III
Spock
si risvegliò di soprassalto. Nonostante l'avessero curato,
gli
incubi erano ancora insostenibili. Riusciva a dormire per un paio
d'ore per notte, e fare meditazione era ancora difficoltoso. Si
alzò
dal letto e passeggiò per la stanza, cercando di placare le
orribili
visioni di devastazione che avevano riempito il suo stentato riposo.
Non era prigioniero su quel falco romulano. Non formalmente, quanto
meno. Gli avevano messo a disposizione un alloggio da cui poteva
andare e venire a piacimento, ma sempre sotto la stretta supervisione
di due uomini della sicurezza. Ejiul, il secondo di Desus, si era
dimostrato molto meno aperto nei suoi confronti, ma non aveva
comunque disobbedito agli ordini impartitigli dal suo capitano.
Uno
scossone lo costrinse ad appoggiarsi alla parete per non finire a
terra. Era ancora piuttosto debole per via del sangue che aveva
perso, quindi quel viaggio tutt'altro che confortevole lo stava
provando. Come ovvio, non aveva idea di dove si trovassero, ma aveva
capito che stavano viaggiando da ormai trentatré ore
all'interno di
una fascia di asteroidi. Si sedette alla scrivania e si
versò un po'
d'acqua. La scelta di un itinerario tanto difficoltoso lo
insospettiva, non ne vedeva il motivo. Da chi, o cosa stavano
cercando di nascondersi?
Guardò
con rinnovato interesse il terminale dell'alloggio. Se n'era tenuto
lontano sino a quel momento perché aveva logicamente
supposto che lo
avessero disattivato. Fu l'istinto di un momento a portarlo a premere
il pulsante d'accensione.
Con
sua sorpresa scoprì che era già stato impostato
in vulcaniano, una
versione approssimativa della lingua, ma che lui era in grado di
comprendere in modo agevole. Vide l'icona di un filmato sullo schermo
e ne ordinò la riproduzione nella sua lingua natia.
“ Spock.
O almeno lo spero. Avevo impostato il computer perché
diramasse
questo video solo alla seconda attivazione.”,
cominciò Desus,
“Se non sei Spock, probabilmente mi hanno
già ammazzato da
qualche altra parte, per cui non prenderti il disturbo. Bene, stando
ai miei calcoli dovreste essere quasi fuori dalla fascia di
asteroidi. Spero che tu ti sia ripreso, perché il bello
viene
adesso...”
Il
vulcaniano ascoltò con estrema attenzione la contorta
spiegazione di
Desus, arrivando a chiedersi in più circostanze se fosse un
genio o
un folle.
“ Credo
che sia tutto chiaro. Troverai la tua divisa, un PADD e le tue nuove
generalità dentro il materasso. Ti consiglio di muoverti,
Spock, non
hai molto tempo. Ah, se tutto questo va bene, e non mi azzardo a fare
previsioni, hai mai considerato..? ..Ahhh, lascia stare, ne parleremo
se ci rivedremo. Sappi solo che mi piacerebbe averti come secondo. Ci
sono troppi idioti nell'Impero. Pensaci, e buona fortuna.”
Spock
fece appena in tempo a cambiarsi e ad armarsi con il phaser che le
luci dell'intera nave saltarono, sostituite da quelle rosse
d'emergenza. La voce del computer parlò poco dopo, ma non
aveva
bisogno di una traduzione per sapere che cosa stava avvenendo.
Spalancò
la porta e sparò alle due guardie, poi corse via lungo il
corridoio.
Doveva scendere di tre livelli e aveva solo due minuti per farlo. Fu
costretto a sparare ad altri uomini, lungo il percorso, ma
lasciò a
dopo l'onere di crucciarsene. C'era troppo in ballo per farsi frenare
dagli scrupoli. Non gli piaceva agire in quel modo, non ora che aveva
riottenuto il raziocinio, ma era necessario.
Entrò
nella terza navicella di soccorso, l'unica che, sapeva, avrebbe
funzionato, e cominciò la procedura di allontanamento. Dei
colpi di
phaser si susseguirono contro la paratia che dava sul corridoio.
Affrettò la manovra di uscita e la navetta si
staccò dalla nave con
un bruco sobbalzo. Prese i comandi e, con la serafica calma che solo
un vulcaniano è in grado di mantenere, accelerò
in mezzo alla fase
terminale di quel banco di asteroidi. Pochi secondi dopo il falco
romulano si autodistrusse.
L'onda
d'urto fu devastante ed investì la navetta con una potenza
sconsiderata. Spock volò in avanti, andando a sbattere
malamente
contro la consolle di navigazione.
Si
rialzò con fatica, dolorante ma vivo, e si sedette sulla
poltrona,
prima di impostare la rotta che Desus gli aveva rivelato.
Chiuse
gli occhi, reclinando indietro il capo sullo schienale. Si
ripeté
che il bene dei molti contava più di quello dei pochi, ma
non
riusciva a non provare vergogna per le persone che aveva ucciso e per
quelle che non aveva avvertito. Era illogico, date le circostanze, ma
non poteva farci niente. Forse era colpa del Trellium-D, forse della
sua metà umana, ma non riusciva ad affrontare quel che stava
accadendo con fredda logica. Desus aveva detto:
“ Ci
rincontreremo presto, se riuscirò a trovare un capitano
abbastanza
folle da seguirmi.”
Sapeva
che c'era un solo capitano che corrispondesse a quelle
caratteristiche e aveva mandato Desus proprio da lui...
Sospirò,
ripensando a tutto il caos dell'ultimo mese.
“ Non
incontreremo Khan tutti i giorni...”
Infatti:
poteva esserci molto peggio; anche se in quella circostanza non era
poi così fiero di aver avuto ragione. Si perse nel
considerare i pro
e i contro dell'offerta di Desus: andare con lui su Romulus avrebbe
comportato lasciare l'Enterprise, abbandonare Jim, ma forse avrebbe
potuto portare alla costruzione dei primi pilastri di una pace
duratura. Nonostante quel che Nero aveva fatto al suo pianeta, e quel
che l'ambasciatore Spock non aveva potuto impedire nella sua linea
temporale, lui credeva ferventemente nella possibilità di
pacificare
i due quadranti. Forse con i romulani sarebbe stato persino
più
semplice che con i klingon. La risposta più logica a quel
dilemma
era più che mai evidente, ma nonostante la sua
razionalità non
riusciva ad accettarla senza provare un disarmante dolore. I suoi
sentimenti erano ancora confusi, sia quelli nei confronti del
capitano, che quelli nei confronti di Desus.
Si
impose di nuovo la calma, per quanto possibile: c'erano ancora troppe
cose in ballo per poter volare avanti con le aspettative. Doveva
restare concentrato e fare quel che era giusto nell'immediato.
“ Avanti.”
L'ambasciatore
entrò negli alloggi del capitano, trovandolo, come
prevedibile,
sveglio e nervoso. Sprecare fiato per ribadirgli di riposare sarebbe
stato inutile, quindi si limitò a sedersi al tavolinetto e
ad
accarezzare la scacchiera con uno sguardo nostalgico.
“ Ho
ragione di credere che tu abbia frainteso lo stato delle
cose.”
“ Non
ho voglia, né tempo di parlare di questo.”
“ Io
devo parlare con te. Non il contrario, Jim.”
“ Oh,
certo, come al solito!”, esplose il giovane, “E' il
ritornello di
ogni dannato istante passato con Spock! Perché mai con lei
dovrebbe
essere diverso?”
“ Non
puoi incolparlo per essere spaventato. A maggior ragione
perché ha
molti più motivi di esserlo lui di quanti ne avessi io alla
sua età.
Ha perso il suo pianeta, sua madre, ha quasi perso persino te. Sei
umano, non puoi capire quanto sia disarmante per un vulcaniano
provare sentimenti che non può controllare.”
“ Quindi
non dovrei neanche rimproverargli di essere un completo imbecille?
Non so quali siano state le dinamiche tra lei e il suo Jim,
né tra
lei e quello stronzo in cella. Francamente neanche mi interessano, ma
non posso sopportare di essere calpestato in questa maniera! Io... ha
solo una vaga idea di come mi sia sentito in queste settimane? Non ho
neanche fatto in tempo a rallegrarmi che sia vivo! Ho dovuto subito
preoccuparmi che possa... possa... con un romulano! Cristo! Senza
contare che l'unica cosa che ci separa da una guerra è
questa nave!
E Spock che fa? Che fa? Il cagnolino di Desus! Chissà
dov'è,
adesso, di certo non su Romulus ad aspettarci!”
L'ambasciatore
si alzò e lo fronteggiò con raggelante
severità, zittendolo con un
cenno.
“ Tu
credi che l'intero universo ruoti attorno a te, e per quanto questo
possa essere un vantaggio in molte circostanze, non lo è in
questa.
