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Autore: Hey Catnip    28/05/2014    7 recensioni
"...la mia attenzione cade su un’altra lettera, poggiata accanto alla mia bisaccia da caccia. Non l’avevo notata prima, deve averla portata Sae mentre dormivo. No, la data risale a mesi prima, poco dopo il mio rientro al distretto 12."
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Quando mi sveglio il sole è già alto nel cielo. Gale mi accarezza delicatamente i capelli e quando si accorge che sono sveglia mi sorride.
— Buongiorno, Catnip —
— ‘Giorno — rispondo, tentando inutilmente di soffocare uno sbadiglio.
— Niente incubi stanotte — dice, accennando un sorriso.
— No — confermo. — Forse avevi ragione, dovevo chiudere i conti in sospeso per poter andare avanti serenamente — aggiungo, dopo qualche secondo di silenzio. — Grazie, Gale. —
— Per cosa? — mi chiede, confuso.
— Per quello che hai fatto —
— Dovevo farlo — dice lui scrollando le spalle. Gale mi osserva per alcuni istanti, le sue dita che mi accarezzano una guancia, poi si avvicina e mi bacia — Vado a preparare la colazione —
Rispondo con un suono a metà tra un si e uno sbadiglio che riesce a strappargli un sorriso.
— Non riaddormentarti! — dice scomparendo oltre la porta.
Dopo qualche altro sbadiglio mi costringo ad alzarmi e a raggiungere Gale in cucina, incoraggiata dall’odore di caffè e di pane tostato. Quando arrivo di sotto sento Gale parlare con qualcuno.
— Haymitch — dico rivolta alla schiena dell’uomo seduto al grande tavolo della cucina per poi avvicinarmi e sedermi di fronte a lui. Da quando siamo tornati al 12 ho visto Haymitch solo un paio di volte dato che si è chiuso in casa rifiutandosi di ricevere visite. È più magro e trascurato rispetto al nostro ultimo incontro; i capelli ingrigiti gli incorniciano il volto scarno e pallido, persino gli occhi un tempo sempe guardinghi hanno perso la loro vecchia vitalità.
— Come stai? — chiedo, afferrando una fetta di pane.
— Me la cavo. A quanto vedo tu te la stai passando bene, dolcezza — Decido di ignorare il suo solito tono cantilenante e ironico.
— Come mai qui? Credevo non volessi più avere a che fare con il genere umano — dico imitando il suo tono e procurandomi un’occhiataccia da Gale.
— Si, era il mio piano, ma qualcun altro non era d’accordo — ribatte acidamente, spalmando una fetta di pane con burro e marmellata. — Comunque, sono qui per parlarvi di una cosa e farvi ragionare prima che facciate dei pasticci e buttiate tutto all’aria —.
Faccio per parlare ma Haymitch mi blocca alzando una mano e dopo un lungo sorso di caffè abbondantemente corretto continua il suo discorso
— Mi hanno chiamato da Capitol City, la- —

