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Autore: PiccolaNeko    18/08/2014    0 recensioni
Gwendolyn non ha mai avuto l'istinto di andare oltre i confini che sono stati stabiliti ancor prima della sua nascita. Non ha mai creduto, però, che l'Organizzazione le avrebbe teso un colpo così basso. Segnata da uno sbaglio commesso quando era ancora una ragazzina, si ritrova costretta ad accettare una missione che lei definisce suicida. Cosa accadrà? E se, improvvisamente, in lei cambiasse qualcosa? Se si rendesse conto che il mondo da lei conosciuto non era altro che una colossale bugia?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo III





Sin da piccoli, a noi vampiri veniva impartita una lezione fondamentale: gli umani e i vampiri non possono generare figli. Ma una coppia di vampiri, invece, sì. I cuccioli di vampiro portano nel loro DNA un gene particolare, che chiamiamo gene-tempo: questo fa in modo che un vampiro ad una certa età smetta di crescere, mutando il suo sangue e cristallizzando l'invecchiamento. Ovviamente, i vampiri possono anche creare i propri familiari per vampirizzazione degli umani, ma le pratiche sono dolorose - per l'umano, ovviamente - e gli accordi non permettono una grande libertà.

Per questo, quando mi trovai di fronte un baby-vampiro, la mattina del mio primo giorno di lavoro, rimasi leggermente interdetta. Notai immediatamente che era un vampirizzato dal colore degli occhi, tendente al rossiccio. Muovendomi elegantemente sui tacchi alti, mi abbassai alla sua altezza e sorrisi dolcemente.
"Tesoro, cosa ci fai qui?" Lui si aprì in un sorriso timido, forse riconoscendomi come una sua simile.
"Sono con la mamma" rispose candidamente. Aggrottai la fronte e cercai di captare un odore simile al nostro: niente.
"Chi è la tua..." non riuscii a finire di formulare la domanda che una donna afferrò il bambino per una mano e si erse su di me, minacciosa.
"Ha bisogno di qualcosa, signorina?" il tono non era esattamente bonario. Mi aprii in un sorriso tranquillo.
"Sono la segretaria di Christian Moore. Oggi è il mio primo giorno di lavoro; Gwendolyn Ghellager, piacere." Le porsi la mano e lei, diffidente, me la strinse.
"Thomas l'ha infastidita?" mi domandò, sospettosa. Scossi la testa, mentre accarezzavo dolcemente quella del bimbo.
"No, assolutamente. Stavo notando il colore particolare dei suoi occhi."
Mi ero autoproclamata vampira, praticamente. Infatti, la donna mi guardò in viso, impallidendo visibilmente. Non trovò però gli occhi gialli a confermare la versione dei fatti, perciò la lasciai scrutarmi con tranquillità.
"Lei... sa della natura di Thomas?" bisbigliò, cauta.
"Sì, signora" le risposi in tutta sincerità. "Suo marito ha fatto questo al suo bambino?"
Sapevo di risultare indelicata, ma dovevo capire le dinamiche della faccenda ed avvisare l'Organizzazione se necessario.
Gli occhi azzurri della donna si appannarono di lacrime e dopo aver detto a Thomas di allontanarsi per giocare nella saletta riservata ai bambini, mi fece segno di seguirla nel suo studio.
"Mi chiamo Amanda e Tom è il bambino avuto dal mio primo matrimonio. Qualche anno fa conobbi Francis, non sapevo chi fosse e me ne innamorai perdutamente. Speravo di poter ricreare una famiglia per il mio bambino.. ma non fu così. Francis dopo due anni di relazione si mostrò per chi era davvero.. e quando cercai di fuggire, trasformò Thomas in un vampiro. Noi ora dipendiamo da lui per quanto riguarda il nutrimento..." s'interruppe, scossa dai singhiozzi. Nonostante il suo raccontare confuso, riuscii ad inquadrare la situazione e ne rimasi spiazzata. Un vampiro fuori controllo aveva condannato un essere umano ad uno stato di fanciullezza eterna.
"Amanda, io posso aiutarla" proruppi, illuminata da un lampo di consapevolezza. La donna aprì la bocca per domandare qualcosa, ma un lieve bussare ci fece sobbalzare.
"Mandy, hai sequestrato la mia segretaria?!" Christian fece la sua entrata provocandomi un lieve blocco respiratorio.
Amanda si riprese immediatamente dallo spavento, aprendosi in un sorriso canzonatorio.
"Cosa c'è, Chris? Hai paura che te la strappino via?" ridacchiò, volgendomi uno sguardo preoccupato.
Aveva forse paura che avrei spifferato tutto?
"Christian, io e Amanda parlavamo di cose da donne, non essere sciocco" affermai, volendo rassicurare in questo modo la donna. Il gesto del capo mi fece intendere che aveva capito.
"Non ti pago per parlare" ribatté, acido. Sollevando un sopracciglio, mi diressi fuori lo studio ancheggiando lievemente.
"Teoricamente, ancora non mi paghi affatto" ribattei.
Lui non mi rispose.


