Libri > Fiabe
Segui la storia  |       
Autore: littlemoonstar    13/03/2014    1 recensioni
Il mio nome è Cappuccetto Rosso, ma in questo nuovo mondo mi chiamano solo Red.
E in questo mondo un tempo fatato cerco di sopravvivere ora dopo ora, cercando di capire cosa lo abbia ridotto in questo stato pietoso e deprimente.
Io sono Red, e vivo in un mondo pericoloso, in cui il vissero felici e contenti non ha più senso di esistere.
Sono una sopravvissuta, e questa è la mia storia.
 
[Capitolo 18]
Ed ora era lì, quella bestia che sempre avevo temuto. Di fronte ai miei occhi, così feroce da paralizzarmi. Riusciva a risvegliare le paure più recondite, i ricordi più dolorosi e macabri della mia infanzia. Era la mia debolezza, il centro di tutta la mia paura.
Era il Lupo cattivo, ed era pronto a mangiarmi di nuovo.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
thisfairitaleisradioactivenow



THIS FAIRYTALE IS RADIOACTIVE NOW.
-




-

12. All around you are spirits, child. 





Lo sciabordio lento e rilassante dell'acqua sotto di me riuscì a farmi aprire gli occhi. Era ancora buio, ma almeno adesso una luce in fondo a quella galleria la vedevo.
Una luce in fondo al tunnel? Io mi preoccuperei.
Mentre il mio cervello formulava ipotesi trascendentali sulla mia probabile morte, mi resi conto che il flusso d'acqua si era placato, e adesso viaggiavo lentamente verso la luce.
Sopra di me, il buio della galleria mi sovrastava: gli alberi avevano formato quella specie di cunicolo grazie ai loro rami saldamente intrecciati, che non lasciavano filtrare alcuno spiraglio di luce.
Per questo motivo, quando raggiunsi la fine della galleria, tornare alla luce mi costrinse a chiudere gli occhi. Li tenni strizzati per qualche istante, beandomi della calda luce del sole che mi avvolse piacevolmente.
Il cambio di temperatura era stato repentino, quasi immediato, e questo mi portò ad un'unica conclusione.
Ero uscita dal regno di transizione.
Aprii gli occhi, osservando il grande lago che si apriva di fronte ai miei occhi, circondando da sponde verdeggianti e ricche di vegetazione. Gli alberi erano alti, secolari, e le chiome oscillavano grazie alla tiepida brezza del vento. Faceva caldo, e il cielo era terso e limpido.
Oh, diamine. Ero in paradiso, per caso?
Mi guardai attorno, poi concentrai la mia attenzione sul braccio destro: mi ero graffiata, e stavo sanguinando.
Quello mi diede la conferma di non essere morta.
Immersi il braccio nell'acqua e pulii la ferita, poi la lasciai asciugare al sole. Afferrai il remo e raggiunsi lentamente la sponda più vicina del fiume, trascinando l'imbarcazione malridotta fino a riva.
Non conoscevo quel luogo, eppure c'era qualcosa che me lo rendeva stranamente familiare. La sensazione spiacevole che avevo percepito sul fiume era sparita, e per un momento pensai di aver sbagliato direzione.
Eppure sapevo di essere sulla strada giusta. Non ne conoscevo il motivo, ma lo sapevo.
Quel luogo sembrava non essere stato scalfito minimamente dai drammi dell'Apocalisse: la vegetazione era fitta e rigogliosa, gli animali si muovevano nel bosco senza curarsi di me.
Posai la mano su uno degli alberi ai margini di quel bosco verdeggiante, e sentii subito l'intenso odore di resina sulla corteccia. Un fruscio attirò la mia attenzione, così guardai distrattamente verso l'alto.
Un'ombra su uno dei grandi rami si mosse. Era ampia, e si muoveva rapidamente.
Indietreggiai di scatto, stringendo la lama tra le dita. Piegai le gambe, pronta ad attaccare.
Che diavolo era quell'affare?
Un altro tonfo e l'ombra scese a terra, uscendo finalmente alla luce del sole.
