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by _marty
11 - Bentornato
Rostov
Velikij
L’osservava
ormai da troppo tempo nascosto in un angolo della strada, ma non poteva
avvicinarsi poiché sembrava circospetto mentre parlava con
quell’uomo. Si
guardava le spalle come se da un momento all’altro qualcuno
potesse spuntare fuori
e ucciderlo.
Il
signor
Yukino aveva preso un aereo dal Giappone quella stessa mattina e era
arrivato a
Rostov con un taxi. Era rimasto appostato in un bar in un primo momento
e
l’aveva seguito poco dopo, cercando di capire il momento
migliore per
avvicinarsi.
Non
faceva
nulla che potesse dare sospetto ad alcuno. Stava li a guardare il
cellulare,
facendo finta di ricercare qualcosa di importante nella rubrica,
leggeva il
giornale. Dopotutto quella era la sua Patria Natia, sapeva come
muoversi.
Eccolo.
Una
stretta di mano e nulla di più, per poi allontanarsi e
avvicinarsi alla
macchina che lo attendeva vicino al marciapiede. Fu lì che
Yukino allungò il
passo e cercò di fermarlo.
Si
guardò
intorno, procedendo ad un ritmo serrato e attraversò la
strada. Per poco non lo
prese in pieno una macchina. L’autista suonò il
clacson per intimargli di
spostarsi e lui di rimando alzò solo le mani, ma questo
imprevisto gli servì a
far sollevare gli occhi all’uomo che stava seguendo e di
guardarlo.
L’altro
sbiancò di colpo e si soffermò a osservarlo
mentre si avvicinava a lui. Schiarì
la voce e cercò di riprendersi, ma alla fine sapeva che
questo momento sarebbe
arrivato prima o poi, ma non credeva così presto. Voleva
dire solo una cosa,
che qualcosa di grave era successa e che molte altre si sarebbero
susseguite.
George
prese un profondo respiro e si guardò intorno per poi fare
cenno a Yukino di
avvicinarsi immediatamente alla macchina e di infilarsi
all’interno. Questo al
momento sembrava la priorità più assoluta e la
cosa più strana era che il russo
sembrava conoscerlo veramente bene. Non si erano ancora scambiati una
parola,
ma già sapevano di ciò che dovevano parlare. Di
una promessa che era stata
fatta molto tempo fa.
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Il
fumo gli
annebbiava gli occhi e non riusciva a ragionare con
lucidità. La sigaretta era
stretta tra l’indice e il medio, il pollice leggermente
flesso verso il filtro
e la bocca contratta in una smorfia particolarmente preoccupata.
L’altro
uomo gli stava seduto accanto. Le gambe divaricate leggermente e un
braccio
poggiato lungo il finestrino, la mano che sosteneva la testa. Lo
sguardo era
vacuo davanti a sé e anche lui aveva una sigaretta in mano,
ma non l’aveva
accesa. Aveva smesso molto tempo prima e cercava di non ricascare nel
giro.
Il
separé
della macchina era stato tirato su e l’autista era un fidato
uomo di George che
non avrebbe detto una sola parola.
Yukino
si
era voltato verso l’altro che gli metteva un po’ di
ansia addosso. Le
problematiche si stavano accumulando e proprio adesso non dovevano
esserci
disturbi. Ma questo superava tutte le sue preoccupazioni attuali.
-Non
pensavo di vederti così presto.
La
voce di
George ruppe il silenzio che si era creato tra loro. L’altro
non fece altro che
voltare il volto verso di lui e osservarlo. Non aveva rimproveri negli
occhi,
ne cercava di giustificare i suoi errori. Era solo lì,
silenzioso e pensoso.
-Jin
è
morto.
George,
a
quella rivelazione, aveva stretto le labbra.
-Quando?
-Una
settimana fa.
Nell’abitacolo
della macchina, la tensione era salita e si tagliava con la lama di un
coltello.
Gli occhi di entrambi si erano incrociati e si fissavano. Questo era un
presagio non molto buono, voleva dire che gli altri erano sulla buona
strada per
scoprire il tutto.
-Non
ne
sono certo, Aleksey. Ma è possibile che chi ti sta cercando,
conosca molto bene
ciò che stiamo tentando di nascondere.
Aleksey cercò di
pensare a qualcosa e cercava
sicuramente di trovare una soluzione che forse neanche c’era.
-Mi
ha
detto anche un’altra cosa.
George
si
volse lentamente verso di lui ed espirò fuori una nuvoletta
di fumo della
sigaretta ormai consumata dall’attesa.
