In fiamme
God knows what is hiding, in that world of little consequence
Behind the tears, inside
the lies
A thousand slowly dying
sunsets
[Dio sa cosa
si nasconde in quel mondo di poca importanza
dietro alle lacrime,
dentro le bugie
un migliaio di tramonti
che muoiono lentamente]
La giornata era
stata luminosa. Il sole stava per tramontare su Capitol City, e
splendeva rendendo più intenso ogni colore.
Peeta sedeva
sulle coperte rimaste abbandonate sulla terrazza del Centro di
Addestramento. Indossava lo smoking dell'intervista. Sarebbero andati
in onda nel giro di mezz'ora.
Vai, gli aveva
detto Portia, una volta finito di prepararlo. Abbiamo ancora cinque minuti.
Solo la sera
prima era stato lì con Katniss, nel giardino.
Vorrei poter fermare il tempo e
vivere così per sempre.
L'aveva vista
addormentarsi contro di lui. Il tramonto aveva infiammato l'aria
intorno a loro. Sembrava che Capitol City andasse a fuoco.
Va bene.
Per un attimo
li aveva visti. I grattacieli davanti a loro bruciavano inghiottiti
dalle lingue vive delle fiamme. Distrutti dal calore del sole.
E solo per
quell'attimo, tutto era svanito. L'Arena, la verità, le
bugie.
Erano rimasti
come sospesi in un limbo infuocato, loro due soltanto, padroni di un
destino ancora da forgiare.
Dal tramonto di
quella sera, invece, Peeta avrebbe dovuto forgiare soltanto menzogne e
bugie lunghe una vita. Ancora qualche minuto e per Capitol City sarebbe
diventato un marito e un padre condannato a non veder mai nascere il
proprio figlio.
Il sole
iniziava ad abbassarsi sull'orizzonte.
Uno dopo
l'altro, Peeta aveva accantonato tutti i desideri messi insieme in una
vita, nel tentativo di accettare la prospettiva di una nuova Arena in
cui morire.
Mentre guardava
i primi accenni del tramonto, lasciò che l'idea di formare
una famiglia prendesse fuoco e iniziasse a bruciare.
Prima di
andarsene, indugiò un attimo sulla soglia. Era l'ultima
volta che saliva su quella terrazza. Chiuse gli occhi e si
scolpì ogni dettaglio di quel luogo nella mente.
Raggiunse in
silenzio le quinte, insieme agli altri. Katniss era al suo fianco, in
un lucente abito da sposa.
Peeta
abbassò lo sguardo sulle proprie mani guantate. Era il
momento di un'ultima bugia. Davanti a lui il vestito di Katniss
frusciava piano sul pavimento chiaro.
Restava
solamente da trovare il coraggio di morire.
Porte
chiuse
God knows what is hiding in those weak and drunken hearts
I guess the loneliness
came knocking
No on needs to be alone,
oh save me
[Dio sa cosa si nasconde
in quei cuori deboli e ubriachi
immagino che la
solitudine sia venuta a bussare
nessuno deve restare
solo, salvami]
Hazelle aveva
impiegato un'intera settimana per rendere di nuovo abitabile la casa di
Haymitch. Aveva lavato, strofinato, sudato e lucidato finché
non era riuscita a rivelare l'aspetto originale dei pregiati pavimenti
e dei mobili in legno massiccio.
Era rimasta
incantata dalle finiture che comparivano pian piano, e aveva ammirato
la straordinaria cura con cui erano state realizzate.
Non era stata
in grado di tenere il conto delle bottiglie che aveva buttato. Per la
maggior parte erano rotte, abbandonate alla rinfusa in giro per la
casa, macchiando tappeti e parquet con le ultime gocce di liquore che
stillavano.
Haymitch si
faceva vedere raramente. Le sue scorte di liquore erano quasi
terminate, e anche Katniss e Peeta non potevano più fare
molto per procurarselo, con Ripper sempre alla gogna e il Distretto
sottosopra.
