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IL CANTO DEL CIGNO
4. They call us
"Sterek"
Dal capitolo precedente:
"Quindi è
ufficiale: puntavano al GPS. Ma perchè?" mugugnò
Scott. "A cosa gli serve un localizzatore?"
La domanda rimase sospesa in ufficio, finchè Derek non
riscosse
tutti. "Ok. Abbiamo fatto passi avanti. Ci penseremo domani mattina"
Gli agenti annuirono e presero a raccogliere le loro cose - Lydia non
mancò di sottolineare della sua festa di inaugurazione
lunedì sera.
"Stilinski, tu rimani un attimo" borbottò Derek.
Stiles
posò la sua borsa sulla scrivania e aspettò che
Derek
finisse di sistemare i risultati avuti da Isaac Lahey. Indubbiamente,
Derek Hale era un bell'uomo e Stiles aveva sempre avuto una
predilezione per i mori con gli occhi chiari - quel verde, poi, era umano?
Se l'era chiesto più volte, una delle tante in cui si
era perso ad osservarlo. E quelle spalle larghe, oh!, sembravano
così perfette per aggrapparvisi. Stiles sospirava e
sospirava
come una locomotiva, perchè su tutto quel ben di dio non
poteva
metterci le mani, nè la bocca, nè i piedi.
Volendo anche
sorvolare sulla sessualità di Derek - poteva uno
così
essere gay? Ovvio che no! -, rimaneva il suo capo e Stiles ricordava
bene la politica di Peter Hale sulle storie in ufficio.
"Stilinski, mi stai ascoltando?"
Stiles si riscosse e alzò lo sguardo colpevole sul suo Capo.
"Sì, mi scusi. Cosa le serve?"
Derek alzò un sopracciglio e gli indicò la
scrivania,
ordinandogli tacitamente di sedersi. Lui obbedì e si
ritrovò ad arrossire come una bambina, quando l'altro si
sedette
sulla scrivania,
davanti a lui. "Parlare"
"Parlare? Mi pare di aver capito che parlare non è tra le
sue
priorità. Con me, poi. Odia sentirmi parlare. Mi fa ancora
male
il bernoccolo che mi ha..." si zittì, sotto lo sguardo
glaciale
di Derek. "Ho straparlato di nuovo. Merda, mi dispiace"
"Voglio parlare di voi tre. Dunn è morto da appena due
settimane, voglio solo sapere com'è lo spirito in ufficio"
Stiles non era bravo quanto Lydia, negli interrogatori, ma anche lui
sapeva riconoscere un discorsetto indotto da altri, anche se a farlo
era Derek Hale. "Peter Hale è preoccupato? Può
dirgli che
ci manca ancora George, che ci mancherà sempre, ma che non
abbiamo intenzione di sabotare il nostro nuovo boss imbronciato"
"Imbronciato?" Derek ghignò.
"Beh, diciamo che il cabaret non sarà mai il suo mestiere,
Capo"
Fu allora che Stiles vide il primo vero sorriso sul volto di Derek
Hale, straordinariamente curvo e aperto, che andava da un orecchio
all'altro. Riusciva persino a vedere una fila di denti bianchissimi e
si domandò come doveva essere passarci la lingua sopra - e,
diamine, quelle erano fossette?
"Ogni tanto ti incanti, Stilinski, l'hai notato?"
Stiles rispose alla provocazione con un occhiolino. "La mia
concentrazione dura appena un minuto. Iperattivo"
"Lo vedo" lo osservò dall'alto in basso, poi si
alzò,
sistemandosi la giacca. "Bene. Mio zio ne sarà felice"
"Allora è vero che siete imparentati!" gli puntò
contro
l'indice. "Lo sapevo!" esultò. "Avete gli stessi occhioni da
cucciolo e i pettorali scolpiti! Cosa avete in corpo, qualche cromosoma
S della sensualità?" Stiles si pentì delle sue
parole
pochi secondi dopo, mentre Derek Hale si voltava a rallentatore verso
di lui, con l'espressione sorpresa.
"Cosa?"
"Cosa che?"
"Cosa hai detto?"