« Che cavolo... » sbottai tra me e me, mordendomi la lingua. Ero stufa di quelle entrate a sorpresa, ne avevo davvero abbastanza. La bellissima donna di fronte a me avanzò ancora, e la pelle olivastra brillò alla luce di quel caldo sole di cui avevo sentito tanto la mancanza.
Solo in quel momento mi resi effettivamente conto della sua bellezza: simile ad una dea, i capelli corvini le fasciavano il corpo fino ai fianchi nudi, oscillando sotto le morbide onde del vento. Mi fissava con gli occhi scuri e profondi, dal taglio esotico. Non ero mai rimasta tanto affascinata da qualcuno come lo ero in quel momento.
A piedi nudi sull'erba, la ragazza avanzava verso di me senza alcuna paura. Non le importava della lama appuntita della mia lancia, o di ciò che avrei potuto lanciarle contro: la sua sicurezza la rendeva fiera come un leone, padrona di se stessa e di quel bosco che la circondava.
Le labbra carnose e perfette si mossero appena, incrinandosi in un sorriso accennato che mi tranquillizzò. La sua semplicità mi incuriosiva. Aveva un aspetto selvaggio, ma allo stesso tempo molto controllato.
« Non volevo spaventarti. » disse poi con voce calma, e i tratti del viso si addolcirono poco a poco. Nonostante non avessi idea di chi fosse, quell'improvviso cambio di atteggiamento nei miei confronti mi fece intendere che probabilmente lei conosceva me.
Continuavo a fissarla, incapace di distogliere lo sguardo dalla sua bellezza fiera: indossava un abito spezzato, che le lasciava la pancia scoperta. La gonna era stracciata ai margini. Non osavo immaginare quale animale avesse scuoiato per farsi quel vestito. Lo stesso arco, che teneva saldamente ancorato alla schiena, doveva averlo realizzato da sola. Quei piccoli dettagli mi diedero sempre più l'idea di una figura solitaria, eppure padrona del suo mondo.
« Questo è il tuo Regno? » le chiesi, diretta, osservandola mentre strabuzzava gli occhi. Quella parola non doveva piacerle molto, o forse la trovava strana. Scostò una ciocca di capelli corvini dal viso, e solo in quel momento mi accorsi del marchio rosso che le circondava il braccio, poco sotto la spalla.
Mi era familiare, nonostante lo vedessi per la prima volta. Mi fece pensare al sangue, alla lotta.
Quel pensiero crudo strideva in mezzo alla natura rigogliosa di quel paradiso, ma non riuscivo a pensare ad altro. Lei mi fissava, forse incuriosita dai miei pensieri, e la sua espressione mutò appena da trasformare la dolcezza in malinconia. Era amareggiata da qualche pensiero che probabilmente era stato riportato alla luce dalla mia domanda.
« Si, questo è il mio mondo. » mormorò lei, fissando l'orizzonte: il grande lago era circondato da una riva verdeggiante, in lontananza si sentiva lo scrosciare di una cascata. Una piacevole brezza spirava da Nord.
« Non volevo irrompere così all'improvviso. Mi dispiace. » mi affrettai a dire, rompendo il silenzio. « Io sono Red. Cappuccetto Rosso. ». Ripetere quel nome non mi faceva affatto piacere, ma dovevo pur presentarmi in qualche modo. Eppure dirlo ad alta voce mi fece quasi rabbrividire. Quel nome non mi apparteneva più, era un ricordo del passato. Un passato felice, spensierato, e al momento assente.
Lei si accigliò, poi spalancò i grandi occhi scuri in un moto di improvvisa sorpresa. « Red? » ripeté, stupita.
Annuii. Le sue reazioni erano così spontanee e sincere da farmi provare un improvviso senso di tenerezza nei suoi confronti. Era impossibile aspettarsi un tradimento da quella donna, a giudicare dai suoi occhi.
« Noi non ci siamo mai incontrate, ma so dove si trova il tuo regno. » mi spiegò lei. « hai fatto tutta questa strada fino a qui da sola? ».
