"Galileo per tenere lontani i visitatori indesiderati riceveva
soltanto coloro che riuscivano a rispondere a questa domanda: perché i numeri 5,
10, 12, 9, 4, 7, 3, 1 sono stati disposti in quest'ordine?"
La Principessa Palatina mi aveva sottoposto questo indovinello,
dichiarando con una risata malevola che io, essendo un prete e per di più
italiano, avrei dovuto sapere tutto su Galileo.
Ci pensai a lungo, mentre fissavo il volto implorante di Honoré,
quello fiducioso del Duca di Orléans, quello curioso del Re.
Ripetei quei numeri nella mia mente un centinaio di volte, poi,
per immedesimarmi meglio in Galileo, li ripetei in italiano.
Cinque, dieci, dodici.... Cinq, dix, douze....
"S-sono in ordine alfabetico..." sussurrai. Poi lo ripetei più
forte: "Galileo dispose i numeri in ordine alfabetico!"
Il sorriso crudele della Principessa venne spazzato via ed ella
dovette ammettere: "Avete indovinato, Abatino..."
"Caspita, questo ragazzo è più sveglio di quanto pensassi"
esclamò il Re, mentre suo fratello mi tributava un applauso, seguito da tutti i
presenti in quella sala delle feste di Versailles.
Honoré mi gettò le braccia al collo e mi promise che non mi
avrebbe più abbandonato. Il giorno dopo mi invitò nel suo palazzo di campagna ed
io partii, dimentico della famiglia e dell'abbazia.
Posso dire che quella villa povera ma che rivelava i segni di un
passato splendore fu il nostro "nido d'amore". In quella villa promisi ad Honoré
che lui sarebbe stato meorum finis amorum, come disse Orazio, il mio
primo ed ultimo amore.
Piano piano smisi di bere, di giocare d'azzardo, di fare
stupidaggini con i miei amici. Scoprii che cosa fosse l'honnête vie, l'ideale di una vita onesta e serena,
ed iniziai a leggere La Rochefoucauld, Racine, S. Francesco di Sales. Stavo
diventando adulto, o forse la mia nuova vita con Honoré era talmente bella che
non necessitavo più di riempirla con passatempi rischiosi e stupidi?
Ma un giorno, dopo mesi di felicità, Honoré mi disse che sua
madre gli aveva trovato una moglie, un donna ricca e più vecchia di lui che lo
avrebbe sposato nonostante lui fosse così povero, e che avrebbe salvato le sorti
della sua casata.
"Dio mio, ci deve essere un'altra soluzione!" esclamai a quella
ferale notizia.
"Ci ho pensato per giorni, Eugène, e l'unica soluzione è che tu
chieda un comando militare al Re. Se il Re accetterà, tu avrai abbastanza soldi
per mantenere entrambi."
"E se non accettasse?" ebbi il coraggio di chiedere, in un
sussurro.
Honoré mi prese la testa tra le mani, ed accarezzandomi le
guance disse: "Allora temo che non ci potremo più rivedere, amore
mio..."
"Ma se io fallisco, puoi sempre chiedere tu un comando al Re!"
provai a farlo ragionare.
Scoppiò in lacrime.
"Tu non mi ami, se mi chiedi una cosa del genere! Io sono un
poeta, come puoi pretendere che possa vivere tra le distruzioni della guerra? Io
non ti ho mai chiesto di stravolgere ciò che sei per me, non ti chiedo di
diventare cardinale anche se sarebbe più facile, perché so che tu non la volevi
seguire la carriera ecclesiastica...."
Fu il mio turno di prenderlo tra le braccia e di
tranquillizzarlo come un fanciullo.
"Va bene, va bene... otterrò quel comando militare." gli
promisi.
Mi confidai con Armand, mio cugino ed il mio più caro amico, che
in realtà aveva già capito tutto di me ed Honoré. Anche lui aveva messo la testa
a posto e sperava di ottenere una carica dal Re per poter sposare la sua figlia
illegittima, la Mademoiselle de Blois che aveva conosciuto lo stesso giorno in
cui io avevo conosciuto Honoré.
"Non te la prendere con Honoré." mi disse Armand, con una
saggezza che non sapevo possedesse. "A chi è così bello non si può chiedere che
di produrre bellezza. Morirebbe di dolore se dovesse andare in
guerra."
Ci preparammo, passammo i pomeriggi a tirare di scherma finché
non ci sembrò che la nostra spada fosse il prolungamento del nostro braccio, ci
rovinammo gli occhi a furia di leggere e rileggere qualunque manuale di tattica
e strategia, finché non elaborammo personali teorie su quale fosse la posizione
migliore per combattere contro un nemico in superiorità numerica, contro un
nemico meglio armato, contro un nemico che tiene un passo montuoso.
