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Autore: Melanyholland    03/12/2004    9 recensioni
Per non perdere per sempre la sua Ran, stavolta Shinichi dovrà combattere la battaglia più dura: quella contro se stesso
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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ATTENZIONE: di nuovo vorrei fare una piccola precisazione: in questo capitolo è presente più di una (2) scena un po’…diciamo forte; nella prima parte c’è la descrizione di un qualcosa che potrà sembrare un tantino macabro a persone facilmente impressionabili, ma conoscendo i miei standard (li conoscete?) potete immaginare che non è come al solito nulla di terribile. Ci tenevo comunque a dirlo per correttezza. Nell’altra è accennata l’idea del sesso, ma non c’è nessuna descrizione approfondita, per cui ritengo che possa essere letta da chiunque. Mi scuso di nuovo se il linguaggio usato nei dialoghi dei criminali è un po’ volgare.

-Melanyholland    

 

15.Kiss Kiss

h. 16:55

La giornata si stava pian piano facendo più fresca, come accadeva spesso dopo che il sole aveva raggiunto il suo zenit; si era alzato il vento, scuoteva le fronde degli alberi inclinando i rami più fragili, che ondeggiavano sinuosi trasformando la violenza di quell’impeto in armoniosa dolcezza in sincronia. Ben presto il freddo pungente sarebbe sceso insieme alle ombre della sera, soffocando anche il flebile calore che il sole invernale dava con la sua luce. Gelo. Come quello che trasmetteva attraverso il suo sguardo. Non che lo volesse, ma non ne poteva fare a meno: i suoi occhi erano lo specchio del mondo in cui aveva vissuto fino a poco tempo prima, un mondo glaciale, dove il calore delle emozioni umane le era stato negato. Freddo come le provette che era  abituata a maneggiare, impersonale come il computer su cui lavorava. Richiamava alla mente quei giorni, in cui era stata schiava dell’Organizzazione, con un vuoto allo stomaco, un sapore acido in bocca. La sua infanzia (quella vera) era nebulosa, confusa, aveva rimosso quasi tutto; aveva visto morire molte persone nella sua vita, spesso nel buio della notte rivedeva i loro volti pallidi, gli occhi svuotati, i rivoli di sangue secco che colavano dalle ferite…anche loro erano gelati e privi del calore dei sentimenti, che gli era stato strappato insieme alla vita…corpi esanimi, che una volta brillavano di emozioni e che tutt’ a un tratto erano stati privati dello spirito. In molte di quelle notti, i cadaveri avevano il viso di sua sorella Akemi; ma non il viso che lei ricordava, sorridente, colorito, gli occhi ricolmi dell’affetto che riservava solo a lei. Non il viso bello a cui lei pensava costantemente mentre lavorava per Loro, non il viso dolce e determinato che le aveva sempre dato forza e fiducia. Nei suoi sogni, il volto di Akemi era scavato, gli occhi non la guardavano teneramente ma la sua immagine si rifletteva in quelle pupille vitree e vuote,  le sue labbra  non erano dischiuse per sorriderle, ma in una smorfia di dolore e paura. Il suo corpo era gelido e così rigido che temeva di poterla spezzare, se l’avesse sfiorata. E quando non riusciva più a trattenersi le lacrime solcavano silenziose le sue guance, e lei aspettava, aspettava che sua sorella si muovesse per asciugargliele, per accarezzarle il viso e mormorarle con quella amorevolezza tutta sua che sarebbe andato tutto bene, che lei le sarebbe stata vicina, nonostante le difficoltà, nonostante cercassero di dividerle. Ma non succedeva mai. Akemi restava immobile, fredda come la morte, e lei continuava a specchiarsi in quei pozzi bui che una volta erano stati i suoi occhi, piangendo fino a consumare le lacrime.

Spesso si era svegliata da questi incubi con le guance bagnate davvero e il cuore lacerato; solitamente dopo un brutto sogno si ha almeno il sollievo di scoprire che non è successo niente, in realtà. A lei quel sollievo era stato negato. Sua sorella, l’unica persona che avesse al mondo, era morta sul serio. L’unica differenza era che lei non le era accanto mentre accadeva. No, l’aveva saputo vedendo la prima pagina del giornale, riconoscendo il suo profilo sotto il lenzuolo bianco con cui la polizia l’aveva coperta; in quel momento tutto le era crollato addosso, l’unica certezza che aveva nella vita era l’affetto e il sostegno di sua sorella maggiore, e le erano stati sottratti all’improvviso, colpendola violentemente e lasciandola scossa e impaurita. A nulla era servito andare a chiedere spiegazioni a Gin, rifiutarsi di lavorare ulteriormente per loro. La rabbia che provava nei loro confronti, seppure ardesse in tutto il suo corpo, non celava il dolore e il grido d’aiuto del suo cuore, che la stavano consumando lentamente, dall’interno. Così, aveva imboccato l’unica via di fuga possibile, aveva preso l’unica cosa che la potesse far smettere di soffrire: l’APTX 4869, il veleno che aveva inventato per l’Organizzazione, e che ora gli avrebbe impedito di strapparle la vita come avevano fatto con sua sorella Akemi.

A volte il destino gioca brutti scherzi. Il composto non la uccise come aveva previsto, ma la fece regredire all’età di otto anni. Fu a quel punto, che nell’abisso scuro in cui era sprofondata dopo aver appreso della morte di Akemi, vide un’altra scappatoia, qualcosa che l’avrebbe impegnata e appagata: sconfiggere l’Organizzazione, uccidere Gin e Vodka per rendere giustizia a sua sorella meglio di come avrebbe fatto morendo a sua volta. Ma non poteva farcela da sola, non contro di Loro. Aveva bisogno dell’aiuto di qualcuno forte, intelligente, coraggioso, che fosse a conoscenza dell’esistenza dell’Organizzazione e che condividesse il suo stesso desiderio di distruggerla. E quel qualcuno, ironia della sorte, era una persona che le aveva nominato sua sorella stessa, nel loro ultimo incontro: Shinichi Kudo, il liceale detective di cui lei aveva confermato il decesso nei file degli Uomini in Nero, ma che sapeva essere in splendida forma. Così, fuggì dal luogo dove l’avevano rinchiusa e si trascinò sotto la pioggia battente con la forza della disperazione, cercando di non pensare al freddo, alla febbre che cominciava ad alzarsi, ai brividi che le percorrevano il corpo fragile da bambina,  finché tutto divenne improvvisamente buio e perdette i sensi. Si svegliò a casa del professor Agasa, che la accolse come un nonno amorevole e la curò e poco più tardi conobbe finalmente Conan Edogawa, l’alter-ego di colui di cui lei aveva bisogno.

Lo stesso Conan Edogawa ora dormiva profondamente sul divano della casa del professore, russando leggermente. Si era assopito poco dopo essere tornato, spossato dalle fatiche che probabilmente aveva sopportato quel giorno e assonnato per essersi alzato all’alba. Ai stette a guardarlo per un po’, la capsula dell’antidoto stretta nella mano infilata nella tasca del camice candido: gli aveva tolto gli occhiali e il suo viso quieto e tranquillo, sebbene ancora conservasse i tratti infantili, appariva più simile a quello di Shinichi Kudo. La giacca blu e il farfallino erano gettati sul pavimento di linoleum, la camicia bianca quasi trasparente era sbottonata sul colletto, e quando il ventre si alzava e abbassava  ritmico scopriva parti piuttosto interessanti. Non l’aveva mai visto a petto nudo, ma era certa che Kudo, da adulto, avesse un bel fisico; il suo corpo da bambino prometteva bene, comunque. Si avvicinò, si sedette accanto a lui e prese ad accarezzargli le guance, con una delicatezza che avrebbe stupito qualunque osservatore, evitando di chiedersi il motivo di quel gesto. Conan non batté ciglio, ma sembrò più pacifico di prima. Ai gli spostò una ciocca di capelli che gli era finita sugli occhi, la sua mano si fermò e avvicinò il suo viso a quello di lui, sorprendendosi del calore che la sua vicinanza le stava trasmettendo. Era sempre così, con lui. Le dava sicurezza e pace, insieme a tanti altri sentimenti…si accorse di arrossire.

