Hey, Catnip di Hey Catnip (/viewuser.php?uid=635906)
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Quando
mi sveglio il sole è già alto nel cielo. Gale mi
accarezza
delicatamente i capelli e quando si accorge che sono sveglia mi sorride.
—
Buongiorno, Catnip —
—
‘Giorno — rispondo, tentando inutilmente di
soffocare uno sbadiglio.
—
Niente incubi stanotte — dice, accennando un sorriso.
—
No — confermo. — Forse avevi ragione, dovevo
chiudere i conti in
sospeso per poter andare avanti serenamente — aggiungo, dopo
qualche
secondo di silenzio. — Grazie, Gale. —
—
Per cosa? — mi chiede, confuso.
—
Per quello che hai fatto —
—
Dovevo farlo — dice lui scrollando le spalle. Gale mi
osserva per
alcuni istanti, le sue dita che mi accarezzano una guancia, poi si
avvicina e mi bacia — Vado a preparare la colazione
—
Rispondo
con un suono a metà tra un si e uno sbadiglio che riesce a
strappargli un sorriso.
—
Non riaddormentarti! — dice scomparendo oltre la porta.
Dopo
qualche altro sbadiglio mi costringo ad alzarmi e a raggiungere
Gale in cucina, incoraggiata dall’odore di caffè e
di pane tostato.
Quando arrivo di sotto sento Gale parlare con qualcuno.
—
Haymitch — dico rivolta alla schiena dell’uomo
seduto al grande
tavolo della cucina per poi avvicinarmi e sedermi di fronte a lui. Da
quando siamo tornati al 12 ho visto Haymitch solo un paio di volte
dato che si è chiuso in casa rifiutandosi di ricevere
visite. È più
magro e trascurato rispetto al nostro ultimo incontro; i capelli
ingrigiti gli incorniciano il volto scarno e pallido, persino gli occhi
un tempo sempe guardinghi hanno perso la loro vecchia
vitalità.
—
Come stai? — chiedo, afferrando una fetta di pane.
—
Me la cavo. A quanto vedo tu te la stai passando bene, dolcezza
— Decido di
ignorare il suo solito
tono cantilenante e ironico.
—
Come mai qui? Credevo non volessi più avere a che fare con
il genere
umano — dico imitando il suo tono e procurandomi
un’occhiataccia da
Gale.
—
Si, era il mio piano, ma qualcun altro non era d’accordo
—
ribatte acidamente, spalmando una fetta di pane con burro e marmellata.
— Comunque, sono qui per parlarvi di una cosa e farvi
ragionare prima
che facciate dei pasticci e buttiate tutto all’aria
—.
Faccio
per parlare ma Haymitch mi blocca alzando una mano e dopo un
lungo sorso di caffè abbondantemente corretto continua il
suo discorso
— Mi hanno chiamato da Capitol City, la- —
—
Da quando hai il telefono? — lo interrompo, curiosa.
—
Da quando mi hanno costretto a ripararlo. Dicevo, la Paylor mi ha
chiamato e chiamerà anche voi. Abbiamo diritto a
un’indennità di guerra
per il lavoro svolto durante la rivoluzione; è una bella
cifra, la
vostra è più cospicua naturalmente dato che vi
siete esposti in prima
linea, ma non posso certo lamentar- —
—
Non voglio i loro soldi — lo interrompo, prima che possa dire
altro.
—
Mi hai tolto le parole di bocca — dice Gale, lo sguardo fisso
su Haymitch che ci osserva a sua volta.
—
Ma quanto siete carini — dice nel suo solito tono
sprezzante — “Non vogliamo i
loro soldi!” E come pensate di vivere? Cacciando?
Fatemi il piacere —
—
Lo abbiamo fatto per anni — ribatto, infervorandomi.
—
Le cose sono diverse ora e qualche coniglio non vi basterà
per
sopravvivere. Vi servono soldi, quindi o accettate quelli che vi
spettano o vi trovate un lavoro. O entrambe le cose, se siete in vena
—
—
Io ce l’ho un lavoro — dice Gale, nervoso.