*  *  *


Digitai velocemente l'ultimo codice di una cartella che riposi, in seguito, nell'armadio alle mie spalle. L'orologio batteva le cinque del pomeriggio e presto lo studio avrebbe chiuso. Mi allungai sulla sedia imbottita, rilassando la spina dorsale; la storia di Amanda e Thomas mi vorticava in mente, era un pensiero fisso. Sentivo il bisogno di aiutarli, liberarli dal loro oppressore. Avrei potuto ucciderlo facilmente, ma probabilmente sarei poi incappata nelle ire dell'Organizzazione.
"Gwen?" la voce di Christian stranamente non mi prese di sorpresa e sollevai gli occhi nella sua direzione. Sembrava stanco, il viso pallido e i capelli in disordine gli davano un'aria da disadattato.
"Che c'è?" cercai di non risultare particolarmente antipatica e mi sforzai di sorridere.
"Stasera sono da Maya, va bene se torniamo a casa insieme?"
Riflettei velocemente, mentre una ventata d'aria mi portava il profumo di Christian sotto il naso. Deglutii a vuoto, nella speranza di mettere a tacere la lieve fame che si stava sviluppando.
"Uhm, sì, okay" borbottai, spostandomi
, con tutta la sedia, indietro di un passo quando lui si allungò per vedere come me l'ero cavata durante il mio primo giorno.
"Hai catalogato tutto?" Sembrava estremamente stupito e trattenni un ghigno orgoglioso: mi limitai a lisciare la giacca e ad alzarmi, per allontanarmi dalla sua giugulare, molto tentatrice.
"A quanto pare" ridacchiai, afferrando la borsa. "Possiamo andare?"..che devo cibarmi, e spero non di te? Completai mentalmente, sentendo la gola raschiare. Non sapevo se era l'effetto del suo profumo, ma solitamente non soffrivo la fame in quel modo, anzi.. riuscivo tranquillamente a sopportare per alcuni giorni. Il suo sguardo si posò per qualche secondo su di me, mentre notavo la sua fronte crucciarsi.
"Ma noi due ci siamo mai visti?"
La domanda mi colse impreparata e boccheggiai in cerca d'aria. Poi il panico prese il sopravvento e sentii i canini spingere sulle gengive per uscire.
"No!" squittii, con una voce sgradevolmente acuta. Christian sembrò desistere e mi precedette nell'uscire dall'ufficio.
"Ti aspetto in macchina" disse soltanto. Mi concessi qualche attimo per riprendermi dallo spavento: che stesse iniziando a ricordare qualcosa? Seppur non di molto, io in quegli anni ero cambiata, ero cresciuta ed il mio gene-tempo aveva cristallizzato il mio invecchiamento: sarei rimasta una ventunenne per sempre.
Riprendendo dignità, lo raggiunsi nell'auto ed aprii immediatamente il finestrino, altrimenti il suo odore mi avrebbe resa succube del mio istinto di predatrice.
"Puzzo, per caso?" mi domandò, cercando di farmi ridere.
Sorrisi a labbra serrate, per evitare che si vedessero i canini.
"No, no" mormorai, fissandomi le mani. Lo osservai di soppiatto, mentre cambiava marcia e s'immetteva nel tranquillo traffico pomeridiano.
"Come sei arrivata in ufficio oggi?"
"Autobus. Non volevo perdermi con la macchina" risposi, vergognandomi leggermente. "Tu... cosa ne pensi del confine?"
la domanda mi uscì di getto.
Christian strinse le mani sul volante e diede un'occhiata allo specchietto retrovisore.
"Non ho avuto un bel rapporto, con il confine." Aspettai che continuasse da solo, non volevo forzarlo né  fargli ricordare qualcosa. "Mi sono perso nel confine per due anni e mezzo, quando ero un quindicenne. Ricordo pochissimo di quel periodo, i medici mi hanno detto che dev'essere stato così traumatico che il mio cervello ha premuto sul tasto 'reset'."
Rimasi perplessa: per quello che sapevo io, dopo averlo trovato per la prima volta, era sempre tornato a casa ogni volta che ci vedevamo. Che mi avesse mentito?!
"Cosa è successo?" domandai cautamente.
"Beh, per quanto so, degli amici mi ritrovarono nel bosco dopo due anni e li persuasi a vedere qualcosa, ma..." s'interruppe, ma sapevo di cosa stava parlando.
Quel giorno, Christian aveva parlato agli umani di me e li stava portando all'interno del nostro territorio. Avevamo braccato gli umani, avevo loro cancellato la memoria, ma Christian era fuggito. Avevo passato dei mesi a cercarlo ed alla fine l'avevo trovato. Quello era stato il nostro ultimo incontro.
"Qui ho un altro vuoto" mi spiegò. "I miei amici ritornarono a casa senza di me, non sanno tutt'ora il perché. Io venni ritrovato svenuto qualche mese dopo, all'entrata del confine."
Con uno scatto istintivo poggiai la mano sulla sua e gliela strinsi. Le lacrime mi pungevano gli occhi e mi trattenni dal singhiozzare.
"E'...terribile" sussurrai avvilita. Lui scrollò le spalle, come se fosse qualcosa di poco conto,ma non ritirò la mano.
"Siamo arrivati."
Scendemmo dall'auto in silenzio, la gola ormai mi ardeva e dovevo affrettarmi a dissetarmi con del sangue.
"Io salgo a piedi" ci salutammo con un gesto della mano e dopo averlo visto entrare nell'ascensore, schizzai al massimo della mia velocità su per le scale.
Appena chiusi la porta, sentii quelle dell'ascensore aprirsi e tirai un sospiro di sollievo quando Christian entrò nell'appartamento di Maya. Per un attimo avevo temuto che mi aspettasse sul pianerottolo.

