Capitolo III
Sin
da
piccoli, a noi vampiri veniva impartita una lezione fondamentale: gli
umani e i vampiri non possono generare figli. Ma una coppia di vampiri,
invece, sì. I cuccioli di vampiro portano nel loro DNA un
gene
particolare, che chiamiamo gene-tempo: questo fa in modo che un vampiro
ad una certa età smetta di crescere, mutando il suo sangue e
cristallizzando l'invecchiamento. Ovviamente, i vampiri possono anche
creare i propri familiari per vampirizzazione degli umani, ma le
pratiche sono dolorose - per l'umano, ovviamente - e gli accordi non
permettono una grande libertà.
Per questo, quando mi trovai di fronte un baby-vampiro, la mattina del
mio primo giorno di lavoro, rimasi leggermente interdetta. Notai
immediatamente che era un vampirizzato dal colore degli occhi, tendente
al rossiccio. Muovendomi elegantemente sui tacchi alti, mi abbassai
alla sua altezza e sorrisi dolcemente.
"Tesoro, cosa ci fai qui?" Lui si aprì in un sorriso timido,
forse riconoscendomi come una sua simile.
"Sono con la mamma" rispose candidamente. Aggrottai la fronte e cercai
di captare un odore simile al nostro: niente.
"Chi è la tua..." non riuscii a finire di formulare la
domanda
che una donna afferrò il bambino per una mano e si erse su
di
me, minacciosa.
"Ha bisogno di qualcosa, signorina?" il tono non era esattamente
bonario. Mi aprii in un sorriso tranquillo.
"Sono la segretaria di Christian Moore. Oggi è il mio primo
giorno di lavoro; Gwendolyn Ghellager, piacere." Le porsi la mano e
lei, diffidente, me la strinse.
"Thomas l'ha infastidita?" mi domandò, sospettosa. Scossi la
testa, mentre accarezzavo dolcemente quella del bimbo.
"No, assolutamente. Stavo notando il colore particolare dei suoi
occhi."
Mi ero autoproclamata vampira, praticamente. Infatti, la donna mi
guardò in viso, impallidendo visibilmente. Non
trovò
però gli occhi gialli a confermare la versione dei fatti,
perciò la lasciai scrutarmi con tranquillità.
"Lei... sa della natura di Thomas?" bisbigliò, cauta.
"Sì, signora" le risposi in tutta sincerità. "Suo
marito ha fatto questo al suo bambino?"
Sapevo di risultare indelicata, ma dovevo capire le dinamiche della
faccenda ed avvisare l'Organizzazione se necessario.
Gli occhi azzurri della donna si appannarono di lacrime e dopo aver
detto a Thomas di allontanarsi per giocare nella saletta riservata ai
bambini, mi fece segno di seguirla nel suo studio.
"Mi chiamo Amanda e Tom è il bambino avuto dal mio primo
matrimonio. Qualche anno fa conobbi Francis, non sapevo chi fosse e me
ne innamorai perdutamente. Speravo di poter ricreare una famiglia per
il mio bambino.. ma non fu così. Francis dopo due anni di
relazione si mostrò per chi era davvero.. e quando cercai di
fuggire, trasformò Thomas in un vampiro. Noi ora dipendiamo
da
lui per quanto riguarda il nutrimento..." s'interruppe, scossa dai
singhiozzi. Nonostante il suo raccontare confuso, riuscii ad inquadrare
la situazione e ne rimasi spiazzata. Un vampiro fuori controllo aveva
condannato un essere umano ad uno stato di fanciullezza eterna.
"Amanda, io posso aiutarla" proruppi, illuminata da un lampo di
consapevolezza. La donna aprì la bocca per domandare
qualcosa,
ma un lieve bussare ci fece sobbalzare.
"Mandy, hai sequestrato la mia segretaria?!" Christian fece la sua
entrata provocandomi un lieve blocco respiratorio.
Amanda si riprese immediatamente dallo spavento, aprendosi in un
sorriso canzonatorio.
"Cosa c'è, Chris? Hai paura che te la strappino via?"
ridacchiò, volgendomi uno sguardo preoccupato.
Aveva forse paura che avrei spifferato tutto?
"Christian, io e Amanda parlavamo di cose da donne, non essere sciocco"
affermai, volendo rassicurare in questo modo la donna. Il gesto del
capo mi fece intendere che aveva capito.