—
Ah si? Non mi sembra tu stia lavorando ora, o che tu abbia lavorato
negli ultimi due mesi. E qui hai poco da fare, comunque. Ciò
di cui ti
occupi è nel 2 — dice Haymitch, continuando a
correggere il suo caffè.
La
sua ultima frase mi colpisce come uno schiaffo in pieno volto: se
vuole continuare a lavorare, Gale dovrà tornare nel 2.
Lontano da me.
Haymitch sembra notare l’effetto delle sue parole su di me e
quando
parla di nuovo il suo tono è più calmo e gentile.
—
Ascoltatemi. Quei soldi non vi restituiranno ciò che avete
perso,
non sconfiggeranno i vostri demoni né cureranno le vostre
cicatrici più
profonde, ma potranno garantirvi una vita più serena e
tranquilla e
credo sia proprio ciò di cui avete bisogno dopo tutto quello
che avete
passato. Non c’è nulla di male
nell’accettarli, vi spettano di diritto
— Haymitch svuota la tazza e si alza per andarsene; prima di
lasciare
la cucina si gira verso di noi e dice — Pensateci —
per poi uscire
sbattendo la porta dietro di sé.
—
Cosa ne pensi? — chiede Gale dopo alcuni minuti di silenzio.
—
Io…non lo so— dico e ignorando il suo sguardo
interrogativo lascio
la cucina. Sento Gale chiamarmi ma prima che possa raggiungermi sono
già uscita di casa, arco in spalla, e mi dirigo verso i
boschi. Cammino
senza prestare attenzione a dove vado ma i miei piedi si muovono
automaticamente verso il solito sperone di roccia.
Le parole di
Haymitch mi rimbombano nella testa; cosa dovrei fare adesso? Accettare
i loro soldi è disgustoso quasi quanto accettare quelli per
la vittoria
agli Hunger Games, ma non accettarli vuol dire una sola cosa: Gale
dovrà tornare nel distretto 2. Haymitch ha ragione: la sola
selvaggina
non basterà, sono i soldi quelli che servono; ora che la
nazione sta
rinascendo e il benessere a poco a poco si diffonde, gli abitanti del
distretto potranno permettersi di comprare del buon cibo senza problemi
e io e Gale non avremo più possibilità di
barattare la nostra
selvaggina. Sento la rabbia salire e la tempia sinistra pulsare con
forza, così chiudo gli occhi e mi costringo a respirare
profondamente
finché, poco a poco, mi calmo. Quando li riapro Gale
è a tre metri da
me, poggiato al tronco di un albero, le braccia conserte, e mi osserva
attentamente. È inquietante come riesca a muoversi senza
fare alcun
rumore. Si siede accanto a me, lo sguardo fisso
sull’orizzonte. Resto
in silenzio per qualche minuto concentrandomi su un lungo filo
d’erba
che annodo e sciolgo ritmicamente.
—
Tornerai nel 2, vero? — chiedo all’improvviso con
voce gracchiante.
—
Cosa te lo fa pensare? — ribatte Gale, tranquillo.
—
Hai un lavoro lì. Qui non hai possibilità,
Haymitch ha ragione —
Con
mia grande sorpresa, Gale inizia a ridere.
—
Cosa c’è di così divertente?
È la verità, hai mollato tutto per
tornare qui, il tuo lavoro, la tua nuova vita. E…
— sbotto irritata, ma
Gale mi interrompe.
—
La mia nuova vita?
Mi limitavo a sopravvivere, al massimo. Per vivere
ho bisogno di questi boschi, del luogo in cui sono cresciuto. Ho
bisogno di te
— L’intensità e la
dolcezza con cui pronuncia quest’ultima frase mi colpisce
dritto al
cuore. Non te le aspetti certe cose da Gale.
—
E poi Haymitch non sa sempre tutto. Non ho bisogno di tornare nel 2 per
lavorare, posso farlo anche qui — continua lui.