— Da quando hai il telefono? — lo interrompo, curiosa.
— Da quando mi hanno costretto a ripararlo. Dicevo, la Paylor mi ha chiamato e chiamerà anche voi. Abbiamo diritto a un’indennità di guerra per il lavoro svolto durante la rivoluzione; è una bella cifra, la vostra è più cospicua naturalmente dato che vi siete esposti in prima linea, ma non posso certo lamentar- —
— Non voglio i loro soldi — lo interrompo, prima che possa dire altro.
— Mi hai tolto le parole di bocca — dice Gale, lo sguardo fisso su Haymitch che ci osserva a sua volta.
— Ma quanto siete carini — dice nel suo solito tono sprezzante­ — “Non vogliamo i loro soldi!” E come pensate di vivere? Cacciando? Fatemi il piacere —
— Lo abbiamo fatto per anni — ribatto, infervorandomi.
— Le cose sono diverse ora e qualche coniglio non vi basterà per sopravvivere. Vi servono soldi, quindi o accettate quelli che vi spettano o vi trovate un lavoro. O entrambe le cose, se siete in vena —
— Io ce l’ho un lavoro — dice Gale, nervoso.
— Ah si? Non mi sembra tu stia lavorando ora, o che tu abbia lavorato negli ultimi due mesi. E qui hai poco da fare, comunque. Ciò di cui ti occupi è nel 2 — dice Haymitch, continuando a correggere il suo caffè.
La sua ultima frase mi colpisce come uno schiaffo in pieno volto: se vuole continuare a lavorare, Gale dovrà tornare nel 2. Lontano da me. Haymitch sembra notare l’effetto delle sue parole su di me e quando parla di nuovo il suo tono è più calmo e gentile.
­— Ascoltatemi. Quei soldi non vi restituiranno ciò che avete perso, non sconfiggeranno i vostri demoni né cureranno le vostre cicatrici più profonde, ma potranno garantirvi una vita più serena e tranquilla e credo sia proprio ciò di cui avete bisogno dopo tutto quello che avete passato. Non c’è nulla di male nell’accettarli, vi spettano di diritto — Haymitch svuota la tazza e si alza per andarsene; prima di lasciare la cucina si gira verso di noi e dice — Pensateci — per poi uscire sbattendo la porta dietro di sé.
— Cosa ne pensi? — chiede Gale dopo alcuni minuti di silenzio.
— Io…non lo so— dico e ignorando il suo sguardo interrogativo lascio la cucina. Sento Gale chiamarmi ma prima che possa raggiungermi sono già uscita di casa, arco in spalla, e mi dirigo verso i boschi. Cammino senza prestare attenzione a dove vado ma i miei piedi si muovono automaticamente verso il solito sperone di roccia.
Le parole di Haymitch mi rimbombano nella testa; cosa dovrei fare adesso? Accettare i loro soldi è disgustoso quasi quanto accettare quelli per la vittoria agli Hunger Games, ma non accettarli vuol dire una sola cosa: Gale dovrà tornare nel distretto 2. Haymitch ha ragione: la sola selvaggina non basterà, sono i soldi quelli che servono; ora che la nazione sta rinascendo e il benessere a poco a poco si diffonde, gli abitanti del distretto potranno permettersi di comprare del buon cibo senza problemi e io e Gale non avremo più possibilità di barattare la nostra selvaggina. Sento la rabbia salire e la tempia sinistra pulsare con forza, così chiudo gli occhi e mi costringo a respirare profondamente finché, poco a poco, mi calmo. Quando li riapro Gale è a tre metri da me, poggiato al tronco di un albero, le braccia conserte, e mi osserva attentamente. È inquietante come riesca a muoversi senza fare alcun rumore. Si siede accanto a me, lo sguardo fisso sull’orizzonte. Resto in silenzio per qualche minuto concentrandomi su un lungo filo d’erba che annodo e sciolgo ritmicamente.

— Tornerai nel 2, vero? — chiedo all’improvviso con voce gracchiante.
— Cosa te lo fa pensare? — ribatte Gale, tranquillo.
— Hai un lavoro lì. Qui non hai possibilità, Haymitch ha ragione —
Con mia grande sorpresa, Gale inizia a ridere.
— Cosa c’è di così divertente? È la verità, hai mollato tutto per tornare qui, il tuo lavoro, la tua nuova vita. E… — sbotto irritata, ma Gale mi interrompe.
— La mia nuova vita? Mi limitavo a sopravvivere, al massimo. Per vivere ho bisogno di questi boschi, del luogo in cui sono cresciuto. Ho bisogno di te — L’intensità e la dolcezza con cui pronuncia quest’ultima frase mi colpisce dritto al cuore. Non te le aspetti certe cose da Gale.
— E poi Haymitch non sa sempre tutto. Non ho bisogno di tornare nel 2 per lavorare, posso farlo anche qui — continua lui.
— E come? Qui al 12 non sanno nulla di armi e roba simile — rispondo chiudendo gli occhi e rabbrividendo leggermente al pensiero di fucili e bombe.
— Ho chiuso con quella roba. Mi occupo di altro ora —
— Altro? Io credevo che era quello che volessi fare, sembrava ti piacesse quando eravamo al 13 — anche se ci provo non riesco a nascondere il disappunto nella mia voce.
— Più che piacermi mi faceva sentire utile, mi teneva impegnato, ma ora la situazione è diversa e non voglio più avere a che fare con guerra e distruzione — risponde Gale piatto.
La sua risposta mi fa rendere conto ancora una volta di quanto sia cambiato dopo la guerra e di come io me la sia presa con lui quando vedevo le armi che progettava, dimenticando però il motivo per cui lo faceva.
— Di cosa ti occupi allora? ­—
— Progetto edifici. Case, per lo più. È una cosa che mi è sempre piaciuta, sin da bambino e quando ne ho parlato con Beetee mi ha messo in contatto con un suo amico che si occupa proprio di questo, così ho iniziato a studiare e lavorare con lui partecipando anche a diversi progetti. È un lavoro che mi piace, vedere una casa venir su dal nulla e sapere che l’hai progettata tu dà molta soddisfazione. E si guadagna piuttosto bene, il che non guasta affatto —
— Non è necessario che torni al 2, posso lavorare tranquillamente da casa e recarmi lì quando necessario; e poi anche qui c’è molto da fare — aggiunge facendo spallucce.