« E'...una lunga storia. » mormorai, accennando un sorriso. Lei tornò a quell'espressione dolce che avevo visto all'inizio, e mi salutò con un piccolo cenno del capo.
« Sono felice di incontrarti. » aggiunse poi, con voce ferma. « Il mio nome è Pocahontas. ».







Il bosco di Pocahontas sembrava non aver subito alcun cambiamento: anche all'interno manteneva la stessa integrità del resto della sua terra, e questo lo rendeva una specie di paradiso. Non avevo mai visto nulla di simile.
Ci avvicinammo ad una capanna di grandi dimensioni costruita in legno. Era in perfette condizioni, e all'interno c'era tutto il necessario per vivere. C'erano altre capanne più piccole intorno a quella che doveva essere la casa del capo villaggio e di sua figlia, ma in giro non si vedeva nessuno.
In quel momento mi resi conto che non avevamo incontrato nessuno da quando ero arrivata lì.
Pocahontas entrò scostando la pesante tenda ricamata e uscì qualche secondo dopo con una grande ciotola di legno tra le mani: al suo interno, delle grandi pannocchie dai chicchi dorati erano disposte in modo casuale, una sopra l'altra. Me ne offrì una, ed io accettai volentieri.
C'era una strana quiete in quel bosco, eppure nonostante tutto non riuscivo a rimanere tranquilla. Era come se fossimo nell'occhio del ciclone, in tensione e trepidante attesa di qualcosa di estremamente sconvolgente.
E dallo sguardo intenso e concentrato di Pocahontas, probabilmente doveva essere esattamente così.
« Dove sono gli abitanti del villaggio? » chiesi, rompendo il silenzio. Ma era proprio quella quiete a contenere le risposte, ed io ne ero assolutamente consapevole. Ma non volevo ammetterlo fino in fondo.
Pocahontas guardò l'orizzonte, assottigliando lo sguardo. « Ora ti racconterò una storia. La storia di un mondo pacifico sconvolto da qualcosa al di là di ogni immaginazione. Qualcosa di terribile, oscuro e malvagio. Che ti consuma. Ti avvolge. Assapora ogni parte di te e poi ti abbandona, morente, senza lasciarti scampo. Questa maledizione, che noi chiamiamo Apocalisse, ha sconvolto i nostri Regni e distrutto i nostri cuori già fragili. Ad ognuno di noi è stato portato via qualcosa, e ad ognuno è stata concessa una maledizione da portare con sé, come un fardello da trascinare. ».
La osservai attentamente mentre parlava senza distogliere lo sguardo dall'orizzonte, gli occhi scuri appena sgranati verso l'infinito. Era come se non fosse lei a parlare, come se una forza inconscia e molto potente avesse preso il suo posto, guidandola nelle parole e nei movimenti. Come un oracolo, parlava con trasporto scegliendo accuratamente ogni parola.
Iniziavo a confondermi: che lei sapesse più di quanto io – e tutti noi – avevamo scoperto fino a quel momento?
« Ognuno di noi ha perso qualcosa. » ripeté, e i suoi occhi tornarono a posarsi su di me, vitrei e accecati da quelle parole.
Ognuno di noi ha perso qualcosa.
Quella frase mi rimbombò nella testa, un frastuono fastidioso che non mi lasciava andare. Era come se quelle parole avessero risvegliato in me qualcosa di nascosto, che fino a quel momento era rimasto assopito.
In quell'istante mi resi conto di come le sue parole fossero particolarmente azzeccate, e di come effettivamente chiunque avessi incontrato nel mio viaggio fosse stato privato di qualcosa.
Una parte di sé, della sua vecchia vita.
Pensai ad Alice, che aveva perso il senno.
Agli abitanti del Paese delle Meraviglie, che avevano perso la follia ed ora erano costretti a vivere nell'angoscia, senza Alice a guidarli.
Ad Adam, che era stato privato della sua umanità.
A Peter, che aveva perso l'amore.
A Biancaneve, il cui amore era stato stroncato dalla triste realtà.
A Mulan ed Esmeralda, che erano senza radici.
Ad Ariel, che era stata privata della voce.