"Non ti pago per parlare" ribatté, acido. Sollevando un
sopracciglio, mi diressi fuori lo studio ancheggiando lievemente.
"Teoricamente, ancora non mi paghi affatto" ribattei.
Lui non mi rispose.
* * *
Digitai velocemente l'ultimo codice di una cartella che riposi, in
seguito, nell'armadio alle mie spalle. L'orologio batteva le cinque del
pomeriggio e presto lo studio avrebbe chiuso. Mi allungai sulla sedia
imbottita, rilassando la spina dorsale; la storia di Amanda e Thomas mi
vorticava in mente, era un pensiero fisso. Sentivo il bisogno di
aiutarli, liberarli dal loro oppressore. Avrei potuto ucciderlo
facilmente, ma probabilmente sarei poi incappata nelle ire
dell'Organizzazione.
"Gwen?" la voce di Christian stranamente non mi prese di sorpresa e
sollevai gli occhi nella sua direzione. Sembrava stanco, il viso
pallido e i capelli in disordine gli davano un'aria da disadattato.
"Che c'è?" cercai di non risultare particolarmente
antipatica e mi sforzai di sorridere.
"Stasera sono da Maya, va bene se torniamo a casa insieme?"
Riflettei velocemente, mentre una ventata d'aria mi portava il profumo
di Christian sotto il naso. Deglutii a vuoto, nella speranza di mettere
a tacere la lieve fame che si stava sviluppando.
"Uhm, sì, okay" borbottai, spostandomi, con
tutta la sedia,
indietro di un passo quando lui si allungò per vedere come
me l'ero cavata durante il mio primo giorno.
"Hai catalogato tutto?" Sembrava estremamente stupito e trattenni un
ghigno orgoglioso: mi limitai a lisciare la giacca e ad alzarmi, per
allontanarmi dalla sua giugulare, molto tentatrice.
"A quanto pare" ridacchiai, afferrando la borsa. "Possiamo andare?"..che devo cibarmi, e spero non
di te? Completai mentalmente, sentendo la gola raschiare.
Non sapevo se era l'effetto del suo profumo, ma solitamente non
soffrivo la fame in quel modo, anzi.. riuscivo tranquillamente a
sopportare per alcuni giorni. Il suo sguardo si posò per
qualche secondo su di me, mentre notavo la sua fronte crucciarsi.
"Ma noi due ci siamo mai visti?"
La domanda mi colse impreparata e boccheggiai in cerca d'aria. Poi il
panico prese il sopravvento e sentii i canini spingere sulle gengive
per uscire.
"No!" squittii, con una voce sgradevolmente acuta. Christian
sembrò desistere e mi precedette nell'uscire dall'ufficio.
"Ti aspetto in macchina" disse soltanto. Mi concessi qualche attimo per
riprendermi dallo spavento: che stesse iniziando a ricordare qualcosa?
Seppur non di molto, io in quegli anni ero cambiata, ero cresciuta ed
il mio gene-tempo aveva cristallizzato il mio invecchiamento: sarei
rimasta una ventunenne per sempre.
Riprendendo dignità, lo raggiunsi nell'auto ed aprii
immediatamente il finestrino, altrimenti il suo odore mi avrebbe resa
succube del mio istinto di predatrice.
"Puzzo, per caso?" mi domandò, cercando di farmi ridere.
Sorrisi a labbra serrate, per evitare che si vedessero i canini.
"No, no" mormorai, fissandomi le mani. Lo osservai di soppiatto, mentre
cambiava marcia e s'immetteva nel tranquillo traffico pomeridiano.
"Come sei arrivata in ufficio oggi?"
"Autobus. Non volevo perdermi con la macchina" risposi, vergognandomi
leggermente. "Tu... cosa ne pensi del confine?"
la domanda mi uscì di getto.
Christian strinse le mani sul volante e diede un'occhiata allo
specchietto retrovisore.
"Non ho avuto un bel rapporto, con il confine." Aspettai che
continuasse da solo, non volevo forzarlo
né fargli ricordare qualcosa. "Mi sono perso nel
confine per due anni e mezzo, quando ero un quindicenne. Ricordo
pochissimo di quel periodo, i medici mi hanno detto che dev'essere
stato così traumatico che il mio cervello ha premuto sul
tasto 'reset'."
Rimasi perplessa: per quello che sapevo io, dopo averlo trovato per la
prima volta, era sempre tornato a casa ogni volta che ci vedevamo. Che
mi avesse mentito?!