-Credo
di
sapere cosa. Sapevamo che la stava aiutando.
Quello
che
Jin non aveva detto ad Aleksey era che Kajiro stava cercando Reila e
che lei
era in pericolo. Non era riuscito a dirglielo, non consapevole che quel
segreto
che il giapponese aveva nascosto per tanti anni, era già ben
noto al padre di
Reila e si teneva in disparte perché era meglio
così per tutti.
-Non
sono
riuscito a sapere neanche chi fosse colui che l’ha ucciso.
-Su
questo
ti posso aiutare io.
George
non
fece altro che sollevare la valigetta di cui non si separava mai,
aprendola
poco dopo. Tolse alcune carte, che sembravano avere un che di segreto e
dunque
molto affascinante.
George
gliele porse e Aleksey non poté far altro che aprirle con un
certo timore,
conscio che quello che avrebbe potuto trovare all’interno non
gli sarebbe
piaciuto affatto.
Lesse
con
profondo interesse. Lo lesse nuovamente, senza distogliere mai lo
sguardo dai
fogli che divorava come se ne dipendesse la propria vita.
-Queste
chi
te le ha date?
George
non
poté non sorridere e assottigliare lo sguardo, mentre si
avvicinò lentamente
verso l’orecchio dell’amico.
-Ho
anch’io
i miei informatori.
Sicuramente
il russo si riferiva a colui che aveva pagato profumatamente solo
qualche sera
prima. Un omicidio sarebbe stato troppo eclatante e quindi si era
fermato solo
a cercare informazioni. Quelle che gli sarebbero servite per poi
chiedere a
Reila di compiere al posto suo.
Tra
i nomi
spiccava anche quello di sua moglie e l’assassina ne era
già ben conscia, solo che
ancora lei non sapeva che stava facendo parte di un disegno
più grande e George
disconosceva che l’assassina avesse già ritrovato
colui che amava ed odiava
allo stesso tempo.
Aleksey
prese le carte e le osservò nuovamente.
-Mia
figlia?
-Al
momento
ne disconosco la posizione.
George
aprì
il posacenere e buttò la cicca ormai consumata. Lo sguardo
era calmo e i
lineamenti del viso distesi, come se non si rendesse conto del reale
pericolo
in cui si trovava o semplicemente non voleva assolutamente pensarci,
anche perché
al momento la priorità era trovare Reila. Il meccanismo
ormai si era messo in
moto.
-Come
ne
disconosci la posizione?
Il
russo schiarì
la voce nel sentire quella del compagno un po’ incrinata
dall’apprensione.
Portò una mano chiusa a pugno verso le labbra e volse gli
occhi nocciola verso
Aleksey.
-Ho
un po’
le mani legate, non credi?
Disse
questo mostrando la vera nuziale al dito e sventolandoglielo davanti al
volto.
L’altro uomo non poté far altro che annuire
debolmente, cercando di mascherare
la frustrazione che aveva provato per qualche istante.
-Ma
so che
è in Russia.
Aleksey volse il capo di scatto.
George aveva appena
detto ciò che voleva sapere, ma andarla a cercare
l’avrebbe solo messa in
allarme e sicuramente si sarebbe sentita tradita dall’unico
uomo che reputava
tale: suo padre. Doveva solo capire dove si trovasse, poi il destino
avrebbe
dato una mano a favore o a discapito di entrambi.
-Sembra
che
l’assassino di Jin sia lo stesso che vuole eliminarti.
Dobbiamo stare attenti.
George
aveva nuovamente guardato fuori dal finestrino. L’autista
stava facendo un giro
largo per permettergli di parlare più tempo con
l’altro uomo.
-Qui
c’è scritto
Kajiro e credo di sapere di chi si tratta, ma devo completare le mie
ricerche.
Aleksey
portò una mano sulla testa. Non riusciva a pensare alla sua
bambina come una
donna priva di scrupoli morali. Non era mai riuscito a sopportarlo,
neanche
quando aveva saputo il motivo per cui era stata quasi ammazzata e,
avendo saputo
ciò che lei era diventata, ne reputava
la scelta più che legittima. Avrebbe preferito che non si
intromettesse nei
loro piani, ma avevano assolutamente bisogno di lei. Un componente
fondamentale
per permettere anche a lei di avere un po’ di pace dopo tutta
la sofferenza che
aveva sopportato.
-Mio
suocero l’ha ingaggiato proprio per uccidere tua figlia e non
credo che si
fermerà fino a quando non lo avrà fatto.