E anche a Jim, che aveva perso sua madre e la sua patria.
E infine pensai a me stessa, e il cuore accelerò: la mia famiglia, una parte del mio corpo, la fiducia nel mondo.
Avevo perso tante cose, e in quel momento tutto cominciò ad avere più senso. Ciascuno di noi aveva con sé un fardello da portare, in un modo o nell'altro.
Eravamo tutti maledettamente collegati da quel filo sottile.
« E tu? » sussurrai, e una folata di vento gelido mi scompigliò i capelli, lasciando cadere il cappuccio della mantella sulla schiena. Il cielo era diventato improvvisamente di un grigio funereo, e si era tinto di colori che mai avrei voluto vedere.
Colori che ricordavano la morte, l'abbandono. Pocahontas mi guardò di nuovo, poi seguì la scia del vento che mosse i suoi capelli corvini, facendoli ondeggiare in modo selvaggio.
« Io ho perso il mio popolo. Ma soprattutto, la mia libertà. » aggiunse poi, lasciando galleggiare la mano in aria. Le dita sfiorarono il vuoto di fronte a sé, e in quel momento mi sembrò di percepire con i miei occhi l'elettricità dell'aria. Era palpabile, era proprio lì.
Libertà?
« La mia maledizione è essere legata a questo Regno, senza possibilità di uscire. Non posso oltrepassare il confine, né rivelare agli altri ciò che so. » ammise, e in quel momento un brivido mi percorse la schiena.
Lei sapeva. Sapeva qualcosa che noi ignoravamo: forse grazie a quella spiritualità che era sempre stata parte del suo popolo, e che ora parlava attraverso il suo corpo, Pocahontas aveva scoperto qualcosa di molto importante. Ma la sua maledizione le impediva di cercare chi avrebbe potuto far tesoro di quelle scoperte.
Ma ora io ero lì,per puro caso. E non sapevo se questo fosse un problema o meno.
« Tu sei arrivata fino a qui. Adesso sei in pericolo. » mormorò lei, con una punta di terrore negli occhi.
Dovevo muovermi. Scoprire tutto ciò che potevo.
Ripensai alle sue parole, a quello che aveva detto con voce ferma e decisa.
« Chi c'è dietro tutto questo? Perché questa maledizione sui nostri regni? » sussurrai, cercando di trovare le risposte in quello che mi sembrava un ragionamento forse troppo difficile.
« La stessa persona che mi ha impedito di uscire da qui, tenendomi prigioniera. Non so chi sia, né che forma abbia. Ma se riesce a tenermi rinchiusa qui, probabilmente non è molto lontano. ».
Riflettei sulle sue parole. Se Pocahontas era una minaccia per lui, probabilmente avrebbe potuto ucciderla.
O forse non voleva.
Probabilmente le sue visioni erano utili per scoprire i segreti profondi del Mondo delle Fiabe. Ma se riusciva a controllarla così a fondo, allora...
« E' vicino. » mormorai, con un sussurro. Doveva essere lì, da qualche parte. Dovevo uscire da quel regno, e continuare ad andare avanti. Ero certa che una volta uscita dal bosco sarei stata presa di mira, o seguita.
Quello che sapevo era che qualcuno mi teneva d'occhio.





Pocahontas si muoveva calibrando ogni passo. Era selvaggia, indomabile, ma nonostante tutto avevo l'impressione che misurasse ogni mossa nel giusto modo. Era leggera, veloce come una gazzella. E nei suoi gesti c'era qualcosa che la rendeva impalpabile, eterea.

Ci muovevamo rapidamente e in silenzio attraverso il bosco, scivolando vicinissime agli alberi secolari dai lunghi tronchi che tendevano verso il cielo. Eravamo ombre di passaggio, così leste da non essere viste.
Gli animali si affacciavano dalle tane e ci osservavano senza disturbarci, come se la visione della mia compagna fosse per loro un'immagine abituale. E probabilmente lo era, vista la sua perfetta simbiosi con la natura.
