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Autore: Lotiel    16/06/2014    2 recensioni
(Sequel di "Dopo la Pioggia")
Erano passati poco più di due anni da quella triste notte. Dmìtrij lo aveva lasciato al porto di Tokyo agonizzante e aveva saputo poco dopo che era morto.
L’assassina si trovava in una delle zone più belle di Kyoto, sulle rive dello stagno che accoglie il Tempio del Padiglione d’Oro, con i suoi meravigliosi giardini.

REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 6
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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12 - Tu (I Parte)



Reila era rimasta per tutta il giorno da sola, senza avere qualcosa da mangiare o da bere, tanto che quel bicchiere sul comodino era diventato un miraggio nel deserto. Non doveva cedere e se Dmìtrij stava cercando di prenderla per fame allora aveva trovato la persona sbagliata. Nell’esercito aveva avuto un buon addestramento per farla resistere a queste cose e quindi non era un problema.
Prima o poi sarebbe tornato, perché lui aveva assolutamente bisogno di lei.
La donna guardava il soffitto e l’unico cosa a cui poteva pensare al momento era di potersi fare una doccia al più presto. Cercava di pensare alle cose futili e di poco conto e questo, si era resa conto, era l’unico modo di tenere a freno le emozioni.
Il respiro era controllato e calmo e la sua testa era leggera. Ora che lo aveva rivisto aveva capito anche troppe cose. Non si sarebbe mai liberata del suo fantasma fino a quando avrebbe vissuto e quella le sembrava la punizione peggiore che il Cielo potesse infliggerle.
La mente e il cuore erano completamente in guerra tra loro e non riusciva a decidersi se far zittire il cuore chiedendola di ucciderla o seguire semplicemente la testa, lasciando stare le stilettate di dolore che le mandava ogni qual volta cercava di cancellare il ricordo di Dmìtrij. Dopotutto si era resa conto che non conosceva assolutamente quell’uomo e ne lui mostrava spiragli per poter entrare. Il solo modo sarebbe stato aprire una breccia, ma come avrebbe potuto fingere con lui?
Abbandonarsi avrebbe significato arrendersi, proprio come quella volta. Proprio come quando si era fatta prendere in giro con le sue belle parole. Doveva solo tornare da George e uccidere Kajiro come prima cosa, visto che al prossimo incontro l’assassino non avrebbe esitato.
Sarebbe arrivato il momento di Natasha e infine Dmìtrij, poi avrebbe concluso la sua personale missione e sarebbe tornata da Jin per consegnargli definitivamente la sua arma, passando una vita di rimpianti e rimorsi accanto a George. Al momento le sembrava assolutamente una soluzione allettante.
Prese un profondo respiro e cercò di massaggiarsi la tempia con la mano libera. Era scomoda in quella posizione e il braccio cominciava a dolerle, tanto da stiracchiarlo di tanto in tanto come poteva, dato che era ancora bloccato dalle manette.
Cosa doveva fare?
Accettare le condizioni di Dmìtrij sarebbe stato un ennesimo errore, ma del resto era l’unica via di fuga.
Promettergli ciò che chiedeva, tanto una morte in più o in meno sulla sua coscienza non sarebbe stata di troppo?
La sua testa era già abbastanza affollata dalla sua esistenza che i problemi delle sue vittime passavano in secondo piano, tanto che il suo “grillo parlante” ormai aveva perso le speranze e si era preso una vacanza.
Cominciò a concentrarsi, almeno si sarebbe studiata un po’ intorno per passare il tempo, dato che non c’era molto da fare.
Va bene il letto, che era poggiato al muro, al centro della stanza e due comodini retrò e di buon gusto ai lati del baldacchino. Un armadio di fronte a lei e una finestra o almeno quello che sembrava visto che era coperta da pesanti tende dal colore indefinito. Purtroppo la penombra della stanza non le permetteva di vedere oltre, ma affinò la vista tanto da notare un’altra porta all’opposto dell’entrata. Sicuramente era il bagno, che al momento doveva dire di agognare più di una bistecca al sangue. Si era ricordata che non usufruiva della toilette già da troppo tempo, tanto che il bisogno era diventato impellente. Cercò alla fine di non pensarci. Alla fine di sarebbe dovuta trascinare tutto il letto per poterci andare.
Si risistemò nuovamente sul letto, aspettando. Prima o poi qualcuno sarebbe venuto.
 
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Dmìtrij era seduto alla scrivania nella stanza accanto a quella dove riposava l’assassina. Stava risistemando delle carte che le avrebbe presto portato. Si era rasato per bene quella mattina e si era pettinato i capelli in modo che lei lo ricordasse per com’era all’epoca, quando si erano conosciuti.