"Niente" mentì spudoratamente Stiles.
"Sì, ti ho sentito"
"Allora non devo ripetere"
"Ma non credo di aver capito"
"Non è un mio problema" Stiles alzò il mento e
prese a
raccogliere le sue cose per la seconda volta, sotto lo sguardo sorpreso
del suo capo.
"Mi stai rispondendo a tono, Stilinski?"
"Forse"
"Posso licenziarti"
"E' da tanto che vorrei cambiare squadra, sa che Scott ha il brutto
vizio di non aspettare le squadre di supporto? Rischiando di farci
uccidere, tra l'altro. L'agente Russell sarà felicissimo di
prendermi nella sua squadra" scherzò Stiles.
"Posso anche spararti" sussurrò Derek.
"Non lo farebbe mai" ridacchiò Stiles, avvicinandosi a lui.
"Le
piaccio troppo" arricciò il naso e scoppiò a
ridere.
"Buonanotte, capo"
Derek lo osservò prendere l'ascensore, con un leggero
sorriso
sulle labbra, mentre sventolava la mano per salutarlo. Si concesse di
rilassare i muscoli solo quando il suo agente fu fuori dal suo campo
visivo - quando aveva contratto così tanto le spalle? E lui
se
ne era accorto? Si grattò il mento, infastidito da tutta
quella
situazione: in un altro contesto, Stiles Stilinski sarebbe
già
finito nel suo letto, per quanto strano possa sembrare. Derek era da
tempo sceso a patti con la sua omosessualità, anche se
durante
l'addestramento in Marina non era stato facile, ma erano un po' di anni
che qualcuno non lo stuzzicava, come faceva palesemente il suo
sottoposto. O forse hai
solo bisogno di fare sesso, tanto che vedi flirt dove non ci sono.
Scopa, Derek, e tutto tornerà a posto.
Si ripetè le stesse parole fino al parcheggio, prima di
telefonare a Vernon Boyd: aveva seriamente bisogno di uscire.
Vernon Boyd aveva salvato Derek Hale esattamente tre volte, in guerra,
senza contare tutto quello che aveva fatto dopo la morte della sua
famiglia. Era probabilmente l'unico vero amico che gli era rimasto,
molto vicino ad un fratello, e Derek si fidava ciecamente di
lui. Boyd lo conosceva meglio di chiunque altro e, anche se non lo dava
a vedere, Derek teneva molto in considerazione il suo giudizio. Quando
si era trasferito, era stata l'unica persona a cui aveva permesso di
accompagnarlo all'aeroporto - con la promessa di sentirsi almeno una
volta alla settimana.
Si erano così ritrovati in un pub lungo la statale, due
birre in mano e una manciata di patatine tra loro, sul tavolo.
"Sei diverso" fece Boyd, accarezzando il manico del bicchiere. "Non so
come, esattamente, ma sei diverso"
"Non ci vediamo da quando sono stato mandato a Los Angeles" Derek fece
spallucce. "Magari sono abbronzato"
Boyd alzò gli occhi al cielo. "Derek, dai. Come ti trovi a
lavorare con Peter?"
"Pesante" schioccò la lingua sul palato. "Non fa che dirmi:
fai
questo, fai quello, fammi sapere questo, fammi sapere quello"
"E tu?"
"Ovviamente non lo faccio, ma non gli impedisce di chiedermelo
comunque" risero e fecero tintinnare i bicchieri, prima di prendere un
sorso di birra. "Ma a Los Angeles dovevo
sottostare agli ordini di un altro agente, adesso l'indagine la
gestisco io. La squadra non è male, sai?"
Boyd sorrise e si sporse sul tavolo. "Non è male,
detto da te, è un gran complimento"
"Gentile. Devo solo, lo sai, farci l'abitudine - so cosa significa
perdere un comandante. Non è facile, ma stanno tenendo
botta"
sussurrò, sovrappensiero. "O almeno così mi ha
detto
quella testa quadra di Stiles Stilinski. Il peggiore dei tre"
Derek vide l'amico sogghignare e incrociare le braccia. "Cosa
c'è, Boyd? Perchè mi guardi così?"
