"If you close the door
to your house
Don't let anybody in
It's a room that's full of nothing
All that underneath your skin
Face against the window
You can't watch it fade to grey
And you'll never catch the fickle wind
If you choose to stay."
Morcheeba
- Enjoy The Ride feat. Judie Tzuke
16. Enjoy the Ride
«Non smette mai di
piovere.»
Avvolto nel plaid, con le guance
rosse per via della febbre e gli occhi assonnati, Jay osservava la
pioggia dalla finestra del suo appartamento a Soho, annusando, di tanto
in tanto, l’odore dolciastro dell’ultima crostata
di Lizzie fatta apposta per lui.
La pioggia aveva bussato alla
finestra per giorni ma il senso di tristezza che, solitamente, aveva la
capacità di infondergli, non era mai entrata in quel piccolo
appartamento condiviso con Izaya perché la
felicità che aveva accompagnato ogni giornata aveva
impregnato anche i muri di ogni stanza.
Accovacciato sul divano, aspettava il
ritorno del suo uomo, del suo compagno e nonostante Lizzie fosse sempre
e costantemente al suo fianco, la mancanza di Izaya era più
forte di qualsiasi altra emozione.
«Jay, piccolo, io vado. Tra
poco arriva Izaya e senti, canaglia: non aprire le finestre. Si gela!
Ed ogni volta ti trovo addormentato, con la febbre a quaranta ed un
tornado in casa.»
Lizzie sembrava una mamma e
l’artefice di tanta cura era proprio Izaya che aveva
espressamente ordinato alla ragazza di recarsi
nell’appartamento, prima di aprire il locale, per dare
un’occhiata a Jay che già da dieci giorni aveva
sotterrato ogni mobile di fazzolettini sapientemente imbrattati dal suo
perenne raffreddore.
«Va bene! Faccio il bravo.
Lizzie, voglio ringraziarti…»
«Non continuare, non farlo.
Potrei ucciderti!» lo minacciò, indossando il
cappellino bianco di lana che la faceva sembrare ancora più
sbarazzina di quanto già apparisse «Dì
ad Izaya che ho cambiato le lenzuola e che ogni tanto potrebbe farlo
lui. Ogni volta mi imbatto in qualche vostra porcheria.»
«Di che genere di porcherie
stai parlando?» chiese Jay divertito, con
l’intenzione di stuzzicarla.
L’argomento sesso non era
mai stato un tabù tra loro e proprio perché Izaya
era stata la sua prima esperienza, Lizzie aveva sempre approfondito
l’argomento, sincerandosi del fatto che fosse tutto
abbastanza bello e sereno per Jay. Voleva conoscere tutto, tranne i
particolari troppo crudi e Jay, per farle un dispetto, iniziava proprio
da quelli.
«Le persone che fanno sesso
lasciano segnacci in giro, sappilo.» sottolineò
Lizzie, stringendo i fianchi tra le mani.
«Ah! Ti riferisci a quelle
porcherie? Ovviamente, se due persone si strofinano, si abbracciano, si
toccano, si baciano…»
«Smettila. Non voglio
più ascoltare!» scappò da quel discorso
così velocemente che Jay non ebbe il tempo di finire e dopo
averla canzonata per bene, la fissò con tenerezza,
riconoscendo in quella donna l’unica figura femminile degna
di essere considerata «Sei carina oggi. Dove stai
andando?»
La fermò alla porta con
quella domanda e lei, imbarazzata, si voltò, cercando in
ogni modo di nascondere il rossore che aveva colorato le sue guance
«Dove vado di solito a quest’ora!»
«Un tipo belloccio, alto e
barbuto mi ha detto che al locale sta venendo sempre più
spesso un tizio di nome Robert. Sono esatte queste
informazioni?» chiese sardonico, dondolandosi sul divano come
una bimbetta impicciona.
«Certo che Izaya si fa i
fattacci suoi!» esclamò infastidita, colta con la
mani nel sacco.
