31. Drawbar
Izaya era arrabbiato come non si era mai visto: stava in silenzio con i
denti serrati davanti alla tv, tralasciando il resto.
Jay cercava di stargli distante pur di non rimanere vittima
dell’esplosione che presto o tardi sarebbe avvenuta; stava
relegato in cucina a preparare qualsiasi tipo di pietanza pur di
perdere tempo e assicurare al proprio uomo il giusto periodo di mutismo
che servisse a placarlo.
All’Escape avevano conosciuto Lee, un ragazzo omosessuale
pieno di interessi e che aveva vissuto per buona parte della sua vita
le stesse disavventure di Jay, per questo il ragazzo ne era rimasto
affascinato e colpito. Avevano parlato per ore nel privè
tagliando Izaya fuori dalla conversazione.
Lee aveva due occhi neri profondi e magnetici e parlava pacatamente,
gesticolando di tanto in tanto per rafforzare qualche concetto o
semplicemente perché amava ipnotizzare il proprio
interlocutore: Jay ne era rimasto ammaliato.
Izaya, dopo aver sopportato un’ora di discorsi dai quali era
stato sapientemente escluso, era uscito dal locale per una sigaretta e
non era più tornato.
Jay si accorse della sua assenza dopo qualche tempo e l’aveva
cercato con gli occhi impazienti senza successo. Mise il broncio,
lamentandosi con Lee di essere stato mollato in tronco dal suo uomo;
ovviamente, il moro lo aveva rassicurato dicendogli che
l’avrebbe accompagnato a casa lui stesso dato che Izaya se
n’era andato.
Una volta fuori lo videro seduto dall’altra parte della
strada, in attesa, con una sigaretta intrappolata tra le labbra. Jay
rimase pietrificato dagli occhi fiammeggianti del suo ragazzo che, in
realtà, l’aveva aspettato fuori per tutto il tempo
per non dover sorbirsi l’incontenibile entusiasmo di quella
irritante conversazione.
Izaya si alzò, lanciando la sigaretta lontano da
sé con una forza tale da far comprendere perfettamente la
quantità di rabbia che aveva covato in quelle ore di attesa
e prese Jay per un polso trascinandolo con sé, senza
salutare, senza parlare; lo trascinò e basta, tenendolo
accanto.
Aveva taciuto per tutto il viaggio fino a casa e una volta
lì aveva proseguito nell’ignorarlo. A momenti era
temibile, a volte spassoso soprattutto quando Jay gli rivolgeva la
parola trovandosi in risposta uno sguardo fulmineo e
nient’altro.
«Izaya, ne parliamo?» azzardò uscendo
finalmente dalla cucina, pensando che il distacco fosse stato
sufficiente.
Non ricevette alcuna risposta, così si era seduto sul
tavolino difronte a lui, per catturare completamente la sua attenzione:
«Mi dispiace se ho perso così tanto tempo con Lee
senza darti retta, ma quel ragazzo mi somiglia così tanto
che non ne ho potuto fare a meno. Volevo conoscere la sua
vita…»
«Non mi pare di non avertelo permesso e non ti sto chiedendo
di giustificarti.» rispose monocorde, voltando lo sguardo
altrove.
«Sei geloso?» chiese con un sorriso beffardo
stampato in faccia.
«No!» affermò di fretta, alzando
leggermente il mento con fierezza.
«Mi stai facendo una scenata di gelosia? Anzi: La tua prima scenata
di gelosia?» insistette addolcito dall’adorabile
manifestazione d’orgoglio del suo uomo.
«Non ti dirò mai cosa devi o non devi fare, la
vita è la tua anche se stai con me. Se a te faceva piacere
parlare con Coso e sbattergli le ciglia in continuazione, sei stato
libero di farlo e lo sarai sempre.»
«Sì chiama Lee, non Coso.»
puntualizzò con un sorriso sarcastico: amava anche le sue
scenate. «Non devi arrabbiarti. Anche se sei adorabile quando
ti arrabbi, diventi il doppio della tua normale stazza e allarghi le
narici come un toro.» lo canzonò non riuscendo ad
affogare una risata scrosciante che lo costrinse a reggersi il ventre.
«Sai che sei irritante?» lo accusò
guardandolo in tralice.
«Scusa, non ci posso fare niente. Ti amo così
tanto che non riesco a vederti come un omaccione incazzato, ti vedo
come un bimbo offeso.»
«Non sono un fottuto bambino.»
«Sì che lo sei…» lo
agguantò dal braccio con forza per trarlo a sé
senza contare che Izaya era almeno tre volte più grosso e si
ritrovò a tirare senza alcun successo: non l’aveva
smosso di un centimetro. «Dai, Izaya!!!»
cantilenò per convincerlo.