—
E come? Qui al 12 non sanno nulla di armi e roba simile —
rispondo
chiudendo gli occhi e rabbrividendo leggermente al pensiero di fucili e
bombe.
—
Ho chiuso con quella roba. Mi occupo di altro ora —
—
Altro? Io credevo che era quello che volessi fare, sembrava ti
piacesse quando eravamo al 13 — anche se ci provo non riesco
a
nascondere il disappunto nella mia voce.
—
Più che piacermi mi faceva sentire utile, mi teneva
impegnato, ma
ora la situazione è diversa e non voglio più
avere a che fare con
guerra e distruzione — risponde Gale piatto.
La
sua risposta mi fa rendere conto ancora una volta di quanto sia
cambiato dopo la guerra e di come io me la sia presa con lui quando
vedevo le armi che progettava, dimenticando però il motivo
per cui lo faceva.
— Di cosa ti occupi allora? —
—
Progetto edifici. Case, per lo più. È una cosa
che mi è sempre
piaciuta, sin da bambino e quando ne ho parlato con Beetee mi ha messo
in contatto con un suo amico che si occupa proprio di questo,
così ho
iniziato a studiare e lavorare con lui partecipando anche a diversi
progetti. È un lavoro che mi piace, vedere una casa venir su
dal nulla
e sapere che l’hai progettata tu dà molta
soddisfazione. E si guadagna
piuttosto bene, il che non guasta affatto —
— Non è necessario
che torni al 2, posso lavorare
tranquillamente da casa e recarmi lì quando necessario; e
poi anche qui
c’è molto da fare — aggiunge facendo
spallucce.
—
Quindi non te ne andrai? — chiedo ancora.
—
No, Katniss. Non me ne andrò — risponde Gale,
divertito ed esasperato allo stesso tempo.
Sento
i muscoli del viso rilassarsi e un po' d'angoscia svanire
—
Cosa hai deciso di fare con la questione
dell’indennità? —
—
Sai che non voglio quei soldi, ma a quanto pare la Paylor non
è
disposta ad accettare un no come risposta. Ha chiamato poco dopo che
sei scappata via e ha detto che quei soldi spettano di diritto ad ogni
soldato che abbia combattuto o si sia distinto per meriti particolari,
come Haymitch o Plutarch. Penso che non abbiamo altra scelta se non
quella di accettare — dice Gale, sospirando.
—
D’accordo — rispondo con voce roca. —
Torniamo a casa, così ne parliamo con Haymitch —
dico, alzandomi e tendendogli la mano.
—
Dici che ci lascerà entrare? — chiede Gale,
ridendo.
—
Buttiamo giù la porta o entriamo dalla finestra, Hawthorne
—
—
Se lo dice lei, Everdeen! —
In
meno di dieci minuti siamo davanti alla porta di Haymitch.
—
Secondo te dopo quante bussate verrà ad aprire? —
chiede Gale,
osservandomi mentre prendo pugni la porta. Al quarto
colpo, si apre.
—
Avrei detto otto o nove, che delusione Haymitch! —
dice Gale.
—
Peeta — dico sorpresa. Non mi aspettavo di trovarlo
lì, ma in fin
dei conti qui gli restiamo solo io e Haymitch e dato quello che
è
successo ieri penso che ci vorrà del tempo per riallacciare
i rapporti
con lui. Peeta guarda me, poi Gale, poi i suoi occhi indugiano
per qualche secondo sulle nostre dita
intrecciate.
—
Ciao — dice tranquillo. — Entrate, Haymitch
è in cucina —
Entro
seguita da Gale e subito vengo avvolta da un delizioso profumo di pane
appena sfornato. Peeta mi guarda e acenna un sorriso imbarazzato.
—
Ne ho preparato anche per voi. E ho aggiunto anche quelle focaccine al
formaggio che ti piacciono tanto —
—
Non dovevi Peeta, grazie —
—
Lo faccio con piacere. Andiamo, prima che si riaddormenti —
dice incamminandosi verso la cucina.