«Izaya mi dice tutto e non
vedo perché io non debba sapere. Volevi tenermelo
nascosto?»
«Ma che dici? Non ne parlo
perché è presto. Per adesso è solo un
cliente gentile e simpatico, dovrei darti informazioni su ogni cliente
che si siede ai tavoli?»
«Se il cliente sembra
particolarmente interessato a te, sì!»
«Ci stiamo conoscendo, Jay.
Nulla di più.»
Per non rovinarle il momento
idilliaco del primo corteggiamento, Jay mollò la presa,
consapevole del fatto che certi dettagli vanno lasciati ai diretti
interessati, per non infrangere quella magia che solo
l’intimità può preservare.
«D’accordo! Ne
parleremo quando vorrai tu.»
Si arrese, alzando le mani e Lizzie,
intenerita dal dolce desistere di Jay, gli concesse un particolare che
sapeva sarebbe stato in buone mani «Mi piace molto e spero
che possa evolversi positivamente.»
Jay sorrise, fissandola con dolcezza.
Anche lui sperava in qualcosa di straordinario per lei, se lo meritava
più di chiunque altro e la luce negli occhi di Lizzie lo
riempì di ottimismo. Poteva diventare davvero qualcosa di
speciale.
Senza aggiungere altro, la ragazza
abbandonò l’appartamento, lasciando Jay da solo.
Si stese sul divano, coprendosi il
viso con entrambe le braccia.
Privarsi della vista
l’aveva sempre aiutato a pensare ed un senso di impazienza lo
percosse al centro dello stomaco.
Lizzie era andata via e la mancanza
di Izaya si faceva sempre più insistente e la febbre
ricoprì di brividi ogni millimetro della sua pelle.
Inspirò profondamente,
supplicandosi di avere pazienza.
L’appartamento piccolo, ma
ben arredato, ormai, era diventata a tutti gli effetti la sua casa, ma
senza Izaya, quella stessa casa, non sembrava così familiare.
Era passato un mese da quando aveva
lasciato per sempre la sua famiglia, eppure persisteva, nitidamente, il
ricordo dei giorni passati sotto quel tetto.
Nel momento stesso in cui aveva
varcato la soglia del suo nuovo appartamento, si accorse che
ciò che tutti, comunemente, chiamano casa non è
fatta di muri, di mobili, di oggetti, ma di persone.
La sua casa era Izaya e sebbene
avesse fatto sua ogni stanza, riempiendola, anche, delle sue cose,
amando l’accostamento curioso degli oggetti appartenuti ad
Izaya con i suoi, quel luogo riusciva a diventare davvero suo solo nel
momento in cui il suo uomo faceva ingresso, lasciando le scarpe in giro
per il soggiorno, indossando la felpa rovinata, della quale non si
sarebbe mai separato, che usava solo a casa.
Quelle piccole cose, le abitudini, le
sfaccettature del tutto inedite prima della loro convivenza, erano
diventate parte della sua vita; Izaya era la sua vita.
Si rimproverò per il suo
romanticismo, ma più cercava di comportarsi da uomo,
più le emozioni gli si aggrovigliavano nello stomaco,
rendendolo un adolescente innamorato alle prime armi.
Alle prime armi lo era, invero, ed
Izaya era stato il suo primo ed unico uomo, ma i sentimenti che provava
non erano solo il frutto della sua inesperienza; era sicuro e convinto
di aver trovato la persona giusta, quella che si incontra una volta
nella vita e che in molti lasciano scappare perché troppo
smaliziati per credere alla fortuna gratuita, quella che non esige
qualcosa in cambio.
Jay era stato fortunato ed il sorriso
che aveva perennemente preso posto sul suo viso ne era la prova.