*  *  *

Per saziarmi ebbi bisogno di ben due sacche ed a mente lucida mi resi conto di che pericolo avevo corso: il colore degli occhi era sicuramente cambiato. Christian se n'era accorto? Oppure no?

Gwen!

Il richiamo di Martha mi scosse per qualche secondo; in quei giorni non l'avevo contattata per nulla e mi sentii in colpa.

- Piccola! Come stai, cosa succede?
Ho delle novità... importanti.
- Dimmi tutto.

Mi misi comoda, chiudendo gli occhi.

Gregory è particolarmente nervoso in questi giorni. Vuole sempre notizie su di te ed a quanto ho capito sei monitorata da qualcuno, perciò...stai attenta! Ho udito una conversazione avvenuta con tuo padre.. Gwen, non so perché ma credo vogliano sospenderti la fornitura di sangue. Sembrano intenzionati a farti morire di fame oppure a farti fare qualche gesto estremo. Hanno paura di te... e la missione nel mondo degli umani sembra essere solo una copertura.

Spalancai le palpebre e mi alzai, scioccata. Perché privarmi del sangue? Volevano portarmi all'autodistruzione?

- E mio padre...?
Non si sbilancia mai più di tanto, ma sembra terrorizzato. Gwendolyn... qui sotto c'è qualcosa di grosso, ma non capisco cosa!

Aprii il frigorifero e contai le sacche: se razionavo il sangue, sarei sopravvissuta per un massimo di tre mesi. Dovevo tenermi lontana dai sentimenti forti, che avrebbero potuto risvegliare il mio istinto.

- H-Ho parlato con Christian.

Confessai, mordendomi le labbra.

Oh, Gwen...
- Sto bene, Martha, davvero. Solo... ci sono delle incongruenze. Io non ho cancellato tutta la sua vita.. solo il mio ricordo. Eppure lui afferma di non ricordare praticamente nulla di quei due anni e mezzo. Lui mi diceva che ogni notte tornava a casa e mi prometteva che non avrebbe parlato di me a nessuno, ma Christian afferma che è scomparso per due anni interi! Poi degli amici l'hanno ritrovato e sai bene quello che è successo...ma la cosa strana è che dopo lui non è fuggito a casa! E' come se avesse vissuto nel confine, per tutto il tempo e quando ho cancellato il mio ricordo, automaticamente sono scomparsi anche quei due anni. Ma perché dirmi che tornava a casa?! Non capisco..
Pensi che l'Organizzazione c'entri qualcosa?
- No, non credo.. non  ci sarebbe alcun motivo.