L’uomo lo aveva capito e non era facile per lui accettarlo, perché anche Reila era rimasta come una macchia indelebile nel suo cuore e soprattutto nella sua mente, che al momento si trovavano assolutamente d’accordo.
Era cambiato. Forse era stata la paura che gli aveva permesso questa trasformazione, ma ancora non riusciva a pensarci in modo cosciente. L’ombra della morte aleggiava sulla sua testa e chiedere nuovamente all’assassina era stato un azzardo che si sarebbe permesso tra non molto tempo. Anche perché doveva sistemare entrambi i killer, dopotutto entrambi lo volevano morto ma almeno il motivo della donna era più che legittimo.
-Avrà bisogno sicuramente di andare in bagno.
Era stata Natasha a parlare. Era accomodata in una delle poltrona oltre la scrivania occupata dall’uomo, con le gambe accavallate e scoperte dal sottile abito nero che portava. Per quanto poteva essere una bella donna, risultava troppo bambolina per gli uomini e poi soprattutto perché lei aveva altre tendenze.
Dmìtrij la guardò di sottecchi, mentre sistemava un foglio che era scappato dalla sua attenzione due minuti prima.
-Avrà bisogno anche della doccia.
Il tono di voce dell’uomo non tradì che un leggero tono di malizia, ricordando quella volta quando l’aveva posseduta nella doccia e lei gli aveva permesso di vedere le sue mani, attraversate da profonde cicatrici, segno di un passato che non aveva ancora cancellato.
Si alzò e affondò una mano dentro la tasca dei pantaloni, afferrando la chiave delle manette che tenevano ammanettata Reila.
-Permettile di lavarsi, ma non ammanettarla dopo. Lascia che lo faccia io.
Negli occhi di Natasha passò un lampo di risentimento e le labbra rosse ebbero un moto di stizza a quelle parole.
-Permettimi almeno…
Lo sguardo di ghiaccio di Dmìtrij non volle più repliche.
-Non la devi toccare. Lei è mia.
Lo aveva detto con il tono della voce che tradiva assolutamente una passione morbosa e disperata, come se gli bruciasse vederla nelle braccia di altri uomini o di altre donne.
-Ora fai come ti ho detto.
Natasha acconsentì soltanto, anche perché c’era un patto tra loro. Un patto nel quale l’unica a perdere sarebbe stata lei e questo non poteva permetterselo. Girò i tacchi e con una camminata lasciva e conturbante lasciò la stanza andando verso quella dov’era tenuta prigioniera Reila.
Dmìtrij calò il capo per qualche istante e posò entrambe le mani sulla scrivania. Non doveva tremare e mostrarsi debole o sarebbe stata la sua disfatta.
 