Spock sta vedendo per la prima volta la possibilità di
costruire una
pace che gioverebbe a due quadranti. Non puoi pretendere che non
consideri l'idea.”
“ E
dovrei credere che Desus non c'entri affatto? Non mi prenda per
stupido!”
L'anziano
scosse il capo.
“ Desus
è un grande uomo, ma resta comunque secondo.”
Jim
irrigidì la mascella, furioso.
“ Ed
è il suo punto di vista.”
“ Se
credi che tre settimane con qualcun altro possano aver spento i
sentimenti che prova per te, allora di lui hai compreso ancor meno di
quanto pensassi. Per usare un lessico colloquiale terrestre:
è
meglio che ti svegli.”, sentenziò Spock,
avvicinandosi alla porta.
“ Lui
dovrebbe svegliarsi! Non può sempre nascondersi dietro alla
scusa di
essere vulcaniano per scappare a gambe levate da ogni situazione
scomoda! Lei non sa quante volte ho tentato di riaprire il discorso
con lui...”
“ Io?
Io non lo so?”, esclamò
l'altro, voltandosi incredulo, “Le
dinamiche sono state profondamente diverse, è vero, ma credi
che il
tuo corrispettivo non mi abbia mai causato sofferenza?”
Jim
abbassò lo sguardo e scosse il capo.
“ Oh,
bhe...”
“ Spock
ha perso troppo in troppo poco tempo per non temere che tutto
ciò a
cui tiene gli possa esser strappato via. Ritengo di aver detto fin
troppo sull'argomento. Ti attenderò in plancia. Tra 3.2 ore
saremo
fuori dal banco di asteroidi, cerca di riposare.”
L'ambasciatore
premette il tasto di apertura.
“ Il
tuo Jim... è ancora là fuori, da qualche parte,
ad aspettare il tuo
ritorno?”
Spock
si fermò senza voltarsi.
“ No.”
Rimasto
solo il capitano si stese sul letto, ma ci rimase per poco.
Ritornò
nel suo ufficio e ordinò che Desus venisse condotto da lui.
“ Lasciateci
e che nessuno ci disturbi.”, disse poi.
Il
romulano si guardò intorno, prima di sedersi sulla
poltroncina di
fronte alla scrivania.
“ La
tua nave è molto bella.”
“ Risparmiati
i convenevoli. Cosa ci aspetta dall'altra parte?”
Desus
si guardò le manette e scrollò le spalle.
“ Dipende...
Ora ascoltami bene...”
Parlarono
a lungo, raggiungendo dei compromessi che al capitano piacquero molto
poco. Non sapeva a che gioco stessero giocando Spock e quel romulano.
Non sapeva neppure se poteva ancora fidarsi del suo primo ufficiale,
date le circostanze, ma liberò Desus dalle manette e
diramò quel
pesante comunicato a tutta la nave.
“ Resterai
con me. Tutto il tempo.”, sentenziò, poi,
scortandolo fuori
dall'ufficio sin nell'alloggio di Spock.
Lo
osservò pareggiarsi i capelli con il rasoio laser del suo
primo
ufficiale. Dopodiché il romulano si spogliò in
tutta naturalezza,
proprio come se quell'alloggio fosse suo e, pertanto, gli fosse tutto
dovuto. Quando però raggiunse l'armadio, Jim lo
fermò, infastidito:
“ Te
la prendo io. Non frugherai nella sua roba.”,
sibilò, spalancando
l'anta e afferrando una delle divise di Spock.
“ Dovrai
essere un po' più accomodante di così, se vuoi
essere credibile. La
gelosia non è il sentimento più
saggio.”, lo rimproverò il
romulano, divertito, vestendosi in fretta.
“ Comoda.”,
commentò, rimirandosi allo specchio.
“ Sei
tu a non essere credibile.”
Desus
sbuffò.
“ Ti
prego: non ho neanche cominciato!”
Chiuse
gli occhi per qualche istante, richiamando alla memoria gli
atteggiamenti, la postura e il tono di voce di Spock.
Raddrizzò
quindi la schiena e cancellò ogni forma di espressione
mimica dal
proprio volto, prima di riaprirli. Jim si ritrovò ad avere
un
parziale ripensamento: Spock e Desus si assomigliavano; avevano la
stessa corporatura e lineamenti tanto simili da farli apparire
fratelli. Ad una rapida occhiata sarebbero pesino potuti sembrare la
stessa persona. Questo, tuttavia, non scacciava il profondo ribrezzo
che provava per la situazione in sé. Quell'uomo non era
Spock, era
solo un bravo attore e forse un bastardo.
“ Suggerisco
di raggiungere la plancia, capitano.”
“ Tieni
il tuo colpo di teatro per quando sarà
necessario.”, sbottò Jim,
precedendolo fuori dall'alloggio, “Sei davvero sicuro che
nessuno
possa riconoscerti?”
“ Che
Spock ce l'abbia fatta o meno, le persone che potrebbero farlo sono
lontane dal campidoglio. Tutto dovrebbe andare bene.”
“ Come
direbbe l'uomo che stai cercando di impersonare: bene
è una
condizione inaccettabile.”
“ Dovrò
solo raggiungere il Pretore, è a lui che rispondo. Non me lo
permetterebbero se apparissi un romulano. Mi taccerebbero di
tradimento per aver condotto una nave federale sin quasi al pianeta e
verrei giustiziato all'istante. Ho un rapporto da fare, Jim, immagino
tu possa capirlo.”
E
lo capiva, certo, ma c'erano comunque troppi segreti.
Gli
ultimi istanti all'interno del banco di asteroidi vennero trascorsi
in un teso silenzio da tutto il personale di plancia. Sulu appariva
provato dalla lunga traversata di quasi tredici ore consecutive.
Persino l'ambasciatore Spock sembrava meno serafico del solito:
continuava a lanciare sguardi a Desus, seduto alla postazione del suo
corrispettivo.
“ Ci
siamo.”, comunicò il pilota.
L'attacco
che ricevettero fu violento, benché aspettato. Gli scudi
ressero
quell'avvertimento con un indebolimento del 0.5%.
“ Una
chiamata in arrivo.”
Jim
si alzò.
“ Sullo
schermo.”
Il
volto di un romulano di mezza età apparve.
“ La
vostra presenza in questo settore è da considerarsi una
dichiarazione di guerra. Arrendetevi, o vi distruggeremo.”
“ Veniamo
in pace.”, si affrettò a dire il capitano.
“Il nostro intento è
quello di prevenire una guerra, non quella di iniziarne una. Ci
è
pervenuto un messaggio da uno dei vostri comandanti, Desus, che ci
indicava la via d'accesso al vostro spazio attraverso il banco di
asteroidi. È stato un lungo viaggio, e siamo soli. Non era
nostra
intenzione celarci in alcun modo ai vostri sistemi di rilevamento.
Richiediamo un incontro con il Pretore Vrih per impedire il palesarsi
delle ostilità. La nostra flotta è a conoscenza
dell'operazione,
pertanto, se non riceveranno notizie sulle nostre condizioni in sette
giorni rivaluteranno l'ipotesi di uno scontro diretto. A
dimostrazione della nostra buona fede, adesso abbasseremo gli scudi,
ma devo ammonirla: se il computer registrerà la presenza di
anche un
solo romulano a bordo, la USS Enterprise si autodistruggerà,
vanificando l'operazione stessa. Vi sconsiglio, pertanto, di tentare
un abbordaggio.”
Desus
trattenne a stento un sorriso. A quanto pareva quel Jim era meno
sprovveduto di quanto sembrasse. Dal momento che i romulani erano del
tutto all'oscuro sul funzionamento delle navi federali, quel bluff
reggeva alla perfezione.
A
un cenno del capitano, Chekov abbassò gli scudi e Jim
riprese la
parola:
“ Richiedo
di essere accolto a bordo della vostra nave con un piccolo
contingente.”
Il
romulano fece un cenno e i loro cannoni ad antimateria vennero
disarmati.
“ Accordato.
Abbasseremo i nostri scudi solo per il tempo necessario al
trasferimento.”
Il
capitano chiuse quindi la comunicazione e rifletté qualche
istante,
prima di chiamare l'infermeria.
“ Bones,
vieni in sala teletrasporto.”
Le
proteste che si era aspettato non arrivarono, quindi si rivolse a
Desus e all'ambasciatore Spock e insieme entrarono nel
turboascensore.
“ Complimenti
per la trovata, capitano.”
Jim
non si prese la briga di rispondergli. Proseguì lungo il
corridoio a
passo spedito.
“ Scendi
dalla piattaforma.”, ordinò a McCoy, una volta in
sala
teletrasporto.
“ Che?”
“ Non
verrai con noi. La nave è tua.”
“ COSA?!”
Il
capitano lo guardò dritto negli occhi.
“ Sulu
è troppo stanco, e comunque mi serve al timone. Scotty
è
fondamentale in sala macchine. Tu sei la sola persona rimasta di cui
mi fidi ciecamente e che, salvo imprevisti, avrà ben poco da
fare.