Lui emise un grugnito che la fece sussultare e ritrarre bruscamente: ma lui non si era svegliato. Continuava a dormire placidamente senza essersi accorto di nulla. Ai si chinò di nuovo, sentì il suo odore, fresco e frizzante, gli passò una mano fra i capelli e si avvicinò tanto che le loro labbra si sfiorarono…e fu a quel punto che non le importò più di essere cauta per non svegliarlo, che la ragione venne meno e qualcos’altro s’impadronì di lei. Ormoni, avrebbe concluso più tardi, quando la freddezza e la mente scientifica avrebbero riavuto il sopravvento. Fatto sta che tolse ogni distanza fra le sue e le labbra di Conan e lo baciò, dolcemente, lambendo la sua bocca senza violarla, solo accarezzando e assaporando la morbidezza delle sue labbra, provando qualcosa che nessun altro bacio, seppure meno casto e infantile, le aveva trasmesso in passato. Si sentì invasa da una passione forte, da qualcosa che le riempì il cuore e la scosse dentro, come una dolce, violenta scossa di piacere. Conan…lui arrossì, e per un attimo lei pensò di avergli donato le stesse sensazioni, trasmesse anche attraverso il torpore del sonno, e sorrise, un sorriso candido e sincero, per la prima volta da tempo. Si chinò per ripetere quel gesto, ma le labbra che avrebbe voluto baciare di nuovo si dischiusero mormorando qualcosa che la trafisse violentemente, che le fece sparire il sorriso dalla bocca, che la rigettò all’improvviso nella gelida realtà.

"Ran…"

Nell’incoscienza, l’unica parola che il suo gesto l’avevano portato a pronunciare. Perché probabilmente stava sognando lei, e aveva accettato quell’emozione solo perché s’illudeva che fosse stata quella ragazza a dargliela…lei, l’unico, vero amore della sua vita.

Ai rimase immobile, vergognandosi di se stessa, rimproverandosi per essere stata tanto ingenua, mentre uno strano formicolio si faceva sentire fastidiosamente agli angoli degli occhi. Il calore che Conan le aveva trasmesso era stata un’illusione effimera. Nessuno le avrebbe più dato tepore, nella sua vita. E avrebbe fatto bene ad accettarlo, prima che fosse troppo tardi…mai più affezionarsi a qualcuno. Perché l’amore non è un idillio di bellezza e perfezione. L’amore è violenta sofferenza, ti prende, ti sfrutta, ti consuma e ti abbandona, lasciandoti vuota e umiliata, con ferite profonde che non si rimarginano, e continuano a far male anche a distanza di anni. E Kudo non avrebbe mai condiviso con lei quell’esperienza, nonostante tutto quello che poteva fare. Non sarebbe servito a niente invidiare  Ran Mouri, né cercare di nuocerle in qualche modo. Anzi, quello avrebbe allontanato ancora di più Kudo da lei…ed era l’ultima persona che voleva perdere.

Estrasse dalla tasca la capsula bianca e rossa, squadrandola nel palmo della mano sospirando, poi una voce la fece sussultare.

"Oh, Ai kun, sei riuscita a creare l’antidoto! Complimenti!" le si rivolse il dottor Agasa con un sorriso radioso e un tono di lode. A quelle parole si udì Conan farfugliare dal divano "Antidoto..!?" con voce impastata, mentre con un grosso sbadiglio si alzava a sedere stiracchiandosi. Scoccò un’occhiata al viso di Ai, che fece in modo di non incrociare il suo sguardo, e poi i suoi occhi si fermarono sulla mano dove ancora teneva la capsula in bella vista.

"Ehm…sì, ero venuta a svegliarti apposta." Disse neutra, credendo di dover giustificare la sua presenza, lì seduta sul divano vicino a lui; ma Conan probabilmente non si era nemmeno posto il problema:

"Sei grande!! Funzionerà?" le chiese raggiante, guardandola intensamente in un modo che le riportò alla mente tutte le sensazioni provate poco prima. Tuttavia dalla sua espressione non trapelò nulla, come al solito.

"Non ne sono sicura. Ti ho già spiegato che da assuefazione, ma  non ho potuto aumentare di tanto le quantità per non rischiare di farti morire. Comunque, anche se ho cercato come ti ho detto di non alzare troppo le dosi è ugualmente una quantità decisamente superiore all’ultima volta; che funzioni o no non conta molto dal punto di vista del metabolismo, in entrambi i casi non possiamo sapere quali effetti potrà avere sul tuo corpo. L’APTX già di per sé è una sfida contro la vita, ma fare in continuazione su e giù è pura follia. Non solo qualsiasi medico, ma chiunque con del buon senso ti esorterebbe a rinunciare. È pericoloso, più di quanto tu possa immaginare." Lo fissò intensamente, un’espressione seria e composta,  mentre il viso di Conan si rabbuiava un po’. Esitò per qualche secondo, poi annuì.

"È come il gioco della roulette russa, Kudo." Prese la capsula fra l’indice e il pollice e la alzò al centro del viso  di lui: "Sicuro di voler provare?"  chiese, uno strano sorriso a deformarle le labbra, che avrebbero voluto pronunciare altre parole: "Sicuro che ne valga la pena?"

"Devo." Fu la semplice risposta. Sfilò dalle sue dita la compressa e la infilò in bocca, senza un attimo di esitazione. Una cosa che per lei non avrebbe mai fatto, pensò Ai prima di scacciare via quelle riflessioni e parlare di nuovo.

"Bene, a questo punto non ci resta che aspettare che crolli a terra contorcendoti agonizzante."

Conan inarcò le sopracciglia a disagio e deglutì rumorosamente.

"Dì un po’, ma è proprio necessario che ogni volta mi trasformi in una stufa umana? Non potresti fare in modo…non so…che cada semplicemente in un sonno profondo e mi risvegli adulto?" domandò speranzoso.

"Potrei provarci…" disse pensierosa, poi gli si rivolse con uno sguardo freddo e un sorriso crudele.

"Ma poi…dove sarebbe il divertimento?"

"Ha, ha…" replicò ironico, ignorando il brivido gelido che gli aveva percorso la schiena "Piuttosto, perché uno di voi due.." lanciò un’occhiata al professor Agasa. "Non va a prendermi qualcosa da mettermi addosso nel caso mi trasformassi?" Ai non smise di sorridere con quell’atteggiamento maligno e insieme distaccato.

"Perché?" chiese con falsa ingenuità.

"Mi pare ovvio…" obbiettò Conan arrossendo. "…i vestiti che ho adesso si strapperanno e io rimarrò…ehm…"

"Nudo?" concluse Ai,  il dottor Agasa scoppiò in un falso colpo di tosse, chiudendo gli occhi un po’ rosso.

"Ma qui siamo fra persone adulte, non si scandalizzerà nessuno…" replicò Ai con irritante tranquillità, poi la sua voce si trasformò in un sussurro lascivo "…o devo pensare che hai qualcosa di cui vergognarti là in mezzo, Kudo kun?"

"AI!!!!!" strillò Conan diventando color porpora e strizzando gli occhi. Il professor Agasa, che non aveva potuto udire quell’ultima parte, guardò incuriosito dall’imbarazzo di lui al ghigno trionfante di lei, poi si strinse nelle spalle e commentò sbuffando.

"I ragazzi di oggi…"

 

 

h. 18:00

Il parco era piuttosto silenzioso, se si escludeva il rumore del vento che attraversava i rami e le foglie; l’erba stava già prendendo il suo tipico profumo forte e penetrante, l’odore di fresco, mentre nel verde si poteva già scorgere qualche gocciolina di rugiada. Una ragazza era seduta su una panchina, un sorriso radioso a fior di labbra, i capelli bruni sospinti ogni tanto dalla brezza serale che incorniciavano il suo viso luminoso, le guance colorate di un rosa lieve e naturale, gli occhi luccicanti di trepidazione. I pochi passanti che scorsero la sua figura graziosa e delicata capirono subito che doveva essere una giornata speciale, per lei, che stava aspettando qualcuno di davvero importante. Non poterono fare a meno di provare un poco di invidia nell’osservarla, sembrava davvero felice, anche se…sospesa, in qualche modo, non completamente rilassata: come se fosse stata delusa tante volte in passato, e avesse paura di perdersi completamente in quella felicità per scoprire che era stata solo un’illusione. Sì, c’era qualcosa, dietro quell’apparenza di assoluta felicità, un’ombra su quel viso seppure così luminoso…un’ombra che avanzava inesorabile e inghiottiva la luminosità ogni minuto scandito dall’orologio. Invidia, sì…ma anche un po’ di dispiacere. Quella ragazza sembrava in attesa di qualcosa di più di una persona: attendeva una risposta, una dimostrazione…di affetto, di amore magari, o forse solamente di non essere sola.

