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12.
All around you are spirits, child.
Lo
sciabordio lento e rilassante dell'acqua sotto di me riuscì
a farmi
aprire gli occhi. Era ancora buio, ma almeno adesso una luce in fondo
a quella galleria la vedevo.
Una
luce in fondo al tunnel? Io mi preoccuperei.
Mentre
il mio cervello formulava ipotesi trascendentali sulla mia probabile
morte, mi resi conto che il flusso d'acqua si era placato, e adesso
viaggiavo lentamente verso la luce.
Sopra
di me, il buio della galleria mi sovrastava: gli alberi avevano
formato quella specie di cunicolo grazie ai loro rami saldamente
intrecciati, che non lasciavano filtrare alcuno spiraglio di luce.
Per
questo motivo, quando raggiunsi la fine della galleria, tornare alla
luce mi costrinse a chiudere gli occhi. Li tenni strizzati per
qualche istante, beandomi della calda luce del sole che mi avvolse
piacevolmente.
Il
cambio di temperatura era stato repentino, quasi immediato, e questo
mi portò ad un'unica conclusione.
Ero
uscita dal regno di transizione.
Aprii
gli occhi, osservando il grande lago che si apriva di fronte ai miei
occhi, circondando da sponde verdeggianti e ricche di vegetazione.
Gli alberi erano alti, secolari, e le chiome oscillavano grazie alla
tiepida brezza del vento. Faceva caldo, e il cielo era terso e
limpido.
Oh,
diamine. Ero in paradiso, per caso?
Mi
guardai attorno, poi concentrai la mia attenzione sul braccio destro:
mi ero graffiata, e stavo sanguinando.
Quello
mi diede la conferma di non essere morta.
Immersi
il braccio nell'acqua e pulii la ferita, poi la lasciai asciugare al
sole. Afferrai il remo e raggiunsi lentamente la sponda più
vicina
del fiume, trascinando l'imbarcazione malridotta fino a riva.
Non
conoscevo quel luogo, eppure c'era qualcosa che me lo rendeva
stranamente familiare. La sensazione spiacevole che avevo percepito
sul fiume era sparita, e per un momento pensai di aver sbagliato
direzione.
Eppure
sapevo di essere sulla strada giusta. Non ne conoscevo il motivo, ma
lo sapevo.
Quel
luogo sembrava non essere stato scalfito minimamente dai drammi
dell'Apocalisse: la vegetazione era fitta e rigogliosa, gli animali
si muovevano nel bosco senza curarsi di me.
Posai
la mano su uno degli alberi ai margini di quel bosco verdeggiante, e
sentii subito l'intenso odore di resina sulla corteccia. Un fruscio
attirò la mia attenzione, così guardai
distrattamente verso l'alto.
Un'ombra
su uno dei grandi rami si mosse. Era ampia, e si muoveva rapidamente.
Indietreggiai
di scatto, stringendo la lama tra le dita. Piegai le gambe, pronta ad
attaccare.
Che
diavolo era quell'affare?
Un
altro tonfo e l'ombra scese a terra, uscendo finalmente alla luce del
sole.
«
Che cavolo... » sbottai tra me e me, mordendomi la lingua.
Ero stufa
di quelle entrate a sorpresa, ne avevo davvero abbastanza. La
bellissima donna di fronte a me avanzò ancora, e la pelle
olivastra
brillò alla luce di quel caldo sole di cui avevo sentito
tanto la
mancanza.
Solo
in quel momento mi resi effettivamente conto della sua bellezza:
simile ad una dea, i capelli corvini le fasciavano il corpo fino ai
fianchi nudi, oscillando sotto le morbide onde del vento. Mi fissava
con gli occhi scuri e profondi, dal taglio esotico. Non ero mai
rimasta tanto affascinata da qualcuno come lo ero in quel momento.
A
piedi nudi sull'erba, la ragazza avanzava verso di me senza alcuna
paura. Non le importava della lama appuntita della mia lancia, o di
ciò che avrei potuto lanciarle contro: la sua sicurezza la
rendeva
fiera come un leone, padrona di se stessa e di quel bosco che la
circondava.