"Cosa è successo?" domandai cautamente.
"Beh, per quanto so, degli amici mi ritrovarono nel bosco dopo due anni
e li persuasi a vedere qualcosa, ma..." s'interruppe, ma sapevo di cosa
stava parlando.
Quel giorno, Christian aveva parlato agli umani di me e li stava
portando all'interno del nostro territorio. Avevamo braccato gli umani,
avevo loro cancellato la memoria, ma Christian era fuggito. Avevo
passato dei mesi a cercarlo ed alla fine l'avevo trovato. Quello era
stato il nostro ultimo incontro.
"Qui ho un altro vuoto" mi spiegò. "I miei amici ritornarono
a casa senza di me, non sanno tutt'ora il perché. Io venni
ritrovato svenuto qualche mese dopo, all'entrata del confine."
Con uno scatto istintivo poggiai la mano sulla sua e gliela strinsi. Le
lacrime mi pungevano gli occhi e mi trattenni dal singhiozzare.
"E'...terribile" sussurrai avvilita. Lui scrollò le spalle,
come se fosse qualcosa di poco conto,ma non ritirò la mano.
"Siamo arrivati."
Scendemmo dall'auto in silenzio, la gola ormai mi ardeva e dovevo
affrettarmi a dissetarmi con del sangue.
"Io salgo a piedi" ci salutammo con un gesto della mano e dopo averlo
visto entrare nell'ascensore, schizzai al massimo della mia
velocità su per le scale.
Appena chiusi la porta, sentii quelle dell'ascensore aprirsi e tirai un
sospiro di sollievo quando Christian entrò nell'appartamento
di Maya. Per un attimo avevo temuto che mi aspettasse sul pianerottolo.
* * *
Per saziarmi ebbi bisogno di ben due sacche ed a mente lucida mi resi
conto di che pericolo avevo corso: il colore degli occhi era
sicuramente cambiato. Christian se n'era accorto? Oppure no?
Gwen!
Il richiamo di Martha mi scosse per qualche secondo; in quei giorni non
l'avevo contattata per nulla e mi sentii in colpa.
- Piccola! Come stai,
cosa succede?
Ho delle
novità... importanti.
- Dimmi tutto.
Mi misi comoda, chiudendo gli occhi.
Gregory è
particolarmente nervoso in questi giorni. Vuole sempre notizie su di te
ed a quanto ho capito sei monitorata da qualcuno,
perciò...stai attenta! Ho udito una conversazione avvenuta
con tuo padre.. Gwen, non so perché ma credo vogliano
sospenderti la fornitura di sangue. Sembrano intenzionati a farti
morire di fame oppure a farti fare qualche gesto estremo. Hanno paura
di te... e la missione nel mondo degli umani sembra essere solo una
copertura.
Spalancai le palpebre e mi alzai, scioccata. Perché privarmi
del sangue? Volevano portarmi all'autodistruzione?
- E mio padre...?
Non si sbilancia mai
più di tanto, ma sembra terrorizzato. Gwendolyn... qui sotto
c'è qualcosa di grosso, ma non capisco cosa!
Aprii il frigorifero e contai le sacche: se razionavo il sangue, sarei
sopravvissuta per un massimo di tre mesi. Dovevo tenermi lontana dai
sentimenti forti, che avrebbero potuto risvegliare il mio istinto.
- H-Ho parlato con
Christian.
Confessai, mordendomi le labbra.
Oh, Gwen...
- Sto bene, Martha,
davvero. Solo... ci sono delle incongruenze. Io non ho cancellato tutta
la sua vita.. solo il mio ricordo. Eppure lui afferma di non ricordare
praticamente nulla di quei due anni e mezzo. Lui mi diceva che ogni
notte tornava a casa e mi prometteva che non avrebbe parlato di me a
nessuno, ma Christian afferma che è scomparso per due anni
interi! Poi degli amici l'hanno ritrovato e sai bene quello che
è successo...ma la cosa strana è che dopo lui non
è fuggito a casa! E' come se avesse vissuto nel confine, per
tutto il tempo e quando ho cancellato il mio ricordo, automaticamente
sono scomparsi anche quei due anni. Ma perché dirmi che
tornava a casa?! Non capisco..
Pensi che
l'Organizzazione c'entri qualcosa?
- No, non credo.. non ci sarebbe alcun motivo.