Aspettava…

Aspettava e ogni attimo che passava sembrava trafiggerla da parte a parte, dolorosamente. Il sorriso restava, imperturbabile, così come quel brillio nei suoi bellissimi occhi color fiordaliso: la luce della speranza, ma soprattutto della fiducia; fiducia nella persona che stava aspettando, chiunque fosse, fiducia nel trovare finalmente la risposta alle sue domande, trovare quella pace interiore e quel benessere che per ora le era negato, e la lasciava in bilico, fra la speranza e la paura di essere delusa, un’altra volta. L’ombra era potente…la luce fioca e fragile, anche se sostenuta da un sentimento molto forte. Molta gente si chiese per un attimo cosa sarebbe successo se fosse stata ferita un’altra volta, se avesse ricevuto un’altra delusione dalla persona che aspettava con tanto coinvolgimento…non avrebbe resistito. Già. Ed era un peccato, perché vedere il buio su quel viso così stupendo sarebbe stata un’ingiustizia…

Tutti coloro che la osservarono dimenticarono tutto questo una volta tornati a casa; la loro vita prese di nuovo il sopravvento, con tutti i suoi avvenimenti e il susseguirsi estenuante di impegni e circostanze. Nessuno andando a letto avrebbe ripensato a quella ragazza così strana, all’ombra nei suoi occhi…

Nessuno…o quasi.

Una persona non l’avrebbe dimenticato....     

 

 

h. 18:40 

L’Otto Volante si fermò con uno stridere delle ruote sulle rotaie di metallo. Un ragazzo alto, dalla pelle scura e i capelli neri, scese da una delle carrozze e aiutò la ragazza seduta accanto a lui a fare altrettanto, porgendole una mano che lei accettò di buon grado, mentre i capelli corvini legati in una coda con un nastro rosso ondulavano al vento.

"Grazie…" esordì Kazuha, piacevolmente sorpresa. Heiji alzò le spalle e si diresse verso l’uscita, guardando indifferente le persone ancora in fila che aspettavano di salire sull’attrazione.

Per come era cominciata, non era stata poi una brutta giornata, pensò sorridendo. Abituato ad averla intorno in continuazione, aveva dimenticato quanto potesse essere gradevole stare in compagnia della sua amica d’infanzia. Il tempo era praticamente volato, il sole era quasi già tramontato e a lui pareva essere passata appena un’ora da quando avevano scherzato vicino alla panchina davanti alle auto-scontro. Guardò con rammarico lo spicchietto luminoso che gradualmente spariva all’orizzonte e si accorse con lieve dispiacere di dover mettersi in viaggio al più presto per tornare a Osaka. Peccato. Gli sarebbe piaciuto restare lì ancora un po’…

"Allora, Heiji, che facciamo adesso?" chiese allegra la ragazza al suo fianco con un sorriso che lo fece incespicare   goffamente.

"Idiota, non vedi che è tardi? Dobbiamo andare all’aeroporto e tornare a casa."  Ribatté brusco, sperando che il suo gesto le fosse sfuggito. Evidentemente sì, perché lei gli rivolse un’occhiata torva.

"Idiota sarai tu…e poi non è così tardi…" replicò, pur sapendo benissimo che il ragazzo aveva ragione.

"Comunque, usciamo di qui, passiamo all’agenzia a prendere le borse e poi filiamo diritti all’aeroporto."

"Uffa! Mi stavo divertendo…e poi volevo sapere com’era andata fra Ran chan e Kudo kun…mi sarebbe piaciuto rivederlo…" commentò soprappensiero, in un tono che a Heiji non piacque per niente.

"E perché mai?" domandò accigliato. Kazuha gli scoccò un’occhiata di apprezzamento, poi sorrise mordendosi il labbro inferiore.

"Oh, è un ragazzo che non mi dispiacerebbe conoscere meglio, a esser sincera. Carino, intelligente…"

"…e  impegnato. E con la tua migliore amica. Ricordatelo, Kazuha." Sottolineò il ragazzo del Kansai, improvvisamente aspro. Il sorriso sul volto della sua amica d’infanzia si allargò compiaciuto.

"Sì, beh…la capisco. Kudo kun…Shinichi…" Heiji inarcò un sopracciglio "…è così bello, e affascinante…e sexy"

"Oh, non la penseresti così se sapessi com’è ora, mi sa…" commentò con un sarcasmo che lei non afferrò.

"…e poi non vedo come fai a dirlo…l’hai visto una volta sola, alla recita di Ran, ed era coperto completamente da quel ridicolo costume da cavaliere col mantello." Obbiettò con uno sguardo acuto. Adesso aveva capito dove voleva andare a parare, cercava di farlo ingelosire. Povera illusa, pensare di imbrogliare il Grande Detective dell’Ovest.

"Me l’ha detto Ran…e comunque non puoi negare che sia proprio bono…" aggiunse con un tono allusivo.

Heiji sorrise maligno.

"Eh già…ma niente in confronto alla sua ragazza…non è solo bella e dolce, ha anche stile…cosa che qualcuna qui non potrebbe mai eguagliare."

"Ma come ti permetti! Io ho il mio stile, al contrario di te, che fai di tutto per assomigliare a Kudo!"

"Io non cerco di assomigliare a lui, cretina! Ci assomigliamo e basta, non so perché." Replicò, smettendo di camminare e fissandola in malo modo. Lei gli restituì lo stesso sguardo, mettendosi le mani sui fianchi mentre il povero Ellery veniva sballottato addosso alla parete plastica.

"Beh, in ogni caso, lo stesso vale per te! Ran è impegnata con il tuo migliore amico!"

"E anch’io ne capisco il motivo…carattere a parte, ci sono altre due cose con cui tu non potresti competere."

Kazuha lo guardò perplessa, sbattendo le ciglia, poi improvvisamente sbarrò gli occhi, arrossì e lanciò un’occhiata fugace alla propria maglietta, prima di rivolgergliene un’altra estremamente velenosa.

"Sei un pervertito!!" gridò stridula.

"Sono un adolescente." Replicò lui tranquillamente.

La ragazza di Osaka restò interdetta per un secondo e nonostante la stizza non poté fare a meno di ridere sinceramente divertita. Heiji si voltò e riprese a camminare. "Occhio per occhio…" disse distrattamente, e lei capì immediatamente cosa intendesse; con una breve corsetta raggiunse di nuovo il suo fianco.

"Allora avevi capito tutto…"

 "Naturalmente." Rispose altezzoso.

"Hai finto per tutto il tempo?" domandò esitante, e a lui parve che fosse un po’ delusa.

"E tu ammiri davvero così tanto Kudo?" chiese a sua volta.

"E tu perché lo vuoi sapere?"

Heiji si accorse che potevano andare avanti così per ore. Terrorizzato all’idea di dover sopportare un interrogatorio straziante fino all’aeroporto di Osaka, decise di risponderle subito. Il problema era: cosa dire che non fosse equivoco, imbarazzante…vero, gli suggerì la sua mente prima che lui la rimproverasse.

"Mi darebbe un po’ fastidio…"disse a bassa voce,  entrambi arrossirono di colpo. Kazuha lo guardò con gli occhi che brillavano di verde, simili a smeraldi, fermandosi davanti a lui.

"Dici davvero?" sussurrò dolcemente. Ora, Heiji vide due possibilità chiare nella sua testa: una era comportarsi come il suo solito e rovinare tutto con una battuta che l’avrebbe imbarazzata e irritata. L’altra era…essere serio…

"Sì…io…"

Cavoli, quant’era difficile essere seri.

Kazuha lo fissava intensamente, e per un attimo lui si perse in quello sguardo adorabile e sincero.

