Baci
-Melany
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