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12 - Tu (I Parte)
Reila
era
rimasta per tutta il giorno da sola, senza avere qualcosa da mangiare o
da
bere, tanto che quel bicchiere sul comodino era diventato un miraggio
nel
deserto. Non doveva cedere e se Dmìtrij stava cercando di
prenderla per fame
allora aveva trovato la persona sbagliata. Nell’esercito
aveva avuto un buon
addestramento per farla resistere a queste cose e quindi non era un
problema.
Prima
o poi
sarebbe tornato, perché lui aveva assolutamente bisogno di
lei.
La
donna
guardava il soffitto e l’unico cosa a cui poteva pensare al
momento era di
potersi fare una doccia al più presto. Cercava di pensare
alle cose futili e di
poco conto e questo, si era resa conto, era l’unico modo di
tenere a freno le
emozioni.
Il
respiro
era controllato e calmo e la sua testa era leggera. Ora che lo aveva
rivisto
aveva capito anche troppe cose. Non si sarebbe mai liberata del suo
fantasma
fino a quando avrebbe vissuto e quella le sembrava la punizione
peggiore che il
Cielo potesse infliggerle.
La
mente e
il cuore erano completamente in guerra tra loro e non riusciva a
decidersi se
far zittire il cuore chiedendola di ucciderla o seguire semplicemente
la testa,
lasciando stare le stilettate di dolore che le mandava ogni qual volta
cercava
di cancellare il ricordo di Dmìtrij. Dopotutto si era resa
conto che non
conosceva assolutamente quell’uomo e ne lui mostrava spiragli
per poter
entrare. Il solo modo sarebbe stato aprire una breccia, ma come avrebbe
potuto
fingere con lui?
Abbandonarsi
avrebbe significato arrendersi, proprio come quella volta. Proprio come
quando
si era fatta prendere in giro con le sue belle parole. Doveva solo
tornare da
George e uccidere Kajiro come prima cosa, visto che al prossimo
incontro
l’assassino non avrebbe esitato.
Sarebbe
arrivato il momento di Natasha e infine Dmìtrij, poi avrebbe
concluso la sua
personale missione e sarebbe tornata da Jin per consegnargli
definitivamente la
sua arma, passando una vita di rimpianti e rimorsi accanto a George. Al
momento
le sembrava assolutamente una soluzione allettante.
Prese
un
profondo respiro e cercò di massaggiarsi la tempia con la
mano libera. Era
scomoda in quella posizione e il braccio cominciava a dolerle, tanto da
stiracchiarlo di tanto in tanto come poteva, dato che era ancora
bloccato dalle
manette.
Cosa
doveva
fare?
Accettare
le condizioni di Dmìtrij sarebbe stato un ennesimo errore,
ma del resto era
l’unica via di fuga.
Promettergli
ciò che chiedeva, tanto una morte in più o in
meno sulla sua coscienza non
sarebbe stata di troppo?
La
sua
testa era già abbastanza affollata dalla sua esistenza che i
problemi delle sue
vittime passavano in secondo piano, tanto che il suo “grillo
parlante” ormai
aveva perso le speranze e si era preso una vacanza.
Cominciò
a
concentrarsi, almeno si sarebbe studiata un po’ intorno per
passare il tempo,
dato che non c’era molto da fare.
Va
bene il
letto, che era poggiato al muro, al centro della stanza e due comodini
retrò e
di buon gusto ai lati del baldacchino. Un armadio di fronte a lei e una
finestra o almeno quello che sembrava visto che era coperta da pesanti
tende
dal colore indefinito. Purtroppo la penombra della stanza non le
permetteva di
vedere oltre, ma affinò la vista tanto da notare
un’altra porta all’opposto
dell’entrata. Sicuramente era il bagno, che al momento doveva
dire di agognare
più di una bistecca al sangue. Si era ricordata che non
usufruiva della
toilette già da troppo tempo, tanto che il bisogno era
diventato impellente.
Cercò alla fine di non pensarci. Alla fine di sarebbe dovuta
trascinare tutto
il letto per poterci andare.
Si
risistemò nuovamente sul letto, aspettando. Prima o poi
qualcuno sarebbe venuto.
Dmìtrij
era
seduto alla scrivania nella stanza accanto a quella dove riposava
l’assassina.
Stava risistemando delle carte che le avrebbe presto portato. Si era
rasato per
bene quella mattina e si era pettinato i capelli in modo che lei lo
ricordasse
per com’era all’epoca, quando si erano conosciuti.
L’uomo
lo
aveva capito e non era facile per lui accettarlo, perché
anche Reila era
rimasta come una macchia indelebile nel suo cuore e soprattutto nella
sua
mente, che al momento si trovavano assolutamente d’accordo.
Era
cambiato. Forse era stata la paura che gli aveva permesso questa
trasformazione, ma ancora non riusciva a pensarci in modo cosciente.
L’ombra
della morte aleggiava sulla sua testa e chiedere nuovamente
all’assassina era
stato un azzardo che si sarebbe permesso tra non molto tempo. Anche
perché
doveva sistemare entrambi i killer, dopotutto entrambi lo volevano
morto ma
almeno il motivo della donna era più che legittimo.