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Natasha si avvicinò velocemente alla stanza e si avventò verso la maniglia. Aveva rabbia addosso e non riusciva assolutamente a sfogarla.
Entrò di scatto e Reila si sollevò improvvisamente dal letto, come svegliata da un pericolo imminente e difatti si ritrovò la russa di fronte, senza avere il tempo di mettere a fuoco le immagini. Si sedette sul letto intontita e stanca. Per quanto potesse riposare, erano i pensieri a tenere la sua mente vigile e attenta. Delle profonde occhiaie erano comparse sul suo viso rilevate dal trucco colato, segno che non dormiva da giorni per pianificare tutto il piano che le era andato anche male e neanche nell’assoluta tranquillità riusciva a rilassarsi.
Natasha sollevò leggermente l’abito dalla coscia e afferrando una pistola da borsetta, comoda e veloce, la puntò direttamente verso l’assassina.
-Avanti, Natasha, non farai sul serio?!
E ignorandola completamente l’assassina si stiracchiò il modo da togliere quell’intorpidimento dal corpo dovuto all’assenza di sonno. Procedette a togliersi le scarpe. Si era dimenticata anche che non si dorme con le scarpe sul letto, almeno le buone maniere non le aveva dimenticate e poi erano brutto presagio.
Natasha sorrise appena, mentre con la mano libera le lanciò la chiave per le manette.
Reila rimase per qualche istante interdetta, ma l’afferrò. Quella mattina aveva già deciso di non scappare. Voleva confrontarsi con il suo passato e al momento era proprio dietro quella porta. Scappare non avrebbe risolto nulla.
-Avrai bisogno di farti una doccia. Troverai tutto ciò che ti occorre in bagno.
E detto questo si poggiò alla porta e attese, senza discostare la pistola in direzione del cuore dell’assassina.
Reila non ce l’avrebbe fatta a disarmarla dalla distanza che occorreva tra lei e Natasha e quindi accantonò assolutamente quella mossa. Fu felice però di essersi tolta le manette dal polso che massaggiò con delicatezza. Un profondo solco rosso ne aveva intaccato il rosato della sua pelle.
-Sai bene che in altre occasioni ti avrei disarmata senza battere ciglio.
L’assassina la osservò di sottecchi per qualche istante e iniziò a togliersi solo la giacca del tailleur scuro che portava per poi rimanere con il top in chiffon che le lasciava scoperte le spalle. Difatti Reila faceva tutto con estrema calma e Natasha cercava di rimanere impassibile a quello spettacolo. Dopotutto la donna l’aveva sempre intrigata e se non fosse stata costretta dall’uomo, l’avrebbe presa e ammanettata al letto proprio in quell’istante.
Reila prese a ridere sommessamente, dirigendosi verso la porta del bagno, scalza.
-E non metterci molto.
-Non ho intenzione di scappare. Non quando il mio destino è dietro la porta.
Natasha non comprese alla perfezione quelle parole, ma non poté far a meno di voltarsi per qualche istante dietro di sé, lasciando scoperta la sua visuale verso la donna. Se Reila avrebbe voluto, l’avrebbe disarmata senza pensarci un attimo e senza che lei se ne accorgesse, approfittandosi di quella distrazione che le sarebbe potuta costare la vita.
Ma l’assassina le rivolse solo un’ultima occhiata prima di richiudere la porta dietro le sue spalle.
E lì rimase in attesa.
Reila aprì l’acqua della doccia che si trovava di fronte a lei. Approfittò dapprima del bagno e poi infine iniziò a denudarsi, guardandosi attorno.
Poteva notare un grande specchio, dove si avvicinò poco dopo essersi tolta la gonna e le autoreggenti e osservò il proprio volto, poggiando le mani su un lavandino di marmo italiano. Anche lì, Dmìtrij, non aveva smesso di esprimere il lusso che stava anche nella casa di Mosca.
C’era tutto l’occorrente per truccarsi e uno spazzolino da denti con tanto di dentifricio. Tutto quello che le occorreva per rendersi almeno presentabile. Spazzole, phon e quant’altro per darsi almeno un contegno.
Reila si massaggiò le guance vedendole un po’ scavate dall’ultima volta, ma pensò che dopotutto non mangiava ormai tanto da quando aveva saputo che lui era ancora vivo.
Si massaggiò gli occhi, macchiati dal mascara che era colato e dalla matita che si era cancellata in alcuni punti. Prese una salviettina struccante e tolse tutto il residuo, come a volersi liberare di ciò che era prima di entrare in quell’appartamento.
Reila si voltò verso la doccia. Il pavimento era riscaldato e i sanitari erano perfettamente lucidi e nuovi. Difatti poteva camminare tranquillamente a piedi nudi. La finestra affacciava direttamente su venti piani di stabile, segno che di lì non sarebbe potuta mai scappare se ne avesse avuto l’occasione. Ma al momento non era quello che voleva.
Prese un profondo respiro e si spogliò completamente, lasciando tutto a terra ed entrando sotto il getto caldo della doccia, come un fiume purificatore che le avrebbe tolto tutta la stanchezza e la frustrazione che aveva in quel momento.
Chiuse gli occhi e iniziò a massaggiarsi il volto e i capelli, poi passò al collo e ne percepì la rigidezza di quegli anni passati ad uccidere. I suoi pensieri si spostarono verso le mani di Dmìtrij sul suo corpo e improvvisamente aprì gli occhi di scatto. Si ritrovò ad avere il fiatone e il cuore che le palpitava a ritmo serrato. Non poteva assolutamente farsi abbindolare di nuovo.
Prese il bagnoschiuma, rendendosi conto che era alla vaniglia, un vezzo che aveva sempre avuto e questo non la sorprese. Lui ricordava tutto di lei come lei di lui e questo non poteva che farle completamente male, tanto da sentire nello stomaco le farfalle e insieme il contorcersi dello stesso.
Chiuse nuovamente gli occhi. Lasciandosi cullare dall’aroma della vaniglia di Saint Barth, una fragranza che lei assolutamente adorava e massaggiandosi il corpo ne sentì quell’odore di sigaretta mista al whiskey, e del profumo che lui emanava quando la stringeva a sé.
Reila posò entrambe le mani sul muro, lasciando che l’acqua cadesse implacabile su suo corpo. Continuando di questo passo gli sarebbe caduta tra le braccia in meno di dieci secondi.
Di una cosa si rendeva però conto. Che le era mancato da morire.
Rapide le lacrime andarono a confondersi con il getto caldo della doccia.

yin yang vettore

Angolo dell'autrice


Ed ecco a voi il dodicesimo capitolo è finalmente on-line e le cose si stanno cmplicando fino all'inverosimile. Sto cercando di seguire il tempo che mi sono data tra un capitolo all'altro, cioé dieci giorni, ma se non arriva in questo lasso di tempo aspettate solo uno o due giorni in più.
Rinnovo sempre il mio invito a farmi sapere come vi sembra, non credo vi porti via molto tempo una recensione, facendomi sapere cosa ne pensate di questa storia. Vi inviterei infine a leggere "Dopo la pioggia" per poter capire un po' meglio dell'intera vicenda. Infine vi ringrazio per chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate e ringrazio coloro che hanno recensito, facendomi sapere il loro parere. E vi indirizzo verso la mia pagina che terrò sempre aggiornata con  curiosità, spoiler e quant'altro.
Lotiel  Scrittrice - Come pioggia sulla neve


   
 
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