Come il cielo di luglio
18.
E
tutto si chiuse, sotto il cielo di luglio.
Pietro non realizzava del tutto
dove fosse. Sentiva intorno a sé voci, sussurri, tocchi.
Strano, credeva di essere morto.
Sarebbe stata una morte dignitosa, tra le braccia di Marianna, con
l’illusione
che lei gli avesse confessato il suo amore.
Ma era vivo, eccome, perché
Pietro mugugnava di dolore quando lo toccavano. Urlava nel dormiveglia
finché
non ebbe più le forze nemmeno per fare quello.
Era un’alternanza di: “Ha
perso
molto sangue” e “Ave
Maria, gratia plena”
e “Voscenza come sta oggi?” e “Avanti,
amore, avanti, io sono qui… prego per
te…”. Ecco, quest’ultima voce, dolce e
carezzevole, era quella che preferiva.
Marianna lo tranquillizzava, gli dava la certezza di non essere finito
all’Inferno. Un angelo come lei non poteva esistere in un
luogo oscuro e
brutale come quello.
Così ogni tanto riapriva gli
occhi, sfavillava, ma non riusciva a mettere a fuoco niente…
per poi ripiombare
nel sonno, disturbato dalle mani che gli cambiavano le bende e dalle
continue
pressioni sul viso. A volte gli sembrava anche di percepire qualcosa di
più
morbido e caldo sulla fronte o sulle guance invece della pezza bagnata.
Che
fossero labbra?
Quel naufragare dolce nelle
soglie della coscienza si interruppe dopo tre giorni.
Aprì gli occhi e non vide il
volto di Marianna, ma la sua cascata di capelli neri sul fianco del
letto.
Stava dormendo, la testa sopra le braccia incrociate sul fianco del
letto.
Pietro provò a parlare, ma non ci
riuscì subito. Aveva la gola riarsa. Intontito, mosse
lentamente la mano e
colpì il braccio di sua moglie, che si limitò a
mugugnare nel sonno.
“Ma…
Marianù?”
“Mmm…”.
Così come aveva esternato
il suo lamento, Marianna sollevò la testa di scatto, gli
occhi azzurri e
bellissimi spalancati. Che si riempirono quasi subito di lacrime.
“Pietro… oh, Maria Vergine,
grazie al cielo!”
Non fece nemmeno in tempo a
sorridere, che gli gettò le braccia al collo. Se lo strinse
al seno, ridendo e
piangendo contemporaneamente, farfugliando. “Sapevo che eri
forte, amore mio,
lo sapevo…”
Gli scoccò un bacio a fior di
labbra, felice di poter finalmente ammirare i suoi occhi grandi e
ambrati,
lucidi e vivi.
“Voscenza…?”.
Clementina
Pagliarini fece la sua comparsa nella stanza, leggermente timorosa.
“Oh, Dio,
si è svegliato! Grazie!” esclamò, non
appena scorse la testa di Pietro sul
petto di Marianna.
Lui sorrise debolmente, come per
confermare.
“Vado ad avvertire tutti,
Voscenza!”. Così come era venuta, Clementina
scomparve.
Marianna, che non si era nemmeno
voltata, continuava a carezzargli quieta la testa, le dita scorrevano
tra i
capelli scuri con dovizia. Non stava più piangendo.
“Hai dormito tre giorni,
Pietro”
Lui si limitò a sbarrare gli
occhi, incredulo.
“Hai sete?”
Annuì e Marianna provvide
immediatamente.
L’acqua pareva un balsamo per la
sua gola secca; Pietro ingoiava e mutamente ringraziava tutto il bene
che c’era
su quella terra.
“Bevi con calma… con
calma”
Pietro beveva e guardava
Marianna. Non sembrava nemmeno lei. Aveva delle enormi occhiaie sotto
gli
occhi, i capelli spenti e sfatti. Non l’aveva mai vista
così quieta e composta.