Le
labbra carnose e perfette si mossero appena, incrinandosi in un
sorriso accennato che mi tranquillizzò. La sua
semplicità mi
incuriosiva. Aveva un aspetto selvaggio, ma allo stesso tempo molto
controllato.
«
Non volevo spaventarti. » disse poi con voce calma, e i
tratti del
viso si addolcirono poco a poco. Nonostante non avessi idea di chi
fosse, quell'improvviso cambio di atteggiamento nei miei confronti mi
fece intendere che probabilmente lei conosceva me.
Continuavo
a fissarla, incapace di distogliere lo sguardo dalla sua bellezza
fiera: indossava un abito spezzato, che le lasciava la pancia
scoperta. La gonna era stracciata ai margini. Non osavo immaginare
quale animale avesse scuoiato per farsi quel vestito. Lo stesso arco,
che teneva saldamente ancorato alla schiena, doveva averlo realizzato
da sola. Quei piccoli dettagli mi diedero sempre più l'idea
di una
figura solitaria, eppure padrona del suo mondo.
«
Questo è il tuo Regno? » le chiesi, diretta,
osservandola mentre
strabuzzava gli occhi. Quella parola non doveva piacerle molto, o
forse la trovava strana. Scostò una ciocca di capelli
corvini dal
viso, e solo in quel momento mi accorsi del marchio rosso che le
circondava il braccio, poco sotto la spalla.
Mi
era familiare, nonostante lo vedessi per la prima volta. Mi fece
pensare al sangue, alla lotta.
Quel
pensiero crudo strideva in mezzo alla natura rigogliosa di quel
paradiso, ma non riuscivo a pensare ad altro. Lei mi fissava, forse
incuriosita dai miei pensieri, e la sua espressione mutò
appena da
trasformare la dolcezza in malinconia. Era amareggiata da qualche
pensiero che probabilmente era stato riportato alla luce dalla mia
domanda.
«
Si, questo è il mio mondo. » mormorò
lei, fissando l'orizzonte: il
grande lago era circondato da una riva verdeggiante, in lontananza si
sentiva lo scrosciare di una cascata. Una piacevole brezza spirava da
Nord.
«
Non volevo irrompere così all'improvviso. Mi dispiace.
» mi
affrettai a dire, rompendo il silenzio. « Io sono Red.
Cappuccetto
Rosso. ». Ripetere quel nome non mi faceva affatto piacere,
ma
dovevo pur presentarmi in qualche modo. Eppure dirlo ad alta voce mi
fece quasi rabbrividire. Quel nome non mi apparteneva più,
era un
ricordo del passato. Un passato felice, spensierato, e al momento
assente.
Lei
si accigliò, poi spalancò i grandi occhi scuri in
un moto di
improvvisa sorpresa. « Red? » ripeté,
stupita.
Annuii.
Le sue reazioni erano così spontanee e sincere da farmi
provare un
improvviso senso di tenerezza nei suoi confronti. Era impossibile
aspettarsi un tradimento da quella donna, a giudicare dai suoi occhi.
«
Noi non ci siamo mai incontrate, ma so dove si trova il tuo regno.
»
mi spiegò lei. « hai fatto tutta questa strada
fino a qui da sola?
».
«
E'...una lunga storia. » mormorai, accennando un sorriso. Lei
tornò
a quell'espressione dolce che avevo visto all'inizio, e mi
salutò
con un piccolo cenno del capo.
«
Sono felice di incontrarti. » aggiunse poi, con voce ferma.
« Il
mio nome è Pocahontas. ».
Il
bosco di Pocahontas sembrava non aver subito alcun cambiamento: anche
all'interno manteneva la stessa integrità del resto della
sua terra,
e questo lo rendeva una specie di paradiso. Non avevo mai visto nulla
di simile.
Ci
avvicinammo ad una capanna di grandi dimensioni costruita in legno.
Era in perfette condizioni, e all'interno c'era tutto il necessario
per vivere. C'erano altre capanne più piccole intorno a
quella che
doveva essere la casa del capo villaggio e di sua figlia, ma in giro
non si vedeva nessuno.