"…ehm…"

E Cavoli, quant’era bella. Raramente era rimasto a guardarla tanto a lungo, e tanto accuratamente. Non riusciva a trovare nemmeno un difetto: i capelli ondulati che le incorniciavano il viso chiaro, le guance che bruciavano di porpora, le labbra morbide e rosee…si ritrovò a riflettere sulle sensazioni che avrebbe provato baciandole, lambendole, unendo la sua bocca a quella di lei…

"Che vuoi dirmi, Heiji?" insisté lei con quel tono cauto e mielato, in un sussurro.

E perché non farlo? Al massimo si sarebbe beccato una sberla…però…se lei non avesse voluto…se l’avesse ferita, rovinando per sempre il loro rapporto? Non se lo sarebbe mai perdonato…

"Io…non vorrei…che ti piacesse…un altro…in effetti." Sillabò, a grandi pause, e ogni parola gli costò cara. Ma che stava dicendo? E perché sembrava che la sua faccia stesse prendendo fuoco??

"Oh…"  Il viso di Kazuha era dello stesso colore del suo nastro fra i capelli. Per un attimo fissò con insistenza le sue stesse mani, che pareva stessero stritolandosi a vicenda, lasciando Heiji sprofondare nell’imbarazzo più completo, poi tornò a guardarlo, gli occhi intensamente concentrati nei suoi:

"Tra…tranquillo…io stavo…scherzando, prima. Non mi piace Kudo,davvero…" balbettò, e Heiji, sebbene sapesse benissimo che il detective dell’est non le interessava, si sentì rincuorato dal fatto di sentirlo dalle sue labbra; quelle stesse che ora desiderava più di ogni altra cosa…spesso si era chiesto cosa si provasse baciando una ragazza, ma per la prima volta si chiese cosa avrebbe provato baciando Kazuha. Lei, così bella, così speciale…poter approfittare del suo calore e annegare nel suo profumo e sentire il sapore delle sue labbra e…

"Non potrebbe mai…perché…" Kazuha deglutì rumorosamente e distolse di nuovo lo sguardo. Heiji fu intenerito dai suoi modi esitanti, non capitava spesso che lei fosse così schiva; solitamente era spigliata, esuberante, non si faceva problemi a dire quello che pensava in faccia. Sebbene quel suo nuovo lato non gli dispiacesse, si chiese quale mai potesse essere la cosa che l’aveva trasformata in quel modo. E aveva trasformato lui…da quando in qua si sentiva così a disagio davanti alla tipa che vedeva tutti i giorni da quando era piccolo? E perché improvvisamente aveva cominciato a fare certi pensieri??

"…perché…a me…"

Un momento, perché improvvisamente era diventato così difficile pensare??? E perché lei si stava avvicinando???? Poteva sentire il suo profumo…glassato, lieve, come una brezza primaverile…il calore che trasmettevano le sue guance in fiamme…la luminosità delle sue labbra leggermente umide…Dio, quanto avrebbe voluto baciarla. Sentire il suo sapore in bocca, la delicata morbidezza con cui le sue labbra avrebbero sfiorato le proprie, carezzandole, tormentandole piacevolmente…violare la sua bocca e trascinare le loro lingue in un gioco malizioso e eccitante…

Non si rese nemmeno conto che le proprie mani si mossero per cingerle la vita; in compenso sentì distintamente le mani di lei agganciarsi dietro la sua nuca. I lori visi erano così vicini che poteva sentire il soffice calore del suo respiro.

"Heiji…" un impercettibile sussurro

"Kazuha…" quasi senza fiato.

Entrambi chiusero gli occhi, le loro labbra che si avvicinavano ansiose per quel bacio che sentivano stare per arrivare…

"EHILA’ RAGAZZI!!!" Una voce squillante li fece sussultare, si accorsero di quanto erano vicini e stretti l’uno all’altra e subito si scostarono bruscamente, imbarazzati, guardando in ogni direzione fuorché negli occhi dell’altro.

"Ooops…ho interrotto qualcosa..?" domandò arguta Sonoko Suzuki, squadrando entrambi rossi in faccia.

"Ma no…che dici?" ribatté Kazuha continuando a studiare il suolo.

"Non hai interrotto niente…" insisté Heiji, ma dentro di lui sentì una delusione incalcolabile, unita ad un astio represso nei confronti di Suzuki. Doveva proprio arrivare in quel momento?? Non poteva aspettare almeno un paio di minuti??? Da una parte, però, si sentì sollevato: non aveva rischiato di rovinare la loro amicizia. Anche se…Kazuha…sembrava altrettanto desiderosa di fare ciò che voleva lui…pronta ad accettare il suo bacio… e poi cosa stava per dirgli..?

"Siete sicuri?" incalzò lei.

"Certo! Tu piuttosto, come è andata con quel biondino che avevi adocchiato?" La ragazza del Kansai cambiò abilmente discorso e stavolta Sonoko sospirò afflitta.

"Non troppo bene…cioè, è stato gentile, un vero gentiluomo…ma quando gli ho chiesto il suo numero mi è parso piuttosto a disagio, e se n’è andato accennando ad un impegno…" raccontò mesta, Heiji ridacchiò dentro di sé. Ben le stava, bravo il biondino. Almeno non era l’unico ad essere andato in bianco…

"Beh, meglio!!! Almeno Makoto kun non si arrabbierà!!" Sonoko si era ripresa subito, riacquistando il tono argentino. Heiji sospirò: chiunque fosse questo Makoto, doveva essere un santo.

"Beh, Suzuki, noi dobbiamo andare ora…" afferrò per il polso la sua amica d’infanzia, che al contatto ebbe un leggero tremito, e si avviarono.

"Oh, ma certo, Hattori kun!" rispose lei sorridendogli con uno strano sguardo. "Torna presto a trovarci! E anche tu, Kazuha!"

Uscirono dal luna park, evitando accuratamente di parlare o di guardarsi negli occhi. Mentre aspettavano l’autobus, tuttavia, Heiji le scoccò un’occhiata in tralice e sorrise: decisamente, non era stata una brutta giornata.

 

h. 19:10

Bussò decisa alla porta di legno e una voce cupa e tagliente le rispose che poteva entrare. Così fece, i tacchi alti che risuonavano sul parquet con tonfi secchi; richiuse la porta dietro di sé e si appoggiò con la schiena al muro, sfilandosi una sigaretta e tenendola  fra le labbra di un rosso vermiglio brillante. Attraverso la semi oscurità della stanza, poteva riconoscere la figura alta e allampanata del suo collega, che fissava lo sguardo fuori dalla finestra con aria assorta, soffiando fumo a sua volta. Non doveva essere stata una giornata proficua, per lui; interessante, forse, piena di spunti su cui riflettere, ma non proficua. Non solo non era riuscito a compiere la missione che gli era stata affidata, ma era stato anche punto nell’orgoglio. E lei sapeva da chi. Era al corrente di ciò che era accaduto, sebbene lui non gliene avesse fatto parola. Un sorriso sardonico le deformò le labbra perfette: in parte era stata colpa sua. Ma d’altronde, se lui non riusciva a tenere a bada un moccioso-detective lei non poteva farci niente. Non che gli avesse rivelato la loro posizione perché sperava li avrebbe catturati; anche lei faceva parte dell’Organizzazione, era un’assassina a sangue freddo, e l’ultima cosa che voleva era passare dalla parte degli sbirri. Era sicura che il suo collega non si sarebbe fatto arrestare. L’aveva fatto per osservarlo, per studiare le mosse di quel ‘ragazzo ’ che aveva catturato il suo interesse fin dal principio: la vita prima era così noiosa, sempre uguale: ti davano un bersaglio, lo uccidevi, o male che vada piazzavi una bomba, e te ne tornavi a casa in tempo per vedere il tuo operato al telegiornale. Con lui era diverso. Amava giocare con lui. Mai conosciuta una persona così: piena di valori morali e senso di giustizia, pronto a sacrificarsi per i suoi amici… leale fino alla stupidità. Ogni partita contro di lui la divertiva immensamente, la stuzzicava in modo quasi perverso. Oggi stesso si era dilettata giocando con lui, facendogli credere di volerlo uccidere in quel luna park, tentandolo come il serpente fece con Eva, inutilmente. Perché lui era fin troppo ‘pulito’ per starla ad ascoltare. E lei lo sapeva, anche se aveva voluto provare. Comunque, era stata un altro round decisamente piacevole. Era un gioco che non voleva finisse. Il suo collega l’avrebbe pensata diversamente. L’avrebbe ucciso subito, se avesse saputo, rovinandole tutto. Lei non voleva. Il gioco sarebbe continuato...almeno finché non si fosse stufata.