"Sai, sono un Seal anche io. Sono bravo a leggere le micro-espressioni,
ho fatto confessare parecchi terroristi... cos'era quella cosa che hai
fatto quando hai nominato questo Bilinski?"
Derek si nascose dietro il bicchiere di birra, bevendone ancora.
"Niente"
"Der, hai sorriso. Ed
era
impercettibile, ma c'era. E i suoi muscoli erano rilassati...
gesticolavi. Lui ti piace?" domandò, ridacchiando. "Puoi
dirmelo, sai?"
"Lui non mi piace"
sputò, infastidito. "E' logorroico, senza alcun freno, sta
sempre a fare... Boyd, smettila di ridere o giuro che ti faccio
arrestare" lo minacciò.
"E' per questo che finalmente mi hai telefonato, eh? Vuoi usarmi come
spalla e rimorchiare. Non lo facevi da secoli, ma la cosa non mi
dispiace - vuol dire che stai ricominciando a campare decentemente" gli
fece l'occhiolino. "Almeno potrò vivere attraverso te"
"Con Erica le cose vanno male?"
"No, assolutamente, ma da quando è nata la bambina, sai,
c'è sempre meno tempo per noi due" accennò un
sorriso.
"Devono solo passarle le colichette e ricominceremo forse a dormire ad
orari decenti"
"Se ti può consolare, dormo poco anche io" si
lamentò. "Questo caso mi distrugge"
"Ancora il figlio dell'ambasciatore?" domandò incuriosito.
Da
quando era stato preso come reclutatore nella Marina, Vernon Boyd aveva
spesso sofferto il distacco dalla vita adrenalinica che faceva prima;
aveva, tuttavia, promesso a sua moglie che, dopo la sua ultima missione
per catturare un terrorista cubano, avrebbe appeso la pistola al
chiodo, e così aveva fatto. Non era inusuale,
però, che
Derek gli telefonasse per un consulto.
"Esatto. Non ho capito il perchè del GPS"
Boyd ridacchiò. "Ti ricordi quando, in Afghanistan, Michael
diceva che l'infermiera brutta era il lasciapassare per le altre? La
chiamava 'il GPS portatile per la gnocca', schifoso maiale"
scoppiò a ridere.
Derek spalancò gli occhi. "Vernon Boyd. Mi dispiace
ammetterlo, ma sei un fottuto genio"
Scott, Lydia e Stiles si sedettero alle loro scrivanie e, con delle
occhiaie da far spavento, provarono a seguire il ragionamento di Derek
Hale, che li aveva buttati giù dal letto prima delle sette
del
mattino. Derek cercò di svegliarsi con tre caffè
forti e
prese a camminare avanti e indietro.
"Allora, Stiles" lo richiamò sulla Terra schioccando le
dita. "Quali sono le funzioni di un GPS?"
Stiles strizzò gli occhi. "Portarti dal punto A al punto B?!"
"Pensa in grande" ghignò. "Supponiamo che chi ha rapito Rami
sapesse tutto sulla sua vita: dove andava, cosa mangiava, ma
soprattutto chi frequentava. Supponiamo che sapesse anche del progetto
di suo padre di fargli impiantare un localizzatore, come fanno i
genitori più ricchi di Washington" fece una smorfia
disgustata,
ma continuò. "A cosa poteva servirgli?"
Lydia alzò una mano, prima di rendersi conto di quanto fosse
infantile. "Poteva servirgli a tracciare una mappa, uno schema"
"Esatto!" Derek aprì le braccia. "Ci stiamo avvicinando!
Arriviamo alla questione principale: Rami è stato ucciso e
questo ci dice che non doveva essere lui il bersaglio. Quando per gli
assassini ha perso ogni interesse, l'hanno ucciso, sventrandolo per
prendere il GPS manomesso che avrebbe potuto farli scoprire, e l'hanno
lasciato in bella vista cercando di portarci fuori strada. Il governo
pakistano ha molti nemici, qui in America"
"Quindi, chi è la vera vittima?" sbadigliò Scott.
"Se non era Rami, chi sarà il prossimo bersaglio?"