In
quel momento mi resi conto che non avevamo incontrato nessuno da
quando ero arrivata lì.
Pocahontas
entrò scostando la pesante tenda ricamata e uscì
qualche secondo
dopo con una grande ciotola di legno tra le mani: al suo interno,
delle grandi pannocchie dai chicchi dorati erano disposte in modo
casuale, una sopra l'altra. Me ne offrì una, ed io accettai
volentieri.
C'era
una strana quiete in quel bosco, eppure nonostante tutto non riuscivo
a rimanere tranquilla. Era come se fossimo nell'occhio del ciclone,
in tensione e trepidante attesa di qualcosa di estremamente
sconvolgente.
E
dallo sguardo intenso e concentrato di Pocahontas, probabilmente
doveva essere esattamente così.
«
Dove sono gli abitanti del villaggio? » chiesi, rompendo il
silenzio. Ma era proprio quella quiete a contenere le risposte, ed io
ne ero assolutamente consapevole. Ma non volevo ammetterlo fino in
fondo.
Pocahontas
guardò l'orizzonte, assottigliando lo sguardo. «
Ora ti racconterò
una storia. La storia di un mondo pacifico sconvolto da qualcosa al
di là di ogni immaginazione. Qualcosa di terribile, oscuro e
malvagio. Che ti consuma. Ti avvolge. Assapora ogni parte di te e poi
ti abbandona, morente, senza lasciarti scampo. Questa maledizione,
che noi chiamiamo Apocalisse, ha sconvolto i nostri Regni e distrutto
i nostri cuori già fragili. Ad ognuno di noi è
stato portato via
qualcosa, e ad ognuno è stata concessa una maledizione da
portare
con sé, come un fardello da trascinare. ».
La
osservai attentamente mentre parlava senza distogliere lo sguardo
dall'orizzonte, gli occhi scuri appena sgranati verso l'infinito. Era
come se non fosse lei a parlare, come se una forza inconscia e molto
potente avesse preso il suo posto, guidandola nelle parole e nei
movimenti. Come un oracolo, parlava con trasporto scegliendo
accuratamente ogni parola.
Iniziavo
a confondermi: che lei sapesse più di quanto io –
e tutti noi –
avevamo scoperto fino a quel momento?
«
Ognuno di noi ha perso qualcosa. » ripeté, e i
suoi occhi tornarono
a posarsi su di me, vitrei e accecati da quelle parole.
Ognuno
di noi ha perso qualcosa.
Quella
frase mi rimbombò nella testa, un frastuono fastidioso che
non mi
lasciava andare. Era come se quelle parole avessero risvegliato in me
qualcosa di nascosto, che fino a quel momento era rimasto assopito.
In
quell'istante mi resi conto di come le sue parole fossero
particolarmente azzeccate, e di come effettivamente chiunque avessi
incontrato nel mio viaggio fosse stato privato di qualcosa.
Una
parte di sé, della sua vecchia vita.
Pensai
ad Alice, che aveva perso il senno.
Agli
abitanti del Paese delle Meraviglie, che avevano perso la follia ed
ora erano costretti a vivere nell'angoscia, senza Alice a guidarli.
Ad
Adam, che era stato privato della sua umanità.
A
Peter, che aveva perso l'amore.
A
Biancaneve, il cui amore era stato stroncato dalla triste
realtà.
A
Mulan ed Esmeralda, che erano senza radici.
Ad
Ariel, che era stata privata della voce.
E
anche a Jim, che aveva perso sua madre e la sua patria.
E
infine pensai a me stessa, e il cuore accelerò: la mia
famiglia, una
parte del mio corpo, la fiducia nel mondo.
Avevo
perso tante cose, e in quel momento tutto cominciò ad avere
più
senso. Ciascuno di noi aveva con sé un fardello da portare,
in un
modo o nell'altro.
Eravamo
tutti maledettamente collegati da quel filo sottile.
«
E tu? » sussurrai, e una folata di vento gelido mi
scompigliò i
capelli, lasciando cadere il cappuccio della mantella sulla schiena.