Bussarono alla porta, così salutai velocemente Martha, pregandola di tenermi aggiornata sulla situazione e andai ad aprire.
"Ciao!" Un ragazzo stava di fronte alla mia porta ed io ci misi qualche secondo per collegare il volto al nome.
"Tyler, giusto?" chiesi a conferma e lui annuì. "Posso fare qualcosa per te?"
Tyler si aprì in un sorriso smagliante che per poco non mi abbagliò. Santo cielo, erano fatti di madreperla quei denti?!
"In realtà mi chiedevo se tu avessi voglia di uscire a cena, stasera." Lo fissai, decisamente perplessa e probabilmente se ne accorse perché si affrettò  a continuare. "Non da soli, pensavo ad un'uscita a quattro: io, tu, Maya e Chris."
Una parte di me strillava a gran voce di rifiutare quell'invito, consapevole che mi sarei soltanto fatta male nel vedere Christian con un'altra. Ma gli occhi scuri di Tyler mi ammaliavano un poco e m'incuriosivano.
"Sì, perché no?" mi ritrovai a dire. Il ragazzo sorrise, sinceramente contento, e mi diede appuntamento per le nove sul pianerottolo.
Nel rientrare in casa, buttai un'occhiata all'orologio che segnava le sette e mezza: avevo due ore per prepararmi. Non volevo dargli vane speranze, perciò optai per un corpetto nero, non troppo scollato e dei pantaloni in pelle, aderenti. Poggiai tutto sul letto e mi resi conto che mancava qualcosa di colorato.
Spulciai nel guardaroba che mi aveva sicuramente riempito Eve e trovai un paio di scarpe verde smeraldo dal tacco grosso ed una pochette dello stesso colore. Sulla scatola delle scarpe c'era un post-it:

Probabilmente mi ucciderai per aver contribuito a migliorare quei pochi abiti che avevi intenzione di trascinarti dietro. Ma non potevo permetterti di riempire la scarpiera solo con ballerine e decolletè neri o grigi. Nel caso ti serva un po' di colore (per far risaltare i tuoi occhi) ti ho comprato questi magnifici tacchi verdi.
Li trovi anche beige e rossi.
Non fare la vampira ingrata e ricordati che nonostante tu mi tratti male, io ti voglio bene!
Evelyn.

