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16.
The better to eat you with, my dear.
Cosa
ci faceva lì? E perché la sua voce e quella del
lupo erano così
simili, adesso?
Erano
passati molti anni, ma ricordavo perfettamente il Cacciatore: mi
aveva salvato la vita, e aveva salvato quella di mia nonna uccidendo
il lupo prima che ci sbranasse. Gli ero debitrice, ed ero diventata
Red ispirandomi a lui e alla sua forza.
E
ora era lì, identico a tanti anni fa ma dall'aria
decisamente più
curata: sembrava davvero un principe senza la tenuta da boscaiolo e
la barba incolta. Aveva un'aria affascinante e pericolosa al tempo
stesso.
Poi
capii. Non era il cacciatore quello che avevo davanti.
O
meglio, lo era, ma solo in quel momento.
Erano
la stessa persona. Due facce della stessa medaglia. Cacciatore e
Lupo: forma umana e bestia.
Ripensai
ad Adam, e alla sua trasformazione. Il Lupo riusciva a farlo a suo
piacimento.
«
Oh, vedo che hai capito perfettamente, bambina mia. »
commentò lui,
facendomi sussultare. Riusciva a leggere nella mia mente meglio di
quanto pensassi.
«
Cosa vuoi da me? » sibilai, carica d'odio. Volevo ucciderlo,
e
volevo sapere dove si trovasse Peter.
«
Oh, mio piccolo tesoro, è semplice. » rispose lui,
sorridendo. «
Voglio che tu sparisca da questa terra per sempre, così da
lasciarmi
libero di governare il Mondo delle Fiabe a modo mio. Semplice, no?
».
Bingo.
Finalmente i suoi progetti erano chiari. Governare sull'intero Mondo,
senza una stupida ragazzina ad intralciare i suoi piani.
Perché in
qualche modo dovevo essere in grado di farlo, anche se non sapevo
come.
«
Come hai fatto ad impossessarti di lui? » gli chiesi ancora,
cercando di capire. Lui sorrise. Un sorriso meschino, disonesto. Di
chi ricordava qualcosa di orribile e ne gioiva.
Bastardo.
«
L'animo umano è facilmente corruttibile, mia cara.
» mi spiegò
lui, sospirando in modo teatrale. « Ero quasi morto quando
proposi
al Cacciatore di risparmiarmi. Se lo avesse fatto, avrei donato a lui
il mio corpo e la mia anima. E lui accettò. Ovviamente i
suoi
propositi erano lodevoli, il suo era un animo nobile. Diventare un
essere perfetto, dotato di forza e intelligenza, sia bestia che uomo:
te lo immagini? Aveva in mente un sacco di buoni propositi. »
pronunciò quelle due parole con disgusto. Rimasi ad
ascoltarlo,
incredula.
«
Ma quando ci unimmo, misi in atto il mio piano. »
continuò lui,
sfoderando nuovamente quel ghigno. « mi impossessai sempre di
più
di quel corpo, prendendo le decisioni per entrambi. Mi imposi con la
mia forza, fino a farlo scomparire pian piano. Alla fine il suo Io
è
scomparso definitivamente, lasciandomi con un corpo perfetto.
Perfetto per la mia vendetta. Mi ci sono voluti un po' di anni, mi
sono nascosto nelle terre più desolate e nei regni
più lontani per
evitare di essere scoperto. Ma alla fine ce l'ho fatta. Il Cacciatore
soccombe ed io mi prendo tutto il merito. È così
che funziona. ».
Ero
senza parole. L'animo nobile del cacciatore aveva lasciato il posto a
quell'essere orribile, quella bestia disgustosa che ora era anche
uomo, un essere perfetto e spietato.
«
Purtroppo ci sono stati dei piccoli intoppi durante il percorso.
»
mugugnò lui, alzando gli occhi al cielo. « a
cominciare da
quel braccio.
». Indicò il mio braccio, e subito lo guardai.