E poi c’era lei…il suo angelo…pura, sincera e dolce proprio come una creatura celeste…a lei non avrebbe mai fatto del male. Non avrebbe mai permesso a nessuno di sporcarla, di strapparle le ali…perché lei era il suo angelo custode, perfetto, inviolabile, sacro. Era colei che l’avrebbe strappata alle fiamme dell’inferno, quando sarebbe stato il momento.

E infine c’era l’altra, la traditrice, l’opportunista. Avrebbe lavato col sangue le sue colpe. Quando qualcuno sceglieva la sua strada doveva imboccarla fino alla fine, non tirarsi indietro a metà. Era una sciocca, odiosa,  vigliacca voltafaccia. Le avrebbe scontate tutte. L’avrebbe distrutta con le sue stesse mani.

"Allora bambola, come ti è andata?" le domandò freddamente, distogliendola dai suoi pensieri. 

"Bene, direi. Il ficcanaso è in viaggio per la terra del non ritorno." Rispose con falsa dolcezza. Si chiese se fosse troppo crudele stuzzicarlo un po’ dopo una giornata del genere. Sì, naturalmente. Tanto crudele per lui quanto divertente per lei, almeno.

"Oh, e a voi invece come è andata? Ho incontrato Vodka, poco fa, e non mi sembrava in splendida forma."

"Fatti i cazzi tuoi." Replicò bruscamente. Lei sorrise mordendosi il labbro inferiore.

"Andiamo…quanti uomini ci sono voluti per mettervi ko entrambi? Dovevano essere almeno una decina! E armati fino ai denti!" continuò con leggerezza, lui si voltò di scatto fulminandola con uno sguardo che avrebbe terrorizzato chiunque, esclusa la donna in questione, a cui lo aveva rivolto tanto spesso che stava perdendo di significato…

"Mi sembra che tu ne sappia più di quanto dici, Vermouth." Ah, sempre così arguto, il suo Gin.

"Davvero?" replicò, con un tono ingenuo che sapeva non essere per nulla convincente.

Gin cominciò ad avvicinarsi a lei, i suoi passi risuonarono più bassi e tonanti dei propri sul pavimento. Le si piazzò davanti, allungando un braccio e appoggiando la mano sul muro vicino alla sua testa.

"Davvero." Assicurò guardandola torva. Lei spense la sigaretta e la fece cadere per terra, spegnendola con la punta della sua costosissima scarpa di Gucci.

"My darling, non è questione di sapere, quanto di capire. Se fosse stata una squadra di polizia a farvi fallire, ora sareste in gattabuia…e in questo periodo non stiamo ricattando nessun’altra organizzazione. Per cui…" spiegò mielata, sorridendo al suo ringhio.

"Non devo rendere conto a te." Replicò lui aspro, ritraendo il braccio.

"Ma ai piani alti sì, e loro non sono molto contenti. Mi hanno chiesto di giudicare se stai effettivamente perdendo colpi, Gin…" era vero. Uno dei loro rappresentanti l’aveva convocata poco prima.

"Non sto perdendo colpi!! E ho una pista su cui lavorare per trovare quel guastafeste…" esclamò con rabbia furiosa. Questa era un’informazione interessante che non possedeva. Sarebbe stato meglio indagare…

"Sicuro? Non è che stai mentendo per salvarti il culo?" chiese, e a quel punto lui non riuscì più a trattenere la collera. La strinse per i polsi, forte, appiccicandola al muro. I loro volti erano a distanza di millimetri. Lei sorrise, eccitata.

"Attenta a quello che dici, Chris. Me ne frego se vai a braccetto con quelli dei piani alti. Potrei farti giudicare la mia condotta analizzando quanto sono in forma deturpando il tuo bel corpo, bellezza." Ringhiò freddamente.

"Non lo farai." Replicò lei con tranquillità, unendo la sua bocca a quella di lui e trascinandolo in un bacio violento e furioso, a cui lui rispose con altrettanta ferocia. Quando si staccarono ansimando, lui lasciò un secondo uno dei suoi polsi per pulirsi la bocca con la manica.

"Allora mi dici qual è questa pista, dolcezza?" domandò lei con voce sensuale, gli occhi grigio-verdi puntati nei suoi.

"Cosa ti fa pensare che sbattere un po’ le ciglia mi farà parlare? Io non mi fido di te, sei una troia manipolatrice…" rispose lui, gelido.

"Il fatto che tu sia un porco bastardo. E mi vuoi, ammettilo…"  replicò, alzando la testa per fargli intravedere il seno attraverso la scollatura del vestito nero. Lui la esplorò con lo sguardo per quasi un minuto prima di tornare a fissarla negli occhi. "Posso averti anche senza dire nulla…"

"Forse, ma sarebbe l’ultima volta, mio caro. Perché poi non potrai essere sicuro di quale sarà il giudizio che presenterò ai piani alti." Sussurrò lentamente, esaminando la sua reazione. Gin restò in silenzio per un attimo, evidentemente valutando la situazione.

"Non mi fregheresti mai, pupa." Ribatté in modo freddo, ma a lei non era sfuggita l’incertezza nella sua voce. Anni di carriera nel mondo dello spettacolo le avevano insegnato a riconoscere i bravi attori da quelli infimi. E Gin poteva ingannare un pubblico di spettatori qualunque se voleva, ma non lei.

"Dimmi della tua pista, allora." Disse dolcemente, cominciando baciargli il collo e lasciandogli rosse impronte di labbra.

"Le chiavi per arrivare a quel bastardo sono due…" cominciò, mentre i baci si facevano sempre più roventi.

"Una è Sherry…credo che loro due si siano alleati contro di noi…qualche tempo fa, lui l’ha salvata mentre cercavo di farla fuori."

"Lo so, c’ero anch’io…" commentò lei, smettendo per un momento il suo sensuale attacco.

"L’altra è la ragazzina di oggi…mi pare di averla già vista da qualche parte. E sembravano molto legati…"

La sua voce si faceva sempre più bassa e affannata mentre lei cominciava a strusciarglisi contro, muovendo i fianchi con  lentezza esasperante. Così Gin aveva gia incontrato il suo angelo…brutta storia. Se si fosse ricordato dove- e prima o poi sarebbe successo- il suo gioco sarebbe finito. Facile arrivare a Cool Guy una volta che hai Angel…

"Sì, ma il piano in che consiste?" si informò, un mormorio bollente. Lui la allontanò da sé bruscamente, spingendola con violenza sul letto e sdraiandosi su di lei: "Questo lo vedrai a tempo debito, Chris. Adesso sta’ zitta." Disse, e lei capì che la conversazione era conclusa. Mentre si lasciava esplorare dalle mani di lui, sorrise compiaciuta, un po’ per le sue carezze morbose,  un po’ al pensiero che, tutto sommato, questo imprevisto poteva rendere la partita più interessante.

 

h. 19:20

Heiji e Kazuha bussarono alla porta dell’ufficio di Kogoro Mouri, e siccome dopo vari tentativi non ottennero risposta, salirono le scale fino alla casa dell’investigatore. Quest’ultimo gli aprì alla seconda bussata, scuro in volto, fissandoli con due occhi che li fecero rabbrividire. Sembrava infuriato e amareggiato allo stesso tempo.

"Ah, siete voi…" borbottò, dandogli le spalle "Che volete?"

"Ehm…siamo venuti a prendere le borse…" rispose Kazuha titubante. Era evidente che qualcosa non andava, lì dentro.

"Allora prendetele e sparite." Concluse Kogoro, burbero.  I due ragazzi si guardarono perplessi, poi Heiji distolse lo sguardo da quello di lei e lo fissò sulla schiena dell’investigatore.