“Marianna…”
“Sono così felice di vederti,
Pietro. Temevo di... perderti. Ma dentro di me, sapevo che non saresti
morto”
“Oh,
Marianù…”
Marianna gli posò velocemente la
mano sulla bocca, scuotendo la testa. “Shh. Abbiamo tutto il
tempo”
Per parlare, dovette scostarle il
palmo. “Però sei qui. Grazie”
Marianna sorrise, carezzandogli
il mento. “Certo. E non ti lascerò
più”
* * *
Molto probabilmente, gli sarebbe
rimasta una bella cicatrice. Poco sopra l’ombelico, si ergeva
la fascia di
carne cucita.
Pietro era stato abituato a
ferite ben più grosse, perciò poco importava.
Il coltello di Lattuca gli aveva
colpito la parte bassa dello stomaco, ma, per fortuna, non troppo in
profondità.
In compenso aveva perso molto sangue. Se Marianna lo avesse trovato
anche solo
un’ora più tardi, sarebbe morto dissanguato.
Appena rimaneva solo in camera
(evento abbastanza raro in verità), si alzava la camicia da
notte per fissarla.
Aveva sparato a un uomo, un suo sottoposto. Rischiando di ammazzarlo.
Togliere
una vita. Dovrebbe essere abituato, no? Dopotutto lui era un vile
patricida.
Il fatto che non ne fosse
minimamente turbato, però, lo preoccupava non poco. Ma
intanto sapeva che
Lattuca avrebbe cominciato a perseguitarlo nei suoi sogni.
Non appena fu in grado di
formulare più di due frasi, Pietro chiese immediatamente di
lui. Marianna, non
senza un certo fremito nella voce, gli disse che era sopravvissuto.
Lattuca era stato allontanato immediatamente
da Santoro appena si fu ripreso. Fu un bene, in realtà,
altrimenti avrebbe
ricevuto il benservito dagli abitanti del villaggio, piuttosto che dal
padrone.
Aveva trovato ospitalità da un qualche parente a Palermo, un
zio benestante,
che non si capacitava della severità di quel signorotto da
quattro soldi di
Pietro Trasi di Ripamonti. Cacciare il nipote per aver scopato con una fimmina da campo non era un crimine poi
così grave. Non ne fece una questione drammatica
perché, se quel pazzo aveva
addirittura sparato al suo povero nipote, presumibilmente con quella ci
aveva
una tresca. Lattuca, dal canto suo, non accennò mai
più al fatto né con lo zio
né con altri, tantomeno ne parlò nei salotti
palermitani. Tutto per dimenticare
quell’umiliazione.
* * *
Marianna non abbandonò Pietro un
solo istante da quando si era risvegliato. Non aveva intenzione di
parlare
dell’accaduto finché non si fosse ripreso
pienamente, per cui ci volle
un’intera settimana. Pietro ogni tanto cercava di intavolare
il discorso, l’eco
di quel “ti amo” in testa; la chiamava, la
accarezzava, ma Marianna era
irremovibile. Gli stava semplicemente accanto, aiutandolo a mangiare, a
bere e
a camminare. Faceva ancora caldo, perciò, nel pomeriggio o
alla sera,
passeggiavano insieme per i campi o per l’ampio giardino di
villa Ripamonti.
Parlavano del più e del meno, della bellezza del mare, del
colore del grano,
della felicità nel stare insieme… non accennarono
mai agli avvenimenti
precedenti la fuga di Marianna.
Marianna dormiva con lui e,
spenta la candela, lo accarezzava tutto evitando accuratamente la pelle
tesa
dello stomaco. Gli baciava le guance ispide, il naso diritto e poi le
labbra
carnose. In quelle si perdeva. Pietro ricambiava con trasporto, per
quanto
potesse. Le mormorava ogni notte quanto le fosse mancata, quanto la
adorava…
Marianna ascoltava e baciava, leniva e curava quell’anima
spezzata, consapevole
che l’affetto che Pietro provava per lei aveva lo stesso
effetto.