Il cielo era diventato improvvisamente di un grigio funereo, e si era
tinto di colori che mai avrei voluto vedere.
Colori
che ricordavano la morte, l'abbandono. Pocahontas mi guardò
di
nuovo, poi seguì la scia del vento che mosse i suoi capelli
corvini,
facendoli ondeggiare in modo selvaggio.
«
Io ho perso il mio popolo. Ma soprattutto, la mia libertà.
»
aggiunse poi, lasciando galleggiare la mano in aria. Le dita
sfiorarono il vuoto di fronte a sé, e in quel momento mi
sembrò di
percepire con i miei occhi l'elettricità dell'aria. Era
palpabile,
era proprio lì.
Libertà?
«
La mia maledizione è essere legata a questo Regno, senza
possibilità
di uscire. Non posso oltrepassare il confine, né rivelare
agli altri
ciò che so. » ammise, e in quel momento un brivido
mi percorse la
schiena.
Lei
sapeva. Sapeva qualcosa che noi ignoravamo: forse grazie a quella
spiritualità che era sempre stata parte del suo popolo, e
che ora
parlava attraverso il suo corpo, Pocahontas aveva scoperto qualcosa
di molto importante. Ma la sua maledizione le impediva di cercare chi
avrebbe potuto far tesoro di quelle scoperte.
Ma
ora io ero lì,per puro caso. E non sapevo se questo fosse un
problema o meno.
«
Tu sei arrivata fino a qui. Adesso sei in pericolo. »
mormorò lei,
con una punta di terrore negli occhi.
Dovevo
muovermi. Scoprire tutto ciò che potevo.
Ripensai
alle sue parole, a quello che aveva detto con voce ferma e decisa.
«
Chi c'è dietro tutto questo? Perché questa
maledizione sui nostri
regni? » sussurrai, cercando di trovare le risposte in quello
che mi
sembrava un ragionamento forse troppo difficile.
«
La stessa persona che mi ha impedito di uscire da qui, tenendomi
prigioniera. Non so chi sia, né che forma abbia. Ma se
riesce a
tenermi rinchiusa qui, probabilmente non è molto lontano.
».
Riflettei
sulle sue parole. Se Pocahontas era una minaccia per lui,
probabilmente avrebbe potuto ucciderla.
O
forse non voleva.
Probabilmente
le sue visioni erano utili per scoprire i segreti profondi del Mondo
delle Fiabe. Ma se riusciva a controllarla così a fondo,
allora...
«
E' vicino. » mormorai, con un sussurro. Doveva essere
lì, da
qualche parte. Dovevo uscire da quel regno, e continuare ad andare
avanti. Ero certa che una volta uscita dal bosco sarei stata presa di
mira, o seguita.
Quello
che sapevo era che qualcuno mi teneva d'occhio.
Pocahontas
si muoveva calibrando ogni passo. Era selvaggia, indomabile, ma
nonostante tutto avevo l'impressione che misurasse ogni mossa nel
giusto modo. Era leggera, veloce come una gazzella. E nei suoi gesti
c'era qualcosa che la rendeva impalpabile, eterea.
Ci
muovevamo rapidamente e in silenzio attraverso il bosco, scivolando
vicinissime agli alberi secolari dai lunghi tronchi che tendevano
verso il cielo. Eravamo ombre di passaggio, così leste da
non essere
viste.
Gli
animali si affacciavano dalle tane e ci osservavano senza
disturbarci, come se la visione della mia compagna fosse per loro
un'immagine abituale. E probabilmente lo era, vista la sua perfetta
simbiosi con la natura.
Nonostante
la corsa a passo sostenuto, mi resi conto di non sentire più
la
stanchezza, tanta era la concentrazione. Volevo arrivare alla fine di
quella storia, trovare una soluzione alle mie domande.
E
forse in quel momento c'eravamo vicine, più di quanto
pensassimo.
Pocahontas
rallentò, lasciando scivolare i piedi nudi sull'erba fresca
con
movimenti fluidi e armoniosi, fino a fermarsi del tutto. Il suo viso
era rilassato e il suo sguardo intenso. Quando mi parlò,
nella sua
voce non c'era fatica, solo una grande forza.
