Nota
al capitolo: sì,
sono in ritardo e
lo so benissimo. E’ passato più di un mese
dall’ultimo aggiornamento e mi
scuso. Ringrazio le 44 persone che hanno messo la storia tra i
preferiti ma
soprattutto _Natsuki_ che lascia un
commento ad ogni capitolo e lisettaH,
che ha lasciato un commento che mi ha colpito particolarmente. Grazie
davvero.
Vorrei
ricordare - non ricordo se l’ho già detto- che ho
aperto un mio archivio di fan
fiction, potete vederlo a questo indirizzo. http://queenoftheslytherins.forumfree.net/
Potete
trovare anche le schede dei personaggi di questa fiction.[per il
momento solo
Madeleine e Victor]
Rating
di questo
capitolo: rosso.
Come
sempre buona lettura,
Sara
Campagna di
Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰
del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai
felice milioni di scrittori.
X
CAPITOLO
DECIMO
Espoir.
e
fiamme danzavano vivaci nel camino, illuminando in modo sinistro la
stanza.
Victor era di fronte a me, sprofondato in un’elegante
poltrona di velluto
accanto al fuoco. La luce proveniva dalla sua sinistra, illuminandogli
la pelle
marmorea del viso, e animava con una sfumatura spaventosa i suoi occhi
color
rubino. Rimasi immobile mentre mi studiava con il suo sguardo.
Allungò un
braccio verso la sua destra e prese un bicchiere di cristallo, pieno di
un
liquido rosso.
Si
concentrò per un momento sul contenuto del bicchiere,
facendolo oscillare, poi
tornò a fissarmi, alzando un sopracciglio.
Respirai
profondamente e mi avvicinai di qualche passo.
Il
tempo era passato. Avevo cercato di allungare i tempi ma era stato
tutto
inutile. Ero riuscita a guadagnare quasi due settimane, due settimane
inutili,
passate nella camera messa a mia disposizione a cercare una soluzione
per
quella situazione.
Dentro
di me la speranza che lui sarebbe
apparso in quella casa per portarmi via si era affievolita ogni giorno,
ogni
ora, ogni minuto che passava. Resisteva ancora, in qualche modo, ma era
debole.
Non
sarebbe venuto a cercarmi. Nessuno
mi
avrebbe portato via da Monaco. Potevo contare solo su me stessa.
Anche
se avrei dovuto arrendermi.
Anche
se questo significava dover cedere alle richieste di Victor.
Dischiusi
le labbra per parlare.
«Lo
so già, non c’è bisogno che tu lo
dica.» mi anticipò, lanciandomi
un’occhiata
annoiata.
Strinsi
i denti, mentre sentivo l’irritazione crescere. Stavo
perdendo il mio tempo.
«Bene.» sussurrai, voltandomi
per
andarmene.
Lo
sentii alzarsi con un fruscio e in un attimo fu dietro di me. La sua
mano mi
afferrò per il gomito.
«Cosa
ti ha fatto cambiare idea?» mi domandò, facendomi
voltare per guardarlo.
Lo
fulminai, senza parlare. Cercai di non pensare a nulla, per non
permettergli di
entrare nella mia testa e frugare a suo piacere tra i miei pensieri. Ma
non
bastò.
La
consapevolezza di essere rimasta sola mi tradì e non riuscii
a cacciare quel
pensiero, lo stesso che aveva accompagnato la mia solitudine in quelle
due
settimane.
Lui
lo lesse ma non parlò. In quel momento non provò
a ferirmi, commentando in modo
pungente il mio sconforto.
«Nessuno
verrà a cercarmi.» ammisi infine, distogliendo lo
sguardo da lui.
«E
quindi?» chiese, senza lasciarmi il braccio, aumentando anzi
la presa che aveva
su di me.
«Quindi…»
iniziai, ma mi bloccai. Mi schiarii la voce. «Quindi hai
vinto, sono tua.»
Un
sorriso gli increspò le labbra.
«Ti
credevo più tenace.» disse, ironico.
«Hai
ciò che vuoi adesso.» replicai, fissando
finalmente i suoi due rubini. «Lasciami
andare nella mia stanza.»
«Hai
detto che sei mia.»
sottolineò
l’ultima parola in modo quasi sinistro.
«Sì,
l’ho detto. Puoi avere il mio corpo, ma non
la mia anima.»
«Tu
non hai un’anima.» constatò, alzando un
sopracciglio.
Annuii
piano. «Lo so. L’ho donata all’unico
vampiro a cui appartengo
veramente.»
Vidi
i suoi occhi scarlatti dilatarsi e la sua bocca socchiudersi. Il suo
sguardo divenne
duro, impenetrabile. Uno sguardo di puro
odio.
La
sua mano libera si strinse attorno al mio collo, facendomi mancare il
respiro.