Ho bisogno di te. Se non ricevi notizie entro dodici ore, evacua
l'equipaggio e distruggi la nave. Prigionieri è meglio che
morti.”
“ Sei
completamente fuori di testa!”, esclamò il dottore.
“ Già.
Grazie per averlo notato.”
“ Comandante
Ejiul, non l'aspettavo tanto presto.”
Spock
si voltò con naturalezza, smettendo di guardare le stelle al
di là
del finestrone. Chinò il capo con deferenza.
“ Senatore
Tael.”, rispose in perfetto romulano. Aveva impiegato ore per
ultimarne l'apprendimento, ma l'esito era stato comunque
soddisfacente.
“ Il
capitano Desus si trova su una nave della Federazione e, a questo
punto, dovrebbe averla già condotta nel nostro spazio,
creando un
incidente diplomatico. Mi scuso per essermi presentato a bordo di una
navetta, ma il capitano l'ha ritenuto meno rischioso.”
Tael
sorrise.
“ Non
importa. Mi segua, le mostrerò la sua postazione.”
Spock
annuì, calmo all'apparenza, in realtà erano molti
gli interrogativi
che lo scuotevano: aveva seguito il piano di Desus, ma poteva davvero
fidarsi di lui? Ora che la sua condizione psicologica era meno
instabile si poneva dei legittimi dubbi sull'attendibilità
dello
strano compagno. Desus sapeva troppo. Questo poteva derivare dal
fatto che facesse parte del Tal'Shiar, come da quello che non avesse
detto tutta la verità.
Ed
ora, con una probabilità del 99.8% si trovava con Jim.
Ripensare
al capitano gli provocò una morsa dolorosamente fisica. Si
sentiva
in colpa per quel che provava per Desus, e per quel bacio che si
erano scambiati. Oltre a questo, l'idea che Jim, o lui stesso,
potessero morire senza che si fossero chiariti lo fece sentire sporco
e colpevole. Aveva sbagliato tutto. Avrebbe dovuto dare
l'opportunità
al capitano di esprimere i suoi sentimenti. Avrebbe voluto sentirle
quelle parole, almeno una volta.
“ Mi
dispiace...”, pensò, rievocando piccoli
quanto dolorosi
ricordi: le loro partite, il sorriso del capitano, e quel brillio
nello sguardo che donava solo a lui.
Allontanò
tutto questo quando si sedette alla consolle indicatagli da Tael:
doveva scoprire le dinamiche di quella che Desus aveva definito
“Fase
3” e, possibilmente, trovare il modo di riferirle al comando
centrale dell'Impero.
Non
l'avrebbe fatto.
“ Voglio
che pianifichi la rotta più rapida e sicura per raggiungere
la
flotta federata. Entro due ore.”, gli ordinò il
senatore.
“ Sta
commettendo un errore, signore.”
Tael
apparve infastidito dal suo zelo, ma da uomo intelligente qual era,
si trattenne.
“ L'ascolto.”
“ Se
gli uomini a bordo della nave che Desus ha portato a Romulus fossero
in grado di guidare il Pretore verso un accordo pacifico, il nostro
attacco alla flotta federata risulterebbe un'evidente mossa
dissidente. Ho una soluzione: c'è un nemico che ha
trascurato,
signore, e che potrebbe portare la situazione al punto di rottura che
ci occorre.”
“ Qo'noS1...”,
mormorò il senatore.
“ Esattamente.
So che la sua contenuta flotta dispone di navi federate, acquistate
da Garreth. Se noi raggiungessimo il pianeta natale dei klingon e
attaccassimo proprio con quelle poche navi, la Federazione si
troverebbe a combattere su due fronti. A quel punto sarebbe semplice
stipulare un temporaneo trattato di alleanza con Qo'noS, sconfiggere
la Federazione, ed occuparci in seguito dei klingon, le cui armate
sarebbero già provate dalla guerra.”
Tael
gli rivolse uno sguardo indecifrabile e Spock temette di aver
azzardato troppo. Era stata la sua non completa fiducia nei confronti
di Desus ad indurlo a rimescolare gli schieramenti, ma non sapeva se
il senatore lo avrebbe seguito, né, tanto meno, se il suo
piano
avrebbe funzionato.
“ Ha
ragione, comandante. Tracci una rotta per Qo'noS.”
“ Molto
bene.”
“ Due
ore, Ejiul. Non un minuto di più.”
Spock
aprì diverse carte spaziali e iniziò davvero a
progettare una via
sicura per raggiungere Qo'noS. Tutto quel che gli serviva era una
strettoia, un punto in cui le navi sarebbero state tutte abbastanza
vicine. Quando fu certo di non essere più sotto
osservazione,
utilizzò il codice che gli aveva dato Desus per inviare un
messaggio
al governo Romulano. Sperò che Jim fosse davvero
lì, perché
difficilmente qualcun altro avrebbe potuto interpretarlo con la
corretta chiave di lettura.
Impiegò
altri dieci minuti per ultimare il percorso, e lasciò il
tempo
restate al mettere a punto una formula. Il suo piano era un azzardo,
nulla più che un'intuizione, ma era l'unica
possibilità per
prendere tempo e salvare il salvabile.
Inserì
il nuovo codice nella subroutine del computer centrale, poi si
alzò
e raggiunse Tael al centro della plancia.
“ L'itinerario
è completo, senatore. I klingon non si accorgeranno di noi
sino a
quando non sarà troppo tardi.”
“ Mostramelo.”
Obbedì
all'ordine e si sentì sporco nel ricevere dei meritati
complimenti
per il lavoro svolto: se non avesse funzionato, lui sarebbe risultato
l'artefice di una guerra totale e disastrosa.
Lui,
un vulcaniano, un portatore di pace.
Jim
venne spintonato dentro una grande sala, dove i generali dell'Impero
si erano riuniti. Desus era al suo fianco insieme all'ambasciatore
Spock. Non appena le porte si furono chiuse alle loro spalle si
scatenò un caos di urla, fino a che una voce più
forte delle altre
le mise a tacere.
Il
capitano guardò in direzione di quell'anziano romulano, e
capì
immediatamente di trovarsi di fronte al Pretore in persona. Non si
scompose ed avanzò.
L'altro
impartì un altro ordine e i generali si alzarono e uscirono
dalla
sala, accompagnati dalle guardie.
“ Non
c'è molto tempo...”, cominciò Jim.
“ Silenzio.
Non perderò il mio tempo con un strumento come
te.”, lo zittì il
Pretore, rivolgendosi poi a Desus: “Dunque, comandante: le ho
lasciato orchestrare tutta questa messinscena per conto di Tael solo
per riuscire ad evitare una guerra, e guardi dove mi ha
portato!”,
urlò, schiaffeggiandolo.
Il
giovane non fece una piega e sollevò lo sguardo fiero.
“ Ad
avere qui l'ammiraglia della Flotta Stellare, signore. La nave
più
avanzata che possiedono. Siamo ancora in tempo per impedire
l'irreparabile. Tuttavia, se vorrà agire altrimenti, mi dia
dieci
minuti e le metterò in piedi una squadra che
smonterà l'Enterprise
da cima a fondo, così da sapere tutto quel che occorre sulla
loro
tecnologia.”
“ FIGLIO
DI PUTTANA!”, urlò Kirk, ma Desus fu
più veloce a colpirlo e a
sbatterlo a terra.
“ E
questo te lo dovevo.”, sibilò, restituendogli quel
calcio in
faccia.
“ Basta!
È sicuro che l'uomo che ha inviato da Tael sia in grado di
ucciderlo?”
“ Non
gli ho dato queste direttive, ma si renderà conto da solo
che è
l'unica soluzione. È dalla mia parte.”
“ Non
ucciderà nessuno.”, intervenne l'ambasciatore,
“Lo conosco.”
“ Tu?
Un vulcaniano?”, si sorprese Vrih. Poi a Desus:
“Hai inviato un
federato?!”
“ Ho
dovuto lavorare con quel che avevo, signore. Garantisco personalmente
per Spock. È il mio secondo in comando, mi fido di
lui.”
L'anziano
Spock trasalì, memore di una situazione simile. Desus stava
giocando
una partita molto pericolosa, ma l'ambasciatore era oltremodo certo
che non volesse davvero quella guerra, nonostante le apparenze. Non
aveva mai dubitato del rapporto d'affetto creatosi tra lui e il suo
Desus, pertanto riteneva profondo e reale anche quello tra i due
giovani corrispettivi. Guardò Jim che, a terra, appariva
l'incarnazione della disfatta. Aveva già visto
quell'espressione
negli occhi del suo capitano e il rievocarlo gli provocò un
sordo
dolore.
Una
consolle alle loro spalle trillò, e una voce concitata
comunicò
l'arrivo di un messaggio. Il Pretore si avvicinò allo
schermo.