«
Cosa? » sibilai, sull'attenti.
«
Ovviamente sarebbe stato un piacere vederti morire dissanguata.
Lentamente, e inesorabilmente. Ma l'anima del Cacciatore ha preso il
sopravvento – inaspettatamente – e ti ha salvato la
vita. Quel
lavoro di ingegneria è opera sua. ».
Il
mio respiro si mozzò quando udii quelle parole.
Così era quella la
verità. Era stato il Cacciatore a salvarmi, bloccando
l'emorragia e
sostituendo il mio braccio con quell'arma meccanica. Troppe
informazioni.
Troppe
rivelazioni.
Avevo
bisogno di una pausa, maledizione.
«
Dov'è mia nonna? E Peter? » le mie parole
echeggiarono nell'aria
intrisa di neve, raggiungendo le sue orecchie in un moto d'odio e
impazienza. Ero lì, di fronte a lui. Ora doveva ridarmi la
mia
famiglia.
Dovevo
riaverli indietro.
«
Ehi, con calma. » biascicò lui, divertito.
« abbiamo appena
cominciato. ».
Piazzai
bene i piedi per terra, per evitare di scivolare sulla neve, e
strinsi a me la lancia con forza. Se voleva combattere, ero pronta.
Non c'era nulla che mi impedisse di ucciderlo all'istante, ma dovevo
stare attenta: se si fosse trasformato in una bestia, sarei stata in
tremendo svantaggio.
Di
positivo c'era che, con il Cacciatore davanti, non avevo paura. La
sua figura mi avrebbe sempre ricordato qualcosa di buono, un eroe che
mi aveva salvato la vita e a cui mi ispiravo. Così ero
più forte.
Più
forte.
E
a quel punto mi chiesi perché non stesse cercando di
mettermi in
difficoltà: se avesse mutato forma probabilmente sarebbe
stato in
vantaggio. Ma allora perché si ostinava a rimanere
lì di fronte a
me,un semplice e fragile umano?
Abbiamo
appena cominciato.
Cominciato
cosa?
Hunter
spalancò le braccia, il palmo di entrambe le mani aperto in
mia
direzione, le dita attorcigliate ai margini del cappotto scuro, che
brandiva come un mantello. Percepii di nuovo quello strano
presentimento, quell'aura negativa che sapeva di oscuro, di malvagio.
Di
maledizione.
E
a quel punto Hunter cominciò a correre – no, non a
correre, a
fluttuare
–
sulla neve in mia direzione, più veloce di quanto mi
aspettassi. Il
suo mantello spazzava via la neve, le braccia aumentavano sempre
più
la loro apertura, facendolo somigliare ad un grande e spietato
volatile.
Mi
raggiunse, coprendomi con il mantello oscuro senza che potessi fare
nulla per fermarlo. Ero come immobilizzata, ma questa volta la paura
non c'entrava nulla. Era un vero e proprio incantesimo.
Incantesimo?
Quella
era una magia. Il Cacciatore non solo era l'essere perfetto, ma per
qualche strano motivo aveva acquisito dei poteri di cui ignoravo
l'esistenza.
Quando
il suo mantello mi avvolse, in pochi istanti fui circondata da
oscurità. Gridai, senza realmente sapere cosa mi stesse
accadendo.
Ero vigile, non era un sogno, ma quel buio mi accecava.
Dov'era
il cielo? E la neve, che fine aveva fatto?
Lentamente
un freddo spinoso iniziò ad impossessarsi del mio corpo,
come se la
temperatura fosse improvvisamente calata. Sentivo delle voci
rimbombare nella mia mente e farmi male, fino a che una in
particolare non si impose sulle altre.
«
Vedrai la sofferenza in volto, Cappuccetto Rosso.
» sibilò il lupo nella mia testa. Gridai ancora.
Era
un incubo.