Haymitch
è seduto al tavolo, l’immancabile bottiglia di
liquore accanto a lui.
—
Oh, ecco Mr Orgoglio e Miss Integrità —
—
Falla finita Haymitch — rispondo tagliente.
—
Allora, avete fatto i vostri conticini e preso una decisione?
—
—
Si...accetteremo i soldi dell’indennità
— dice Gale.
—
Bene, siete più intelligenti di quanto mi aspett- —
—
Haymitch — lo ammonisce Peeta.
—
Cosa vuoi? Era un complimento — dice Haymitch allargando le
braccia e versando un po’ di liquore dal bicchiere.
—
In questo caso, entro questa settimana dovremo andare a Capitol City
—
—
Cosa? —
—
Hai sentito bene, dolcezza. Non ci vorrà molto, il tempo di
mettere qualche firma e saremo di ritorno —
Tornare
a Capitol City, camminare in quelle strade, rivivere quei
momenti è l’ultima cosa che desidero, solo
l’idea mi dà i brividi. Mi
irrigidisco e abbasso lo sguardo concentrandomi su una macchia di
caffè sul pavimento. Come al solito a Gale basta uno sguardo
per
capire ciò che sto pensando; mi scosta una ciocca di capelli
dal viso e
sussurra — Se non vuoi andarci posso pensarci io —
Alzo
lo sguardo su di lui e leggo la preoccupazione nei suoi occhi
nonostante cerchi di nasconderla con un piccolo sorriso rassicurante.
Sarà difficile anche per lui tornare
lì, non posso lasciarlo da solo.
—
No, va bene — dico con voce incerta.
—
Perfetto. Vado a chiamare la Paylor, allora
— Haymitch batte le mani ed esce
dalla cucina lasciando me, Gale e Peeta da soli.
Imbarazzante. È
ovviamente Peeta a rompere il silenzio.
—
Cosa ne pensate di questa storia dell’indennità?
—
—
Non siamo d’accordo, ma la Paylor mi ha fatto capire
chiaramente che non abbiamo scelta — dice Gale, accettando la
tazza di caffè che Peeta gli sta offrendo.
—
Si, è stata molto categorica — dice Peeta,
passandosi una mano nei capelli.
—È
come essere pagati per aver vinto gli Hunger Games — dico con
tono secco, sedendomi e prendendo una tazza di tè.
—
Non è la stessa cosa Katniss, lo sai — ribatte
Peeta.
—
Ah no? Quindi tu non hai avuto problemi ad accettare? Non ti fa sentire
sporco prendere i loro soldi? —
—
No, Katniss. Ogni soldato che ha preso parte a una guerra di queste
dimensioni riceve un’indennità, soprattutto se ha
subito dei danni o
delle perdite. E noi rientriamo in questa categoria, direi —
Sto
per ribattere quando Haymitch ritorna.
—
Partiamo domani mattina alle 8 —
—
D’accordo. A domani, allora — dice Gale, e si
incammina verso l’ingresso tenendomi per mano, felice di
stroncare sul nascere una possibile discussione tra me e Peeta.
—
Aspettate! — dice Peeta, porgendomi un pacchetto di carta
voluminoso e
caldo. Il profumo di pane mi invade nuovamente le narici e mi fa
pentire per il modo in cui mi sono rivolta a lui poco fa.
—
Grazie, Peeta — .
—
Non c’è di che, mi fa piacere. A domani —
—
Ciao — dico, seguendo Gale all’esterno.
—Stavo
pensando che al ritorno da Capitol City potrei passare al 2 e
parlare con Klaus per la questione del lavoro — dice Gale
mentre
attraversiamo il Villaggio dei Vincitori diretti verso casa.
—
Klaus? —
—
È l’amico di Beetee con cui ho lavorato in questi
mesi. Gli spiegherò
che non ho intenzione di tornare al 2 ma che voglio continuare a
lavorare con lui —
—
Mi sembra una buona idea — dico sorridendo incoraggiante.