“ Desus,
cosa vorrebbe dire?”, chiese.
L'altro
romulano lo raggiunse e lesse a sua volta il messaggio, corrugando le
sopracciglia.
“ Jim,
credo sia per te.”, disse, infastidito.
Il
capitano si riscosse.
“ Non
leggo il romulano.”
Desus
si schiarì la voce:
“ 25:Se
il vostro avversario ha un carattere iroso, dovete tentare di
irritarlo, se è arrogante, provate a incoraggiare la sua
arroganza.
13: Colui che è in grado di muovere il proprio avversario lo
fa
creando una situazione che indurrà il nemico a compiere una
certa
mossa.
48:La
configurazione tattica eccellente, dal punto di vista strategico,
consiste nell’essere privi di configurazione tattica, ossia
nella
condizione “senza forma”. Quando si è
senza forma, neanche gli
agenti segreti più profondi sono in grado di spiarci,
né gli uomini
più intelligenti di tramare progetti.
81:
Questi i cinque pericoli del combattente: essere troppo pronto a
morire, troppo preoccupato di vivere, troppo portato dall’ira,
troppo attaccato all’onore, troppo emotivo.”
Il
capitano tacque per qualche istante.
“ Sun
Tzu, L'Arte della Guerra...
Klingon, Spock sta parlando dei klingon. 25' 13' 48' 81' sono
coordinate.”, disse.
L'ambasciatore,
alle sue spalle, annuì.
Il
Pretore attivò lo schermo così da visualizzare il
punto. Si
trattava di una zona pericolosamente vicina a Qo'noS, precisamente
tra i satelliti del pianeta più esterno del loro sistema.
Né lui,
né la sua intelligence avevano previsto che Tael sarebbe
stato tanto
folle da coinvolgere persino l'Impero Klingon. Era stato un tragico
incosciente a lasciare che fosse Desus a gestire l'intera faccenda.
Avrebbe dovuto uccidere suo figlio Tael ai primi sospetti, piuttosto
che attendere di avere delle prove fondate.
Scrutò
con sospetto il giovane comandante che appariva così a suo
agio in
quelle vesti federali.
“ Mi
dica perché non dovrei ucciderla all'istante!”,
urlò.
“ Si
metta in coda...”, sfuggì detto a Jim.
Desus
per la prima volta parve perdere un po' della sua convinzione.
“ Non
ero al corrente che Tael puntasse ad intromettere Qo'noS.
Non...”
“ Zitto,
idiota! Guardie!”
Quattro
romulani entrarono nella sala.
“ Portatelo
via.”
“ No!”,
esclamò l'ambasciatore Spock con decisione, “Lui
ci serve. L'unica
cosa che ci separa da una devastazione totale è il
collegamento tra
Desus e l'uomo che ha inviato da suo figlio Tael.”
“ Non
sappiamo neanche da che parte stiano. È troppo rischioso.
Quella di
Qo'noS potrebbe esser stata una loro iniziativa.”
“ No.
Non la è. Mi metta al comando di una flotta, con la mia
nave. Se
Desus e Spock tenteranno di tradirci, li
distruggerò.”, intervenne
Jim.
“ E
perché dovrei fidarmi di te, chi sei?”
“ James
T. Kirk, la sua miglior carta da giocare. Se un vostro contingente
venisse scoperto a violare i confini della Zona Neutrale, la guerra
sarebbe inevitabile. Fintanto che ci sarà l'Enterprise,
tutti saremo
al sicuro.”
Vrih
parve soppesare con attenzione le sue parole, poi annuì e
Desus
venne rilasciato.
“ Scortateli
alla sala teletrasporto. Una volta in orbita, capitano Kirk, attenda
disposizioni.”
“ Sì,
signore.”
“ Desus,
resti. Li raggiungerà a breve.”
Il
giovane romulano annuì. Nel passargli accanto l'ambasciatore
Spock
azzardò un sussurro appena udibile:
“Sei
abbastanza
intelligente da salvare tutti. Persino te stesso.”
Solo
quando i due federati furono usciti, il Pretore parlò ancora:
“ Rivoglio
l'Enterprise, quando il problema con i klingon sarà risolto.
Portamela e avrai salva la vita, fallisci e non ci sarà
posto nella
Galassia dove potrai rifugiarti.”
Spock
guardò nervoso il monitor, mancavano pochi minuti a quella
strettoia
tra pianeta e satelliti che, all'apparenza, doveva servir loro da
scudo; il computer era impostato su un timer prestabilito e criptato,
per evitare che Tael potesse risalire alla piattaforma che aveva
inviato l'ordine. Tutto sembrava andare secondo i piani, non restava
che un'estenuante attesa.
Erano
a poche centinaia di chilometri dal confine del sistema Klingon,
quando un'inaspettata raffica colpì i loro scudi di poppa.
Era stata
la nave accanto alla loro, che, ricalcolando la posizione attraverso
la concentrazione di ioni, era uscita per un istante dalla
dissimulazione e li aveva attaccati. Tael ordinò l'allarme
rosso e
l'immediato arresto della loro avanzata. Si mise quindi in
comunicazione con le altre ventiquattro navi, per cercare di
circostanziare i traditori. Senza successo, dal momento che risposero
e si discolparono tutti.
Spock
chiuse gli occhi: tutto era perduto, la vicinanza delle navi era
fondamentale per la buona riuscita del suo piano. Un secondo attacco
li colse e, finalmente, il falco romulano si palesò e
schizzò a
tutta velocità all'interno della zona neutrale, vanificando
anche i
progetti di Tael di far incolpare la Federazione.
L'intervento
delle navi klingon fu rapido e micidiale: non chiesero spiegazioni,
con le raffiche di tre incrociatori distrussero il falco. Forse i
suoi occupanti erano altri infiltrati come lui, forse solo una
fazione avversa al senatore... il vulcaniano non lo sapeva, e
dubitava di poter ottenere risposta.
Tael
era in piedi di fronte allo schermo, furibondo. Non temeva un attacco
diretto, dal momento che le loro navi, federate comprese, erano
dissimulate, ma era in palese smarrimento. Spock decise quindi di
fare un ultimo disperato tentativo: si alzò e lo
affiancò.
“ Raduniamoci
e andiamo via! Siamo ancora in tempo!”, esclamò,
senza aver
bisogno di fingere di aver paura.
“ No!
Sienae, al mio comando, attaccate gli incrociatori.”, disse,
comunicando l'ordine ad una delle navi federate.
“ Pronti
all'attacco, signore.”, ribatté la donna.
“ Adesso!”
Una
vecchia classe Prometheus uscì dalla dissimulazione e si
scagliò
contro il più vicino incrociatore. Aveva appena lanciato i
primi
siluri, quando la silenziosa esplosione programmata da Spock
detonò
nel reattore ad antimateria della loro ammiraglia. Aveva sfruttato la
differente impostazione dei motori romulani per simulare, in scala
ridotta, la pioggia quantica che aveva ridotto all'impotenza i motori
dell'Enterprise mesi prima. L'invisibile onda d'urto si
propagò per
un raggio di alcune centinaia di chilometri. Le luci della nave
sfarfallarono un poco, prima di spegnersi del tutto. Quasi l'intero
contingente di Tael era ormai allo scoperto appena al di là
del
confine del sistema, e non dietro al pianeta e ai satelliti, come
aveva calcolato Spock. L'unica fortuna era che anche due degli
incrociatori klingon erano rimasti bloccati.
Il
senatore urlò di rabbia e di frustrazione in quella completa
oscurità.
“ Ejiul!”,
sbraitò, e Spock temette di essere stato scoperto,
“Fa' ripartire
tutto, adesso!”
Il
vulcaniano tornò al terminale, conscio che ci fosse ben poco
da
fare. Con un po' di fortuna forse sarebbe riuscito a ripristinare il
sistema di supporto vitale prima che fosse troppo tardi per tutti,
lì
dentro, ma anche solo per la propulsione ad impulso sarebbero occorse
almeno 27.8 ore. Si mise comunque al lavoro con solerzia.
Riuscì a
riaccendere le luci, a garantire il ricambio d'ossigeno e a rendere
operative le comunicazioni a corto raggio. I capitani delle altre
navi non ebbero la stessa fortuna, e stando ai suoi calcoli, erano
già morti all'arrivo dei rinforzi ai due incrociatori
klingon. Gli
alieni non si misero in comunicazione e repentinamente abbordarono la
nave, teletrasportandosi a bordo armati e risoluti. A Tael non rimase
altra scelta che capitolare in una vergognosa resa.
Vennero
catturati, tutti, e rapidamente trasferiti su Qo'noS. Molti dei
sottoposti vennero giustiziati all'istante, solo Spock, Tael e i
pochi altri presi sulla plancia del falco romulano vennero
risparmiati e portati per direttissima di fronte all'Alto Tribunale
riunito.