Mi trascinò fino alla parete della porta. Gemetti piano non
appena la mia
schiena si scontrò contro il muro.
Si
avvicinò pericolosamente a me e parlò non appena
le sua labbra furono a pochi
centimetri dalle mie.
«Tu
ora appartieni a me.» alitò, minaccioso.
«E non puoi farne a meno.»
Socchiusi
le labbra per parlare ma lui fu più veloce.
La
sua bocca si appoggiò di fretta sulla mia, come per bloccare
ogni mio tentativo
di replicare. Le sue labbra carnose si muovevano con decisione sulle
mie, quasi
con forza. Emisi un gemito di
protesta e appoggiai le mani sulle sue spalle, nel tentativo di
allontanarlo da
me.
Con
un lieve morso bloccò ogni mia protesta. Un rivolo di sangue
scese dalla mia
bocca fino al mento, ma lui catturò subito quelle poche
gocce di sangue,
interrompendo il bacio per qualche momento.
Sentivo
le labbra bruciare, tanto da fare quasi male. Lo fulminai con lo
sguardo e
provai ancora ad allontanarlo da me, invano.
Con
una mano bloccò le mie sopra la mia testa.
Continuò a baciarmi, dal collo sino
alla spalla scoperta, lasciando dietro di sé una sensazione
di bruciore.
Non
riuscivo a muovermi. Mi sentivo completamente sola e disarmata.
Indifesa.
Completamente
abbandonata a lui.
«Lasciami.»
intimai, mentre la sua mano saliva lungo la mia gamba, sotto la gonna
del
vestito elegante.
«Lasciami.» ripetei, in un
sussurro quasi
impercettibile, non appena il corsetto venne strappato con violenza.
I
suoi baci si spostarono sul mio seno, per poi risalire di nuovo al
collo. Mi
lanciò uno sguardo che mi pietrificò. I suoi
occhi color rubino erano da
animati da una luce che mi fece tremare.
Non
era eccitazione. Non era desiderio. Era pura follia.
Mi
prese il mento con il pollice e mi alzò la testa, girandola
leggermente di
lato.
Scese
sul mio collo e si soffermò. La sua mano mi tenne ferma la
testa, mentre i suoi
denti laceravano la mia pelle.
Mi
morsi il labbro inferiore, nel tentativo di reprimere l’urlo
di dolore.
In
quell’istante tutto divenne meno chiaro. La vista si
annebbiò e cominciò a
girarmi la testa.
Lo
sentii ancora muoversi. Mi alzò leggermente, tenendomi
appoggiata la muro.
«No.»
dalla mia gola uscì un leggero suono roco.
La
gonna seguì il corsetto a terra, in mille pezzi.
Affondò in me senza preavviso,
quasi con forza.
Provai
di nuovo ad allontanarlo da me, ma non trovai le forze.
«No.» la mia protesta si spense
in un
sussurro mentre lui, spingendo dentro di me, spegneva la debole
speranza che
avevo tenuto in vita in quelle settimane.
×××
Rimasi
rannicchiata a terra per ore, senza parlare e senza muovermi, ma lui
non uscì
dalla stanza.
Restò
sulla sua poltrona, con lo sguardo ancora folle fisso su di me.
Non
ebbi il coraggio di guardarlo. Strinsi a me i vestiti che mi aveva
strappato,
nel tentativo di coprire il mio corpo, anche se aveva visto tutto.
Il
morso al collo bruciava ancora, ma non mi lamentai del dolore.
«Mio
signore.» una voce femminile mi ridestò da quello
stato di apatia. «Come mai
avete scelto lei?» chiese, con disprezzo.
Victor
non rispose. Alzai piano lo sguardo e trovai di fronte la schiena della
vampira
che parlava.
Il
fuoco, ancora acceso nel caminetto, si rifletteva nei suoi capelli
castani.
Sedeva sul bracciolo della poltrona, e aveva le gambe appoggiate a
quelle di
Victor, che la teneva per la vita con un braccio.
Nonostante
quel tocco, che sicuramente lei aveva inteso come segno di interesse da
parte
del vampiro, lo sguardo di Victor era fisso su di me.
Qualcuno
bussò alla porta.
«Mio
signore.» la voce di un uomo- lo stesso che mi aveva condotto
da Victor quando
arrivai- si rivolse a lui con tono servile. «Il vampiro ci
è sfuggito.»
Sgranai
gli occhi.
«Bene.»
replicò semplicemente Victor. «Puoi
andare.»
Con
un fruscio l’uomo sparì.
La
risatina della donna riempì la stanza. Sentii il suo sguardo
su di me.
«Troppo
tardi.» sussurrò Victor, e questa volta osai
incontrare il suo sguardo. Sulle
sue labbra apparve un ghigno. «Troppo
tardi.»
|