Nonostante la corsa a passo sostenuto, mi resi conto di non sentire più la stanchezza, tanta era la concentrazione. Volevo arrivare alla fine di quella storia, trovare una soluzione alle mie domande.
E forse in quel momento c'eravamo vicine, più di quanto pensassimo.
Pocahontas rallentò, lasciando scivolare i piedi nudi sull'erba fresca con movimenti fluidi e armoniosi, fino a fermarsi del tutto. Il suo viso era rilassato e il suo sguardo intenso. Quando mi parlò, nella sua voce non c'era fatica, solo una grande forza.
« C'è una strana energia in questo posto. » mormorò poi, ispirata dal vento che scuoteva leggero la sua chioma. « Me ne sono accorta non appena sono arrivata qui dopo il grande caos. ».
Lei lo chiamava così. La parola apocalisse era troppo catastrofica. Quando me l'aveva detto le avevo risposto che se fosse uscita da lì avrebbe capito che quella parola aveva un giusto utilizzo: gli altri regni avevano subito un destino peggiore del suo, apparentemente. Ma lei mi aveva risposto che in quella parola c'era tutta la negatività che noi riponevamo, come se non avessimo più speranze.
Come se quel mondo per noi fosse già finito, e non avesse una possibilità di ripresa.
« Il caos è in continuo movimento, e muta costantemente. E prima che tu possa accorgertene, ecco che si forma un nuovo ordine. Per questo mi piace. » aveva confermato lei, con la solita voce suadente. « C'è una speranza anche nella confusione. ».
Non sapevo se credere a quell'anima piena di speranza nel nostro futuro. Eppure ognuno di noi cercava di fare del suo meglio per riuscire a sopravvivere ogni giorno a quella distruzione.
Forse un minimo di speranza dovevamo averla.
Mi guardai attorno, pensando alle sue parole. Eravamo arrivati su una riva silenziosa, dove la luce illuminava solo a sprazzi il terreno a causa della fitta coltre di fogliame degli alberi. Il laghetto tranquillo si apriva all'orizzonte, e poco distante dalla riva si intravedeva una specie di isolotto.
Ancorata alla terra, a pochi passi da noi, una canoa di legno ci stava aspettando.
« Vieni. » mi disse lei, salendo agilmente sull'imbarcazione e afferrando il remo. La seguii, cercando di mantenere l'equilibrio. Ci sedemmo entrambe, e Pocahontas iniziò a remare. L'acqua era limpida e calmissima. Lo specchio trasparente rifletteva le nostre immagini appena distorte, fino a quando non arrivammo all'isolotto che avevo visto in precedenza. Mi resi conto che non era affatto un'isola, ma attraversando il lago avevamo guadagnato tempo evitando di costeggiarlo e arrivare dall'altra parte.
Gli alberi si diramavano lasciando intravedere la riva opposta, sormontata da un maestoso e bellissimo salice, i cui rami si gettavano a pelo sull'acqua.
Era uno spettacolo meraviglioso. Mai in vita mia avevo visto un luogo tanto bello. I colori viravano dal blu al viola, e anche la luce intensa del sole sembrava calare tra le fronde verdeggianti.
I miei occhi guizzavano da una parte all'altra della riva, ammirando tale bellezza. Ci avvicinammo al salice, e vi passammo attraverso scostando i rami per lasciare spazio alla canoa e farla scivolare sull'acqua senza provocare danni. All'interno, il tronco secolare del salice si ergeva di fronte a noi nella sua maestosità.
Le fronde rendevano l'atmosfera tranquilla e la luce soffusa. Era come essere dentro un sogno.
Ci fermammo una volta raggiunto una delle enormi radici che si piegavano entrando in acqua. Accostammo la canoa e scendemmo, arrampicandoci sulle radici fino ad arrivare ad uno dei tronchi disposti di fronte a quello principale.
« E ora? » mormorai. Pocahontas si voltò e mi sorrise.
« Nonna Salice. » sussurrò, senza distogliere lo sguardo da me. Stava chiamando...l'albero?
Improvvisamente notai che le rughe della corteccia formavano chiaramente un volto. Quello di una donna anziana, con il naso pronunciato e gli occhi profondi. Insomma, era pur sempre un albero.