E Pietro le mancava. Tanto.
Troppo.
Baciarlo non era abbastanza. E
nemmeno toccarlo lo era. Voleva tanto che lui fosse suo quanto lo fosse
lei.
Marianna pensava al mare di
Santoro. A quando si sedeva sulla spiaggia a pensare ininterrottamente
a tutto
e a niente. Pietro era come il mare che tanto amava. Si perdeva nel suo
corpo
nella penombra, nel suo calore, nei suoi bellissimi occhi ambrati e
pensava
alla vita. A quanto tutto fosse cambiato. A quanto fosse felice,
nonostante
tutto. Solo che, in quella settimana, non voleva pensare.
C’erano troppe cose
da chiarire. Ma avevano tutto il tempo del mondo.
Era come se il loro idillio non
si fosse mai spezzato. Solo un’ombra gravava negli occhi di
entrambi: il
bruciore dell’abbandono in Pietro e la violenza di Tiziana in
Marianna.
Quella settimana servì per
sgravarli e andare avanti. Insieme.
* * *
Era un martedì mattino. Il sole
alto nel cielo abbagliava tutti i contadini che avevano ripreso a
lavorare.
Come se in quella brutta notte non fosse successo nulla. O quasi.
Nonostante l’apparente
imperturbabilità, la gente di Santoro lavorava nel rispetto
della signora Ripamonti.
Il padrone avrebbe dovuto fare ben altro per ottenere il loro rispetto.
Marianna contemplava meravigliata
la vista del mare dalla sua stanza, sul balcone su cui lei e Lucia
fantasticavano di andarci. Chiuse gli occhi, inspirando lentamente
l’odore di
sale. Sembrava una vita fa. Lì, nello stesso posto, a
contemplare il mare e a
riflettere sulla sua nuova vita matrimoniale.
Mamma, grazie. Allora non
era vero che non mi guardavi.
“Ti piace?”. La voce profonda
di
Pietro la fece sobbalzare.
“Pietro! Non devi alzarti da
solo, potresti farti male!”
Lui sbuffò, alzando gli occhi al
cielo. “Non sono un bambino, Marianù. Sto
più che bene adesso”
“Come no. U’
picciriddu testardo sei” sbuffò,
affiancandosi a lui.
Pietro le cinse un fianco con il
braccio, lo sguardo ambrato rivolto al mare azzurro. “Io amo
Santoro. Ho
imparato ad affezionarmi a questa terra. È così
diversa da Palermo…”. Tacque,
un sospiro incagliato nel petto.
Marianna gli sfregò la mano sulla
schiena, l’altra appoggiata al parapetto. Era così
bello stringersi a lui in
modo intimo. Era grande, caldo, imponente ma non soffocante. Non
più. Da tanto
ormai.
Era giunta l’ora. “Ti devo
chiedere scusa”
Pietro restò in silenzio. Un
gabbiano stridette in lontananza, come per colmarlo.
“Perdonami, Pietro. Per essermene
andata così. Per non averti creduto…”
“Non c’è nulla da
perdonare”
Marianna si staccò, ponendosi di
fronte a lui con ardore. “Sì, invece! Come al
solito non ho pensato prima di
agire. Sapevo che non eri stato tu, sarebbe stato
impossibile… ma non ho
pensato altri che a me, allo sposalizio, a Tiziana… ho
calpestato quello che
provavo e provo tuttora per te. Io…”. Si
interruppe. La voce le veniva meno ma
doveva dirlo. Dirlo. Su quel balcone, davanti al mare, sotto il cielo
da cui
Lucia la assisteva. “Ti amo, Pietro. La mia promessa
è stata mantenuta, no?”
Osservò ogni minima reazione di
Pietro. Lui strabuzzò gli occhi, quasi incredulo, per poi
tornare impassibile.
Era commosso, dal profondo dell’animo.
