Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Bloomsbury    11/05/2014    10 recensioni
[Storia in revisione] Capitoli revisionati: 14/35.
Jay era un ragazzo come tanti, con qualcosa in più o in meno degli altri, un ragazzo normale, un ragazzo omosessuale: particolare insignificante per ogni persona di buon senso.
Si vergognava di tante cose, tranne che di questo.
Jay bramava la luce, la libertà.
Fece la scelta sbagliata nel contesto meno appropriato e quel particolare insignificante diventò la spada che lo uccise, la macchia scura che lo inghiottì.
«Mio figlio è morto il giorno stesso in cui ha tradito la natura che gli ho donato con orgoglio.»
«La natura che mi hai donato è quella che ti ho confessato…»
«È una natura che mi fa ribrezzo!»
Così comincia la storia di Jay Hahn, fatta di dolori, di abbandoni, di amore, di amicizia, di segreti, di bugie, di tempesta.
E le tempeste intrappolano nel proprio occhio ogni cosa, risputandoti fuori lacerato, diverso, un mostro.
Jay uscirà ed entrerà da quelle raffiche di vento, diventerà lui stesso la tempesta e annienterà ogni cosa al suo passaggio.
Compreso se stesso.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"If you close the door to your house 
Don't let anybody in 
It's a room that's full of nothing 
All that underneath your skin 
Face against the window 
You can't watch it fade to grey 
And you'll never catch the fickle wind 
If you choose to stay."

Morcheeba - Enjoy The Ride feat. Judie Tzuke 


 


16. Enjoy the Ride
 
 
«Non smette mai di piovere.»
Avvolto nel plaid, con le guance rosse per via della febbre e gli occhi assonnati, Jay osservava la pioggia dalla finestra del suo appartamento a Soho, annusando, di tanto in tanto, l’odore dolciastro dell’ultima crostata di Lizzie fatta apposta per lui.
La pioggia aveva bussato alla finestra per giorni ma il senso di tristezza che, solitamente, aveva la capacità di infondergli, non era mai entrata in quel piccolo appartamento condiviso con Izaya perché la felicità che aveva accompagnato ogni giornata aveva impregnato anche i muri di ogni stanza.
Accovacciato sul divano, aspettava il ritorno del suo uomo, del suo compagno e nonostante Lizzie fosse sempre e costantemente al suo fianco, la mancanza di Izaya era più forte di qualsiasi altra emozione.
«Jay, piccolo, io vado. Tra poco arriva Izaya e senti, canaglia: non aprire le finestre. Si gela! Ed ogni volta ti trovo addormentato, con la febbre a quaranta ed un tornado in casa.»
Lizzie sembrava una mamma e l’artefice di tanta cura era proprio Izaya che aveva espressamente ordinato alla ragazza di recarsi nell’appartamento, prima di aprire il locale, per dare un’occhiata a Jay che già da dieci giorni aveva sotterrato ogni mobile di fazzolettini sapientemente imbrattati dal suo perenne raffreddore.
«Va bene! Faccio il bravo. Lizzie, voglio ringraziarti…»
«Non continuare, non farlo. Potrei ucciderti!» lo minacciò, indossando il cappellino bianco di lana che la faceva sembrare ancora più sbarazzina di quanto già apparisse «Dì ad Izaya che ho cambiato le lenzuola e che ogni tanto potrebbe farlo lui. Ogni volta mi imbatto in qualche vostra porcheria.»
«Di che genere di porcherie stai parlando?» chiese Jay divertito, con l’intenzione di stuzzicarla.
L’argomento sesso non era mai stato un tabù tra loro e proprio perché Izaya era stata la sua prima esperienza, Lizzie aveva sempre approfondito l’argomento, sincerandosi del fatto che fosse tutto abbastanza bello e sereno per Jay. Voleva conoscere tutto, tranne i particolari troppo crudi e Jay, per farle un dispetto, iniziava proprio da quelli.
«Le persone che fanno sesso lasciano segnacci in giro, sappilo.» sottolineò Lizzie, stringendo i fianchi tra le mani.