"Qualcosa non va, Mouri san?" si arrischiò a chiedere, cauto.

"Sì, voi stupidi bambocci che vi divertite a prendere in giro i sentimenti di una ragazza! Andate al diavolo, tu e quell’altro tuo pari!" gli gridò contro, tagliente, gli occhi neri che mandavano fiamme come carboni ardenti . Heiji trasalì alla sua reazione, poi capì di che cosa stesse parlando e lo sgomento lasciò spazio alla preoccupazione; si voltò verso Kazuha, che sembrava aver anche lei tirato le sue somme, anche se il detective dell’ovest si rendeva conto che il suo quadro non era completo quanto il proprio. "Ran è di là, Mouri san? Posso parlarle?" disse Kazuha, speranzosa, Kogoro guardò per un attimo i suoi occhi verdi afflitti e crucciati, e sospirò:

"Vai, se ci riesci. Da quando è tornata non fa che piangere e blaterare cose insensate."

Kazuha annuì e si diresse velocemente verso la camera della sua amica di Tokyo. I due la seguirono con lo sguardo, poi Kogoro si rivolse di nuovo a Heiji, cupo.

"Il tuo amico ha chiuso con mia figlia. Digli che dovunque sia in questo momento ci resti per sempre, perché se me lo trovo davanti, lo ammazzo. Ci siamo capiti?"

Il ragazzo del Kansai annuì, ma non lo stava del tutto ascoltando. Rifletteva preoccupato sul motivo per cui Kudo non si era presentato all’appuntamento con Ran. Non voleva pensare che l’Organizzazione l’avesse rintracciato e ucciso, non se la sentiva. Nonostante un vero detective dovesse ragionare con mente fredda e distaccata, non era in grado di supporre la morte del suo migliore amico. Eppure, se non fosse stato in pericolo, quale altra ragione l’aveva allontanato dalla persona che gli era più cara al mondo? Forse…

"Ehm, scusa, Conan è già tornato a casa?" domandò fiducioso. Kogoro lo squadrò inarcando un sopracciglio, come se non potesse credere a quello che aveva sentito.

"Prego?"

"Conan…il bambino occhialuto…è qui?" incalzò.

"So chi è Conan! Ma che diavolo c’entra adesso?" sbottò, acido. Heiji lo fissò con insistenza, e l’uomo alla fine cedette.

"No, non c’è. Non lo vedo da ieri...ma non vedo cosa c’entri ora…" 

Heiji sentì le viscere riempirsi di piombo. Kudo non era tornato a casa…aveva dato buca alla sua fidanzata e non si era fatto più vedere. Non poteva credere a quello che stava succedendo. Cercò di scacciare dalla sua mente le immagini truculente che stavano prendendo forma ed estrasse il cellulare, formando il numero del suo migliore amico. Kogoro lo osservava torvo interessato e infastidito allo stesso tempo. Due, tre, quattro squilli…nessuna risposta, il suo cuore cominciò a perdere qualche battito, la pelle si faceva sempre meno scura.

"Si può sapere che diavolo..?"

"Mouri san, che genere di cose ti ha detto Ran quando è tornata?" domandò agitato, Kogoro lo fissò perplesso, poi rispose accigliato: "Stupidaggini senza senso…che è colpa sua, che Kudo non sarebbe più tornato a causa sua…ma io le ho detto che non deve nemmeno azzardarsi a darsi la colpa per quel…"

Il ragazzo del Kansai lo ignorò e corse a sua volta verso la camera di Ran Mouri: la trovò in lacrime, fra le braccia di Kazuha, che cercava di calmarla accarezzandole piano la testa. Ma i balbettii confusi della ragazza di Tokyo non erano quelli che ci si sarebbe aspettati in una situazione del genere.  Come gli aveva riferito suo padre, non sembrava darsi pace, si sentiva responsabile di qualcosa di orribile. E Heiji si chiese timoroso se lei sapesse qualcosa di ciò che era accaduto al detective dell’est. "Mouri kun…" esordì, ma non fece in tempo a dire altro. Sembrò che la sua voce avesse fatto scattare qualcosa all’interno di Ran, che alzò di colpo la testa, fissandolo con occhi spaventati e speranzosi, si staccò bruscamente dall’abbraccio di Kazuha e si stagliò davanti a lui, afferrandogli le braccia con le mani e stringendolo forte: "Hattori kun..! Tu devi…Shinichi…aiutalo..!" lo implorò fra i singhiozzi, premendo ancora di più le dita  sugli avambracci. Heiji le restituì uno sguardo altrettanto agitato, mentre Kazuha e Kogoro, materializzatosi dietro di loro, li fissavano allibiti e confusi.

"Sì, lo aiuterò, ma devi dirmi cosa è successo!"

"Papà…lui non mi crede…e non posso chiamare la polizia, Shinichi  ha detto di no…io non so che fare!" continuò Ran, la voce intrisa di pianto, gli occhi vuoti. Heiji afferrò a sua volta gli avambracci della ragazza, scuotendola con delicatezza ma decisione.

"Ho capito, ma dimmi che è successo!! Non perdere tempo!!!" incalzò, lei annuì reprimendo un singhiozzo. Kogoro era impallidito, Kazuha sembrava incapace di proferir parola e guardava a turno il suo amico d’infanzia e la sua amica.

"Shinichi…lui…prima di sparire qualche mese fa…lui ha seguito due uomini in nero che…"

"Sì, lo so! Vai avanti!! Oggi, che è successo?" stavolta fu Ran a rimanere stupita.

"L...lo sai?" balbettò  stupefatta e impressionata.

"Ma sai cosa? Di che parlate?" intervenne brusco Kogoro, lanciando occhiate velenose a entrambi.

"So tutto…adesso dimmi che cosa…?"

"Hem, hem."

Tutti e tre si voltarono sorpresi e scorsero una figura piccola e minuta sulla soglia della stanza, un berretto da baseball azzurro con una ‘K’ candida calcato sul viso; attraverso le lenti degli occhiali i suoi occhi passarono in rassegna Heiji e Ran avvinghiati l’uno all’altra, Kogoro infuriato e confuso vicino a loro, Kazuha seduta sul letto sbigottita e pallida in volto. Un sopracciglio s’inarcò sul giovane viso, conferendogli un cipiglio interessato e irritato allo steso tempo. Heiji tirò un sospiro di sollievo, fissandolo attentamente come se non lo vedesse da anni, poi trasalì accorgendosi del modo in cui era abbracciato a Ran e subito si ritrasse, tossicchiando. La ragazza distolse lo sguardo dal bambino e tornò a fissarsi su Heiji. In tutto non poteva essere passato che qualche secondo, e la vista di Conan, che aveva rassicurato e rilassato il detective dell’ovest, non aveva avuto lo stesso effetto sugli altri tre.

"Hattori kun!! Se lo sai…dimmi che sta succedendo, ti prego! Shinichi…se l’hanno preso…fai qualcosa!!" continuò in lacrime la ragazza di Tokyo, Heiji si sentì improvvisamente a disagio e inopportuno.

"No…aspetta…sì, Kudo mi ha raccontato di quegli uomini in nero del luna park…" scoccò un’occhiata fugace al bambino e si accorse che lo fissava torvo.

"Allora sai che è colpa loro se si nasconde!! Che cosa possiamo fare..?" insisté Ran con voce rotta.

"Nascondendo!? Chi, Kudo!?! Ma no, che ti viene in mente..!" obbiettò con un’agitazione diversa da quella precedente. Cavoli, le cose si stavano mettendo molto, molto male.

"Ma sì!! Oggi li ho rivisti…parlavano di un ficcanaso a cui dovevano chiudere la bocca…"

"Chi hai visto tu oggi?" Kogoro cercò di nuovo di entrare nel discorso, con scarso successo.

"Beh, Mouri kun, non è carino da parte tua accostare subito il tuo fidanzato alla parola ‘ficcanaso’…" replicò Heiji in tono leggero.

"Non scherzare!!" lo aggredì Ran con voce stridula "Fa qualcosa!! Ti prego…"

Il detective dell’ovest lanciò un’occhiata significativa al bambino, come se sperasse in un qualche aiuto, ma lui non lo stava nemmeno guardando: fissava il pavimento con aria afflitta.