Stiles si alzò e prese a sfogliare rapidamente i documenti
relativi all'indagine. "Un posto, o una persona, che Rami frequentava
spesso. La scuola?"
"Troppo protetta" suggerì Lydia. "E anche volendo colpire il
liceo, non era necessario Rami. Ci sono le mappe al municipio, potevano
inserirsi come bidelli, adetti alle pulizie, fidanzati di insegnanti..."
Scott si grattò il mento. "Forse Rami aveva accesso a un
luogo dove poch..."
"Bethany" mormorò Stiles. Alzò lo sguardo, perso
nel
vuoto. "Bethany Stuart era la sua ragazza. Bethany Stuart, figlia del
senatore Stuart. Rami passava interi pomeriggi da lei,
chissà
cosa facevano in casa. Grazie al GPS, i rapitori potevano facilmente
tracciare una cartina della casa e inserirsi nel sistema d'allarme
tramite bluetooth" inspirò e vide che gli altri tre lo
stavano
fissando. "E' la famiglia Stuart"
Derek si mosse più velocemente dei suoi agenti e
chiamò
prima la polizia locale, poi il servizio di scorta del senatore Stuart.
Quando attaccò la cornetta, si ritrovò ad essere
fissato
intensamente dai suoi agenti.
"Adesso che facciamo?" deglutì Scott, temendo la fase
successiva.
"Adesso ci accampiamo a casa Stuart finchè non succede
qualcosa, o scopriamo che Stilinski aveva torto marcio"
Stiles alzò gli occhi al cielo, ma non commentò e
caricò la pistola.
"Lydia, Scott, prendete l'auto. Io e Stilinski andiamo con la mia
Camaro. Ci vediamo a casa Stuart tra un'ora, voi tornate
all'ambasciata. Sono abbastanza sicuro che ci sia una talpa"
L'ufficio si attivò immediamente e tutti presero le loro
cose.
Stiles, senza farsi notare, prese una serie di proiettili in
più, per ogni evenienza, e un rapporto che doveva ancora
compilare per l'ultimo caso con George a capo della squadra - poteva
sempre finirlo nelle ore di nullafacenza a casa Stuart. A dire il vero,
Stiles odiava gli
appostamenti e l'idea di farlo con Derek lo innervosiva non poco.
Alzò lo sguardo e notò che Peter Hale li stava
osservando
dall'alto e sorrideva.
"Cos'ha suo zio?" chiese, avvicinandosi a Derek, che stava raccogliendo
in fretta le sue cose.
"In che senso?" lo guardò anche lui, col sopracciglio
alzato.
"Ridacchia"
"Peter ridacchia di continuo. Ora, sempre se non vuoi rimanere qui a
fissarlo anche tu, ce ne dobbiamo andare. Muoviti"
I tre componenti della famiglia Stuart, con la loro scorta armata,
vennero presto messi al corrente del piano per entrare in casa loro -
"Dio solo sa per fare cosa!" aveva commentato Stiles tra sè
e
sè - così erano stati organizzati dei turni di
guardia,
sotto la supervisione di Derek e altri agenti di supporto del FBI.
Isaac Lahey si era unito al gruppo, per mettere cellulari e telefoni
sotto controllo e il pronto soccorso dell'ospedale più
vicino
era stato allertato.
"FBI! Venite tutti qua" urlò Derek dal salotto, per radunare
tutti quelli sotto il suo comando. "Allora, posti per dormire. Lydia,
tu starai in camera con Bethany, ti abbiamo già preparato
una
branda; Scott, tu ti apposti fuori la camera da letto degli Stuart da
lì non ti muovi fino a nuovo ordine. Isaac, tu e i tre
agenti di
supporto state nella camera degli ospiti" vide le smorfie e ci tenne a
precisare che non avevano altra scelta, con un tono decisamente
antipatico.
"E io?" pigolò Stiles.
"Stilinski!" ringhiò Derek. "Ti sei già
dimenticato che
fai il turno di notte per coprire la scorta? Io e te staremo qui in
salotto"
"Grandioso" mormorò Stiles e Scott, accanto a lui, rise.