Il
senatore fu il primo ad essere interrogato dai giudici, dopo una
breve quanto efficace introduzione dell'avvocato accusante, ma a
stento parlò: dal momento che era stato catturato dai
klingon, i
suoi sogni di ottenere il potere si erano infranti e non aveva molto
da dire.
Spock
venne spintonato avanti con malagrazia, ma non esitò a
guardare
giudici e giuria con vulcaniana fermezza.
“ Ejiul,
è questo il tuo nome, romulano?”
“ No.
Il mio nome è Spock, di Vulcano, matricola S 179-276 SP,
primo
ufficiale della USS Enterprise NCC-1701. Stavo agendo sotto copertura
in un'operazione segreta per conto dell'Impero Romulano. Il mio
compito era neutralizzare la flotta d'attacco del senatore Tael
diretta a Qo'noS, per sventare una guerra disonorevole per tutti gli
schieramenti. Era mia ferma intenzione fermare i terroristi poco
entro il vostro sistema, di modo che un contingente misto potesse
arrestarli e raggiungere con voi un compromesso pacifico. La
Federazione dei Pianeti Uniti e il governo imperiale sono innocenti.
Le fallimentari azioni belliche ai vostri danni sono state
pianificate e messe in atto dal senatore Tael e da un terrestre di
nome Malcom Garreth. Non c'è ragione, quindi, di considerare
questi
fatti un'aggressione interplanetaria, ma bensì l'azione di
un
ristretto gruppo di folli privi di onore. Essi non miravano ad altro
che ad aizzarvi contro il nemico sbagliato, insultando la vostra
intelligenza e considerandovi alla stregua di belve. Ho personalmente
sabotato la flotta del senatore, rendendo inoperative la maggior
parte delle sue navi. Mi dolgo che due dei vostri incrociatori siano
rimasti coinvolti, e mi dichiaro colpevole per la morte dei vostri
uomini. Fermo restando, tuttavia, che nessuna azione, volontaria o
involontaria, sarebbe mai stata mossa ai danni del vostro impero, se
Tael fosse stato capace di rimanere al proprio posto, piuttosto che
ambire ad una reggenza per la quale è indegno.”
Ci
fu qualche istante di attonito silenzio, seguito poi dalle urla
furibonde di avvocati, giuria e spettatori, mescolate a quelle dei
pochi romulani sopravvissuti. Tael cercò di scagliarsi
contro Spock,
ma venne fermamente bloccato e percosso con violenza. Il giudice
dovette suonare il gong più volte per riportare l'aula alla
calma e
ritirarsi con la giuria. Ci misero diverse ore a raggiungere un
verdetto. Quando rientrarono, il vulcaniano sperò di essere
riuscito
nel suo intento.
“ Questa
corte condanna gli imputati a morte. L'esecuzione avverrà
tra due
tera'Hong2. Trascorrerete
questo tempo nella
colonia penale di Rura Penthe3.”
“ E
in merito alla Federazione?!”, domandò Spock,
quasi urlando.
Non
gli importava della propria sorte, ma aveva bisogno di sapere che
quella guerra era stata scongiurata. L'unica risposta che ottenne fu
un violento colpo in faccia che lo fece stramazzare a terra, privo di
sensi.
“ Non
rilevo nulla, signore...”, comunicò Nyota,
inviando ancora quel
messaggio pacifico.
Jim
si alzò, nervoso, e guardò Desus che, pochi passi
dietro di lui,
appariva altrettanto preoccupato. Non c'era stato bisogno di
chiedergli se avesse concordato con Spock di andare a pestare i piedi
proprio ai klingon: la sua faccia sbigottita nella sala consiliare
del campidoglio gli era bastata. Entrambi gli uomini non capivano
quella mossa suicida, ed erano confusi, disperati e furiosi allo
stesso modo.
“ Dov'è?”,
domandò il romulano, “Siamo vicini, ormai,
perché non c'è
niente?”
“ Dovresti
dirmelo tu. Adesso è il tuo secondo, non il mio.”,
ribatté il
capitano, aspro.
“ Ho
come l'impressione che Spock non sia più il secondo di
nessuno.
Forse la cura per il Trellium-D non ha avuto effetto, forse ora la
vuole questa guerra...”
“ Forse
non avresti dovuto mandarlo dai terroristi! Potrebbero averlo
scoperto, ucciso ed essere da tutt'altra parte a quest'ora!”
“ E'
una possibilità...”, fu costretto ad ammettere
Desus con disarmata
rassegnazione.
“ Una
chiamata in arrivo, capitano!”, esclamò Nyota
all'improvviso, “E'
un incrociatore klingon!”
“ Sullo
schermo.”
“ Il
capitano federato incaricato di risolvere la situazione, immagino.
Non ci sarà alcun dialogo fintanto che le navi romulane che
vi
seguono non saranno uscite dalla dissimulazione. Venite meno a questo
accordo e sarà guerra.”
Desus
intervenne, affiancando Kirk e comunicò l'ordine. Le
cinquanta navi
alle loro spalle comparvero una dopo l'altra.
“ Abbiamo
accondisceso, ora parliamo.”, sentenziò il
romulano.
“ Abbiamo
catturato una nave romulana, le altre quattordici sono andate
distrutte, insieme alle nove federali. Siamo a conoscenza che
né
l'Impero Romulano, né la Federazione siano direttamente
implicati in
quel tentativo d'attacco. I criminali superstiti sono stati
processati e condannati a morte. Potrete riavere i loro corpi tra
tredici giorni terrestri. Ritiratevi, ora, o considereremo la vostra
presenza entro i nostri confini come una dichiarazione
d'intenti.”
“ Un
attimo!”, tuonò Kirk, “Che ne
è stato del comandante Spock?”
“ E'
stato condannato, come tutti. Sua è la
responsabilità della morte
di due equipaggi. Non sappiamo come abbia annientato i supporti
vitali, ma questo segreto morirà con lui. La sua condizione,
come
quella degli altri prigionieri non è negoziabile. Non
abbiamo altro
da dirci, capitano.”
Il
klingon chiuse bruscamente la comunicazione.
“ Che
diamine hai fatto, idiota?”, bisbigliò Desus,
coprendosi il volto
con una mano.
Jim
non si diede il tempo di caricare altra disperazione a quella che
già
portava sulle spalle. Dopo aver dato ordine di ritirarsi oltre il
confine, si era messo immediatamente in comunicazione con il comando
perché smuovesse le acque. Ricevette risposta dopo pochi
minuti e fu
tutt'altro che confortante: Spock si era dichiarato colpevole per la
morte di quei due equipaggi, pertanto il governo imperiale pretendeva
la sua condanna a morte. Un costernato Archer gli ordinò di
rientrare: la Federazione non poteva rischiare una guerra con i
klingon per salvare un solo uomo.
“ Capisco...”,
commentò il capitano con tono grave.
“ Non
è il momento di fare pazzie, Kirk. Torni sulla Terra e
basta. Archer
chiude.”
Jim
si lasciò cadere sulla sedia, privo di energie. Quelle poche
che gli
erano rimaste le aveva impiegate per reggere il gioco sino a quel
punto. Non ne aveva altre, e non aveva altri assi da giocare. Si
sentiva svuotato anche di ogni sentimento.
Rievocò
quel che gli aveva detto Spock:
“ Quel
che sto cercando di dire, capitano, è che qualora si
presentasse una
situazione analoga non posso e non potrei garantire di essere in
grado di prendere quel tipo di decisione. E se lei è animato
dallo
stesso dubbio nei miei riguardi, allora abbiamo un problema che
può
risolversi solo attraverso il nostro allontanamento.”
“O
con la sua accettazione...”, mormorò.
Si
coprì gli occhi per nascondere le lacrime al personale di
plancia.
Una rabbia cieca e incontrollabile si era impadronita di lui, effetto
più che prevedibile di una mente portata allo stremo della
sopportazione: Spock aveva compiuto la sua scelta definitiva; aveva
deciso di fidarsi totalmente di un uomo che non era lui, forse c'era
persino andato a letto; ed ora, ultima ma non ultima, era ancora una
volta ad un passo dalla morte.
Sedotto,
infangato e abbandonato nel più brutale dei modi, Jim non
poteva
fare niente per aiutarlo. L'unico conforto, se tale poteva essere
definito, era che non l'avrebbe visto andarsene via con quel
romulano.
Quando
si alzò in piedi per dare l'ordine di rientro, quasi
inconsciamente
cercò Desus alla postazione di Spock.
“DOV'È?!”,
tuonò, trovandola vuota.
Nessuno
seppe dargli la risposta. Desus aveva approfittato della temporanea
confusione per lasciare la plancia. Il capitano si infilò
nel
turboascensore, animato da un presentimento, e, una volta fuori,
corse a rotta di collo verso l'hangar navette.
Troppo
tardi.