A volte Hazelle
lo sentiva gridare, quando la stanchezza prendeva il sopravvento e gli
incubi lo assalivano, senza più il liquore a tenerli a bada.
La prima volta
che era successo le si era ghiacciato il sangue nelle vene. Lo aveva
trovato sulla poltrona del salotto che brandiva un coltello, gli occhi
iniettati di sangue e il respiro affannoso che lo scuoteva tutto.
C'erano voluti diversi episodi simili per abituarsi, e tutt'ora ogni
volta si scopriva a trasalire.
C'erano stanze
in quella casa enorme che Haymitch non visitava mai. Le camere degli
ospiti, ad esempio, tranne quelle volte in cui Hazelle gli ordinava di
andare a dormire su un letto e lui non era in grado di distinguere la
sua stanza dalle altre.
Ma con l'ultima
in fondo al corridoio non succedeva. Hazelle l'aveva trovata chiusa, la
prima volta che un Haymitch quasi sobrio le aveva fatto fare di
malavoglia il giro della casa.
Quando non era
stato più in giro, Hazelle era entrata per valutare
l'entità dei danni.
Aveva tutta
l'aria di non aver ricevuto visite da un bel po', con uno spesso strato
di polvere a coprire ogni cosa, ma tutto sommato era l'ambiente meglio
tenuto della casa. C'erano cocci sul pavimento, bottiglie e bicchieri
probabilmente, e un paio di cassetti erano stati rovesciati e strappati
dalla cassettiera.
Hazelle aveva
lasciato quella stanza per ultima, sapendo che c'erano cose ben
più urgenti da cui iniziare. Quando era riuscita a metterci
piede per ripulirla, una settimana dopo, aveva fatto le cose con
più calma ed attenzione. Aveva raccolto i vestiti sul
pavimento in un unico mucchio di cose da lavare, spazzato per togliere
di mezzo tutti i pezzi di vetro, e pulito a fondo la stanza.
Non si era
aspettata di trovare tutti quei ricordi.
Nell'armadio
c'erano abiti da donna e da bambino che sembravano vecchi di decenni.
C'erano delle foto, tra le pagine di un libro posato nell'angolo
più remoto di un cassetto.
Hazelle si
rendeva conto che non erano in alcun modo affari suoi, ma non riusciva
a rimettere a posto quelle fotografie.
Riconosceva
quei volti. Erano facce del Giacimento, incrociate spesso tra le scure
strade polverose. Qualche volta aveva parlato con la madre di Haymitch,
alta e gentile, con un bambino per mano che somigliava tanto al
fratello.
Si ricordava la
ragazza dagli occhi scuri. Frequentava la classe dopo la sua, ed era
una vera bellezza.
Hazelle
sospirò. Occhi
di carbone.
Richiuse ogni
cosa e scese a preparare il pranzo. Haymitch giaceva riverso sul divano
con il coltello tra le mani, che tremavano anche nel sonno.
Quando
tornò a casa, quella sera, strinse a sé senza
parlare ognuno dei suoi figli. Gale cercò il suo sguardo
più a lungo, tentando di capire, ma lei scosse solo piano la
testa e si allungò per lasciargli un bacio sulla fronte.
C'erano cose
che non avrebbe capito, e Hazelle sperava con tutto il cuore che
nessuno di loro, in futuro, dovesse capirle mai.
In equilibrio
People help the people
and if you're homesick,
give me your hand and I'll hold it
People help the people
and nothing will drag you
down
[Le persone si aiutano
e se hai nostalgia di
casa, dammi la tua mano e io la stringerò
Le persone si aiutano
e niente ti
trascinerà in basso]
Cosa c'è?
Lavinia
alzò gli occhi dal foglio, incontrando quelli di Darius.
Stava
sorridendo. Lavinia non riusciva a crederci. I suoi occhi da ragazzino
scintillavano alla luce della torcia, puntati sul viso di lei, alla
ricerca della risposta alla domanda scritta sul quadernino.
Darius
sorrideva.
Perché stai
sorridendo?
Lo vide esitare
un attimo di fronte a quella domanda, confuso, quasi incerto. Dopo un
attimo, un timido sorriso fece di nuovo capolino sulle sue labbra.