"Stiles, hai sempre la pistola. Puoi sparargli"
"Penso che mi spezzerebbe il collo se solo provassi a prenderla"
sorrise l'altro. "E' un Hale. Mica si lascia cogliere
impreparato"
Derek battè le mani per placare l'ondata di chiacchiere in
salotto. "Allora, tenete a mente i turni e fate come vi ho detto.
Domani mattina, alle sei, facciamo un briefing qui in salotto per
mettere a punto il resto della giornata"
"Capo, sono le sette. Ordiniamo almeno la cena?" brontolò
Lydia.
"Scrivete su un foglio le vostre ordinazioni e mandiamo Lahey a
prendere tutto"
"Perchè io?" borbottò Isaac.
"Perchè sei l'unico senza pistola" Derek aggrottò
le sopraccigglia e lo guardò male. "Adesso facciamo come vi
ho detto o vi licenzio tutti all'istante"
Scott e Lydia si sistemarono in cucina con la famiglia Stuart, per
decidere gli ultimi dettagli, il resto degli agenti circondò
Isaac per le ordinazioni. Solo Stiles rimase a fissare il suo Capo che
digitava velocemente sullo schermo del cellulare.
"E se ci stessimo sbagliando?" sussurrò.
Derek alzò lo sguardo su di lui. "Intendo dire, se non fosse
gli Stuart. Se fossero davvero i pakistani ad essere presi di mira?"
"Se fosse così, cambieremo i piani di nuovo"
"Ma mettiamo caso fosse troppo tardi?" Stiles deglutì.
Derek assottigliò gli occhi e si avvicinò a lui.
"Stilinski. George Dunn era il primo collega che hai perso?"
Stiles annuì e distolse lo sguardo dal suo, così
non potè vedere l'espressione di Derek che si addolciva; era
stato stupido a non riconoscere subito i sintomi, eppure ci era passato
prima di Stilinski: perdere un collega per la prima volta, soprattutto
di grado superiore, era un trauma e un ricordo difficile da superare.
La morte violente e inaspettata di qualcuno che lavora con te, che fa il tuo stesso lavoro, non
fa che ricordarti che potevi esserci tu, al suo posto. Che non siamo
invincibili per niente. Derek non aveva preso in considerazione i loro
sentimenti, nè si era arrischiato a pensare che la morte di
George fosse terribilmente pesante per alcuni di loro, e
ricordò le parole di Peter sulla difficoltà di
dirigere una squadra di agenti giovani e provati come loro.
"Stilinski. Guardami"
Stiles si voltò verso di lui e, quando lo vide a un palmo da
sul naso, sussultò. "Io ti prometto che tutti usciranno vivi
da questa casa. Non permetterò che lame, proiettili, armi di
qualsiasi tipo, tocchino te o il resto della squadra. Intesi?"
Le guance rosse di Stiles gli suggerirono che sì, aveva
inteso. "E chi proteggerà lei, capo?"
Derek spalancò gli occhi, perchè davvero nessuno
gli aveva mai posto una domanda del genere. "Sono un Navy Seal"
"Eri un
Navy Seal" mormorò Stiles. "Adesso sei un
agente del Bureau. Puoi permetterti di scegliere, sai?"
Si osservarono per un po', finchè Scott non li
avvisò che Isaac era pronto ad andare a prendere la cena e
mancavano solo loro due.
"Salvato dalla campanella" Stiles arricciò le labbra.
La cena si consumò in un silenzio assordante, proveniente
soprattutto dalla famiglia Stuart. Le due donne non facevano che
piangere e il senatore camminava nervosamente per la cucina. Gli
agenti, alle nove spaccate, decisero che era ora per la famiglia di
chiudersi nelle rispettive camere. Scott salì al piano
superiore con l'espressione più sconsolata del mondo, mentre
Lydia prendeva disposizioni per infilare la brandina nella camera di
Bethany.
"Fatevi la manicure" suggerì Stiles, mentre la vedeva
indugiare sulla sedicenne, che piangeva ancora disperata.