Quando
lo raggiunse, la Galileo era già un piccolo puntino al di
là del
portellone, e l'ambasciatore Spock la osservava dal limitare della
stiva.
“Glielo
dovevo.”, fu la sua unica giustificazione.
“La
dichiaro in arresto, ambasciatore. Mi segua, o sarò
costretto a
chiamare una squadra di sicurezza.”
“Non
allontanarti troppo, Jim. Il dottor McCoy è andato con
lui.”
Spock
si strinse con forza nella pelliccia che gli avevano dato. Faceva
freddo in quella prigione, ma questo era l'ultimo dei suoi problemi.
Tael e gli altri romulani gli stavano dando la caccia per ucciderlo.
Sapeva che era illogico, dal momento che ignorava il come, ma era
convinto che da un momento all'altro Jim sarebbe saltato fuori dal
nulla per tirarlo fuori da quell'Inferno. Confidava in lui, animato
da una folle speranza. Finalmente si sarebbero rivisti, avrebbero
chiarito, e la loro vita avrebbe potuto proseguire serenamente.
Si
appiattì contro la parete di roccia, quando un gruppo di
tellariti
gli bloccò il passo, e tenne lo sguardo basso per non
attirare su di
sé attenzioni indesiderate.
Si
sedette quindi in un angolo buio e si guardò le mani,
lacerate dai
tre giorni di massacrante lavoro nelle miniere di dilitio
dell'asteroide.
Sospirò.
Con il passare delle ore gli risultava sempre più chiaro il
suo
errore nell'essersi lasciato tanto andare con Desus. Era stata
l'ebrezza di un momento, una leggerezza terribilmente umana che, con
il senno di poi, si pentiva di aver commesso. Non sapeva cosa il
romulano si aspettasse da lui, ma una cosa era certa: non lo avrebbe
seguito su Romulus. Non era da una situazione come quella che si
poteva costruire una pace duratura. Avrebbe quindi atteso, con la
certezza che nell'Impero avrebbe avuto qualcuno che era più
di un
amico dalla sua parte, un giorno.
Da
principio, quando i klingon avevano catturato lui e i terroristi, non
avrebbe pensato di riuscire a risolvere ogni cosa solo dicendo la
verità ed autoaccusandosi, ma, stando ai discorsi delle
guardie, era
bastato: il trattato era stato ristabilito.
Era
talmente perso nei suoi pensieri che si accorse solo con tremendo
ritardo di essere rimasto solo in quella grotta. Si alzò,
allarmato
e si liberò della pelliccia, pronto a combattere,
all'occorrenza.
Scorse tre ombre sopraggiungere dalla cavità di fronte a
lui. Due
erano alte, possenti, sicuramente appartenenti a klingon, l'altra era
più minuta. Rimase comunque teso quando le due guardie lo
raggiunsero: non poteva sapere chi si celasse sotto il cappuccio di
pelliccia che copriva il volto della terza figura. Poteva essere
Tael, o un suo sicario...
“D-Desus!”,
balbettò, sorpreso, quando lo sconosciuto si
scoprì il capo.
“Desus.”, ripeté.
Il
romulano sorrise, gli si fece incontro e lo strinse in un abbraccio
che Spock non ricambiò.
“Sono
qui per portarti via.”, lo udì dire.
Non
si tirò indietro al suo bacio, ma gli rispose con
incertezza. Desus
gli rivolse una lunga e strana occhiata.
“Devo
confessarti delle cose.”
Spock
rivolse uno sguardo nervoso alle guardie, incerto.
“Non
ti curare di loro, li ho pagati a sufficienza da concederci qualche
minuto. Io...”, il romulano abbassò lo sguardo,
“...ti devo
delle scuse. Ero a conoscenza del piano di Tael da ben prima che
cercasse di renderlo operativo. Ero stato incaricato dal Pretore di
coadiuvare il senatore in tutto, per poterlo incastrare una volta
ottenute prove concrete. Sono stato io ad ordinare di attendere per
catturare te, piuttosto che il tuo inutile capitano, sempre io a
seguire le trattative con Garreth, a scegliere quel mercantile, e a
calibrare la giusta dose di Trellium-D a bordo con la quale
intossicarti per... per... Eri solo un nome nella mia agenda, mesi
fa. Avevo bisogno che tu ti fidassi di me. Rhiana non sapeva che per
il senatore ero anche Nniol, prima ancora che Desus. Ho fatto
sì che
mi torturassero perché potessimo legare. Solo in quel modo
avremmo
potuto lavorare insieme e sventare definitivamente questa guerra! Non
mi aspettavo che...”
L'altro
si fece indietro, interrompendo ogni contatto fisico.
“Mi
hai quasi fatto impazzire... mi hai...”
“Non
avevo idea di chi tu fossi, prima di conoscerti! Avresti fatto lo
stesso!”
“No...”
“Mi
dispiace, Spock.”
Il
vulcaniano gli diede le spalle e chiuse gli occhi.
“Avrei
dovuto prevederlo: tu menti a chiunque, perché con me
avrebbe dovuto
essere diverso?”, commentò, retorico.
Si
sentiva uno stupido, lo guardò di nuovo con fredda rabbia.
“Perché
me lo stai dicendo?”
“Perché
solo uno di noi uscirà da qui. I klingon vogliono che scorra
del
sangue e non sarà il tuo a farlo. Mi è bastato
guardare il tuo
capitano per capire che non avrebbe mosso un dito per tirarti fuori
da qui. Fammi solo la cortesia di dire all'ambasciatore che, alla
fine dei giochi, non sono poi così intelligente.”
Spock
sbarrò gli occhi, colpito. Scosse il capo con forza,
sentendo una
desolata disperazione riempirgli cuore e mente.
“Non
posso permettertelo.”, disse con un filo di voce.
Desus
sorrise, ma i suoi occhi erano tristi.
“Non
ho chiesto il tuo permesso.”
A
un suo cenno le due guardie bloccarono Spock e il romulano si tolse
dalla cinta un hypospray. Si avvicinò a Spock che,
inutilmente,
stava cercando di liberarsi.
“NO!
Desus! No! Dev'esserci un'altra via!”, esclamò,
“Non voglio che
tu...”
“Quel
che vuoi è irrilevante, Spock. Sono già un morto
che cammina: avevo
l'ordine di riportare l'Enterprise su Romulus, una volta risolta la
situazione con i klingon. Non posso e non voglio farlo, e, anche lo
volessi, un uccellino mi ha detto che mi andrebbe male. Lasciami
almeno il diritto di scegliere come morire. Al di là di quel
che è
stato, tu sei prezioso. So che prima o poi riuscirai davvero a
stipulare quella pace. Entrambi i nostri popoli ne hanno bisogno.
Lunga vita e prosperità, mio pazzo vulcaniano, mi hai
davvero
sorpreso nel venire sin qui, hai avuto fegato.”
Non
gli diede tempo di ribattere ancora e, con mano ferma, gli
insufflò
l'hypospray nel collo. L'ultimo ricordo cosciente di Spock fu la mano
di Desus che gli carezzava il volto prima del buio.
Il
romulano scambiò i loro vestiti, poi guardò uno
dei due klingon.
“Sono
pronto.”
La
guardia gli si scagliò contro, colpendolo ripetutamente al
viso con
la chiara intenzione di sfigurarlo. Se era vero che Spock e Desus si
somigliavano, lo era anche che, se si fosse presentato di fronte al
plotone di esecuzione con il viso tumefatto, nessuno avrebbe notato
lo scambio, né si sarebbe posto domande. Dentro Rura Penthe
i
pestaggi erano all'ordine del giorno.
Crollò
a terra, esausto.
“A-andate...
adesso...”, gemette, “Garreth vi darà il
resto della somma che
vi spetta.”
I
due klingon trasportarono Spock fuori dalla prigione, ma non in
superficie, e lo chiusero dentro una delle casse di dilitio grezzo
estratte nella miniera. Solo quando il loro cargo fu sufficientemente
lontano dall'asteroide, chiamarono il terrestre e gli concessero di
adagiare più comodamente il vulcaniano sulla branda della
Galieo.
Il
dottor McCoy, che più volte si era dato del completo
imbecille per
aver deciso di seguire quel romulano, quasi si avventò su
Spock per
la preoccupazione. Gli bastò guardarlo per capire quanto
fosse
provato: aveva perso peso, la sua pressione arteriosa, già
piuttosto
inesistente in quanto vulcaniano, era a livelli follemente bassi,
come lo erano i suoi battiti che, a stento, raggiungevano i 180 al
minuto.
Gli
somministrò subito una flebo di nutrienti, ma non lo
risvegliò,
spaventato che potesse stressarsi troppo.
“Siamo
quasi arrivati.”, disse un uomo, affacciandosi al portello
della
navetta.
Bones
si alzò, nervoso.
“L'Enterprise
è in vista?”
L'altro,
Garreth, sorrise.