Ed infine arrivò il giorno fatidico. Mi presentai dal Re con
ogni mia speranza in mano, fidando nell'interesse che aveva avuto in quegli
ultimi mesi per me.
Ma il Re rifiutò.
Accampò ogni qualunque scusa: "Siete troppo giovane, siete poco
appariscente, siete già un abate..." ma la verità che il Re non osava dire era
che non poteva dare un comando al figlio di una presunta avvelenatrice, anche se
lui sapeva bene che mia madre non aveva avvelenato nessuno.
Questa doveva essere la fine. Del mio amore, delle mie speranze,
della mia felicità. Percorsi a ritroso i corridoi di Versailles che mi avevano
visto qualche minuto prima camminare fiducioso verso un futuro di gloria con un
groppo in gola e le membra intorpidite.
"Eugène, venite qui un attimo, vi prego!" sentii una voce da una
stanza del palazzo, poi vidi la testa del Duca di Orléans fare capolino da una
porta.
Lo seguii senza opporre resistenza: non avevo niente che mi
attendesse a casa per cui ritornare al più presto.
"Mi dispiace..." mi disse Monsieur. "Ma voi non vi
arrenderete così, vero?"
"E cosa dovrei fare?" gemetti. Il Duca mi guardò con compassione
ed affetto.
"Io non vi dovrei dire quello che sto per dirvi, è tradimento.
Ma io credo che voi dovreste tentare di ottenere un comando dall'Imperatore
Leopoldo, come vostro fratello..." sussurrò, con voce appena
percettibile.
"Mi aiuterete?" gli chiesi. In Austria non avrei più visto
Honoré, ma probabilmente neanche in Francia. Se non potevo avere lui, almeno
volevo avere la vita che avevo sognato fin da bambino.
"Certo che vi aiuterò, piccino. Io vi ho sempre voluto aiutare,
soltanto che voi non vi siete mai accorto di me. Vi siete mai chiesto perché mia
moglie vi odi tanto?" confessò.
Lo guardai come non lo avevo mai guardato prima: era vero, io
non mi ero mai accorto di cosa ci fosse dietro la sua gentilezza per me, per un
ragazzino bruttino e di una famiglia caduta in disgrazia.
"Perdonatemi!" gli chiesi, ma lui mi sorrise
benevolo.
"Non importa." disse. "Io vi voglio bene e vi aiuterò. Vincete
come io non ho potuto più fare dopo le Fiandre, vincete i Turchi per
me."
"Grazie" gli risposi commosso, protendendomi a dargli un bacio
sulla guancia.
Ora mi chiamano Eugenio von Savoie, perché non sanno, come non
so io stesso, se io sia italiano, austriaco o francese. Sono fuggito dalla
Francia travestito da donna, su una carrozza con lo stemma dei Duchi d'Orléans,
con il dolore della perdita dell'Amore nel cuore ma anche tanta, tanta speranza.
Il mio obiettivo era morire da valoroso per il Kaiser che mi aveva accolto,
ridandomi la vita. M'immaginavo la lettera che avrebbe scritto allora:"Noi ci
uniamo al lutto della famiglia Savoie-Soissons per la perdita del maggiore Eugen
..." ma mi sbagliavo.
Ho fatto di più. Sono diventato il suo Feldmaresciallo ed oggi,
a Zenta, ho sconfitto definitivamente i Turchi che da quattordici anni, dal
1683, anno in cui morì mio fratello, minacciavano l'Impero. Non voglio più
morire per lui, ma vivere per vincergli altre battaglie, anche se dovessero
essere battaglie contro il paese che mi ha rifiutato, la Francia. Io sono fedele
a lui quanto lo sono alla memoria del mio Honoré, sebbene siano tipi di fedeltà
diversa. Mi chiama figlio, ed io lo chiamo padre. L'Europa ha gli occhi rivolti
su di me, il vincitore dei Turchi.
Mi manca solo una cosa nella vita, ma è qualcosa a cui ormai ho
rinunciato. Gliel'ho promesso e così sarà: Honoré è stato il mio primo, il mio
ultimo, il mio grande amore.
Perdonatemi la fine precipitosa: il mio progetto era una storia
molto più lunga, ma io ho perso l'ispirazione ed i lettori credo la voglia di
seguire. Eugenio è esistito davvero ed è stato, almeno secondo Napoleone, uno
dei più grandi generali della storia dell'umanità. Ebbe una gioventù burrascosa
e si dice che in quel periodo abbia avuto relazioni con altri uomini. Poi non ha
più avuto relazioni, né con donne né con uomini. Per questo mi sono immaginata
questa storia d'amore con Honoré, l'unico personaggio inventato di questa
storia.
Un grazie enorme a chi mi ha seguito.
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