Sto bene qui con te.
Anch'io, avrebbe
voluto scrivere Lavinia. Ma
perché stai sorridendo?
Invece, scrisse
qualcos'altro.
Non hai paura?
Il modo in cui
Darius teneva la matita l'aveva sempre incuriosita. Aveva una presa
forte, un po' accartocciata in un pugno, quasi per tenere uno
scalpello. La sua calligrafia era disordinata, con le lettere che a
volte si accavallavano tra loro come se non fossero riuscite a tenere il
ritmo dei suoi pensieri.
Quando
scriveva, le ricordava un po' un bambino. Ma le sue parole a volte
toglievano il respiro.
Sono terrorizzato. Darius
non sorrideva più.
Le cose potrebbero precipitare da un momento all'altro e io non sono
pronto a perderti. Voglio essere felice perché non so quanto
tempo ci resta.
Lavinia rimase
a fissare il foglio. Se si fosse avvicinato qualcuno, non lo avrebbe
sentito arrivare. Il cuore le batteva assordante nelle orecchie, nel
petto, nella gola.
Darius, scrisse, e
non riuscì più ad andare avanti.
Rimase immobile
senza sapere cosa dire. Non riusciva a pensare a nulla. La torcia
gettava una luce chiara sul muro di fronte a loro.
Alzò
gli occhi su Darius, e lui la stava guardando. Non sorrideva
più.
Vorrei sentirti parlare.
Non sarebbe mai
accaduto. Darius per lei era destinato a rimanere soltanto un volto, e
una calligrafia.
Prese fiato e
alzò lo sguardo per vedere che effetto avessero avuto le sue
parole.
Era stata
avventata. Per lei essere una senza-voce ormai era l'unica
realtà che esistesse, e non era più sensibile a
certi argomenti. Ma Darius fino a qualche mese prima era ancora libero.
Certe ferite non si rimarginavano tanto in fretta.
Quando
incrociò i suoi occhi, li trovò sorridenti. Il
tempo di chiedersi perché, e lui aveva già
poggiato le labbra sulle sue.
L'ultimo bacio
di Lavinia apparteneva ad una vita passata. Era un bacio bagnato di
bourbon, sotto le luci sfavillanti di Capitol City, con un ragazzo a
cui una volta aveva voluto bene.
Baciare Darius
era delizioso e straziante. Erano così vicini, eppure era come restare sbilanciati dopo uno slancio troppo
convinto. Non potevano sentire il sapore dell'altro, non potevano
raggiungerlo. Non potevano far altro che sfiorare le labbra e la pelle
e respirare a pieni polmoni ogni cosa.
Darius le prese
il volto tra le mani e posò la fronte sulla sua. In
silenzio, la guardava.
Prese il
quadernino dalla mano di Lavinia e raccolse la matita che lei aveva
lasciato cadere. Scostò piano i capelli dalla sua spalla, e
le lasciò un bacio sul collo.
Mi hai sentito?
Lavinia
sorrise. Accarezzò i suoi capelli disordinati e
posò un bacio sulla sua guancia. Era un gesto strano nella
condizione di un senza-voce, e non assomigliava ai baci nei suoi
ricordi.
Ma Darius la
guardava come se lei fosse stata una speranza e forse un sogno, e non
c'era un momento così dolce nei suoi vecchi ricordi di
Capitol City.
Oh, sì. Gran bel
discorso.
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Workinprogress al
rapporto
Ragazzi,
che sonno. Domattina la giornata comincia prestissimo, quindi
sarà meglio che mi dia una mossa.
Solo un appunto
sulla storia di Haymitch. Lo so che avrei dovuto menzionare Hazelle, in
quanto narratrice, ma la citazione musicale si riferisce ad Haymitch, e
non volevo scrivere cose come Hazelle/Haymitch per non farli sembrare
una coppia.
Finalmente
posso dichiarare conclusa questa raccolta! Spero che vi sia piaciuta.
Un abbraccio a
tutti,
wip
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