— Quindi non te ne andrai? — chiedo ancora.
— No, Katniss. Non me ne andrò — risponde Gale, divertito ed esasperato allo stesso tempo.
Sento i muscoli del viso rilassarsi e un po' d'angoscia svanire
— Cosa hai deciso di fare con la questione dell’indennità? —
— Sai che non voglio quei soldi, ma a quanto pare la Paylor non è disposta ad accettare un no come risposta. Ha chiamato poco dopo che sei scappata via e ha detto che quei soldi spettano di diritto ad ogni soldato che abbia combattuto o si sia distinto per meriti particolari, come Haymitch o Plutarch. Penso che non abbiamo altra scelta se non quella di accettare — dice Gale, sospirando.
— D’accordo — rispondo con voce roca. — Torniamo a casa, così ne parliamo con Haymitch — dico, alzandomi e tendendogli la mano.
— Dici che ci lascerà entrare? — chiede Gale, ridendo.
— Buttiamo giù la porta o entriamo dalla finestra, Hawthorne —
— Se lo dice lei, Everdeen! —
In meno di dieci minuti siamo davanti alla porta di Haymitch.
— Secondo te dopo quante bussate verrà ad aprire? — chiede Gale, osservandomi mentre prendo pugni la porta. Al quarto colpo, si apre.
— Avrei detto otto o nove, che delusione Haymitch! — dice Gale.
— Peeta — dico sorpresa. Non mi aspettavo di trovarlo lì, ma in fin dei conti qui gli restiamo solo io e Haymitch e dato quello che è successo ieri penso che ci vorrà del tempo per riallacciare i rapporti con lui. Peeta guarda me, poi Gale, poi i suoi occhi indugiano per qualche secondo sulle nostre dita intrecciate.
— Ciao — dice tranquillo. — Entrate, Haymitch è in cucina —
Entro seguita da Gale e subito vengo avvolta da un delizioso profumo di pane appena sfornato. Peeta mi guarda e acenna un sorriso imbarazzato.
— Ne ho preparato anche per voi. E ho aggiunto anche quelle focaccine al formaggio che ti piacciono tanto —
— Non dovevi Peeta, grazie — 
— Lo faccio con piacere. Andiamo, prima che si riaddormenti — dice incamminandosi verso la cucina.
Haymitch è seduto al tavolo, l’immancabile bottiglia di liquore accanto a lui.
— Oh, ecco Mr Orgoglio e Miss Integrità —
— Falla finita Haymitch — rispondo tagliente.
— Allora, avete fatto i vostri conticini e preso una decisione? —
— Si...accetteremo i soldi dell’indennità — dice Gale.
— Bene, siete più intelligenti di quanto mi aspett- —
— Haymitch — lo ammonisce Peeta.
— Cosa vuoi? Era un complimento — dice Haymitch allargando le braccia e versando un po’ di liquore dal bicchiere.
— In questo caso, entro questa settimana dovremo andare a Capitol City —
— Cosa? —
— Hai sentito bene, dolcezza. Non ci vorrà molto, il tempo di mettere qualche firma e saremo di ritorno —
Tornare a Capitol City, camminare in quelle strade, rivivere quei momenti è l’ultima cosa che desidero, solo l’idea mi dà i brividi. Mi irrigidisco e abbasso lo sguardo concentrandomi su una macchia di caffè sul pavimento. Come al solito a Gale basta uno sguardo per capire ciò che sto pensando; mi scosta una ciocca di capelli dal viso e sussurra — Se non vuoi andarci posso pensarci io —
Alzo lo sguardo su di lui e leggo la preoccupazione nei suoi occhi nonostante cerchi di nasconderla con un piccolo sorriso rassicurante. Sarà difficile anche per lui tornare lì, non posso lasciarlo da solo.
— No, va bene — dico con voce incerta.
— Perfetto. Vado a chiamare la Paylor, allora — Haymitch batte le mani ed esce dalla cucina lasciando me, Gale e Peeta da soli. Imbarazzante. È ovviamente Peeta a rompere il silenzio.
— Cosa ne pensate di questa storia dell’indennità? —
— Non siamo d’accordo, ma la Paylor mi ha fatto capire chiaramente che non abbiamo scelta — dice Gale, accettando la tazza di caffè che Peeta gli sta offrendo.
— Si, è stata molto categorica — dice Peeta, passandosi una mano nei capelli.
—È come essere pagati per aver vinto gli Hunger Games — dico con tono secco, sedendomi e prendendo una tazza di tè.
— Non è la stessa cosa Katniss, lo sai — ribatte Peeta.
— Ah no? Quindi tu non hai avuto problemi ad accettare? Non ti fa sentire sporco prendere i loro soldi? —
— No, Katniss. Ogni soldato che ha preso parte a una guerra di queste dimensioni riceve un’indennità, soprattutto se ha subito dei danni o delle perdite. E noi rientriamo in questa categoria, direi —
Sto per ribattere quando Haymitch ritorna.
— Partiamo domani mattina alle 8 —
— D’accordo. A domani, allora — dice Gale, e si incammina verso l’ingresso tenendomi per mano, felice di stroncare sul nascere una possibile discussione tra me e Peeta.
— Aspettate! — dice Peeta, porgendomi un pacchetto di carta voluminoso e caldo. Il profumo di pane mi invade nuovamente le narici e mi fa pentire per il modo in cui mi sono rivolta a lui poco fa.
— Grazie, Peeta — .
— Non c’è di che, mi fa piacere. A domani —
— Ciao — dico, seguendo Gale all’esterno.