Bussarono alla porta, così salutai velocemente
Martha, pregandola di tenermi aggiornata sulla situazione e andai ad
aprire.
"Ciao!" Un ragazzo stava di fronte alla mia porta ed io ci misi qualche
secondo per collegare il volto al nome.
"Tyler, giusto?" chiesi a conferma e lui annuì. "Posso fare
qualcosa per te?"
Tyler si aprì in un sorriso smagliante che per poco non mi
abbagliò. Santo cielo, erano fatti di madreperla quei denti?!
"In realtà mi chiedevo se tu avessi voglia di uscire a cena,
stasera." Lo fissai, decisamente perplessa e probabilmente se ne
accorse perché si affrettò a
continuare. "Non da soli, pensavo ad un'uscita a quattro: io, tu, Maya
e Chris."
Una parte di me strillava a gran voce di rifiutare quell'invito,
consapevole che mi sarei soltanto fatta male nel vedere Christian con
un'altra. Ma gli occhi scuri di Tyler mi ammaliavano un poco e
m'incuriosivano.
"Sì, perché no?" mi ritrovai a dire. Il ragazzo
sorrise, sinceramente contento, e mi diede appuntamento per le nove sul
pianerottolo.
Nel rientrare in casa, buttai un'occhiata all'orologio che segnava le
sette e mezza: avevo due ore per prepararmi. Non volevo dargli vane
speranze, perciò optai per un corpetto nero, non troppo
scollato e dei pantaloni in pelle, aderenti. Poggiai tutto sul letto e
mi resi conto che mancava qualcosa di colorato.
Spulciai nel guardaroba che mi aveva sicuramente riempito Eve e trovai
un paio di scarpe verde smeraldo dal tacco grosso ed una pochette dello
stesso colore. Sulla scatola delle scarpe c'era un post-it:
Probabilmente
mi ucciderai per aver contribuito a migliorare quei pochi abiti che
avevi intenzione di trascinarti dietro. Ma non potevo permetterti di
riempire la scarpiera solo con ballerine e decolletè neri o
grigi. Nel caso ti serva un po' di colore (per far risaltare i tuoi
occhi) ti ho comprato questi magnifici tacchi verdi.
Li
trovi anche beige e rossi.
Non
fare la vampira ingrata e ricordati che nonostante tu mi tratti male,
io ti voglio bene!
Evelyn.
Ridacchiai e mi appuntai mentalmente di chiamarla per ringraziarla.
Dopo una doccia, mi sistemai i capelli lunghi, arricciandoli alla fine
con il ferro caldo. Mi vestii e mi truccai sui toni del verde.
Alle nove spaccate, il campanello suonò ed io finii di
passarmi il rossetto rosso.
"Eccomi, Ty..." esordii, aprendo la porta ma interrompendomi subito
dopo. Christian faceva la sua bella figura con dei jeans scuri, una
giacca nera e la camicia bianca, leggermente aperta sul petto.
"Tyler è giù con Maya." Mi venne in aiuto, mentre
gli occhi azzurri passavano in rassegna il mio abbigliamento.
"Sto bene?" mi azzardai a chiedere, probabilmente per appagare il mio
ego.
"Sei splendida" mormorò sinceramente ma con imbarazzo,
voltandosi verso le scale.
Raggiungemmo gli altri e Tyler, dopo essersi sprecato in complimenti ed
aver decantato per dei minuti la mia 'bellezza', ci portò in
un ristorante molto chic ed elegante, con tanto di piscina super grande
e profonda. Fui costretta ad ordinare due piatti, perché il
mio accompagnatore era irremovibile sul fatto che io volessi mangiare
poco.
Perciò, quando le tagliatelle ai funghi mi si presentarono
davanti, dovetti trattenermi dall'arricciare il naso.
Con una lentezza disarmante, avvolsi la pasta lunga intorno alla
forchetta e me la portai alla bocca.
"Allora? Com'è?" domandò Christian, osservandomi.
Masticai il boccone e mi stupii di me stessa quando mugugnai un
"buono". Solitamente, per noi vampiri, il cibo umano era disgustoso
oppure non aveva sapore. Eppure, avvertivo il leggero gusto del fungo,
qualcosa che non avevo mai assaggiato in vita mia.
"Sembri sorpresa, non hai mai mangiato i funghi?" mi scoprì
Maya. Seppur agitata, mi contenni e le sorrisi.
"No, mio padre non li ama particolarmente" mentii, ma non troppo. In
effetti, in quanto vampiro, non mangiava cibo umano.