«Ah! Ti riferisci a quelle porcherie? Ovviamente, se due persone si strofinano, si abbracciano, si toccano, si baciano…»
«Smettila. Non voglio più ascoltare!» scappò da quel discorso così velocemente che Jay non ebbe il tempo di finire e dopo averla canzonata per bene, la fissò con tenerezza, riconoscendo in quella donna l’unica figura femminile degna di essere considerata «Sei carina oggi. Dove stai andando?»
La fermò alla porta con quella domanda e lei, imbarazzata, si voltò, cercando in ogni modo di nascondere il rossore che aveva colorato le sue guance «Dove vado di solito a quest’ora!»
«Un tipo belloccio, alto e barbuto mi ha detto che al locale sta venendo sempre più spesso un tizio di nome Robert. Sono esatte queste informazioni?» chiese sardonico, dondolandosi sul divano come una bimbetta impicciona.
«Certo che Izaya si fa i fattacci suoi!» esclamò infastidita, colta con la mani nel sacco.
«Izaya mi dice tutto e non vedo perché io non debba sapere. Volevi tenermelo nascosto?»
«Ma che dici? Non ne parlo perché è presto. Per adesso è solo un cliente gentile e simpatico, dovrei darti informazioni su ogni cliente che si siede ai tavoli?»
«Se il cliente sembra particolarmente interessato a te, sì!»
«Ci stiamo conoscendo, Jay. Nulla di più.»
Per non rovinarle il momento idilliaco del primo corteggiamento, Jay mollò la presa, consapevole del fatto che certi dettagli vanno lasciati ai diretti interessati, per non infrangere quella magia che solo l’intimità può preservare.
«D’accordo! Ne parleremo quando vorrai tu.»
Si arrese, alzando le mani e Lizzie, intenerita dal dolce desistere di Jay, gli concesse un particolare che sapeva sarebbe stato in buone mani «Mi piace molto e spero che possa evolversi positivamente.»
Jay sorrise, fissandola con dolcezza. Anche lui sperava in qualcosa di straordinario per lei, se lo meritava più di chiunque altro e la luce negli occhi di Lizzie lo riempì di ottimismo. Poteva diventare davvero qualcosa di speciale.
Senza aggiungere altro, la ragazza abbandonò l’appartamento, lasciando Jay da solo.
Si stese sul divano, coprendosi il viso con entrambe le braccia.
Privarsi della vista l’aveva sempre aiutato a pensare ed un senso di impazienza lo percosse al centro dello stomaco.
Lizzie era andata via e la mancanza di Izaya si faceva sempre più insistente e la febbre ricoprì di brividi ogni millimetro della sua pelle.
Inspirò profondamente, supplicandosi di avere pazienza.
L’appartamento piccolo, ma ben arredato, ormai, era diventata a tutti gli effetti la sua casa, ma senza Izaya, quella stessa casa, non sembrava così familiare.
Era passato un mese da quando aveva lasciato per sempre la sua famiglia, eppure persisteva, nitidamente, il ricordo dei giorni passati sotto quel tetto.
Nel momento stesso in cui aveva varcato la soglia del suo nuovo appartamento, si accorse che ciò che tutti, comunemente, chiamano casa non è fatta di muri, di mobili, di oggetti, ma di persone.
La sua casa era Izaya e sebbene avesse fatto sua ogni stanza, riempiendola, anche, delle sue cose, amando l’accostamento curioso degli oggetti appartenuti ad Izaya con i suoi, quel luogo riusciva a diventare davvero suo solo nel momento in cui il suo uomo faceva ingresso, lasciando le scarpe in giro per il soggiorno, indossando la felpa rovinata, della quale non si sarebbe mai separato, che usava solo a casa.
Quelle piccole cose, le abitudini, le sfaccettature del tutto inedite prima della loro convivenza, erano diventate parte della sua vita; Izaya era la sua vita.
Si rimproverò per il suo romanticismo, ma più cercava di comportarsi da uomo, più le emozioni gli si aggrovigliavano nello stomaco, rendendolo un adolescente innamorato alle prime armi.