—Stavo pensando che al ritorno da Capitol City potrei passare al 2 e parlare con Klaus per la questione del lavoro — dice Gale mentre attraversiamo il Villaggio dei Vincitori diretti verso casa.
— Klaus? —
— È l’amico di Beetee con cui ho lavorato in questi mesi. Gli spiegherò che non ho intenzione di tornare al 2 ma che voglio continuare a lavorare con lui —
— Mi sembra una buona idea — dico sorridendo incoraggiante.
—Già. Poi… — Gale fa una breve pausa e mi guarda, indeciso se proseguire o meno.
— Poi? — lo incalzo io.
— Se ti va potremmo fermarci un po’ al 4 —
Mi blocco sull’uscio della porta. Distretto 4, mia madre.
— Non so se ne ho voglia —
— Katniss, è tua madre, non la vedi da mesi! —
— Da quando mi ha abbandonata qui, vorrai dire — sibilo.
— Vederla ti farà bene, ne sono certo — mi dice Gale, circondandomi con le braccia e poggiandomi il mento sulla testa. Come sempre, quando mi abbraccia tutta la mia insicurezza svanisce.
— Se lo dici tu — brontolo contrariata, ma tra me e me penso che come per la questione di rivedere Peeta anche stavolta avrà ragione.
— La chiamo, allora — 

Gale annuisce e scompare in cucina per preparare il pranzo.


— A domani, mamma — riaggancio il telefono e raggiungo Gale in cucina.
— Allora? — mi chiede, riempiendomi il piatto di coscette di coniglio al basilico. In un cestino di legno al centro del tavolo ha disposto con cura le focaccine al formaggio e alcune fette del pane di Peeta.
— Non vede l’ora di vederci e spera che ci fermeremo per qualche giorno — dico prendendo una fetta di pane per intingerla nella densa crema di basilico del coniglio.
— Non è una cattiva idea, sai. Potremmo andare al mare, dicono che sia bellissimo. Poi c’è Annie, sono sicuro che sarebbe molto felice di vederti — dice Gale, mangiando una focaccina. — Queste focaccine sono buonissime, ricordami di dirlo a Peeta, domani —
— Mm-mh —