"E tua madre?" volle sapere Christian. Accusai malamente il colpo e mi
scolai in un sol fiato l'intero bicchiere di vino. Sapevo benissimo che
su di me non avrebbe fatto alcun effetto, ma il gesto mi
tranquillizzò un poco.
"E' morta quando ero piccola" sussurrai, gelando un poco l'atmosfera.
"Ma non fa niente, non dispiacetevi."
Christian si scusò lo stesso e continuammo a cenare in
tranquillità.
Quando ci alzammo dal tavolo, Maya era ubriaca e Tyler mi
spiegò che era astemia. Ridacchiai nel vederla in
difficoltà con i tacchi e le allungai una mano
affinché si aggrappasse a me. Ma quello che venne dopo mi
prese di sprovvista ed i miei riflessi super sviluppati non bastarono
ad evitare il peggio: Maya si sbilanciò indietro, finendo
direttamente in piscina. Rimasi qualche secondo interdetta, non
vedendola risalire, e come in un film osservai Christian gettarsi in
acqua.
"Maya non sa nuotare!" strillò, prima di immergersi.
Velocemente mi tolsi le scarpe e mi gettai anche io: in quanto vampira
potevo evitare di respirare anche per sempre, perciò fui
più veloce di Christian nell'afferrare un braccio di Maya e
nel risalire in superficie.
Tyler mi aiutò ad issarla sul bordo della piscina, mentre
intorno si era formata una folla di spettatori, alcuni visibilmente
preoccupati.
"Ha ingoiato acqua" mormorai, facendo forza sulle braccia ed uscendo
dalla piscina, seguita poco dopo da Christian, che si
affrettò a rianimarla. Quando Maya aprì gli occhi
sospirammo tutti di sollievo e i medici arrivati con un'ambulanza (che
prima non avevo minimamente notato) la convinsero a portarla in
ospedale per degli accertamenti.
"Andate a casa a cambiarvi, sto io con lei" asserì Tyler,
mentre saliva sul mezzo. "Ci vediamo lì!"
Io e Christian rimanemmo in silenzio e gocciolanti per qualche secondo,
al di fuori del locale. Qualcuno ci guardò perplesso, ma io
ci feci poco caso.
"Stai bene?" domandai, piano. Lui parve accorgersi finalmente di me.
"Sì, scusami, ero sovrappensiero. Tu tutto bene? Sei stata
grandiosa in piscina. Hai fatto nuoto?" domandò, aprendo la
macchina e togliendosi la giacca, per poi poggiarla sul sedile
posteriore.
"Uhm, qualcosa del genere" replicai, imbarazzata. Mi sarei fatta
scoprire presto, dovevo essere più attenta.
"Ti dispiace se tolgo la camicia? Mi da fastidio bagnare il sedile
più di quanto già farò"
borbottò, nervoso.
Scossi la testa e lo osservai sfilarsi l'indumento, mostrando il petto
bellissimo ed ampio. Una fitta di desiderio mi fece dolere il ventre,
mentre Christian si voltava verso di me ed i suoi occhi incontravano i
miei.
Solo allora notai un tatuaggio, che dalla spalla sinistra raggiungeva
il petto. Un groviglio di rovi, scuri, con spine appuntite che
confluivano e proteggevano una rosa, piccola, appena accennata con
l'inchiostro nero.
"C-Che cos'è?" mormorai, allungando una mano e toccando il
disegno sulla sua pelle calda. Sussultammo entrambi a quel contatto: i
suoi occhi erano fissi sulla mia mano.
"Ricordo solo una cosa di quei due anni" mormorò, piano,
iniziando a spiegare. Non riuscii a dire niente e lui
continuò. "Ero stanco, sporco, infreddolito. Ero in un
cespuglio di rovi che mi ferivano la pelle, lasciandomi dei piccoli
tagli. La vidi lì... era una delle creature più
belle che avessi mai visto, Gwendolyn.. ti giuro. Non ricordo il volto,
ma.. pensai fosse una rosa. O una fata. Così decisi di
segnarmi quell'unico, meraviglioso, ricordo sulla pelle.. ed ecco qui
il tatuaggio."
Ci guardammo negli occhi ed io deglutii, mentre una lacrima mi scendeva
involontaria sulla guancia.
Non era una rosa, né tanto meno una fata. La creatura che
aveva incontrato... ero io.
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