Alle prime armi lo era, invero, ed Izaya era stato il suo primo ed unico uomo, ma i sentimenti che provava non erano solo il frutto della sua inesperienza; era sicuro e convinto di aver trovato la persona giusta, quella che si incontra una volta nella vita e che in molti lasciano scappare perché troppo smaliziati per credere alla fortuna gratuita, quella che non esige qualcosa in cambio.
Jay era stato fortunato ed il sorriso che aveva perennemente preso posto sul suo viso ne era la prova.
Sentiva la felicità solleticare ogni corda del suo essere; un senso continuo di presentimenti positivi facevano vibrare il suo animo, tanto da renderlo costantemente allegro e iperattivo. La stanchezza, quella del cuore, non aveva più bussato alla sua porta e se mai l’avesse fatto, Izaya l’avrebbe respinta a calci con la sua sola presenza.
Sorrise pensando e ripensando a lui.
Riuscì anche a giustificarsi del fatto di non essere stato in grado di riconoscerlo da subito, di capire immediatamente che quell’uomo sarebbe stato l’unico che avrebbe mai amato; fino a qualche tempo fa si sarebbe rimproverato di tale mancanza di lucidità ma, adesso, aveva fatto pace con se stesso, con la vita, con le persone, non sentiva neanche più rabbia nei confronti dei suoi, di Chaz. Era libero.
La vaporosa leggerezza dei suoi pensieri riuscì a diventare parte del suo modo di vedere le cose ed era stato proprio Izaya ad insegnarglielo.
Continuare a vivere indipendentemente dal giudizio altrui l’aveva prosciolto da ogni obbligo, non doveva dare spiegazioni a nessuno, se non a se stesso e con enorme facilità aveva fatto sua questa intoccabile filosofia.
Vivere per se stessi non era poi così difficile e Jay aveva scelto di vivere per due e, fortunatamente, aveva trovato l’unico essere al mondo che meritasse pienamente la sua considerazione, la sua vita.
La febbre e il rumore scrosciante dei suoi pensieri distolsero l’attenzione dalla porta che, con delicatezza, era stata aperta.
Izaya, come era solito fare da qualche giorno, tornava a casa senza fare baccano, per non disturbare il sonno di Jay.
La febbre lo aveva trasformato in un vecchio ghiro ed ogni volta, al suo ritorno, se lo ritrovava riverso sul divano, in posizioni degne di un contorsionista ma, quel pomeriggio, sembrava avesse scelto di riposare in modo più accettabile.
Si avvicinò lentamente, afferrando una fetta di crostata gentilmente preparata da Lizzie e, con delicatezza, si accomodò accanto a Jay, fissandolo con il suo solito sorriso accennato.
«Guarda che sono sveglio. Ti vedo che mi stai fissando con l’aria da stronzo. In che modo barbaro avresti voluto svegliarmi, stavolta?»
Izaya, colto di sorpresa, si lasciò andare ad una risata: «Non lo so. Ci stavo pensando. Mi hai battuto sul tempo.»
«Ti stavo aspettando.»
Izaya, rimuovendo i cuscini che ostacolavano l’avvicinamento, prese Jay dal braccio e, sollevandolo, lasciò che si accoccolasse sulle sue gambe, come un neonato, stringendolo a sé.
Stare in silenzio, con il viso affondato nell’incavo del collo di Izaya, era il momento che preferiva.
Annusava il suo profumo come se volesse inglobarlo dentro di sé e sorrideva, rapito dalla pace che, ormai, da tempo incalcolabile, regnava nella sua vita.
La sensazione che aveva di Izaya era inspiegabile e, soprattutto, mai vissuta prima di allora.
Lo sentiva nitidamente; percepiva ogni cosa di lui con forza.
La vitalità, l’energia, la sua presenza, il profumo, il respiro, il battito del cuore.
Anche adesso, sentiva distintamente la scrocchiante dipartita della crostata di Lizzie tra i suoi denti, i movimenti della mascella decisa e irsuta, le mani calde che lo stringevano e accarezzavano le sue gambe con l’intento di placare i brividi causati dalla febbre.