Nel pomeriggio saliamo in camera per preparare le valigie, o meglio io me sto stesa sul letto limitandomi a dire si o no ai vestiti che poi Gale piega con cura e mette in borsa.
— Ecco fatto, è tutto pronto. Grazie per l’aiuto, senza te non avrei saputo come fare — ironizza Gale chiudendo l’ultimo dei due borsoni.
— Fare valigie non è il mio forte, avrei buttato tutto dentro alla rinfusa — dico, stiracchiandomi. All’improvviso mi viene in mente una cosa e mi alzo dal letto con un balzo.
— Katniss? —
— Devo prendere una cosa, torno subito — dico, ed esco dalla mia stanza per andare in quella che era di mia madre, dove inizio ad aprire cassetti e rovistare nell’armadio.
— Eccolo! — esclamo dopo aver trovato ciò che cercavo in una scatola verde riposta nel terzo cassetto del comò.
— L’album di nozze dei miei genitori, per mia madre — spiego a Gale quando ritorno in camera. — Ho aggiunto qualche foto mia e di…Prim — continuo, scrollando le spalle.
— È un pensiero bellissimo ­—
— Ho pensato che potrebbe aiutarla a sentirsi meno sola, ora che è al 4 —
— Posso vederlo? —
Mi siedo sul letto con l’album sulle ginocchia e faccio cenno a Gale di sedersi accanto a me. Passiamo l’ora successiva a sfogliare le pagine leggermente ingiallite, colme di ricordi e momenti felici.
— Somigli tantissimo a tuo padre. In questa siete uguali. —indica una foto di mio padre intento a scoccare una freccia, lo sguardo concentrato e fisso sulla preda. —Tranne per la treccia, ovviamente — aggiunge poi con un sorriso che si trasforma in una risata quando vede una mia foto di quando avevo 5 o 6 anni.
— Perché ridi? — chiedo, sulla difensiva.
— Così piccola e già quell’espressione imbronciata! —
— Avevo litigato con mia madre, non voleva che giocassi con l’arco che papà aveva costruito per me — 
La foto nella pagina successiva mi provoca una dolorosa stretta allo stomaco. È una foto di Prim, aveva un anno o poco più, i capelli biondi che incorniciano il viso roseo in cui brillano due grandi occhi azzurri.
— È bellissima — dice Gale in un sussurro.
— Si…lo era — rispondo, lottando contro un doloroso nodo alla gola.
— E tu eri una sorella molto orgogliosa — dice Gale passando in fretta ad un’altra foto che ritrae me seduta davanti al camino, le braccia spalancate verso una sorridente Prim che muove i primi passi sulle gambette paffute. Una lacrima scivola lungo la mia guancia e cade sulla foto.
— Mi manca così tanto — dico a mezza voce.
Sento il braccio di Gale circondarmi le spalle e tirarmi a sé.
— Lo so — Una lacrima tiepida mi bagna la fronte e alzando lo sguardo mi rendo conto che anche Gale sta piangendo, ma quando incrocia i miei occhi sorride debolmente.
— Le volevo bene come ad una sorella —
— Anche lei te ne voleva molto, ti adorava. Per un periodo ho anche pensato che avesse una cotta per te — confesso, sorridendo al ricordo.
Continuiamo a sfogliare l’album, sorridendo tra le lacrime ad ogni foto di Prim, finché non arriviamo all’ultima pagina, dove c’è un’unica foto al centro che risale a pochi mesi prima della morte di mio padre: lui e mia madre seduti nell’erba, io stesa a pancia in giù tra di loro e Prim che mi intreccia fiori nei capelli.
— È ora di cena — dico. Avvolgo l’album in una sciarpa di seta grigio perla disegnata da Cinna e lo ripongo delicatamente in una delle valigie, poi mi reco in cucina, seguita da Gale.

Dopo cena non ci fermiamo a chiacchierare in salotto come al solito ma facciamo una doccia veloce e poi andiamo dritti in camera.
— Sarà una giornata pesante, domani — dice Gale, tamponandosi i capelli con un asciugamano.
— Si…— rispondo io, già a letto, girandomi su un fianco nella sua direzione.
Gale si stende accanto a me e mi sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
— Sicura di farcela? — chiede, fissando i suoi occhi nei miei alla ricerca di una risposta alla sua domanda.
Annuisco, stringendomi a lui per scacciare via la sensazione di angoscia che mi attanaglia lo stomaco.
— Andrà tutto bene, ci sarò io con te —
— Lo so —
Alzo la testa per baciarlo e poi torno a rannicchiarmi tra le sue braccia, lottando contro l'ansia per ciò che mi attende la mattina successiva finchè non cado in un sonno profondo, cullata dal respiro di Gale tra i miei capelli.







Eeeee...sono tornata!
Avevate perso le speranze, scommetto, dato che è passato più di un mese
da quando ho pubblicato l'ultimo capitolo.
Purtroppo , tra tesi ed esami ho pochissimo tempo libero a disposizione
e, soprattutto, la mia fantasia sembra essere partita per l'Isola che non c'è,
il che è tragico, quando si ha una storia da scrivere :/
E infatti questo capitolo, a mio parere, non è un granchè,
ma forse dopo quello precedente in cui "ho fatto il botto" ci voleva qualcosa di più tranquillo.
Non preoccupatevi, questa calma apparente durerà massimo un altro capitolo,
poi si tornerà all'azione (Everthorne, ovviamente)!
Spero di non avervi deluso con 'sto capitolaccio
e vi chiedo ancora scusa per l'immenso ritardo con cui ho pubblicato.
Grazie alle mie fedelissime LauGelso, ElyAlien14, foreverahero00, katniss_jackson, kaly23, FedeFrancy96, Cry_stal17, e ViolaS098, le cui recensioni non mancano mai <3
A presto!

Catnip
  
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