“Marianna…”
“Ti avevo fatto una promessa,
Pietro. Che ti avrei amato, prima o poi. Perché te lo
meriti. Perché hai
bisogno di me”
Non fece nemmeno in tempo a
formulare altro: Pietro colmò la distanza minima tra loro
per avvolgerla tra le
sue lunghe braccia e baciarla. Con una passione e una dolcezza che
diceva
tutto, più delle parole con cui avrebbe potuto risponderle.
Dimenticò di dover
respirare, dell’aria salina; percepiva solo Pietro, il suo
odore, le sue
labbra, nient’altro. Si chiese se fosse normale. Ma poteva
essere. Lo amava,
dopotutto. Chissà se un giorno si sarebbe abituata a
ciò.
Pietro si staccò, ma collimò
le
loro fronti in una sola. “Mi hai salvato la vita. Se non
fosse stato per te,
non sarei qui. Una vita non basterebbe per ringraziarti”
sussurrò, le mani grandi
sul collo e la guancia destra.
“Sì, invece…
ricordi il mio
giuramento? Una condizione c’era: amandomi anche tu”
“Come se non lo facessi
già.”
Il cuore di Marianna smise di
battere. “Allora dimmelo”
Il sorriso di Pietro si allargò
sul bel volto. “Ti amo”
* * *
Dopo due anni di matrimonio,
Marianna diede alla luce la piccola Maria Laura.
La scelta del nome non fu facile.
Durante la gravidanza, ci furono abbastanza discussioni al riguardo.
“Faremo tanti figli,
Marianù”
esordì lui una sera, a letto, appena dopo aver fatto
l’amore.
“Tanto sono io che devo
partorirli, no?” borbottò lei, dandogli un
calcetto.
“Se è maschio, Paolo mi
piace. O
come il padre tuo possiamo chiamarlo” continuò
lui, ricambiando per tutta
risposta con un buffetto sul sedere. “Se è
femmina, almeno una si deve chiamare
Lucia”
Marianna non fu affatto
d’accordo. “No, mia figlia deve vivere nella sua
vita. Non nell’ombra della
morte”
“Non ha alcun senso quello che
dici, Marianù” sbottò lui.
“Mia madre era mia madre. Mia
figlia sarà mia figlia. Così
è”
Tuttavia, optarono, in caso di
una femmina, per Maria Laura, in onore della defunta zia. Inutile
aggiungere
che Marianna, per difendere il suo ragionamento, volle aggiungere il
nome
Maria.
Fu battezzata nella chiesa di
Santoro, così come i suoi tre fratellini gli anni dopo di
lei.
Nonostante l’alterco tra suocero
e genero, la nascita della bambina colmò quella distanza.
L’ostilità di Michele
Bruno, se non scomparsa, si alleviò di molto. Almeno tre
sere a settimana
passava a fare visita alla figlia a villa Ripamonti, ricambiato
altrettante
volte da lei. Quando fu sicuro di essere in grado di tollerare la vista
di
Pietro, lo invitò nella sua umile dimora con un piccolo
brontolio.
Inizialmente non nacque un’amicizia,
ma una grande intesa sì. Il loro comune denominatore era il
bene di Marianna e
della bambina, questo bastava e avanzava.
Ci vollero anni perché Michele
accettasse pienamente Pietro, che lo conquistò solo quando
iniziò a elaborare
una strategia di massimo sfruttamento del latifondo, nel rispetto dei
diritti
dei contadini di Santoro. E soprattutto quando chiamarono il
secondogenito
Michele.
Anche Tiziana si sposò.
Dimenticare la violenza non fu facile e probabilmente non ci
riuscì mai, ma
grazie al cielo a una festa incontrò un giovanotto, Antonio,
che si innamorò di
lei a prima vista. Cedette dopo qualche mese e, dopo qualche tempo,
rimase
incinta del piccolo Giovanni.