«
C'è una strana energia in questo posto. »
mormorò poi, ispirata
dal vento che scuoteva leggero la sua chioma. « Me ne sono
accorta
non appena sono arrivata qui dopo il grande
caos.
».
Lei
lo chiamava così. La parola apocalisse
era troppo catastrofica. Quando me l'aveva detto le avevo risposto
che se fosse uscita da lì avrebbe capito che quella parola
aveva un
giusto utilizzo: gli altri regni avevano subito un destino peggiore
del suo, apparentemente. Ma lei mi aveva risposto che in quella
parola c'era tutta la negatività che noi riponevamo, come se
non
avessimo più speranze.
Come
se quel mondo per noi fosse già finito, e non avesse una
possibilità
di ripresa.
«
Il caos è in continuo movimento, e muta costantemente. E
prima che
tu possa accorgertene, ecco che si forma un nuovo ordine. Per questo
mi piace. » aveva confermato lei, con la solita voce
suadente. «
C'è una speranza anche nella confusione. ».
Non
sapevo se credere a quell'anima piena di speranza nel nostro futuro.
Eppure ognuno di noi cercava di fare del suo meglio per riuscire a
sopravvivere ogni giorno a quella distruzione.
Forse
un minimo di speranza dovevamo averla.
Mi
guardai attorno, pensando alle sue parole. Eravamo arrivati su una
riva silenziosa, dove la luce illuminava solo a sprazzi il terreno a
causa della fitta coltre di fogliame degli alberi. Il laghetto
tranquillo si apriva all'orizzonte, e poco distante dalla riva si
intravedeva una specie di isolotto.
Ancorata
alla terra, a pochi passi da noi, una canoa di legno ci stava
aspettando.
«
Vieni. » mi disse lei, salendo agilmente sull'imbarcazione e
afferrando il remo. La seguii, cercando di mantenere l'equilibrio. Ci
sedemmo entrambe, e Pocahontas iniziò a remare. L'acqua era
limpida
e calmissima. Lo specchio trasparente rifletteva le nostre immagini
appena distorte, fino a quando non arrivammo all'isolotto che avevo
visto in precedenza. Mi resi conto che non era affatto un'isola, ma
attraversando il lago avevamo guadagnato tempo evitando di
costeggiarlo e arrivare dall'altra parte.
Gli
alberi si diramavano lasciando intravedere la riva opposta,
sormontata da un maestoso e bellissimo salice, i cui rami si
gettavano a pelo sull'acqua.
Era
uno spettacolo meraviglioso. Mai in vita mia avevo visto un luogo
tanto bello. I colori viravano dal blu al viola, e anche la luce
intensa del sole sembrava calare tra le fronde verdeggianti.
I
miei occhi guizzavano da una parte all'altra della riva, ammirando
tale bellezza. Ci avvicinammo al salice, e vi passammo attraverso
scostando i rami per lasciare spazio alla canoa e farla scivolare
sull'acqua senza provocare danni. All'interno, il tronco secolare del
salice si ergeva di fronte a noi nella sua maestosità.
Le
fronde rendevano l'atmosfera tranquilla e la luce soffusa. Era come
essere dentro un sogno.
Ci
fermammo una volta raggiunto una delle enormi radici che si piegavano
entrando in acqua. Accostammo la canoa e scendemmo, arrampicandoci
sulle radici fino ad arrivare ad uno dei tronchi disposti di fronte a
quello principale.
«
E ora? » mormorai. Pocahontas si voltò e mi
sorrise.
«
Nonna Salice. » sussurrò, senza distogliere lo
sguardo da me. Stava
chiamando...l'albero?
Improvvisamente
notai che le rughe della corteccia formavano chiaramente un volto.
Quello di una donna anziana, con il naso pronunciato e gli occhi
profondi. Insomma, era pur sempre un albero.
E
poi faccia di corteccia mi sorrise. Deglutii a fatica. Forse le
pannocchie che mi aveva dato erano allucinogene, o c'era qualcosa
nell'aria.