«Piantala!» lo intimò con lo stesso tono
di voce.
Prima che Jay potesse rispondere, il ragazzo lo trascinò
verso di sé, facendolo accomodare sulle sue gambe:
«In questo momento ti odio profondamente ma sappi che mai, in
tutta la vita che verrà, ti priverò di qualcosa.
Tu sarai sempre libero di fare quello che hai voglia, potrai rimanere
affascinato da chi vuoi, potrai parlare liberamente con chi desideri
ignorandomi come hai fatto oggi, ma promettimi che
questo…» concluse indicandogli con il palmo della
mano il petto, all’altezza del cuore:
«Sarà sempre mio.»
«Te lo prometto.» garantì commosso.
«Bene!» chiuse gli occhi, come se si fosse levato
un peso dal cuore: «Adesso, però… puoi
andartene a fare in culo!» se lo levò dalle gambe,
scaraventandolo sul divano lontano da lui.
Jay rise e sentì di amarlo ancora di più, proprio
perché gli riusciva estremamente naturale.
Fu sempre difficile spiegare quanto, nel loro rapporto, la
libertà germogliasse dall’indipendenza individuale
a prescindere dal legame. Tutti gli altri avevano sempre fatto fatica a
capire il concetto, dicendo che un rapporto di coppia non
può mai, in nessun caso, assicurare la libertà
totale, ma con Izaya era diverso perché riusciva ad essere
autonomo nonostante fosse completamente unito a lui. Ed era proprio
questo a renderli speciali.
Brad lo portò a casa propria, senza proferire parola durante
tutto il viaggio.
Lo aveva portato via dall’Escape dicendogli che il litigio di
quel mattino non aveva più alcun valore: lo aveva perdonato
malgrado si sentisse ancora ferito.
Dopo aver puntualizzato la sua posizione ed aver ricevuto le scuse, era
rimasto in silenzio fino a casa. Entrò
nell’appartamento senza accendere le luci e, una volta
dentro, Jay vide la jacuzzi piena d’acqua adornata da petali
di rose rosse.
Non si sentì felice né sorpreso.
Voleva veramente dare un’altra possibilità a Brad
ma quella scena non scatenò l’effetto che
l’uomo aveva auspicato: rimase immobile guardando le bolle
d’acqua dell’idromassaggio infrangersi al bordo e
pensò di non avere nessuna voglia di fare un bagno romantico
con lui.
Si risvegliò dai suoi pensieri non appena Brad
cominciò a spogliarlo, baciandogli il collo. Si era
ripromesso di non respingerlo, così lo lasciò
fare cercando di reprimere ogni istinto che gli suggeriva di non farsi
toccare.
«Ti amo, Jay.» sospirò tra un bacio e
l’altro, godendo della pelle liscia e candida del suo piccolo
ragazzo che, con gli occhi assenti, guardava fuori dal finestrone
pensando ad altro, senza lasciarsi coinvolgere troppo dai baci e dalle
carezze. Se avesse prestato attenzione a ciò che stava
accadendo avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di levarsi le mani di Brad
da dosso, ma non sarebbe stato corretto poiché
l’uomo lo sfiorava con dolcezza e passione; con amore. E lui
aveva promesso di accantonare il passato.
«Tu sei mio e di nessun altro. Mi appartieni e guai a chi ti
tocca.» disse mordendogli il labbro e poco dopo lo
privò di tutti i vestiti per poi adagiarlo nella vasca nel
quale avrebbe continuato a possederlo.
Jay gli apparteneva. L’aveva comprato neanche troppo tempo fa.
***
Si svegliò la mattina dopo senza aprire gli occhi, se avesse
potuto scegliere non li avrebbe mai aperti ma l’impazienza di
andare via lo costrinse ad alzarsi ugualmente e realizzò che
nulla era cambiato.
Brad non c’era e il biglietto sul tavolo parlava chiaro:
“Ti ho lasciato trecento sterline sul tavolo. Divertiti oggi,
ne hai tutto il diritto. Non è un pagamento, è un
ringraziamento ed un modo per farti svagare un po’. Ti amo.
Brad”.
Rassegnato prese quei soldi e li fissò assente: anche se
Brad aveva scelto di cambiare, ancora voleva averlo, voleva assicurarsi
di non lasciarselo scappare e Jay cadde ancora nella sua trappola.
Angolo
Autrice.
Scusate, ho barato. Adesso siamo a -4. Non volevo prendervi per i
fondelli ma ho scritto un capitolo enormemente lungo e ho dovuto
dividerlo. Perdonatemi. Domani pubblico il prossimo che è
praticamente pronto.
Un bacino a tutti e corro a scrivere!!
Grazie *_* Vi amo tutti.
Di più ai miei amori, però U_U
Bloomsbury
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