Ridacchiai e mi appuntai mentalmente di chiamarla per ringraziarla. Dopo una doccia, mi sistemai i capelli lunghi, arricciandoli alla fine con il ferro caldo. Mi vestii e mi truccai sui toni del verde.
Alle nove spaccate, il campanello suonò ed io finii di passarmi il rossetto rosso.
"Eccomi, Ty..." esordii, aprendo la porta ma interrompendomi subito dopo. Christian faceva la sua bella figura con dei jeans scuri, una giacca nera e la camicia bianca, leggermente aperta sul petto.
"Tyler è giù con Maya." Mi venne in aiuto, mentre gli occhi azzurri passavano in rassegna il mio abbigliamento.
"Sto bene?" mi azzardai a chiedere, probabilmente per appagare il mio ego.
"Sei splendida" mormorò sinceramente ma con imbarazzo, voltandosi verso le scale.
Raggiungemmo gli altri e Tyler, dopo essersi sprecato in complimenti ed aver decantato per dei minuti la mia 'bellezza', ci portò in un ristorante molto chic ed elegante, con tanto di piscina super grande e profonda. Fui costretta ad ordinare due piatti, perché il mio accompagnatore era irremovibile sul fatto che io volessi mangiare poco.
Perciò, quando le tagliatelle ai funghi mi si presentarono davanti, dovetti trattenermi dall'arricciare il naso.
Con una lentezza disarmante, avvolsi la pasta lunga intorno alla forchetta e me la portai alla bocca.
"Allora? Com'è?" domandò Christian, osservandomi.
Masticai il boccone e mi stupii di me stessa quando mugugnai un "buono". Solitamente, per noi vampiri, il cibo umano era disgustoso oppure non aveva sapore. Eppure, avvertivo il leggero gusto del fungo, qualcosa che non avevo mai assaggiato in vita mia.
"Sembri sorpresa, non hai mai mangiato i funghi?" mi scoprì Maya. Seppur agitata, mi contenni e le sorrisi.
"No, mio padre non li ama particolarmente" mentii, ma non troppo. In effetti, in quanto vampiro, non mangiava cibo umano.
"E tua madre?" volle sapere Christian. Accusai malamente il colpo e mi scolai in un sol fiato l'intero bicchiere di vino. Sapevo benissimo che su di me non avrebbe fatto alcun effetto, ma il gesto mi tranquillizzò un poco.
"E' morta quando ero piccola" sussurrai, gelando un poco l'atmosfera. "Ma non fa niente, non dispiacetevi."
Christian si scusò lo stesso e continuammo a cenare in tranquillità.
Quando ci alzammo dal tavolo, Maya era ubriaca e Tyler mi spiegò che era astemia. Ridacchiai nel vederla in difficoltà con i tacchi e le allungai una mano affinché si aggrappasse a me. Ma quello che venne dopo mi prese di sprovvista ed i miei riflessi super sviluppati non bastarono ad evitare il peggio: Maya si sbilanciò indietro, finendo direttamente in piscina. Rimasi qualche secondo interdetta, non vedendola risalire, e come in un film osservai Christian gettarsi in acqua.
"Maya non sa nuotare!" strillò, prima di immergersi. Velocemente mi tolsi le scarpe e mi gettai anche io: in quanto vampira potevo evitare di respirare anche per sempre, perciò fui più veloce di Christian nell'afferrare un braccio di Maya e nel risalire in superficie.
Tyler mi aiutò ad issarla sul bordo della piscina, mentre intorno si era formata una folla di spettatori, alcuni visibilmente preoccupati.
"Ha ingoiato acqua" mormorai, facendo forza sulle braccia ed uscendo dalla piscina, seguita poco dopo da Christian, che si affrettò a rianimarla. Quando Maya aprì gli occhi sospirammo tutti di sollievo e i medici arrivati con un'ambulanza (che prima non avevo minimamente notato) la convinsero a portarla in ospedale per degli accertamenti.
"Andate a casa a cambiarvi, sto io con lei" asserì Tyler, mentre saliva sul mezzo. "Ci vediamo lì!"

Io e Christian rimanemmo in silenzio e gocciolanti per qualche secondo, al di fuori del locale. Qualcuno ci guardò perplesso, ma io ci feci poco caso.
"Stai bene?" domandai, piano. Lui parve accorgersi finalmente di me.
"Sì, scusami, ero sovrappensiero. Tu tutto bene? Sei stata grandiosa in piscina. Hai fatto nuoto?" domandò, aprendo la macchina e togliendosi la giacca, per poi poggiarla sul sedile posteriore.
"Uhm, qualcosa del genere" replicai, imbarazzata. Mi sarei fatta scoprire presto, dovevo essere più attenta.
"Ti dispiace se tolgo la camicia? Mi da fastidio bagnare il sedile più di quanto già farò" borbottò, nervoso.
Scossi la testa e lo osservai sfilarsi l'indumento, mostrando il petto bellissimo ed ampio. Una fitta di desiderio mi fece dolere il ventre, mentre Christian si voltava verso di me ed i suoi occhi incontravano i miei.
Solo allora notai un tatuaggio, che dalla spalla sinistra raggiungeva il petto. Un groviglio di rovi, scuri, con spine appuntite che confluivano e proteggevano una rosa, piccola, appena accennata con l'inchiostro nero.
"C-Che cos'è?" mormorai, allungando una mano e toccando il disegno sulla sua pelle calda. Sussultammo entrambi a quel contatto: i suoi occhi erano fissi sulla mia mano.
"Ricordo solo una cosa di quei due anni" mormorò, piano, iniziando a spiegare. Non riuscii a dire niente e lui continuò. "Ero stanco, sporco, infreddolito. Ero in un cespuglio di rovi che mi ferivano la pelle, lasciandomi dei piccoli tagli. La vidi lì... era una delle creature più belle che avessi mai visto, Gwendolyn.. ti giuro. Non ricordo il volto, ma.. pensai fosse una rosa. O una fata. Così decisi di segnarmi quell'unico, meraviglioso, ricordo sulla pelle.. ed ecco qui il tatuaggio."
Ci guardammo negli occhi ed io deglutii, mentre una lacrima mi scendeva involontaria sulla guancia.

Non era una rosa, né tanto meno una fata. La creatura che aveva incontrato... ero io.
 
  
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