—Già.
Poi… — Gale fa una breve pausa e mi guarda,
indeciso se proseguire o meno.
—
Poi? — lo incalzo io.
—
Se ti va potremmo fermarci un po’ al 4 —
Mi
blocco sull’uscio della porta. Distretto 4, mia madre.
—
Non so se ne ho voglia —
—
Katniss, è tua madre, non la vedi da mesi! —
—
Da quando mi ha abbandonata qui, vorrai dire — sibilo.
—
Vederla ti farà bene, ne sono certo — mi dice
Gale, circondandomi con
le braccia e poggiandomi il mento sulla testa. Come sempre, quando mi
abbraccia tutta la mia insicurezza svanisce.
—
Se lo dici tu — brontolo contrariata, ma tra me e me penso
che come per la
questione di rivedere Peeta anche stavolta avrà ragione.
— La chiamo,
allora —
Gale
annuisce e scompare in cucina per preparare il pranzo.
—
A domani, mamma — riaggancio il telefono e raggiungo Gale in
cucina.
—
Allora? — mi chiede, riempiendomi il piatto di coscette di
coniglio
al basilico. In un cestino
di legno al centro del
tavolo ha disposto
con cura le focaccine al formaggio e alcune fette del pane di Peeta.
—
Non vede l’ora di vederci e spera che ci fermeremo per
qualche giorno
— dico prendendo una fetta di pane per intingerla nella
densa crema di
basilico del coniglio.
—
Non è una cattiva idea, sai. Potremmo andare al mare, dicono
che sia
bellissimo. Poi c’è Annie, sono sicuro che sarebbe
molto felice di
vederti — dice Gale, mangiando una focaccina. —
Queste focaccine sono
buonissime, ricordami di dirlo a Peeta, domani —
—
Mm-mh —
Nel
pomeriggio saliamo in camera per preparare le valigie, o meglio io
me sto stesa sul letto limitandomi a dire si o no ai vestiti che poi
Gale piega con cura e mette in borsa.
—
Ecco fatto, è tutto pronto. Grazie per l’aiuto,
senza te non avrei
saputo come fare — ironizza Gale chiudendo
l’ultimo dei due borsoni.
—
Fare valigie non è il mio forte, avrei buttato tutto dentro
alla
rinfusa — dico, stiracchiandomi. All’improvviso mi
viene in mente una
cosa e mi alzo dal letto con un balzo.
—
Katniss? —
—
Devo prendere una cosa, torno subito — dico, ed esco dalla
mia stanza
per andare in quella che era di mia madre, dove inizio ad aprire
cassetti e rovistare nell’armadio.
—
Eccolo! — esclamo dopo aver trovato ciò che
cercavo in una scatola verde riposta nel terzo cassetto del
comò.
—
L’album di nozze dei miei genitori, per mia madre —
spiego a Gale
quando ritorno in camera. — Ho aggiunto qualche foto mia e
di…Prim —
continuo, scrollando le spalle.
—
È un pensiero bellissimo —
—
Ho pensato che potrebbe aiutarla a sentirsi meno sola, ora che
è al 4 —
—
Posso vederlo? —
Mi
siedo sul letto con l’album sulle
ginocchia e faccio cenno a Gale di sedersi accanto a me. Passiamo
l’ora
successiva a sfogliare le pagine leggermente ingiallite, colme di
ricordi e momenti felici.
—
Somigli tantissimo a tuo padre. In questa siete uguali.
—indica una foto di mio padre intento a scoccare una freccia,
lo
sguardo concentrato e fisso sulla preda. —Tranne per la
treccia,
ovviamente — aggiunge poi con un sorriso che si trasforma in
una
risata quando vede una mia foto di quando avevo 5 o 6 anni.
—
Perché ridi? — chiedo, sulla difensiva.