Gli
occhi misero lentamente a fuoco qualcosa. Non riuscivo a capire se
stavo recuperando i sensi o solo la vista. Non riuscivo a rendermi
conto del mio stato di coscienza, non sapevo se avevo perso i sensi o
se invece ero sempre stata vigile. Avevo gridato più e
più volte,
ma la mia voce aveva echeggiato nel vuoto ed era tornata nella mia
testa, infestandola con parole orribili. Il lupo era sempre
lì, da
qualche parte.
Misi
a fuoco uno spiraglio di luce, proveniente dall'alto. Alzando lo
sguardo, non riuscivo a vedere nulla se non oscurità. Sotto
di me,
un freddo pavimento di pietra mi stava ospitando. Sentivo il rumore
lontano di acqua, goccioline che lentamente scendevano sulla pietra
modificandone la struttura. Doveva essere la condensa della roccia
che scivolava lungo le pareti, o l'umidità di quello strano
luogo
che metteva i brividi.
Mi
guardai attorno. Avevo recuperato la vista, ma nonostante tutto non
avevo la minima idea di dove mi trovassi. C'erano delle sbarre
d'acciaio in pessime condizioni, il che mi portava a sospettare di
essere in una rozza prigione sotterranea. Oltre la grata non vedevo
nulla se non un grande buio.
L'unica
luce proveniva dal misterioso spiraglio sul soffitto, che illuminava
una zona circolare al centro del piccolo rettangolo in cui ero stata
gettata. Mi alzai in piedi, disorientata. Maledizione.
«
Red... ».
Il
mio cuore balzò fuori dal petto, ma non per la paura.
Riconoscevo
quella voce, l'avrei riconosciuta ovunque. Mi voltai osservando il
timido cerchio di luce pallida al centro della cella: oltre i suoi
confini, una sagoma giaceva a terra nel buio.
«
Peter! » gridai raggiungendolo di corsa. Mi inginocchiai a
terra,
prendendolo fra le braccia. Era gelato.
«
Peter, dio mio... » sussurrai, angosciata. Avevo un terribile
groppo
alla gola. Il suo volto era pallido ed emaciato, l'espressione
assente. Aprì gli occhi e mi squadrò, cercando di
mimare un debole
sorriso che mirava a rassicurarmi. Ovviamente non ci riuscì.
Lo
abbracciai, tenendolo stretto. Avevo ancora la mia sacca, mentre la
lancia giaceva abbandonata all'angolo della cella.
«
Non sono riuscito a fermarlo, ho... » iniziò a
dire lui, senza che
potessi fermarlo. « Ha attaccato l'Isola che non
c'è, e non sono
riuscito a fermarlo. Mi dispiace, Red, avrei voluto avvisarti. Mi
dispiace... ».
«
Non parlare, così peggiori le cose. Coraggio. »
risposi io,
cercando di trovare una soluzione. A cosa, questo non lo sapevo.
C'erano troppi problemi da affrontare.
Scrollai
la testa, cercando di far chiarezza nella mia mente. Dovevo
affrontare un problema alla volta. Frugai nella sacca e trovai
l'ultima bottiglia di sidro che Biancaneve mi aveva regalato. Non ne
era avanzato molto, ma sarebbe bastato per scaldarlo un po'. Lasciai
che lo bevesse a piccoli sorsi. Gli occhi erano circondati da pesanti
occhiaie scure, e sulla guancia apparivano i resti di un livido
violaceo, che fino a poco tempo prima doveva essere grande il doppio.
Il labbro inferiore era spaccato proprio a metà, e una serie
di
graffi erano distribuiti sulle braccia e sul resto del corpo. Era in
condizioni pessime, decisamente.
«
Ah... » sibilò, dopo aver bevuto il sidro.
« Grazie. ». Lo
abbracciai di nuovo, cercando di riscaldarlo il più
possibile. Mi
sfilai la mantella e lo coprii come meglio potevo, continuando a
tenerlo tra le braccia. Scostai qualche ciocca arruffata dal viso
distrutto. Vedevo la condensa dei miei respiri oltre le labbra. Dio,
se faceva freddo.