«Sei sudato. Sta scendendo la febbre.» sussurrò Izaya, baciando i ciuffi bagnati che rigavano il volto pallido di Jay.
«Sta passando.»
Izaya sfiorò ogni millimetro del viso di Jay con le labbra.
Baciò i suoi occhi, le guance scarne, le labbra screpolate che, per mezzo della sua bocca, riacquistarono colore e morbidezza.
Il calore dei suoi baci avevano il potere di rimetterlo in sesto e di rilassargli l’animo che, fino a quel momento, aveva subito le percosse dell’impazienza.
La pioggia che ticchettava fuori dalla finestra, la goccia persistente del rubinetto della cucina, il ticchettio delle mille sveglie in casa che Izaya usava impostare, tutte insieme, alle sette di mattina per destarsi, rendendo il risveglio una parata di suoni acuti e assordanti, il silenzio della loro casa; erano tutte cose diventate care, sue, di entrambi.
Jay viveva avvertendo tutto quello che lo circondava a trecentosessanta gradi, come se ogni sua percezione fosse stata tarata per raccogliere limpidamente ogni impulso e vibrazione.
Jay esisteva, come Izaya, completamente, senza tralasciare niente.
E godeva di ogni minima cosa come se fosse stata l’ultima volta.
«Hai fame?» chiese Izaya, aggiungendo a quella lista infinita di vibrazioni, ronzii e rumori, il timbro caldo e rassicurante della sua voce.
«No. Ho sonno.» rispose, strofinandosi gli occhi sul petto robusto di lui, saggiandone il calore.
Attese la risposta per qualche minuto, finché, alzando la testa, si accorse che anche lui, evidentemente, ne aveva. Dormiva, con la testa poggiata alla sua, respirando profondamente, tradito dalla stanchezza e dalla impagabile sensazione di sentirsi finalmente a casa.
Jay fissò sorridente le ciglia lunghe che racchiudevano, senza farle scorgere, le pupille scure e brillanti che aveva atteso di vedere per tutta la giornata.
Aveva bramato i suoi occhi, i suoi sguardi e anche se in quel momento non ne poté beneficiare, si accorse di poter possedere, finalmente, tutto il resto.
Così si abbandonò sul petto che sussultava dolcemente ad ogni respiro e approfittò di quel momento di pace per godere appieno del suo uomo che, sotto di lui, reggendolo sulle sue gambe, dormiva profondamente come una roccia stanca.
La pioggia non li avrebbe mai più sfiorati.
La tempesta era sopraggiunta e, dolcemente, era andata via, lasciando gli strascichi più belli, la calma e la pace che per mesi aveva desiderato per sé, per entrambi.





Angolo Autrice.
Ciao! Scusate il ritardo ma gli impegni di lavoro mi hanno totalmente assorbita, ma non ho dimenticato di aggiornare! Assolutamente no.
Spero vi piacciano questi capitoli un po' zuccherosi, mi scuso coi malati di diabete, ma è necessario spiegare il rapporto che lega e legherà ancora più profondamente Izaya e Jay.
Spero di essere riuscita a spiegare quei piccoli particolari che per me sono molto importanti.
Le sensazioni che, soprattutto Jay, prova.
Detto questo, ringrazio le mie meravigliose sei e dedico questo capitolo a Bijouttina.
Ringrazio Babbo Aven che è sempre presente, la dolcissima Maia Scott, DarkViolet, la mia amata Emide che si sta mettendo in pari e Mrs Burro, in particolar modo, per avermi lasciato sei recensioni di fila, scrivendomi continuamente cose meravigliose. Spero davvero di non deludere te e tutti quelli che ripongono fiducia in me.
Ringrazio chi ha inserito la storia nelle seguite/preferite/ricordate.
Vorrei nominare tutti i lettori silenziosi che mi seguono, ma non vorrei farvi torto. Se siete silenziose è perché volete continuare ad esserlo. Quindi, taccio.
Grazie infinitamente per l'appoggio e spero di riuscire a continuare più velocemente questa storia.
Un abbraccio a tutti.
Bloomsbury


 
   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Bloomsbury