"Senti…" cominciò, poggiando le mani sulle sue spalle e guardandola negli occhi. "Kudo sta bene, te l’assicuro. Quegli uomini…mi ha raccontato di loro, che avevano attratto la sua attenzione, ma non c’entrano col fatto che non è qui. Sta risolvendo un caso all’estero, e fidati, in questo momento è vivo e vegeto."

"Ma…ma prima…sembrava la pensassi diversamente…" ribatté lei tristemente, quasi senza fiato "Ti scongiuro, Heiji kun, se sai qualcosa…dimmelo! Non posso vivere col timore che…Shinichi possa…"

"Sì, se sai qualcosa vuota il sacco!" incalzò Kogoro, scrutandolo inquisitorio. Heiji notò che in quella stanza l’aria cominciava a farsi un po’ pesante.

"Non so perché Kudo non si sia presentato all’appuntamento, ma sono certo che poi ti telefonerà e te lo dirà lui stesso." Con questo lanciò un’occhiata eloquente a Conan "Ma non è in pericolo. Non so come ti sia venuto in mente che possa avere a che fare con quei tipi…che ti faccio notare, potevano stare parlando di chiunque. Perciò smettila di piangere e disperarti, okay?"

"Ma…prima…tu…" continuò imperterrita lei.

"Prima credevo che avessi effettivamente visto succedere qualcosa a Kudo mentre veniva all’appuntamento. Per questo ti chiedevo con insistenza di oggi. Ma poi ho realizzato che non era così quando mi hai parlato di quella cosa successa un sacco di tempo fa." Era quasi tutto vero, aveva omesso solo la presenza tranquillizzante di Conan per evitare ulteriori, spinose spiegazioni. Ran lo contemplò insistentemente, il blu dei suoi occhi reso più intenso dalle lacrime, desiderosa di credergli.

"S…sei sicuro, Hattori kun..?" chiese implorante.

"Sicuro. So che ci teneva tanto a vederti, che deve aver avuto un impegno improrogabile e improvviso per darti buca senza nemmeno uno squillo. Ma questo impegno non è un pericolo mortale, credimi."

"Come fai a esserne certo? Come fai a dire che non può venire qui perché si nasconde da qualche pericolo? O che non è addirittura già…stato…" il resto della frase fu inghiottito da un singhiozzo e da nuove lacrime.

"Kudo è un osso duro. Non è il tipo da nascondersi, ed è troppo in gamba per farsi ammazzare. Dovresti saperlo meglio di me. Se non vuoi fidarti di me, fidati almeno di lui." concluse Heiji con uno dei suoi migliori sorrisi rassicuranti, indubbiamente non efficaci quanto quelli del suo rivale, ma utili ugualmente allo scopo. Ran restò interdetta per un momento, poi sorrise a sua volta, debolmente.

"Fidarmi di lui..? Eh…Dio come vorrei poterlo fare…. " mormorò, più a se stessa che a chiunque altro, poi alzò la testa e disse a voce alta e chiara: "Grazie, Hattori kun. Vorrà dire che…parlerò con Shinichi, sentirò cosa ha da dire. Anche se non capisco perché dovrei dargliene la possibilità, a questo punto."

 "Sono d’accordo. Lascialo perdere." Disse Kogoro, burbero. Heiji scoccò un’occhiata preoccupata a Conan prima di intervenire risoluto: "Non è stata colpa sua, ne sono certo…vedrai che te lo dirà anche lui il prima possibile."

"Lui lo sapeva,  Hattori, non capisci??" esclamò con voce rotta, piena di una rabbia che lo sorprese "Sapeva quanto fosse importante per me…e me l’aveva promesso!! Me l’aveva promesso…ma mi ha preso in giro, come al solito! Tanto ormai fa sempre così, sempre!!! È solamente un…un BUGIARDO!!!" gridò, strizzando gli occhi per evitare che le lacrime continuassero a uscir fuori.

"Ma…Mouri…"

"Basta così. Tu non c’entri niente, non devi stare qui a difenderlo." Disse decisa, aprendo gli occhi e inarcando le sopracciglia. "Sa difendersi da solo…anche se non mi pare sia ansioso di farlo. Dimentica ciò che ho detto. Sono felice che Shinichi sia salvo…pensare che gli fosse successo qualcosa mi aveva distrutta. Ora sto…bene. Sul serio. Ti ringrazio Hattori kun, sei gentile a preoccuparti…ma adesso non c’è più alcun bisogno di te qui."

"Sentito? Vi ha praticamente detto di levare le tende!" incalzò Kogoro, mentre Ran si voltava per prendere un fazzoletto di carta con cui asciugarsi gli occhi. Nessuno delle quattro persone che la stavano guardando avrebbe potuto credere che stesse davvero bene. Comunque, nessuno di loro ebbe il coraggio di rivolgerle di nuovo la parola.

Kazuha annuì e si alzò lentamente, ancora un tantino perplessa dallo spettacolo a cui aveva assistito. Recuperò da sotto il letto di Ran il suo borsone e se lo mise a tracolla, mormorando debolmente, mentre usciva dalla stanza.

"Beh, ci vediamo, Ran chan. Telefonami per farmi sapere di Kudo, okay? Arrivederci, Mouri san."

Ran rispose al saluto fiocamente, senza voltarsi, Kogoro grugnì una qualche risposta. Heiji si diresse verso la stanza che la notte prima aveva condiviso con l’investigatore. "Aspettami, Kazuha, prendo la mia roba e arrivo."

Entrò nella camera, chiudendo con un gesto secco la chiusura lampo del suo borsone; avrebbe voluto dire qualcosa al suo migliore amico, qualunque cosa che potesse tirarlo su di morale. Ma lui non lo raggiunse. Dopotutto, si disse poi, non avrebbe potuto pronunciare altro che le solite banalità d’incoraggiamento…forse era stato meglio così.

Lui e Kazuha uscirono dall’agenzia, e un freddo vento d’inverno gli diede il benvenuto fuori, scompigliandogli i capelli e sferzandogli la faccia. Entrambi non avevano molta voglia di parlare. Kazuha guardava in basso, probabilmente riflettendo sconcertata su quanto era accaduto, Heiji ripensava amareggiato allo sconforto che doveva provare il suo miglior amico, e meditava soprattutto sul discorso che avevano affrontato al luna park sugli Uomini in Nero. La faccenda era molto seria e se non avessero fatto subito qualcosa, un giorno o l’altro le sensazioni di orrore e angoscia che aveva provato temendo che Kudo fosse stato ucciso sarebbero state fondate. E il solo pensiero che lui potesse essere fatto fuori da quei bastardi gli rivoltava lo stomaco, lo faceva ardere di rabbia e sprofondare nello sconforto.

Sì, alla fine di quella giornata, una cosa gli era chiara in mente, e di sicuro lo era anche nella testa del suo collega dell’est: dovevano cominciare a fare concretamente qualcosa, subito, al più presto, prima che uno di loro morisse…prima che fosse troppo tardi.

 

 

Note dell’Autrice: uhm…capitolo piuttosto strano questo, non credete? Una specie di frullato di umorismo e malinconia, di amore e ostilità, di passato e presente…non avrei MAI creduto che sarebbe uscito fuori così; giuro che avevo in mente di scrivere un capitolo tranquillo e smielato, completamente incentrato sul love, ma neanch’io so mai cosa ha in serbo per me la mia mente folle, dunque…^^" tralasciando volutamente di parlare della cosa per la quale molti di voi saranno presi da raptus omicidi nei miei confronti, (aiuto!) ci tengo a spiegare l’atteggiamento di Ran nell’ultima parte del chap: avrete notato il contrasto fra la più completa disperazione in un primo momento e la rabbia bruciante in un secondo. Il fatto è che, dopo tutto ciò che le era successo in quella giornata, è normale che Ran pensasse al peggio, con paura, timore, dolore, ma non potendone fare a meno. E se la spiegazione di Heiji da una parte l’ha confortata, dall’altra non ha potuto evitare che la ferisse, per quanto fosse felice che Shinichi fosse sano e salvo. Una sorta di conflitto di interesse…non so se riuscite ad afferrarlo. Ad ogni modo, dedicherò una parte del prossimo capitolo agli stati d’animo di Ran, spero che ogni perplessità sarà così cancellata. Per il resto credo che sia tutto okay, spero che la scena Heiji/Kazuha vi sia piaciuta, così come spero che i convinti fans della coppia Shinichi/Ran non mi uccidano per quel bacio all’inizio…non ne ho potuto fare a meno, era TROPPO allettante!! ^^" Spero solo che lei non sia uscita fuori dal personaggio….il mio timore più grande era lì. Voi comunque cosa ne pensate?? Fatemi sapere!!! Io intanto passo ai ringraziamenti singoli:

Lili: non sei assolutamente in ritardo, anzi!! Sei stata la prima a commentare!! Grazie tantissimo, sono sempre molto felice di sentire che quello che scrivo piace a qualcuno. Qui c’è un’altra scena dedicata alla coppietta di Osaka,  visto? E chissà che in un futuro prossimo… ^ _ ~ ehm…per quanto riguarda Shinichi & Ran…beh…se le cose andassero sempre come si sono programmate, non ci sarebbe più gusto a leggere le storie fino alla fine, non trovi?? Ma vedrai che riuscirò a farmi perdonare lo "scherzetto". Cioè, lo spero! ^^" Un bacio.