Un
sospiro
di frustrazione e un’espressione completamente assente fu
quella del padre di
Reila, guardando George con una certa preoccupazione mal nascosta.
-Ma
se non
sappiamo noi dove si trova, non lo saprà neanche lui.
-Dobbiamo
trovarla prima noi. Per il suo bene.
George
non
poté far altro che annuire a quelle parole, stringendo le
labbra nello stesso
momento in cui il volto dell’assassina gli comparve davanti.
Non dimentico dei
suoi baci e delle sue carezze, strinse un pugno sul ginocchio. La cosa
che gli
faceva più male era che lei non si era ancora staccata dal
suo passato ed era
proprio quello, a parte il suo matrimonio, a pesargli di più.
Aleksey
sembrò accorgersi di questa reazione e sorrise mestamente
lasciando intravedere
appena la dentatura.
-Non
ti ho
mai ringraziato per esserti fermato quella volta.
Il
giovane
prese un profondo respiro, capendo immediatamente a ciò che
si riferiva. Glielo
aveva riferito lui stesso poco prima di allearsi con l’uomo e
non poté far
altro che sentire un male incontrollabile al petto.
-Non
potevo, Aleksey. Non avrei potuto.
-Capisco
anche il motivo.
E
quel
sorriso mesto diventò tranquillo e affabile. Aveva chinato
il volto verso il
suo petto, cercando di non far intravedere all’altro la sua
espressione
speranzosa. Con quell’ultima frase a George gli si era gelato
il sangue nelle
vene per l’ansia e non poté far altro che sentirsi
soddisfatto di quella scelta
presa tantissimo tempo prima.
Non
passò
molto tempo prima che George riprese il discorso lasciato in sospeso
pochi minuti
prima.
-Dove
alloggerai?
-Ho
i miei
contatti qui in Russia. Ex commilitoni che saranno felici di darmi una
mano.
-Non
ne
dubito.
George
si
fece una grassa risata insieme ad Aleksey e il clima si fece
più rilassato e
più amichevole di prima. Ormai lo considerava come il padre
che non aveva mai
avuto e invidiava a volte Reila di averne uno così. Era per
questo motivo che
cercava di spingerla a contattarlo. Ma come il padre, la donna era
testarda e
orgogliosa e mai si sarebbe piegata a seguire un consiglio datole da un
uomo
che la amava.
-Reila
se la
caverà. Stanne certo.
Fu
il russo
a parlare e infine non ci fu bisogno di altre parole inutili.
George
diede l’ordine di fermare l’auto e Aleksey scese
voltandogli le spalle.
Sapevano già come contattarsi e come evitare di essere visti
insieme. Il padre
di Reila iniziò il cammino verso uno dei marciapiedi dove
avrebbe preso un taxi
che l’avrebbe portato verso colui che gli avrebbe potuto
procurare qualcosa con
cui difendersi.
L’auto
sfrecciò nella fredda serata invernale e Aleksey si strinse
di più nella
pelliccia del bavero, osservando completamente assente le nuvolette
formatesi
dalla sua bocca mentre respirava. L’aria si condensava
così come le sue idee
prendevano vita ed ora era il momento di agire. Era stato troppo fermo
e si era
assopito nella vita tranquilla che aveva condotto in tutti quegli anni.
Di
rimando
George lo guardò per l’ennesima volta. Forse
l’ultima.
Non
sapeva
se l’avrebbe rincontrato, ma avrebbe fatto di tutto per
riavvicinarlo a Reila e
restituirgli l’ultimo amore della sua vita.
Angolo
dell'autrice
Finalmento sono riuscita a pubblicare questo undicesimo
capitolo con non poca difficoltà. Fortunata che ho anche i
prossimi due capitoli già belli che pronti e quindi non
dovrete aspettare più del dovuto per poterli leggere. I nodi
cominciano ad arrivare al pettine, solo che ce ne sono tantissimi da
sbrogliare e non tutti piacevoli. Spero che qualcuno legga ancora
questa storia e che lasci il suo parere sullo svolgersi della vicenda.
Per un'autrice sapere cosa ne pensate è un modo per capire
di andare nella direzione giusta e molte di voi possono capire queste
mie parole.
Vi inviterei infine a leggere "Dopo
la pioggia" per
poter capire un po' meglio dell'intera vicenda. Infine vi ringrazio per
chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate. E vi
indirizzo verso la mia pagina che terrò sempre aggiornata
con curiosità, spoiler e quant'altro.
Lotiel
Scrittrice - Come pioggia sulla neve
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