«
Red! ».
Mi
voltai di scatto, stringendo a me Peter istintivamente. Volevo
proteggerlo a tutti i costi. Ma quella voce che mi chiamava,
così
vicina e conosciuta, mi calmò improvvisamente. Capii che non
si
trattava di un pericolo, ma al contempo non riuscivo a crederci.
Forse me l'ero immaginata. Rimasi in silenzio, in attesa.
«
Red! » ripeté la voce, e questa volta mi resi
conto che era tutto
vero. « Sono qui! ».
Lasciai
Peter disteso a terra, con la mia mantella a coprirlo, e mi alzai in
piedi. Raggiunsi il perfetto cerchio di luce al centro della cella,
esponendomi del tutto. Cautamente, avanzai ancora, fino a raggiungere
le sbarre. Mi ci appoggiai, stringendole con le mani. Erano fredde e
odoravano di ruggine e sangue. Respiravo a fatica, sopraffatta da
quegli strani eventi. Non poteva essere. Non poteva davvero essere
vero.
«
Jim... » sibilai, senza più la forza di
sorprendermi. Ero
devastata, distrutta, e non riuscivo a capire perché lui
fosse lì,
a pochi metri di distanza, nella cella di fronte alla mia. Si
appoggiò alle sbarre e improvvisamente si
rasserenò. Un sospiro di
sollievo gli sfuggì dalle labbra.
«
Stai bene, per fortuna. » mormorò, stanco.
Tossì un paio di volte,
ma riuscii a vedere solo i contorni sfocati dei suoi movimenti a
causa della scarsa illuminazione. Ma i suoi occhi, quelli li vedevo
bene. Non poteva essere che lui.
«
Com'è possibile? » chiesi, forse a lui o forse a
nessuno, con
l'accenno della sconfitta nella voce. « Perché sei
qui? ».
«
Mi ha catturato. Dopo che hai espresso il desiderio di tornare a
casa, la tempesta ci ha portati via entrambi. Mi sono svegliato qui,
e tu non c'eri. » mi spiegò lui, ed io lo ascoltai
attentamente.
Era ovvio. Quel bastardo di un cane ci conosceva entrambi, sapeva che
Jim aveva cercato di proteggermi quando ci aveva attaccati nel bosco
la prima volta. E ora l'aveva portato lì per farmi soffrire
di più.
Lui e Peter erano le persone a cui tenevo di più, e ora
erano
imprigionate insieme a me in quell'incubo.
«
Credo che mia nonna sia morta. » sibilai, con la voce
incrinata
dall'emozione. « Perché dovrebbe averla tenuta in
vita? Mi ha
ingannato, non è qui. ».
«
Red...non devi arrenderti. Tu sei più forte. »
sussurrò Jim oltre
le sbarre. Fece per allungare la mano in mia direzione, ma eravamo
troppo distanti. Eppure, in quel momento avrei voluto raggiungerlo
davvero. Stringere quella mano, sentire il suo tocco sulla mia pelle.
Mi avrebbe dato tanta forza.
Ora
invece mi sentivo debole, e sola.
Peter
tossì, e subito tornai da lui. Mi inginocchiai, lasciando
che
posasse la sua testa sulle mie gambe.
«
Ehi, sono qui. » mormorai, cullandolo. « Va tutto
bene, ci sono io.
Ci sono io. ».
Non
sapevo dove mi trovavo. Dovevamo marcire tutti e tre lì, in
quelle
celle sotterranee? Era questa, la vendetta dell'Originale?
Peter
si mise a sedere, così lasciai che poggiasse la schiena alla
parete
della cella. La mia mantella non bastava a tenerlo al caldo.
Così la
indossai nuovamente e mi sfilai la pesante giacca per darla a lui. La
pelliccia di lupo di certo l'avrebbe tenuto più al caldo.