"Stiles, sei simpatico come un'intera giornata passata a sorvegliare un
bordello di China Town" gli rispose Lydia, piccata.
Stiles rise: "Umorismo da federale, che passo avanti, complimenti!"
"Ridi poco. Dovrai passare la notte su un divano, col Mr
Socialità" gli diede una pacca sulla spalla. "Indovina chi
di noi sta peggio"
E no, Stiles non ebbe cuore di dire a Lydia che stranamente l'idea non
gli dispiaceva più di tanto, soprattutto quando aveva visto
il suo capo finalmente rilassato, con la cravatta allentata, le maniche
tirate su e senza giacca. Sembrava molto più umano,
perciò fu facile sedersi accanto a lui si divano, col
portatile in grembo.
"Il senatore Stuart ha un sacco di cose per le mani" esordì.
"Deve votare lunedì per la riforma sul petrolio. Il suo
è uno dei voti determinanti"
"E' per questo che lo stanno minacciando, forse" Derek
reclinò la testa e chiuse gli occhi. Si stava in parte
rilassando, anche se le braccia incrociate dicevano molto sul suo stato
d'animo. Stiles distolse lo sguardo dal collo del suo capo,
completamente alla sua mercè, e si concentrò sul
display.
"Sì, perchè non vedo su cos'altro potrebbero far
leva. Deve un po' di soldi allo stato, ma questi ricconi devono sempre
qualcosa a qualcuno, no?"
Derek grugnì un assenso, ma continuò a tenere gli
occhi chiusi.
"Forse dovrei avvisare mio padre" borbottò tra sè
e sè Stiles.
"Vivi ancora con papino?" ridacchiò Derek.
"No, mio padre vive a Beacon Hills. E' in pensione, ma faceva lo
sceriffo" sorrise. "L'ho sentito poco ultimamente"
"Non dare dettagli del caso"
"Certo che no. Sa, capo, forse è meglio che lei avvisi... a
casa"
Derek aprì un occhio solo e lo guardò. "Scusami?"
"Che ne so... ci sarà qualcuna che aspetta a casa, no? Una
fidanzata, magari. Quelli come lei ce l'hanno sempre" Stiles si diede
mentalmente dell'idiota, perchè era partito bene, ma aveva
finito molto male. La notte pensava e ripensava a come fare per
scoprire qualcosa sulla vita sentimentale di Derek Hale, ma senza
successo.
"No"
"Ah. Moglie?"
"Gesù, no" Derek fece una smorfia.
"Marito?" pigolò Stiles.
Derek si ridestò del tutto, voltandosi a guardarlo.
"Stilinski, fai prima a chiedermi se sono sentimentalmente impegnato. E
la mia risposta è no"
"Ok. Non che volessi saperlo" Stiles tirò su col naso. "Era
tanto per dire. E come mai non ha nessuno?"
"Lavoro difficile" Derek chiuse gli occhi.
"Lo so. Il mio ultimo ragazzo, Danny, mi ha mollato perchè
il giorno del suo compleanno sono scappato per una rapina alla National
Bank. I civili a volte non capiscono. E quando lo fanno, vuol dire che
ti amano abbastanza da ignorare quanto la nostra vita faccia schifo"
"E' la prima volta che dici qualcosa di sensato"
Stiles ridacchiò. "Già. E' un peccato che suo zio
abbia vietato le relazioni in ufficio"
"Ah, si?" Mugugnò interessato l'agente.
"Sì. Cioè, non sono proprio vietate, ma guarda
caso uno dei due viene sempre trasferito in un'altra squadra"
Restarono in silenzio quel tanto che bastò per far digerire
a Derek la notizia e si appuntò mentalmente di fare un
discorsetto con suo zio. "Non mi importa. Sono comunque sfortunato in
amore, ho chiuso con le donne, con gli uomini, con gli esseri umani in
generale"
Stiles quasi si strozzò con la sua stessa saliva. Aveva
detto con gli uomini? A
lui sembrava di aver capito proprio così.