Pinuzza non riuscì mai a
perdonare Marianna per quello che considerava un tradimento. Non le
parlava più
da quel giorno, da quando Marianna aveva ammesso di amare Pietro ed era
scappata per l’ennesima volta. Nemmeno la dimostrazione del
vero colpevole
riuscì ad allietarle l’animo.
Marianna soffriva molto per
questo. Aveva amato, e amava comunque, Pinuzza come una seconda madre,
ma
dovette accettare la situazione. Tentò più volte
di parlarle, anche tramite
Tiziana e Calogero (che, a differenza della consorte, mise da parte i
rancori e
accettò pienamente Marianna e il padrone Ripamonti come suo
marito), ma fu
inutile.
Pietro al riguardo cercava di
consolare sua moglie come poté, si consultò
addirittura con il suocero.
“Pinuzza è come un mulo,
Pietrù.
Quel che è stato, è stato” fu la
sentenza enigmatica di Michele Bruno, con la
piccola Maria Laura tra le braccia.
La questione Pinuzza dopo un po’
di anni fu accantonata, tra la sofferenza di Marianna e del resto della
famiglia Sabbati, ma non persero mai le speranza.
A parte questo, Marianna era
felice come non mai. Certo, la vita matrimoniale non era sempre rose e fiori, ma aveva una
famiglia
meravigliosa e ne fu orgogliosa.
Ancora prima che Marianna
rimanesse incinta, Pietro la portò nella sua vecchia
residenza a Palermo, luogo
che divenne per loro un rifugio d’amore in certe occasioni.
Marianna non volle
mai frequentare i salotti dell’alta società;
sapeva già che quegli altezzosi
non avrebbero mai accettato una contadina come lei. Non che le
importasse. Non
era mai stata al di fuori di Santoro e visitare quella città
splendida e piena
di colori, suoni e odori così diversi dal suo tranquillo
villaggio era una
splendida scoperta.
Ed era in quella città che a
volte si lasciavano alle spalle chi erano e che cosa fossero, si
abbandonavano
l’uno all’altro con amore e pazienza.
Marianna più guardava Pietro,
più
lo conosceva e se ne innamorava. Era bello. Era sempre bello, dentro e
fuori.
Pietro la ricambiava con tutta
l’anima, in modo sempre appassionato e rassicurante.
Non fu sempre facile, ma, nel
complesso, andarono avanti, più forti di prima.
L’amore non poteva fare tutto, ma
la maggior parte delle cose, sì.
* * *
“Quando hai capito di amarmi?”
“Chi lo sa. Forse quando stavo
per morire. Oppure quando abbiamo fatto l’amore in quel campo
di papaveri. O
forse quando ti ho visto ballare alla festa di paese”
“In effetti, non è stato
immediato…”
“Non ci crederai, ma quella
volta… sì, quella
notte, quando ero
là a terra, sentivo che stavo per andarmene. E ho visto un
angelo. Identico a
te”
“Probabilmente deliravi, Pietro.
Avevi perso molto sangue. Forse hai visto me, quando ti ho
soccorso…”
“Può
darsi…”
Le diede un bacio, sotto la luce
lunare di Palermo.
“Grazie, Marianna”
“E di che?”
“Per avermi riportato alla
vita”
* * *
Marianna, seduta sulla spiaggia,
guardò la barca in lontananza, ammirando le leggere
increspature dell’acqua al
suo passaggio. Sorrise appena, godendosi la lieve brezza che le passava
tra i
capelli.
“Ah, eccoti qui”
Marianna non si voltò quando
Pietro si sedette al suo fianco, per poi avvolgerla in un abbraccio. Si
appoggiò alla sua spalla, gli occhi chiusi.
Avvertì una leggera pressione sulle
labbra e sorrise in quel bacio dolce e accennato.
“Come sta il mio
bambino?” chiese Pietro, la mano sul pancino ancora acerbo
della moglie.
Marianna sbuffò. “Il nostro bambino, vorrai dire”
Lui ridacchiò. “Dettagli.
Dove
sono i bambini?”