E poi faccia di corteccia mi sorrise. Deglutii a fatica. Forse le pannocchie che mi aveva dato erano allucinogene, o c'era qualcosa nell'aria.
« Faccia di corteccia si muove? » sbottai, strabuzzando gli occhi. Probabilmente era ora di abituarmi a quel genere di stranezze, visto che avevo a che fare con gente sempre più bizzarra. Eppure un albero così non l'avevo ancora mai visto. Poi mi resi conto che l'avevo chiamata faccia di corteccia e ritornai sui miei passi.
Bella figura.
Pocahontas ridacchiò, probabilmente comprendendo il mio stupore. E a quel punto riuscii a collegare ciò che lontanamente sapevo sulla principessa dei boschi con ciò che avevo davanti agli occhi.
Quello era il suo spirito guida, che si manifestava a lei e a lei soltanto. E portarmi in quel luogo quasi sacro era per me un onore e una grande sorpresa.
L'accenno di un sorriso apparve sulle mie labbra pallide, rischiarandomi il viso. Eppure c'era qualcosa di strano in quel viso, qualcosa che non riuscivo a definire. Pensai al mio viaggio, e a chi avevo incontrato.
Ad Ariel, a cui era stata tolta la voce. Alla Bestia e agli ibridi del bosco, che avevano perso la loro umanità.
« Non può parlare? » azzardai, con un'occhiata in sua direzione. Pocahontas annuì, comprensiva e ispirata dalla mia intuizione. Probabilmente era la prima volta, da quando tutto quel caos aveva tolto a Nonna Salice la possibilità di comunicare con lei, che qualcuno riusciva a capire come si sentiva.
« Ma può ancora guidarti. » aggiunse con la sua voce comprensiva. Si voltò nuovamente verso l'albero e a quel punto riuscii a vedere ciò che lei voleva mostrarmi.
Al di là del grande albero, oltre le sue fronde fitte e rigogliose, c'era un sentiero. Un sentiero fatto d'acqua e poi d'erba verde, la cui fine ancora non si vedeva.
« Io non posso uscire da qui. » mormorò lei, e nonostante tutto non c'era tristezza nelle sue parole. Come se sapesse di non poter fare nulla per quella situazione.
O come se sperasse in me.
« Ma io si. » continuai, finendo ciò che lei stessa avrebbe voluto dire. La vidi sorridere. E Nonna Salice, nella sua comprensione muta, fece lo stesso. A quel punto le sue radici si mossero, e una di esse si infilò sotto di me cogliendomi di sorpresa. Sobbalzai, emettendo un gemito di stupore.
Mi aveva colta impreparata.
La radice mi sollevò da terra, e in un attimo mi trovai vicinissima al suo volto: era incredibile come le scalanature del suo volto somigliassero alle rughe dell'età, che la rendevano ancora più imponente e saggia.
Le fronde della chioma si mossero attorno a me, circondandomi in un vortice che mi estraniava da tutto il resto. Due di esse si distaccarono dal turbinio di foglie che mi avvolgeva, portando con loro un oggetto in legno che aveva un che di familiare, nonostante non l'avessi mai visto.
Osservai i colori oltre il vetro, la freccia muoversi rapidamente in senso orario, girando a trecentosessanta grandi tanto rapidamente da farmi girare la testa.
Era una bussola.
« La forza che anima il tuo cuore è più potente di qualsiasi maledizione. » sussurrò Pocahontas, ma la sua voce somigliava ad un grido alle mie orecchie, proprio come quando mi aveva incantata con il suo oracolo.
« E la bussola ti guiderà dove il tuo cuore vuole portarti. ».






La sagoma di Pocahontas si fece via via più sfocata, mentre mi allontanavo sopra la canoa lasciandomi il suo bosco alle spalle. Non sapevo cosa avrei incontrato nel mio cammino.
Sarei riuscita ad uscire da quel posto?