Sentiva la felicità
solleticare ogni corda del suo essere; un senso continuo di
presentimenti positivi facevano vibrare il suo animo, tanto da renderlo
costantemente allegro e iperattivo. La stanchezza, quella del cuore,
non aveva più bussato alla sua porta e se mai
l’avesse fatto, Izaya l’avrebbe respinta a calci
con la sua sola presenza.
Sorrise pensando e ripensando a lui.
Riuscì anche a
giustificarsi del fatto di non essere stato in grado di riconoscerlo da
subito, di capire immediatamente che quell’uomo sarebbe stato
l’unico che avrebbe mai amato; fino a qualche tempo fa si
sarebbe rimproverato di tale mancanza di lucidità ma,
adesso, aveva fatto pace con se stesso, con la vita, con le persone,
non sentiva neanche più rabbia nei confronti dei suoi, di
Chaz. Era libero.
La vaporosa leggerezza dei suoi
pensieri riuscì a diventare parte del suo modo di vedere le
cose ed era stato proprio Izaya ad insegnarglielo.
Continuare a vivere indipendentemente
dal giudizio altrui l’aveva prosciolto da ogni obbligo, non
doveva dare spiegazioni a nessuno, se non a se stesso e con enorme
facilità aveva fatto sua questa intoccabile filosofia.
Vivere per se stessi non era poi
così difficile e Jay aveva scelto di vivere per due e,
fortunatamente, aveva trovato l’unico essere al mondo che
meritasse pienamente la sua considerazione, la sua vita.
La febbre e il rumore scrosciante dei
suoi pensieri distolsero l’attenzione dalla porta che, con
delicatezza, era stata aperta.
Izaya, come era solito fare da
qualche giorno, tornava a casa senza fare baccano, per non disturbare
il sonno di Jay.
La febbre lo aveva trasformato in un
vecchio ghiro ed ogni volta, al suo ritorno, se lo ritrovava riverso
sul divano, in posizioni degne di un contorsionista ma, quel
pomeriggio, sembrava avesse scelto di riposare in modo più
accettabile.
Si avvicinò lentamente,
afferrando una fetta di crostata gentilmente preparata da Lizzie e, con
delicatezza, si accomodò accanto a Jay, fissandolo con il
suo solito sorriso accennato.
«Guarda che sono sveglio.
Ti vedo che mi stai fissando con l’aria da stronzo. In che
modo barbaro avresti voluto svegliarmi, stavolta?»
Izaya, colto di sorpresa, si
lasciò andare ad una risata: «Non lo so. Ci stavo
pensando. Mi hai battuto sul tempo.»
«Ti stavo
aspettando.»
Izaya, rimuovendo i cuscini che
ostacolavano l’avvicinamento, prese Jay dal braccio e,
sollevandolo, lasciò che si accoccolasse sulle sue gambe,
come un neonato, stringendolo a sé.
Stare in silenzio, con il viso
affondato nell’incavo del collo di Izaya, era il momento che
preferiva.
Annusava il suo profumo come se
volesse inglobarlo dentro di sé e sorrideva, rapito dalla
pace che, ormai, da tempo incalcolabile, regnava nella sua vita.
La sensazione che aveva di Izaya era
inspiegabile e, soprattutto, mai vissuta prima di allora.
Lo sentiva nitidamente; percepiva
ogni cosa di lui con forza.
La vitalità,
l’energia, la sua presenza, il profumo, il respiro, il
battito del cuore.
Anche adesso, sentiva distintamente
la scrocchiante dipartita della crostata di Lizzie tra i suoi denti, i
movimenti della mascella decisa e irsuta, le mani calde che lo
stringevano e accarezzavano le sue gambe con l’intento di
placare i brividi causati dalla febbre.
«Sei sudato. Sta scendendo
la febbre.» sussurrò Izaya, baciando i ciuffi
bagnati che rigavano il volto pallido di Jay.
«Sta passando.»
Izaya sfiorò ogni
millimetro del viso di Jay con le labbra.