-Avrà
bisogno sicuramente di andare in bagno.
Era
stata
Natasha a parlare. Era accomodata in una delle poltrona oltre la
scrivania
occupata dall’uomo, con le gambe accavallate e scoperte dal
sottile abito nero
che portava. Per quanto poteva essere una bella donna, risultava troppo
bambolina per gli uomini e poi soprattutto perché lei aveva
altre tendenze.
Dmìtrij
la
guardò di sottecchi, mentre sistemava un foglio che era
scappato dalla sua
attenzione due minuti prima.
-Avrà
bisogno anche della doccia.
Il
tono di
voce dell’uomo non tradì che un leggero tono di
malizia, ricordando quella
volta quando l’aveva posseduta nella doccia e lei gli aveva
permesso di vedere
le sue mani, attraversate da profonde cicatrici, segno di un passato
che non
aveva ancora cancellato.
Si
alzò e
affondò una mano dentro la tasca dei pantaloni, afferrando
la chiave delle
manette che tenevano ammanettata Reila.
-Permettile
di lavarsi, ma non ammanettarla dopo. Lascia che lo faccia io.
Negli
occhi
di Natasha passò un lampo di risentimento e le labbra rosse
ebbero un moto di
stizza a quelle parole.
-Permettimi
almeno…
Lo
sguardo
di ghiaccio di Dmìtrij non volle più repliche.
-Non
la
devi toccare. Lei è mia.
Lo
aveva
detto con il tono della voce che tradiva assolutamente una passione
morbosa e
disperata, come se gli bruciasse vederla nelle braccia di altri uomini
o di
altre donne.
-Ora
fai
come ti ho detto.
Natasha
acconsentì soltanto, anche perché c’era
un patto tra loro. Un patto nel quale
l’unica a perdere sarebbe stata lei e questo non poteva
permetterselo. Girò i
tacchi e con una camminata lasciva e conturbante lasciò la
stanza andando verso
quella dov’era tenuta prigioniera Reila.
Dmìtrij
calò il capo per qualche istante e posò entrambe
le mani sulla scrivania. Non
doveva tremare e mostrarsi debole o sarebbe stata la sua disfatta.
Natasha
si
avvicinò velocemente alla stanza e si avventò
verso la maniglia. Aveva rabbia
addosso e non riusciva assolutamente a sfogarla.
Entrò
di
scatto e Reila si sollevò improvvisamente dal letto, come
svegliata da un
pericolo imminente e difatti si ritrovò la russa di fronte,
senza avere il
tempo di mettere a fuoco le immagini. Si sedette sul letto intontita e
stanca.
Per quanto potesse riposare, erano i pensieri a tenere la sua mente
vigile e
attenta. Delle profonde occhiaie erano comparse sul suo viso rilevate
dal
trucco colato, segno che non dormiva da giorni per pianificare tutto il
piano che
le era andato anche male e neanche nell’assoluta
tranquillità riusciva a
rilassarsi.
Natasha
sollevò leggermente l’abito dalla coscia e
afferrando una pistola da borsetta,
comoda e veloce, la puntò direttamente verso
l’assassina.
-Avanti,
Natasha, non farai sul serio?!
E
ignorandola completamente l’assassina si
stiracchiò il modo da togliere
quell’intorpidimento dal corpo dovuto all’assenza
di sonno. Procedette a
togliersi le scarpe. Si era dimenticata anche che non si dorme con le
scarpe
sul letto, almeno le buone maniere non le aveva dimenticate e poi erano
brutto
presagio.
Natasha
sorrise appena, mentre con la mano libera le lanciò la
chiave per le manette.
Reila
rimase per qualche istante interdetta, ma
l’afferrò. Quella mattina aveva già
deciso di non scappare. Voleva confrontarsi con il suo passato e al
momento era
proprio dietro quella porta. Scappare non avrebbe risolto nulla.
-Avrai
bisogno di farti una doccia. Troverai tutto ciò che ti
occorre in bagno.
E
detto
questo si poggiò alla porta e attese, senza discostare la
pistola in direzione del
cuore dell’assassina.
Reila
non
ce l’avrebbe fatta a disarmarla dalla distanza che occorreva
tra lei e Natasha
e quindi accantonò assolutamente quella mossa. Fu felice
però di essersi tolta
le manette dal polso che massaggiò con delicatezza. Un
profondo solco rosso ne
aveva intaccato il rosato della sua pelle.
-Sai
bene
che in altre occasioni ti avrei disarmata senza battere ciglio.
L’assassina
la osservò di sottecchi per qualche istante e
iniziò a togliersi solo la giacca
del tailleur scuro che portava per poi rimanere con il top in chiffon
che le
lasciava scoperte le spalle. Difatti Reila faceva tutto con estrema
calma e
Natasha cercava di rimanere impassibile a quello spettacolo. Dopotutto
la donna
l’aveva sempre intrigata e se non fosse stata costretta
dall’uomo, l’avrebbe
presa e ammanettata al letto proprio in quell’istante.