“Non
sono un suicida. Vi lasceremo solo abbastanza vicini. Abbiamo un
accordo, McCoy: la vita del vulcaniano e lei dimenticherà di
averci
visti per il tempo necessario.”
Il
dottore annuì e si sedette al timone. Tuttavia,
tirò un sospiro di
sollievo solo quando la Galileo fu fuori dalla portata delle armi di
quel pirata.
Vennero
recuperati dall'Enterprise mezz'ora dopo e Bones diede subito ordine
di trasferire Spock in infermeria.
Il
dottore tenne il vulcaniano sotto stretta osservazione per una
settimana, non permettendogli di lasciare il letto per nessun motivo.
Sfortunatamente, però, non aveva potuto impedirgli anche di
pensare.
Nonostante le sue condizioni fisiche fossero tornate quasi alla
normalità, era più che evidente che Spock stesse
male. Aveva
parlato meno del solito, e persino le mirate provocazioni lanciategli
dal dottore non erano riuscite a distrarlo. Il fatto, poi, che Jim
non si fosse neanche degnato di scendere a fargli visita di certo non
era stato d'aiuto.
“Preferirei
tenerla qui ancora per qualche giorno...”, sospirò
Bones,
osservandolo vestirsi.
“Non
sarà necessario.”
“Spock...
mi dispiace per Desus. In realtà mi dispiace più
per lei che per
lui...”
“Non
ha più importanza, dottore.”, lo interruppe il
vulcaniano,
lasciando l'infermeria.
Invece
ne aveva, ne aveva sin troppa. Per quanto fosse logico considerare
chiusa l'intera vicenda, la scelta di Desus l'aveva profondamente
scosso. La sua prossima morte era un'altra da aggiungere alla lista
delle sue numerose perdite, e, nonostante tutte le premure del
dottore, ci sarebbe voluto tempo per riuscire davvero a passare
oltre. Si era aspettato di vedere Jim, durante la sua convalescenza,
ma così non era stato. Da principio aveva pensato che fosse
particolarmente impegnato con le trattative, poi però i
giorni si
erano susseguiti. Nyota, Sulu, Scott, persino Keenser erano andati da
lui, ma non il capitano.
Si
diresse verso il suo alloggio e suonò il cicalino senza
alcun
ripensamento.
“Avanti.”
Jim
sedeva alla scrivania. Si era rasato, quella mattina, e, ad un rapido
sguardo, sembrava apparire del tutto normale. Fu l'astio nei suoi
occhi azzurri a mettere il vulcaniano sulla difensiva.
“Ah,
sei tu. Dimmi quel che ti serve, Spock, sarò felice di
aiutarti. Una
navetta? Il teletrasporto? Oh, no. No, no! Ci sono: vuoi che abbassi
gli scudi, cosicché i tuoi amici romulani possano prendersi
l'Enterprise!”
“Perché
è in collera con me? Non capisco. Senza contare che quanto
ha detto
non ha il minimo senso.”
Jim
si alzò in piedi, sbattendo una mano sul piano della
scrivania.
“Non
prendermi per il culo! Dov'è il tuo fidanzato? Voglio
saperlo!”
“Su
Rura Penthe. E non è...”
“Balle!
Puoi farlo credere a McCoy, ma non a me! Ha tirato le fila di questo
incubo sin dal principio, e che io sia dannato se non lo
catturerò
per fargli dire tutto quello che sa!”
Spock
gli rivolse uno sguardo glaciale.
“Ha
preso il mio posto in quella prigione perché potessi essere
qui,
capitano. Ha fatto ammenda. Non pretendo che lei condivida il mio
stato d'animo, ma le chiedo di rispettarlo.”
“Per
quale motivo dovrei rispettare i tuoi sentimenti, quando non hai
fatto altro che calpestare i MIEI? Coraggio, tira fuori dal cappello
la scusa di essere vulcaniano, ma ti avverto: ho smesso di cascarci
già da tempo!”
“Questa
conversazione finisce qui.”
Il
comandante gli diede le spalle, più che intenzionato a
lasciare
quella stanza e il suo infantile proprietario. Sobbalzò
quando sentì
la scacchiera sorvolare di poco la sua testa, e chiuse gli occhi,
quando la vide schiantarsi sulle porte. Le pedine si sparsero
tutt'intorno con un gran frastuono.
“E'
finita, Spock.”, sibilò Jim, incattivito.
L'altro
gli scoccò un'occhiata piena di risentimento.
“Non
si può finire qualcosa che non si è neanche
cominciato.”
“Allora
siamo fortunati.”
“Mi
avrebbe lasciato lì a morire, capitano!”, quella
frase gli sfuggì
prima che potesse vagliarla adeguatamente, ma, tutto sommato, Spock
non se ne pentì.
“Non
mi avevi lasciato alcuna scelta! Cosa avrei dovuto fare? Scatenare
una guerra interplanetaria per salvarti il culo sino alla prossima
volta? Per vederti tradire la Federazione e andartene su
Romulus?!”
“Lasciare
la Federazione non è mai stato nelle mie intenzioni, Jim!
Per il
resto confidavo nella sua intelligenza. Desus non ha alcuna dote
più
di lei. L'unica logica ragione per cui il suo soccorso è
riuscito è
dovuto unicamente al fatto che lei non voleva tirarmi fuori da Rura
Penthe! L'ho vista fare miracoli, in questi due anni, ma è
chiaro
che non ne volesse compiere uno per me.”
“Ci
sei andato a letto?”
Spock
si irrigidì, pieno di sdegno e di rancore.
“Non
vedo come questo possa essere rilevante.”
“È
un sì?”, ringhiò il capitano.
“Se
anche fosse, e non è mia intenzione chiarirlo, continuo a
non
vederne la rilevanza.”
“Esigo
una risposta!”
Spock
sapeva che sarebbe bastato un “no”, per far star
meglio Jim, ma
non aveva alcuna intenzione di concederglielo. Era ferito da tanta
ottusità, ferito dal crollo dell'illusione di poter far
andare le
cose per il meglio almeno con il capitano, ferito dalla sua
ipocrisia, dal momento che lui aveva davvero avuto innumerevoli
compagnie da quando Spock si era maldestramente dichiarato, mesi
prima, e non si era mai posto il problema di averlo fatto soffrire.
No,
non gli avrebbe concesso alcun dannato sollievo.
Non
riuscì ad impedire che i propri occhi si inumidissero.
“Come
ho detto: questa conversazione è finita, e con essa
qualsiasi altro
rapporto ci fosse tra noi. Rassegno le mie dimissioni.”,
sentenziò,
roco, prima di lasciare l'alloggio.
Jim
non chiuse occhio neanche quella notte, e, alle 4.37 del mattino
rinunciò del tutto e si alzò dal letto.
“Può
salvarlo?”, domandò, dopo aver raggiunto la cella
dell'ambasciatore Spock.
L'anziano
si sedette e lo guardò quasi con paterna tenerezza.
“Posso.”
Il
capitano chinò il capo, stravolto da ciò che
stava per dire:
“Spock... vuole stare con lui. E, nonostante tutto, voglio
che sia
felice. Abbiamo ancora due giorni per salvare quel bastardo, le do la
mia piena collaborazione.”
Il
sorriso esasperato sulle labbra dell'anziano vulcaniano lo sorprese.
“Hai
sentito Spock fare tale affermazione?”
“No,
ma...”
“Sei
un tale idiota...”
Jim
si strofinò gli occhi.
“Ci
siamo scontrati, pesantemente. È finita.”
L'ambasciatore
si risedette e sollevò un sopracciglio.
“Ma
davvero? Lascia che ti dica una cosa: sarà finita
un'infinità di
altre volte, ragazzo, e non lo sarà per altrettante. Non
avrei mai
pensato che, visto dall'esterno, tutto potesse apparire
così...
ridicolo.”
“Ha
rassegnato le dimissioni. Questa volta ho la sensazione che mi
scavalcherà, se gliele respingerò.”
L'anziano
si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato.
“Tu
fallo, si renderà conto da solo di aver sbagliato, ma non
pensare
che non te le ripresenti, in futuro. In fin dei conti è
sempre stato
così: Jim diceva “è finita”,
io rassegnavo le dimissioni per
ribadire il medesimo concetto, e alla fine nessuno dei due era
davvero così convinto delle proprie posizioni.”
“La
fa sembrare semplice.”
“Perché
è semplice.
Potrei dirti uno per uno i problemi che incontrerete, ma sarebbe
inutile: siete entrambi così talentuosi che riuscireste a
crearvene
senz'altro di nuovi.”
“Forse
sarei più felice con lei, allora.”, si
sforzò di scherzare Jim.
L'anziano
scosse il capo, divertito.
“Pensiamo
a Desus, adesso.”
“L'ascolto.”
“Avrò
bisogno del signor Scott.”