«
Faccia di corteccia si muove? » sbottai, strabuzzando gli
occhi.
Probabilmente era ora di abituarmi a quel genere di stranezze, visto
che avevo a che fare con gente sempre più bizzarra. Eppure
un albero
così non l'avevo ancora mai visto. Poi mi resi conto che
l'avevo
chiamata faccia
di corteccia e
ritornai sui miei passi.
Bella
figura.
Pocahontas
ridacchiò, probabilmente comprendendo il mio stupore. E a
quel punto
riuscii a collegare ciò che lontanamente sapevo sulla
principessa
dei boschi con ciò che avevo davanti agli occhi.
Quello
era il suo spirito guida, che si manifestava a lei e a lei soltanto.
E portarmi in quel luogo quasi sacro era per me un onore e una grande
sorpresa.
L'accenno
di un sorriso apparve sulle mie labbra pallide, rischiarandomi il
viso. Eppure c'era qualcosa di strano in quel viso, qualcosa che non
riuscivo a definire. Pensai al mio viaggio, e a chi avevo incontrato.
Ad
Ariel, a cui era stata tolta la voce. Alla Bestia e agli ibridi del
bosco, che avevano perso la loro umanità.
«
Non può parlare? » azzardai, con un'occhiata in
sua direzione.
Pocahontas annuì, comprensiva e ispirata dalla mia
intuizione.
Probabilmente era la prima volta, da quando tutto quel caos aveva
tolto a Nonna Salice la possibilità di comunicare con lei,
che
qualcuno riusciva a capire come si sentiva.
«
Ma può ancora guidarti. » aggiunse con la sua voce
comprensiva. Si
voltò nuovamente verso l'albero e a quel punto riuscii a
vedere ciò
che lei voleva mostrarmi.
Al
di là del grande albero, oltre le sue fronde fitte e
rigogliose,
c'era un sentiero. Un sentiero fatto d'acqua e poi d'erba verde, la
cui fine ancora non si vedeva.
«
Io non posso uscire da qui. » mormorò lei, e
nonostante tutto non
c'era tristezza nelle sue parole. Come se sapesse di non poter fare
nulla per quella situazione.
O
come se sperasse in me.
«
Ma io si. » continuai, finendo ciò che lei stessa
avrebbe voluto
dire. La vidi sorridere. E Nonna Salice, nella sua comprensione muta,
fece lo stesso. A quel punto le sue radici si mossero, e una di esse
si infilò sotto di me cogliendomi di sorpresa. Sobbalzai,
emettendo
un gemito di stupore.
Mi
aveva colta impreparata.
La
radice mi sollevò da terra, e in un attimo mi trovai
vicinissima al
suo volto: era incredibile come le scalanature del suo volto
somigliassero alle rughe dell'età, che la rendevano ancora
più
imponente e saggia.
Le
fronde della chioma si mossero attorno a me, circondandomi in un
vortice che mi estraniava da tutto il resto. Due di esse si
distaccarono dal turbinio di foglie che mi avvolgeva, portando con
loro un oggetto in legno che aveva un che di familiare, nonostante
non l'avessi mai visto.
Osservai
i colori oltre il vetro, la freccia muoversi rapidamente in senso
orario, girando a trecentosessanta grandi tanto rapidamente da farmi
girare la testa.
Era
una bussola.
«
La forza che anima il tuo cuore è più potente di
qualsiasi
maledizione. » sussurrò Pocahontas, ma la sua voce
somigliava ad un
grido alle mie orecchie, proprio come quando mi aveva incantata con
il suo oracolo.
«
E la bussola ti guiderà dove il tuo cuore vuole portarti.
».
La
sagoma di Pocahontas si fece via via più sfocata, mentre mi
allontanavo sopra la canoa lasciandomi il suo bosco alle spalle. Non
sapevo cosa avrei incontrato nel mio cammino.
Sarei
riuscita ad uscire da quel posto?
Tenni
stretta la bussola tra le mani. Il suo dono mi suggeriva che ce
l'avrei fatta. Non sapevo quale fosse la sua storia, ma quell'oggetto
doveva avere un grande valore per lei, un valore che neppure
immaginavo.