Gli
sfiorai il viso con la mano, sperando che la fioca luce del sole
aumentasse la temperatura. Alla luce del sole i suoi occhi avevano lo
stesso guizzo di energia, seppur molto ridotto, che ricordavo. Un
tempo quell'energia era tanto travolgente da sconvolgermi. Frugai
ancora nella sacca, e tirai fuori delle gallette di riso. Gliene
offrii una ma lui voltò appena la testa.
«
Non fare il bambino. » mugugnai, avvicinandole di nuovo.
« Devi
mangiare qualcosa. ».
«
L'ha uccisa lui. » disse improvvisamente Peter, e mi accorsi
che
aveva gli occhi lucidi. Una lacrima silenziosa scese sulla guancia
martoriata, cadendo sui vestiti malconci.
«
Chi? Chi ha ucciso? »
«
Wendy. L'ha uccisa lui, Red. » ripeté lui,
voltandosi verso di me.
Mi irrigidii, sconvolta. Portai una mano alla bocca, cercando di
contenere lo stupore.
«
Mi ha detto di averla portata via. L'ha portata via e l'ha uccisa.
»
mormorò ancora Peter, affondando il viso nelle mani. Io non
riuscivo
a crederci.
«
Peter... »
«
Credevo di avere una speranza. Continuavo a cercarla nonostante
tutto. E invece... » sibilò ancora, e le parole
gli morirono sulle
labbra. Lo abbracciai, stringendolo per tutto il tempo necessario.
Non importava dove ci trovassimo, o in che condizioni fossimo. In
quel momento eravamo insieme, ed io dovevo sostenerlo a qualunque
costo. Jim ci osservava, in silenzio. Con la coda dell'occhio vedevo
la sua figura, e desiderai di averlo qui vicino a me nonostante
tutto.
Peter
tossì di nuovo, sputando sangue. Lo aiutai a ripulirsi con
un
fazzoletto, cercando di tranquillizzarlo.
«
Sto morendo, vero? » riuscì a dire lui nel mezzo
dell'ascesso di
tosse, ridendo. Si, ridendo. Forse rideva perché quella
situazione
era assurda, e non poteva finire così.
«
Smettila. Hai capito? Smettila di dire così, Peter.
» ribattei,
alterata. « Non è finita, chiaro? ».
Lui
manteneva quel sorriso sulle labbra. Un sorriso rassegnato, e
amareggiato per quell'apparente conclusione. Ma io mi rifiutavo di
crederci. Non l'avrei lasciato morire così facilmente. Gli
lasciai
bere dell'acqua per sciacquarsi la bocca, e finalmente
mangiò una
delle gallette.
«
Grazie. » gli dissi, sapendo che l'aveva fatto esclusivamente
per
farmi contenta. Lui mi sorrise, sfiorandomi di nuovo il viso con la
mano. Le sue dita erano più calde, ed era un buon segno.
Quel tocco
mi fece comunque rabbrividire, riportando in me un po' di forza.
«
Ce la faremo, Peter. » lo rassicurai io, cercando di essere
convincente. La luce adesso ci illuminava entrambi. Era calda e
confortevole, e solo ora mi rendevo conto che poteva trattarsi
realmente del sole, e non di qualche altra diavoleria magica.
«
Ricordi cosa ti ho detto qualche tempo fa? »
mormorò lui, la voce
tinta di un debole vigore.
«
Cosa? »
«
Di non cacciarti nei guai. ». Sorrisi, constatando che aveva
ripreso
un po' del suo vecchio umore.
«
Ops. » sussurrai, stando al gioco. Dovevo fare in modo di
tenerlo
vigile, viste le sue condizioni precarie.