Tenni stretta la bussola tra le mani. Il suo dono mi suggeriva che ce l'avrei fatta. Non sapevo quale fosse la sua storia, ma quell'oggetto doveva avere un grande valore per lei, un valore che neppure immaginavo.
Quando glielo avevo chiesto, mi aveva semplicemente risposto che apparteneva ad una persona speciale.
E nei suoi occhi avevo visto una luce così intensa che non avevo osato chiedere altro.
Quando arrivai alla riva opposta del lago, un grande bosco buio si apriva di fronte a me, decisamente meno ospitale di quello che mi aveva accolta fino a poco tempo fa. Nonna Salice e il suo piccolo posto tranquillo sembravano già troppo lontani, quasi come appartenessero ad un sogno.
Camminai fino a quando la luce scomparve del tutto, facendomi perdere l'orientamento. Sentivo la freccia della bussola muoversi all'impazzata, e nonostante non vedessi nulla non riuscivo proprio a fermarmi.
Lasciavo dietro di me impronte fresche, su un terreno che odorava di terra bagnata ed erba appena tagliata. In quel momento una strana sensazione mi pervase, lasciandomi dimenticare tutto il resto.
Nonostante il buio, o la solitudine.
Io ero lì.
E sarei arrivata alla fine di quel viaggio, viva o meno, con una risposta a tutte le mie domande. Avrei trovato una luce chiara, vivida e calda alla fine di quel tunnel che rischiava di imprigionarmi.
E fu in quel momento che lo sentii. Un rumore.
Appena accennato, portato da una brezza fresca e debole.
Il rumore di un bosco vivo. Di fronde mosse dal vento, di uccellini e animali del sottobosco.
Di vita che scorre.
E dopo il rumore arrivò la luce. Trattenni il respiro, avvicinandomi lentamente ad essa, e con passo deciso mi ci immersi. La sensazione che provai fu simile a quella che avevo percepito appena, nella folle corsa fuori dal bosco di Belle e Adam, attraversando i confini del loro regno insieme a Jim.
Questa volta, camminando con calma, riuscii a viverla più intensamente: era come attraversare uno spesso muro d'acqua sospeso di fronte a me. L'immersione, l'apnea, il silenzio.
Era una sensazione meravigliosa.
Dopo qualche altro passo uscii alla luce, oltre la barriera che mi divideva da quel regno, senza subire alcun danno. Ora capivo cosa intendeva Pocahontas quando mi parlava di essere intrappolata lì dentro.
A prima vista la parete sembrava una vera e propria barriera, e probabilmente la possibilità che avevo io di attraversarla non era concessa a lei.
Di fronte a me si apriva di nuovo un bosco, molto simile a quello che avevo appena lasciato. Eppure, non appena feci il primo passo, riuscii di nuovo a sentirla chiaramente dopo tanto tempo.
Quella sensazione spiacevole che avevo percepito quando stavo per essere attaccata. La sensazione che qualcosa di brutto sarebbe accaduto di lì a poco, che dovevo tenermi pronta.
E accadde davvero, ma questa volta il pericolo non era affatto attorno a me.
Era nella mia testa.
Ciao, Red.”
Una voce, bassa e profonda, che conoscevo bene.
Che scatenava in me le più profonde paure, bloccandomi.
La voce del lupo.



 













Nb. Ecco un nuovo personaggio, che sicuramente dovevo inserire visto che rappresenta uno dei cardini della mia infanzia. Ho sempre visto Pocahontas come l'emblema della libertà, perciò non potevo darle uno spazio più che consistente nel corso della storia. Questo capitolo è molto "spirituale", per così dire, Red comincia a capirci qualcosa anche se non sembra essere ancora tutto molto chiaro. Il titolo del capitolo è tratto dal classico Disney, e precisamente è una frase che Grandmother Willow ( aka Nonna Salice) dice a Pocahontas quando quest'ultima le rivela il sogno ricorrente che ogni notte la tormenta. Spero continuerete a seguire questa storia, che ogni giorno sta acquisendo sempre più importanza per me.
Un abbraccio,
L.



  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Fiabe / Vai alla pagina dell'autore: littlemoonstar