Reila
prese
a ridere sommessamente, dirigendosi verso la porta del bagno, scalza.
-E
non
metterci molto.
-Non
ho
intenzione di scappare. Non quando il mio destino è dietro
la porta.
Natasha
non
comprese alla perfezione quelle parole, ma non poté far a
meno di voltarsi per
qualche istante dietro di sé, lasciando scoperta la sua
visuale verso la donna.
Se Reila avrebbe voluto, l’avrebbe disarmata senza pensarci
un attimo e senza
che lei se ne accorgesse, approfittandosi di quella distrazione che le
sarebbe
potuta costare la vita.
Ma
l’assassina le rivolse solo un’ultima occhiata
prima di richiudere la porta
dietro le sue spalle.
E
lì rimase
in attesa.
Reila
aprì
l’acqua della doccia che si trovava di fronte a lei.
Approfittò dapprima del
bagno e poi infine iniziò a denudarsi, guardandosi attorno.
Poteva
notare un grande specchio, dove si avvicinò poco dopo
essersi tolta la gonna e
le autoreggenti e osservò il proprio volto, poggiando le
mani su un lavandino
di marmo italiano. Anche lì, Dmìtrij, non aveva
smesso di esprimere il lusso
che stava anche nella casa di Mosca.
C’era
tutto
l’occorrente per truccarsi e uno spazzolino da denti con
tanto di dentifricio.
Tutto quello che le occorreva per rendersi almeno presentabile.
Spazzole, phon
e quant’altro per darsi almeno un contegno.
Reila
si
massaggiò le guance vedendole un po’ scavate
dall’ultima volta, ma pensò che
dopotutto non mangiava ormai tanto da quando aveva saputo che lui era
ancora
vivo.
Si
massaggiò gli occhi, macchiati dal mascara che era colato e
dalla matita che si
era cancellata in alcuni punti. Prese una salviettina struccante e
tolse tutto
il residuo, come a volersi liberare di ciò che era prima di
entrare in
quell’appartamento.
Reila
si
voltò verso la doccia. Il pavimento era riscaldato e i
sanitari erano
perfettamente lucidi e nuovi. Difatti poteva camminare tranquillamente
a piedi
nudi. La finestra affacciava direttamente su venti piani di stabile,
segno che
di lì non sarebbe potuta mai scappare se ne avesse avuto
l’occasione. Ma al momento
non era quello che voleva.
Prese
un
profondo respiro e si spogliò completamente, lasciando tutto
a terra ed
entrando sotto il getto caldo della doccia, come un fiume purificatore
che le
avrebbe tolto tutta la stanchezza e la frustrazione che aveva in quel
momento.
Chiuse
gli
occhi e iniziò a massaggiarsi il volto e i capelli, poi
passò al collo e ne
percepì la rigidezza di quegli anni passati ad uccidere. I
suoi pensieri si
spostarono verso le mani di Dmìtrij sul suo corpo e
improvvisamente aprì gli
occhi di scatto. Si ritrovò ad avere il fiatone e il cuore
che le palpitava a
ritmo serrato. Non poteva assolutamente farsi abbindolare di nuovo.
Prese
il
bagnoschiuma, rendendosi conto che era alla vaniglia, un vezzo che
aveva sempre
avuto e questo non la sorprese. Lui ricordava tutto di lei come lei di
lui e
questo non poteva che farle completamente male, tanto da sentire nello
stomaco
le farfalle e insieme il contorcersi dello stesso.
Chiuse
nuovamente gli occhi. Lasciandosi cullare dall’aroma della
vaniglia di Saint
Barth, una fragranza che lei assolutamente adorava e massaggiandosi il
corpo ne
sentì quell’odore di sigaretta mista al whiskey, e
del profumo che lui emanava
quando la stringeva a sé.
Reila
posò
entrambe le mani sul muro, lasciando che l’acqua cadesse
implacabile su suo
corpo. Continuando di questo passo gli sarebbe caduta tra le braccia in
meno di
dieci secondi.
Di
una cosa
si rendeva però conto. Che le era mancato da morire.
Rapide le
lacrime andarono a confondersi con il getto caldo della doccia.
Angolo
dell'autrice
Ed ecco a voi il dodicesimo capitolo è
finalmente on-line e le cose si stanno cmplicando fino
all'inverosimile. Sto cercando di seguire il tempo che mi sono data tra
un capitolo all'altro, cioé dieci giorni, ma se non arriva
in questo lasso di tempo aspettate solo uno o due giorni in
più.
Rinnovo
sempre il mio invito a farmi sapere come vi sembra, non credo vi porti
via molto tempo una recensione, facendomi sapere cosa ne pensate di
questa storia. Vi inviterei infine a leggere "Dopo
la pioggia" per
poter capire un po' meglio dell'intera vicenda. Infine vi ringrazio per
chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate e ringrazio coloro
che hanno recensito, facendomi sapere il loro parere. E vi
indirizzo verso la mia pagina che terrò sempre aggiornata
con curiosità, spoiler e quant'altro.
Lotiel
Scrittrice - Come pioggia sulla neve
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