“Dal nonno. Anzi, Laura sarà
da
Tiziana a giocare con Giovanni. Paolo l’ho lasciato con
Clementina”. Paolo, il
terzogenito, aveva appena un anno ed era un piccolo terremoto come sua
madre.
Michele ormai si considerava troppo vecchio per badare a tutti e tre i
nipotini
contemporaneamente. Marianna aveva approfittato
dell’efficienza da nonno di suo
padre per sgaiattolare sulla spiaggia, come ai vecchi tempi.
Si sporse a baciargli una spalla,
assaporando la sua pelle lievemente sudata.
“Marianna, vengo dai campi. Sono
tutto sudato”
Lei
si strinse nelle spalle. “Anche io. Fa
caldo, no?”
“Sì, molto”. Anche
Pietro chiuse
anche gli occhi, la testa su quella ricciuta di Marianna. “Si
sta così bene,
qui…”
“Mi mancava starci. Così sono
venuta. È bello che anche tu sia qui”
mormorò. Le iridi azzurre erano così
belle, cercavano con così tanto amore quelle ambrate di
Pietro, che lui non
resistette a baciarla.
Un bacio lieve, discreto, che
avrebbe voluto sfociare in qualcosa di più. A malincuore,
Pietro si dovette
staccare. “Dopo, Marianù, qui può
passare qualcuno”
Lei sospirò, la mano leggermente
callosa dal suo passato nei campi sulla sua guancia. “Sei
tanto bello, Pietro”
“Come siamo dolci, oggi”
“È solo la
verità”
Le baciò la punta del naso.
“Tu
di più”
Con la coda dell’occhio, Marianna
scorse qualcuno. Aguzzò la vista allo sventolio di una mano.
I due coniugi si
staccarono velocemente, Pietro balzò addirittura in piedi.
Calogero stava appena rientrando
nel porto del paese, le braccia ancora vigorose che smorzavano
l’acqua con un
remo. Il vecchio legò la barchetta con la robusta corda, per
poi uscirvi con un
agile salto.
Certe cose non cambiavano mai.
“Ciao, Calogero”
salutò, allegra.
Il pescatore sorrise gentilmente.
“Buonasera, Marianna. Voscenza”
Pietro ricambiò con un sorriso e
un cenno del capo.
“Che fanno, le Voscenze
nostre?”
“Niente di che, guardavamo
semplicemente il mare”
“Ah, il mare, eh… beh, oggi
è una
splendida giornata”. Dopo aver dato una lieve carezza sulla
testa di Marianna,
si trascinò stancamente per la via del paese.
Sotto lo sguardo di marito e
moglie, Pietro e Marianna.
E poi tutto si chiuse, sotto il
cielo di luglio.
Fine
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Potevo
fare un epilogo migliore?
Sì. Però dopo una prima stesura non mi sembrava
tanto male, perciò l’ho
lasciato così… spero siate dello stesso parere :)
Gongolavo mentre mi immaginavo la loro vita futura.
Mi
sento quasi depressa a mettere
la parola “fine” a questa storia. Ci ho messo
l’anima per scriverla. A distanza
di parecchio tempo, mi rendo conto della sua semplicità e
vaghezza storica, ma
sono comunque molto soddisfatta del risultato. È stata dura,
ma finalmente ce
l’ho fatta! :)
Ultimo,
ma non ultimo, i
ringraziamenti. Grazie a tutti. A chi ha letto, commentato, messo tra
seguite/preferite/ricordate, a chi è rimasto nonostante le
lunghissime attese e
a chi mi ha sempre spronato, soprattutto con bellissimi messaggi
privati. Grazie
per avermi seguita fino alla fine.
Grazie
mille a tutti, alla
prossima! :D
PS.
Per chi fosse curioso,
qualche mese dopo l’ultima scena, è nata la
piccola Lucia Costanza. Sì,
Marianna sotto le pressioni di Pietro ha ceduto per la scelta del nome.
xD
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