Quando
glielo avevo chiesto, mi aveva semplicemente risposto che apparteneva
ad una persona speciale.
E
nei suoi occhi avevo visto una luce così intensa che non
avevo osato
chiedere altro.
Quando
arrivai alla riva opposta del lago, un grande bosco buio si apriva di
fronte a me, decisamente meno ospitale di quello che mi aveva accolta
fino a poco tempo fa. Nonna Salice e il suo piccolo posto tranquillo
sembravano già troppo lontani, quasi come appartenessero ad
un
sogno.
Camminai
fino a quando la luce scomparve del tutto, facendomi perdere
l'orientamento. Sentivo la freccia della bussola muoversi
all'impazzata, e nonostante non vedessi nulla non riuscivo proprio a
fermarmi.
Lasciavo
dietro di me impronte fresche, su un terreno che odorava di terra
bagnata ed erba appena tagliata. In quel momento una strana
sensazione mi pervase, lasciandomi dimenticare tutto il resto.
Nonostante
il buio, o la solitudine.
Io
ero lì.
E
sarei arrivata alla fine di quel viaggio, viva o meno, con una
risposta a tutte le mie domande. Avrei trovato una luce chiara,
vivida e calda alla fine di quel tunnel che rischiava di
imprigionarmi.
E
fu in quel momento che lo sentii. Un rumore.
Appena
accennato, portato da una brezza fresca e debole.
Il
rumore di un bosco vivo. Di fronde mosse dal vento, di uccellini e
animali del sottobosco.
Di
vita che scorre.
E
dopo il rumore arrivò la luce. Trattenni il respiro,
avvicinandomi
lentamente ad essa, e con passo deciso mi ci immersi. La sensazione
che provai fu simile a quella che avevo percepito appena, nella folle
corsa fuori dal bosco di Belle e Adam, attraversando i confini del
loro regno insieme a Jim.
Questa
volta, camminando con calma, riuscii a viverla più
intensamente: era
come attraversare uno spesso muro d'acqua sospeso di fronte a me.
L'immersione, l'apnea, il silenzio.
Era
una sensazione meravigliosa.
Dopo
qualche altro passo uscii alla luce, oltre la barriera che mi
divideva da quel regno, senza subire alcun danno. Ora capivo cosa
intendeva Pocahontas quando mi parlava di essere intrappolata
lì
dentro.
A
prima vista la parete sembrava una vera e propria barriera, e
probabilmente la possibilità che avevo io di attraversarla
non era
concessa a lei.
Di
fronte a me si apriva di nuovo un bosco, molto simile a quello che
avevo appena lasciato. Eppure, non appena feci il primo passo,
riuscii di nuovo a sentirla chiaramente dopo tanto tempo.
Quella
sensazione spiacevole che avevo percepito quando stavo per essere
attaccata. La sensazione che qualcosa di brutto sarebbe accaduto di
lì a poco, che dovevo tenermi pronta.
E
accadde davvero, ma questa volta il pericolo non era affatto attorno
a me.
Era
nella mia testa.
“Ciao,
Red.”
Una
voce, bassa e profonda, che conoscevo bene.
Che
scatenava in me le più profonde paure, bloccandomi.
La
voce del lupo.
Nb. Ecco un nuovo personaggio, che sicuramente dovevo inserire visto
che rappresenta uno dei cardini della mia infanzia. Ho sempre visto
Pocahontas come l'emblema della libertà, perciò
non
potevo darle uno spazio più che consistente nel corso della
storia. Questo capitolo è molto "spirituale", per
così
dire, Red comincia a capirci qualcosa anche se non sembra essere ancora
tutto molto chiaro. Il titolo del capitolo è tratto dal
classico
Disney, e precisamente è una frase che Grandmother Willow (
aka
Nonna Salice) dice a Pocahontas quando quest'ultima le rivela il sogno
ricorrente che ogni notte la tormenta. Spero continuerete a seguire
questa storia, che ogni giorno sta acquisendo sempre più
importanza per me.
Un abbraccio,
L.
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