"Beh, chi di noi non ha avuto storie difficili"
Derek rise, una risata amara, che fece voltare Stiles di scatto. "No,
diciamo che io alzo la media mondiale di parecchio"
"Forse non ha ancora incontrato la persona giusta, capo"
"La persona giusta, certo. Ho messo di credere a queste cazzate"
"Grandioso" accennò Stiles. "Sono famoso per la mia
capacità di far cambiare idea alle persone, anche solo per
sfinimento"
Derek sorrise, anche se si maledì per quella strana
sensazione di calore allo stomaco.
"Sterek"
"Che?"
"Ci chiamano Sterek, in ufficio"
Derek si tirò su a sedere e lo guardò allucinato.
"Sterek?"
"Stiles più Derek" spiegò. "Ste-Rek. Come i
Brangelina, no?" fece spallucce.
"E chi lo dice?"
"Oh, tipo tutti. In mensa lei non c'è mai, capo, ma ne
parlano tutti"
"E perchè?"
"Forse per il fatto che le sto sempre attaccato al culo" si
schiarì la voce. "Insomma. Non sono più in
squadra con Scott, ormai"
Derek si rabbuiò e si tolse definitivamente la cravatta.
"Ah. Allora farò in modo di metterti sempre con Scott"
"Non ho mai detto che mi dispiace starle attaccato al culo.
Perchè, Capo, lei ha davvero
un bel culo" Stiles lo disse velocemente e senza pensarci.
Vide l'espressione consapevole di Derek e si alzò con la
scusa di andare al bagno.
Derek riflettè esattamente su quello che stava per fare
(ovviamente buttare al diavolo quasi un mese di lavoro sul campo come
capo squadra), per poi mandare al diavolo tutto e seguì
Stiles al bagno. Lo trovò a fissare con una smorfia lo
specchio di fronte a sè. Probabilmente si stava insultando
da solo, perchè Derek lo vide muovere le labbra
silenziosamente.
"Capo" si passò una mano umida tra i capelli. "Mi dispiace.
Di solito io non faccio così, so tenermi certe cose dentro,
anche se non sembra. Se la infastidisce avere un omosessuale in
squadra, vado da Peter e - e mi faccio trasferire. Nessun problema"
"Stilinski, l'unica cosa che mi infastidisce di te è la
parlantina"
Derek si premurò di sbatterlo contro le piastrelle e di
bloccarlo, prima di mordergli le labbra e aggredirlo. Stiles si
aggrappò a quelle spalle come aveva sempre desiderato e
ricambiò il bacio velocemente, strusciandosi sull'erezione
appena accennata del suo capo.
Il suo capo.
Si stava facendo il suo capo nel bagno di un senatore degli Stati
Uniti.
Gemette, quando una mano di Derek si insinuò
sotto la sua camicia.
"Dobbiamo tornare di là" gli disse l'altro, ma senza
togliere la mano dal suo fianco.
"Dobbiamo, sì. Poteva anche evitare di saltarmi addosso nel
bagno degli Stuart!" replicò Stiles, tirandolo verso di
sè grazie ai passanti del jeans.
"Guarda chi parla" ringhiò Derek. "E' un mese che mi
provochi!"
"Cosa?!" strillò Stiles. "Io non provoco proprio nessuno,
sei tu che mi sventoli culo e sorrisi davanti, manco fossi un toro da
monta. E' tutta colpa tua!"
Derek ringhiò e tornò a baciarlo.
Scott si era quasi appisolato, quando un rumore non lo fece alzare di
scatto. Dalla soffitta provenivano dei rumori e lui estrasse
velocemente la pistola.
A quanto pare, Stiles non si era sbagliato.
L'angolo dell'autrice:
Ladies, scusate il ritardo! Ma tra la mia nuova ff "Text me, Sourwolf"
e gli esami all'Università, sono davvero impegnata
>.< Anyway, spero che questo capitolo vi abbia messo
l'anima in pace ahahhaha Prevedo un altro capitolo e poi l'epilogo
(ovvero la festa a casa di Lydia per la casa nuova)
Spero vi piaccia anche questo capitolo e perdonate gli errori di
battituta perchè non ho tempo di farlo betare (avete
già aspettato abbastanza!)
Baci,
A.
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