«
Fai sempre a modo tuo. » commentò lui,
avvicinandosi. Negli occhi
c'era tanta di quella tristezza che per un attimo colpì
anche me. La
sofferenza che stavamo condividendo per quel momento, per i nostri
compagni caduti. Per Wendy, e la mia famiglia. Era tutto
così
palpabile da sembrare reale.
«
Ne usciremo. Ne usciremo, maledizione. » dissi a denti
stretti. Lui
mi prese il viso tra le mani, fissandomi con quegli occhi pieni di
cose, di ricordi, e di dolore. Si avvicinò e posò
le labbra sulle
mie, baciandomi con tutto quel dolore dentro, e la rabbia. Era
furioso con la vita, con sé stesso e con l'Originale. Stava
combattendo una battaglia così intima che nessuno avrebbe
potuto
aiutarlo.
Quel
bacio fu come un assaggio di un vecchio ricordo. Era come se
conoscessi già le sue labbra, il suo volto e il suo respiro.
Mi
baciava con trasporto, tradendo una grande emozione.
Avvicinò ancora
di più il mio viso al suo, tenendomi la testa con entrambe
le mani,
intrecciando le dita sottili ai miei capelli scompigliati.
Percepii
il dolore che stava provando, e mi resi conto che non ce l'avrebbe
mai fatta a sostenerlo da solo. Che da troppo tempo la sua anima era
tormentata dall'angoscia per Wendy, per Pennino e gli altri bimbi
sperduti, per la sua terra. Sorreggerla, per una persona sola, era
davvero troppo. E con quel bacio mi sembrava quasi di aiutarlo, come
se in quel momento stessi contenendo quel dolore insieme a lui. Non
riuscivo a capire le sensazioni che stavo provando, ma non mi
retrassi. Peter aveva bisogno di quel bacio, di quel contatto.
E
io?
Io
ne avevo bisogno?
Si
separò da me dopo un po', rimanendo a distanza ravvicinata.
Sentivo
il suo respiro sul mio viso, leggermente accelerato. Le sue mani
scivolarono sulle mie spalle, e li si fermarono. Sentivo la sua
stretta, piena di di quel dolore che aveva tentato di abbandonare.
Lo
abbracciai, e lui mi tenne stretta per tutto il tempo. Jim era a
pochi metri da noi, ed ero sicura che avesse visto tutto. Mi sentivo
strana, in colpa. Perché quel bacio mi aveva ricordato
quella notte
che avevamo passato insieme, e ora i miei sentimenti erano talmente
confusi che per un attimo la mia battaglia con il Cacciatore
passò
in secondo piano.
C'era
una lotta anche dentro di me. Una battaglia terribile tra testa e
cuore. O forse dentro il cuore stesso, diviso perfettamente in due.
«
Nonna! Nonna, ci sei? » gridai, bussando un'altra volta. Il
cestino
era terribilmente pesante, la mamma come al solito aveva esagerato
con le dosi. Sentivo l'intenso profumo di formaggio e di pane fatto
in casa, il rumore del latte nella bottiglia e l'aroma di ciliegie
della crostata sfornata la mattina stessa. Avevo il sospetto che ci
fossero anche le uova delle nostre galline, e mi pentii subito di
aver fatto oscillare il cestino così tanto nel bosco.
«
Nonna? » gridai ancora, bussando più forte. Solo a
quel punto mi
resi conto che la porta era socchiusa. La aprii, entrando nel
salottino buio. Il fuoco nel camino era ancora acceso, e scoppiettava
allegramente riscaldando la stanza. Sul tavolo c'era un vaso colmo di
fiori di campo colorati.
«
Nonna? » la mi voce si era fatta più leggera,
quasi un sussurro.
Lasciai il cestino sul tavolo e mi avvicinai alla camera da letto. La
porta era socchiusa, le finestre sbarrate e la candela spenta.
Qualcuno
si agitava nel letto. « Nonna, ti senti bene? »
mormorai,
avvicinandomi. La mamma si sarebbe preoccupata, se le avessi detto di
aver trovato la nonna malata nel letto. Mi avvicinai ancora,
concentrandomi sul suo respiro. Era pesante, e affannato.