Epilogo:
Quando
il capitano lo chiamò, due giorni dopo, Spock era sicuro che
fosse
per accettare le sue dimissioni. Per tutto quel tempo non aveva
richiesto la sua presenza in plancia, pertanto la sua scelta doveva
essere definitiva. Indossò la divisa e si sistemò
i capelli. Una
morsa di nostalgia gli strinse lo stomaco nel rivedere la punta della
sua frangia. Se non fosse stato per Desus non sarebbe successo nulla,
ne era consapevole, ma sapeva anche che senza il romulano non avrebbe
mai visto il vero volto del capitano. Finì di chiudere
l'ultimo
borsone con tutti i suoi effetti personali, prima di uscire in
corridoio. Il fatto stesso che Jim lo avesse convocato nell'hangar
navette gli aveva tacitamente confermato la sua teoria: quelli erano
i suoi ultimi momenti sull'Enterprise.
Si
sorprese quando trovò il capitano ad attenderlo di fronte al
turboascensore.
Lo
guardò, sorpassando la soglia, ma senza proferir parola.
“Spock...”,
cominciò quindi l'altro, una volta che le porte si furono
chiuse.
“Questa
conversazione è superflua.”
Jim
parve esitare, desolato.
“Volevo
solo... niente. Voglio che tu scelga quel che è meglio per
te.”
“Non
vedo che scelte possano?..”, Spock si interruppe quando le
porte si
aprirono e, a una decina di metri da lui, vide Desus seduto su una
cassa. Il dottor McCoy era chino su di lui e lo stava esaminando,
borbottando e lamentandosi sommessamente perché
“non sapeva un
dannato accidenti della sua fisiologia”.
“Me
la cavo ancora con i miracoli...”, commentò Jim,
tristemente, “E
sono ancora capace di fare la scelta giusta.”
Il
vulcaniano mosse qualche esitante passo fuori dal turboascensore.
“Jim...”,
mormorò, voltandosi, ma le porte si chiusero tra loro: il
capitano
poteva fare molte cose, ma guardarlo andare via non era tra queste.
“Spock!”,
esclamò Desus, raggiungendolo.
“Com'è
possibile?”
“Non
so dove il tuo capitano abbia preso quel proiettore olografico,
né
come abbia fatto a render tutto così... così
reale. È una
tecnologia di cui non sappiamo assolutamente nulla su
Romulus!”
Il
vulcaniano sollevò un sopracciglio.
“E
non ne dovranno sapere nulla.”
Desus
sorrise.
“Non
tornerò nell'Impero. Se venissero a sapere che sono ancora
vivo, non
avrei scampo. Restare ufficialmente morto è l'unica via, per
il
momento.”, gli strinse le mani con forza: “Vieni
con me, Spock.
Potremmo fare grandi cose, insieme. Vrih è vecchio, una
volta che
sarà morto potremmo rientrare a Romulus. So come infiltrarmi
nei
giochi di potere, la pace non è mai stata tanto
vicina!”
Spock
guardò McCoy, che sembrava starlo pregando con lo sguardo di
rifiutare. Deglutì e tirò indietro le mani.
“Non
posso...”
Il
sorriso di Desus si affievolì ma non si spense.
“Dovevo
fare un tentativo. Ma se cambi idea, chiedi al vecchio bastardo, lui
sa dove sto andando.”
Spock
inarcò un sopracciglio.
“A
chi ti stai riferendo?”
L'altro
rise.
“Lo
sai perfettamente. Ora è meglio che vada, prima che il tuo
fidanzato
ci ripensi.”
“Jim
non è...”, scosse il capo, “Cerca di
restare vivo. Tu sei...
importante.”
“Puoi
contarci. Quello stronzo di un umano mica vivrà per sempre,
merito
una seconda possibilità!”, ironizzò
l'altro.
“Vivrà
il più a lungo possibile, come tutti noi.”, il
vulcaniano accennò
un pallidissimo sorriso, “Sarò felice di
rivederti, quando sarà
il momento.”, disse, sollevando la mano per salutarlo.
Desus
si guardò le dita, cercando maldestramente di imitarlo.
“Alla
malora!”, esclamò, abbracciandolo, e poi posando
la fronte contro
la sua, “La prossima volta che ti viene in mente di
suicidarti,
augurati che non lo scopra, o verrò a prenderti a
calci.”
Si
allontanò da lui e, levando la cassetta medica dalle mani di
McCoy,
muto spettatore, salì sulla navetta klingon che avevano
usato per
trasportarlo lì. Un istante dopo era sparito fuori dal
portello.
Spock
guardò il dottore, che sembrava sollevato dalla sua
decisione.
“Se
non avesse scelto di restare, sangue-verde, ero
pronto a
tirarla giù da quella navetta con la forza, solo per non
trovarmi
nella spiacevole situazione di provare nostalgia.”
“Sarebbe
mancato anche a me, dottore.”
“Ma
come le è venuto in... aspetti: cosa?!”
“Non
mi ripeterò.”, sentenziò il vulcaniano,
risalendo sul
turboascensore.
Si
affrettò a raggiungere gli alloggi del capitano ed attese
con
nervosismo il suo permesso, dopo aver suonato il cicalino. L'unica
risposta che ottenne fu un urlato:
“Voglio
restare solo!”
Non
tentò una seconda volta e bypassò il sistema di
sicurezza per
aprire le porte. La prima cosa che vide fu la scacchiera, di nuovo
sulla scrivania, con quasi tutte le pedine al loro posto.
Colpì con
il piede l'alfiere nero e si chinò a raccoglierlo.
Il
capitano, intento a cercare la pedina mancante sotto il letto, non si
voltò neppure.
“Bones,
non voglio parlarne. Più tardi verrò in
infermeria. Non darmi il
tormento...”
“Ho
io l'alfiere nero.”
Jim
si rialzò immediatamente, il viso trasfigurato dalla
sorpresa.
“Spock!..”,
ma la sua espressione mutò subito, “Se sei qui
per...”
“Voglio
ritirare le mie dimissioni.”, lo zittì il
vulcaniano.
Non
ricevette una risposta.
Le
sue spalle urtarono con forza contro la parete per l'impeto con cui
Jim gli si era buttato addosso. Sentì le sue mani
carezzargli,
concitate, i capelli e il viso, e guardò i suoi disperati
occhi blu,
ad un palmo dai propri.
“Lo
so che...”
La
bocca di Spock lo zittì, inaspettata, in un bacio caldo,
carico di
un desiderio colmo di incertezze.
Jim
lo strinse ancora, afflitto dal terrore che, da un momento all'altro,
potesse scivolargli via dalle dita e sparire per sempre. Per tutta la
vita aveva avuto il terrore della solitudine, della mancanza di
controllo. Per questo aveva cercato di tenersi lontano dal fuoco, ma
ormai stava bruciando e non poteva più tornare indietro.
Sperava
solo che Spock restasse il più a lungo possibile.
Fine
Note:
1)
Qo'noS: Kronos, il pianeta natale dei klingon.
2)
Due settimane terrestri.
3)
Sempre da Wikipedia: Rura
Penthe è un asteroide impiegato come colonia penale
dall'Impero
Klingon, posizionato circa al bordo dei confini della Federazione dei
Pianeti Uniti. Esso è ben noto anche con il soprannome di
"il
cimitero degli alieni". La temperatura sulla superficie è
estremamente bassa e l'asteroide è completamente rivestito
di
ghiacciai. Senza un abbigliamento adeguato, nessuna forma di vita
può
sopravvivere sulla superficie, per questo motivo la maggior parte
delle attività di estrazione sono svolte nel sottosuolo. Uno
scudo
magnetico circonda la miniera e una vasta area circostante, impedendo
che i prigionieri possano essere teletrasportati. Non ci sono
ulteriori misure di sicurezza, poiché sono largamente
superflue dato
il rigido clima di superficie.
NdA:
Eccoci
qui, giunti alla fine ^^, spero che la storia vi sia piaciuta e di
non aver fatto troppi strafalcioni vari ed eventuali. Lo scriverla in
sé non è stato difficile, riuscire a sgarrare
solo (?) di quindici
pagine, invece, è stata una vera sfida. In venti, purtroppo,
non ci
sarebbe stata. Ringrazio Lara (la Giudice) e le altre partecipanti
per aver chiuso un occhio sulla mia effrazione. Ovviamente ringrazio
anche tutti quelli che hanno seguito la storia qui su EFP e chi l'ha
recensita. In cantiere c'è un ipotetico seguito (che sia
Neimann che
Baldr stanno riguardando passo per passo, cercando di confortarmi in
ogni paranoia. Fanciulle, avete tutta la mia vulcaniana
gratitudine!). Al momento non so ancora se vedrà la luce,
nel caso
lo farà solo ed esclusivamente quando avrò finito
di scriverlo,
perché ho già fin troppe storie in sospeso e non
voglio lasciarne
altre.
Grazie
a tutti, un bacione,
Ros.
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