Baciò i suoi occhi, le
guance scarne, le labbra screpolate che, per mezzo della sua bocca,
riacquistarono colore e morbidezza.
Il calore dei suoi baci avevano il
potere di rimetterlo in sesto e di rilassargli l’animo che,
fino a quel momento, aveva subito le percosse dell’impazienza.
La pioggia che ticchettava fuori
dalla finestra, la goccia persistente del rubinetto della cucina, il
ticchettio delle mille sveglie in casa che Izaya usava impostare, tutte
insieme, alle sette di mattina per destarsi, rendendo il risveglio una
parata di suoni acuti e assordanti, il silenzio della loro casa; erano
tutte cose diventate care, sue, di entrambi.
Jay viveva avvertendo tutto quello
che lo circondava a trecentosessanta gradi, come se ogni sua percezione
fosse stata tarata per raccogliere limpidamente ogni impulso e
vibrazione.
Jay esisteva, come Izaya,
completamente, senza tralasciare niente.
E godeva di ogni minima cosa come se
fosse stata l’ultima volta.
«Hai fame?»
chiese Izaya, aggiungendo a quella lista infinita di vibrazioni, ronzii
e rumori, il timbro caldo e rassicurante della sua voce.
«No. Ho sonno.»
rispose, strofinandosi gli occhi sul petto robusto di lui, saggiandone
il calore.
Attese la risposta per qualche
minuto, finché, alzando la testa, si accorse che anche lui,
evidentemente, ne aveva. Dormiva, con la testa poggiata alla sua,
respirando profondamente, tradito dalla stanchezza e dalla impagabile
sensazione di sentirsi finalmente a casa.
Jay fissò sorridente le
ciglia lunghe che racchiudevano, senza farle scorgere, le pupille scure
e brillanti che aveva atteso di vedere per tutta la giornata.
Aveva bramato i suoi occhi, i suoi
sguardi e anche se in quel momento non ne poté beneficiare,
si accorse di poter possedere, finalmente, tutto il resto.
Così si
abbandonò sul petto che sussultava dolcemente ad ogni
respiro e approfittò di quel momento di pace per godere
appieno del suo uomo che, sotto di lui, reggendolo sulle sue gambe,
dormiva profondamente come una roccia stanca.
La pioggia non li avrebbe mai
più sfiorati.
La tempesta era sopraggiunta e,
dolcemente, era andata via, lasciando gli strascichi più
belli, la calma e la pace che per mesi aveva desiderato per
sé, per entrambi.
Angolo Autrice.
Ciao! Scusate il ritardo ma gli impegni di lavoro mi hanno totalmente
assorbita, ma non ho dimenticato di aggiornare! Assolutamente no.
Spero vi piacciano questi capitoli un po' zuccherosi, mi scuso coi
malati di diabete, ma è necessario spiegare il rapporto che
lega e legherà ancora più profondamente Izaya e
Jay.
Spero di essere riuscita a spiegare quei piccoli particolari che per me
sono molto importanti.
Le sensazioni che, soprattutto Jay, prova.
Detto questo, ringrazio le mie meravigliose sei e dedico questo
capitolo a Bijouttina.
Ringrazio Babbo Aven che è sempre presente, la dolcissima
Maia Scott, DarkViolet, la mia amata Emide che si sta mettendo in pari
e Mrs Burro, in particolar modo, per avermi lasciato sei recensioni di
fila, scrivendomi continuamente cose meravigliose. Spero davvero di non
deludere te e tutti quelli che ripongono fiducia in me.
Ringrazio chi ha inserito la storia nelle seguite/preferite/ricordate.
Vorrei nominare tutti i lettori silenziosi che mi seguono, ma non
vorrei farvi torto. Se siete silenziose è perché
volete continuare ad esserlo. Quindi, taccio.
Grazie infinitamente per l'appoggio e spero di riuscire a continuare
più velocemente questa storia.
Un abbraccio a tutti.
Bloomsbury
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