Ginny85: i tuoi commenti continuano a farmi piacere in modo indescrivibile, lo sai, sì? Non posso fare a meno di sorridere quando li leggo, grazie tanto tanto!!^//^ Il commento sulla scena di azione mi ha sollevato il morale, avevo paura che non sarebbe piaciuta senza il buon vecchio faccia a faccia stile western che si trova ormai in OGNI film d’azione (trovami tu un film di questo genere in cui il "buono" non affronti il "cattivo" in una sparatoria - _ -") quindi di nuovo un grazie che viene dal profondo del cuore!!^//^ La parte dei dialoghi finali piace molto anche a me, anche se io preferisco il dialogo fra i due boys a quello fra Heiji e Kazuha (adoro il rapporto di amicizia che c’è fra Conan/Shinichi e Heiji, sono una bella squadra^^); avrei voluto incentrare questo chap completamente sull’amore, era in effetti l’idea di base, ma le cose hanno preso una piega imprevista ^^" spero di non averti deluso. In quanto alla tua posizione sulle coppie, più o meno è la stessa che ho io…adoro quelle ufficiali del manga, ma non trovo nulla di male a voler giocare un po’ in campo fanfiction. Spero che i siti che ti ho segnalato ti siano stati utili e che tu sia riuscita a connetterti al mangaviewer…io non ci riesco più e non capisco il perché O _ O. Che scuola faccio? Liceo classico-linguistico, con 35 ore settimanali distribuite in 6 giorni; praticamente faccio tutte le materie del classico escluso il greco, sostituito con francese dal primo anno e spagnolo o tedesco, a scelta, dal terzo anno in poi (io ho scelto spagnolo, naturalmente :p). Progetto "Brocca", lo chiamano, e ti assicuro che è una vera ammazzata. Ho un sacco di materie e di conseguenza un sacco di compiti, senza contare interrogazioni e compiti in classe che non mancano mai, la mattina! È solo Dicembre e mezza classe è già esaurita, in più lo scorso anno e questo hanno messo trimestre e pentamestre invece dei soliti due quadrimestri, quindi figurati! Ehm…lo so che questo è MOLTO di più di quello che volevi sapere, ma se ho la possibilità di sfogarmi non riesco a trattenermi! Il fatto è che è davvero stancante. Beh, ora è meglio che smetta prima che ti addormenti sulla tastiera del computer.^^; Un bacione, spero di risentirti Ginny!

Hoshi: grazie!^^ Sì, è una Shinichi/Ran…spero mi perdonerai la scena iniziale, ma come ho già detto, era una tentazione trooooppo forte. Inoltre Ai non è poi così male, non credi?? Cioè, a volte fa un po’ la bastarda, lo ammetto, ma in fondo in fondo è una brava ragazza. Molto in fondo….moltissimo in fondo….decisamente in fondo…

Yuki: sì, Shinichi e Ran sono proprio una bella coppia, concordo, ^//^ e come hai detto entrambi si amano tanto e non hanno occhi per nessun altro. Infatti  io non ho mai detto che Ai possa avere una possibilità nell’anime/manga, bensì che è divertente giocare un po’ con le coppie nelle fanfiction. Ma naturalmente ognuno ha la propria opinione e io accetto e rispetto la tua. Nessuno può andarti contro se non ti piacciono gli "scambi di coppie", né può costringerti a leggere ff Conan/Ai. Beh, la mia è una Shinichi/Ran quindi diciamo che per ora ho la tua "benevolenza" ^__^ Abbi pietà per quel bacio Yuki-chan…non uccidermi!!! In fondo tu non ammetti che Conan si innamori della biondina, ma che a lei lui piaccia lo sai no? Per cui…clemenza! Lei non è nemmeno così cattiva se ci pensi…il motivo per cui non ha avvertito Shinichi del suo tempo limitato è che stava curando i propri interessi. Chi non lo farebbe?? Cioè, se il ragazzo che ti piace esce con un’altra….non ti viene da essere generosa!! O no?

Primechan: ciao! Grazie mille della recensione e dei complimenti…eh sì, Shinichi & Ran sono proprio carini insieme!! Io non gli rendo la vita facile, poverini… ^^" ti assicuro che la cosa pesa a me per prima; un bacio, al prossimo chap!

Mareviola: ma figurati! ^^ Non sei in ritardo...io ci metto tanto a postare, dunque hai tutto il tempo di commentare, tranquilla!! Beh, risolto il problema vecchiaia e sorvolando la tua passione per le scene violente, (brrr! Fai venire i brividi!! Va beh che anch’io…pensa che uno degli scrittori che preferisco è Stephen King!^^") sono come al solito felice che il capitolo ti sia piaciuto. Conoscerci via e-mail? Per me va bene, nessun problema. Mi piace ricevere posta, soprattutto da gente che non vedo tutti i giorni a scuola. Spediscimene una quando vuoi, io cercherò di risponderti sempre il prima possibile, impegni permettendo. Ciao ciao!

K: grazie!^ _ ^ Non mi sono accorta di fare descrizioni così approfondite…ce n’è una anche all’inizio di questo chap, ma mi serviva per introdurre il tema attorno al quale ho svolto la prima parte…spero perciò che vorrai sorvolare ^^; e che il capitolo ti piaccia.

Leo: grazie mille anche a te^^, ecco qui il seguito…eh sì, mi è proprio piaciuto scrivere la parte in cui Gin e Vodka le prendono, è stata una piccola rivincita che ho dato a Shinichi per quello che gli hanno fatto nel primo volume. ^__^

Ci tengo anche a ringraziare:

Anny_Miyu (sono contentissima che ti sia piaciuta, grazie per la recensione!)  

& LeoConan (Leo?? Sei tu? O _ O Beh, comunque, ti ringrazio tanto, incoraggiarmi a scrivere altre ff su quello stile mi è di aiuto più di quanto tu possa immaginare! E sono contenta che anche a te piaccia la biondina.^^)

 per aver commentato l’altra mia ff  "A Very…", mi rendete fiera di una fanfic per cui avevo già una predilezione. Thanks! ^__^

Ultime cose: l’hem hem di Conan mi è uscito molto professoressa Umbridge….(vd Harry Potter e L’ordine della Fenice) quindi se qualcuno nota la somiglianza, diciamo che non è del tutto casuale, okay? ^ _ ~  I riferimenti a fatti passati sono presi dai vol.18, 24 e 26 di Meitantei Conan pubblicati in Giappone (perché qui in Italia siamo fermi agli antipodi…- -")

Questo è tutto per oggi; al prossimo chap, che prevedo sarà decisamente complicato perché ho un bel po’ di cose da affrontare…^^; spero di riuscire al meglio. Intanto, se non vi dispiace, lasciate una recensione, anche piccola, se vi va; non sapete quanto possono essermi di aiuto, soprattutto considerando che, grazie a quella magnifica invenzione che è il trimestre, fra poco meno di un mese mi daranno la pagella (e lì ci sarà decisamente poco da ridere, temo - _ -")

Baci

-Melany

  
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