La
figura scura di fronte a me ringhiò.
E
delle grandi fauci si aprirono davanti ai miei occhi.
Gridai,
spalancando gli occhi e respirando a fatica. Rivedere la cella
putrida in cui ero stata gettata fu quasi un sollievo.
«
Finalmente ti sei svegliata. » si affrettò a dire
Peter, accanto a
me, con un sospiro di sollievo. « Hai cominciato a gridare
nel
sonno, non sapevo come fare per svegliarti. ».
«
Oh... » mormorai, cercando di riprendere fiato. Avevo
sognato.
Quegli incubi che mi tenevano sveglia la notte, e che non riuscivo a
superare. Madida di sudore, cercai di capire come avevo fatto ad
addormentarmi così facilmente in quello schifo di posto.
«
Avevi bisogno di riposo, eri a pezzi. ». Peter mi
sistemò la giacca
di pelliccia sulle spalle. La indossai, infilandomi nuovamente la
mantellina e il cappuccio per evitare di prendere freddo. Peter stava
decisamente meglio: forse il cibo e l'acqua gli avevano dato
quell'energia che era venuta a mancare. Ma i lividi e il dolore nei
suoi occhi erano sempre presenti.
Mi
alzai, e in fretta raggiunsi le sbarre. « Jim? » lo
chiamai,
sperando che rispondesse in fretta. Quel luogo ci stava consumando, e
cominciavo a pensare che la disposizione dei posti fosse uno dei
giochetti del lupo per metterci l'uno contro l'altro.
«
Red, sono qui. » rispose lui, ancorandosi alle sbarre.
«
Oh, grazie a dio. Tutto bene? » gli chiesi, e lui
tossì. Cercai di
vederlo alla luce del sole, ma riuscivo a distinguere solo a grandi
linee il suo volto. Ero contenta che fosse lì.
«
Si. E tu? » rispose lui, calmo.
«
Bene. Dobbiamo uscire da qui, non possiamo marcire fino alla fine dei
nostri giorni. ».
Silenzio.
«
Tranquilla,
a questo ci penso io.
». Sobbalzai. La voce del lupo arrivò dall'alto e
mi entrò nella
testa, come se non avesse aspettato altro.
«
Lasciaci uscire, bastardo di un cane! » gridai, furiosa.
Finalmente
era uscito allo scoperto.
«
Come desidera, principessa. » sibilò ancora lui,
apparentemente
divertito dalla mia scenata. Lo spiraglio di luce sulle nostre teste
si fece improvvisamente più vivido, talmente forte da
accecarci.
Chiusi
gli occhi, con la voce di Peter che mi chiamava come ultimo avviso.
Luce.
Luce.
Ancora
luce.
Accecante.
Calda
e bellissima.
E
poi, di nuovo bianco. Candore ovunque.
Neve.
Mi
guardai attorno, mettendo a fuoco il bosco attorno a me.
Questa
volta non c'era solo la neve a fare da sfondo, ma una struttura in
legno abbandonata a sé stessa.
Chiusi
gli occhi, poi li riaprii.
Era
la casa della nonna.
Nb. Visto che l'ultima volta ci ho messo un bel pò ad
aggiornare, questa volta ho deciso di farvi una sorpresa e pubblicare
il nuovo capitolo in anticipo. Spero lo apprezziate, soprattutto voglio
sapere cosa ne pensate, se avete consigli o suggerimenti, domande o
dubbi amletici che vi assillano. In questo capitolo mi sono voluta
concentrare sugli aspetti più intimi di Red, cercando di
mettere in luce la lotta interiore che non è solo fisica, ma
per la maggior parte emotiva. Con l'occasione vi auguro tanti giorni di
sole ( non so voi, ma qui da me sembra Novembre tra pioggia e
temporali)!
L.
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