—
Così piccola e già quell’espressione
imbronciata! —
—
Avevo litigato con mia madre, non voleva che giocassi con
l’arco che
papà aveva costruito per me —
La
foto nella pagina successiva mi provoca una dolorosa stretta allo
stomaco. È una foto di Prim, aveva un anno o poco
più, i capelli biondi
che incorniciano il viso roseo in cui brillano due grandi occhi azzurri.
—
È bellissima — dice Gale in un sussurro.
—
Si…lo era — rispondo, lottando contro un doloroso
nodo alla gola.
—
E tu eri una sorella molto orgogliosa — dice Gale passando
in fretta
ad un’altra foto che ritrae me seduta davanti al camino, le
braccia
spalancate verso una sorridente Prim che muove i primi passi sulle
gambette paffute. Una
lacrima scivola lungo la mia guancia e cade sulla foto.
—
Mi manca così tanto — dico a mezza voce.
Sento
il braccio di Gale circondarmi le spalle e tirarmi a sé.
—
Lo so — Una lacrima
tiepida mi bagna la
fronte e alzando lo sguardo mi rendo conto che anche Gale sta
piangendo, ma quando incrocia i miei occhi sorride debolmente.
—
Le volevo bene come ad una sorella —
—
Anche lei te ne voleva molto, ti adorava. Per un periodo ho
anche pensato che avesse una cotta per te — confesso,
sorridendo al
ricordo.
Continuiamo
a sfogliare l’album, sorridendo tra le lacrime ad ogni foto
di Prim, finché non arriviamo all’ultima pagina,
dove c’è un’unica foto
al centro che risale a pochi mesi prima della morte di mio padre: lui e
mia madre seduti nell’erba, io stesa a pancia in
giù tra di loro e Prim
che mi intreccia fiori nei capelli.
—
È ora di cena — dico. Avvolgo l’album in
una sciarpa di seta grigio
perla disegnata da Cinna e lo ripongo delicatamente in una delle
valigie, poi mi reco in cucina, seguita da Gale.
Dopo
cena non ci fermiamo a chiacchierare in salotto come al solito ma
facciamo una doccia veloce e poi andiamo dritti in camera.
—
Sarà una giornata pesante, domani — dice Gale,
tamponandosi i capelli con un asciugamano.
—
Si…— rispondo io, già a letto,
girandomi su un fianco nella sua direzione.
Gale
si stende accanto a me e mi sistema una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
—
Sicura di farcela? — chiede, fissando i suoi occhi nei miei
alla ricerca di una risposta alla sua domanda.
Annuisco,
stringendomi a lui per scacciare via la sensazione di angoscia che mi
attanaglia lo stomaco.
—
Andrà tutto bene, ci sarò io con te —
—
Lo so —
Alzo
la testa per baciarlo e poi torno a rannicchiarmi tra le sue
braccia, lottando contro l'ansia per ciò che mi attende la
mattina
successiva finchè non cado in un sonno profondo, cullata dal
respiro
di Gale tra i miei capelli.
Eeeee...sono tornata!
Avevate perso le speranze,
scommetto, dato che è passato più di un mese
da quando ho pubblicato
l'ultimo capitolo.
Purtroppo , tra tesi ed
esami ho pochissimo tempo libero a disposizione
e, soprattutto, la mia
fantasia sembra essere partita per l'Isola che non c'è,
il che è
tragico, quando si ha una storia da scrivere :/
E infatti questo capitolo,
a mio parere, non è un granchè,
ma forse dopo quello
precedente in cui "ho fatto il botto" ci voleva qualcosa di
più tranquillo.
Non preoccupatevi, questa
calma apparente durerà massimo un altro capitolo,
poi si tornerà
all'azione (Everthorne, ovviamente)!
Spero di non avervi deluso
con 'sto capitolaccio
e vi chiedo ancora scusa
per l'immenso ritardo con cui ho pubblicato.
Grazie alle mie fedelissime LauGelso, ElyAlien14, foreverahero00,
katniss_jackson, kaly23, FedeFrancy96, Cry_stal17, e ViolaS098, le
cui recensioni non mancano mai <3
A
presto!
Catnip
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