Capitolo 20
Jill aveva il fiato
corto, sebbene i suoi colpi non avevano ancora perso potenza.
Parò un attacco e restituì l’affondo,
balzando subito indietro per evitare l’ascia
dell’Orco.
Cominciò a
chiedersi quando gli Uruk-hai avrebbero desistito.
“ Mai, se
Saruman ha ordinato loro di riportarmi a Isengard.”
Strinse i denti e
s’affiancò al lupo. Non avrebbe permesso allo
Stregone Bianco di ricatturarla, a costo di rimetterci la pelle.
Lo stesso pensiero
volò nella mente di Legolas, che tuttavia si chiedeva il
motivo di tanto accanimento. Credeva che il loro obiettivo fosse
l’Anello. Che valore poteva avere un’apprendista,
benché abile spadaccina, per un Istari del calibro di
Saruman?
Huan
s’avventò furioso su un Uruk-hai che
s’era avvicinato troppo alla Corsara e gli staccò
la testa con un solo morso.
Reso intelligente
dall’artefice delle sue sofferenze, capiva fin troppo bene
che gli attacchi degli Orchi erano finalizzati ad uccidere lui e
l’Elfo, ma non la fanciulla. Probabilmente avevano ricevuto
l’ordine di catturarla.
Ma lui non lo avrebbe
mai permesso, a costo di scontrarsi con lo Stregone stesso.
Ricordava fin troppo
bene l’odore di quell’uomo: magia. Tutto il suo
corpo emanava un intenso odore di magia. Allora aveva provato disgusto
per quel sentore tanto forte da stordirlo. Ma poi aveva incontrato Jill.
Anche lei emanava un
odore simile: meno forte, ma ugualmente intenso. Un profumo fresco e
gradevole, di vento, di acqua e di sale.
Si voltò a
guardare la sua compagna combattere contro un Orco. La Corsara era
più bassa di statura e minuta nella corporatura, eppure
teneva testa al suo avversario con coraggio. Ma c’era
dell’altro in quella fanciulla, e Huan se n’era da
tempo accorto. Non sapeva dire di cosa si trattasse, nemmeno se fosse
qualcosa di benigno o malvagio. Tuttavia lo sentiva ribollire inquieto,
segno che qualunque cosa fosse stava per risvegliarsi.
Di sicuro anche lo
Stregone Bianco se n’era accorto. Il lupo era certo che fosse
quel qualcosa
ad attirarlo tanto e che potesse rivelarsi molto pericoloso nelle mani
di un uomo che aveva perso ogni barlume di ragione.
Il suono di un corno
infranse l’aria.
-
È il corno di Gondor! –
Il richiamo
squillò ancora nella foresta e i combattenti seppero che
l’Uomo aveva bisogno d’aiuto.
Gli Uruk-hai parvero
cambiare idea sulla priorità della loro missione e si
mossero in direzione della fonte del suono.
Jill balzò
sul dorso di Huan e mulinando la spada nell’aria
aiutò il lupo ad aprire una breccia tra le file degli
avversari. Legolas si affiancò alla coppia, agile e
scattante anche nel fitto sottobosco.
Quando arrivarono sul
luogo della battaglia notarono che Aragorn li aveva preceduti e presto
vennero raggiunti da Gimli, che correva trafelato menando micidiali
fendenti con la sua ascia. Gli Orchi si stavano ritirando.
Boromir giaceva a
terra, trafitto da tre lunghe frecce nere. Erano arrivati troppo tardi.
Un pensiero terribile
attraversò la mente di Jill. Corse appresso al soldato di
Gondor e s’inginocchiò accanto a lui. Gli
sollevò leggermente il capo, fissando il suo volto pallido.
Conosceva bene quel colorito e quello sguardo sempre più
appannato. Sentì una fitta al cuore e si morse le labbra.
Per la prima volta da
quando l’aveva conosciuto stabilì un contatto
mentale con lui.
“ Coraggio,
non mollare, Boromir!”
L’uomo emise
un secco rantolo e trasse il respiro con difficoltà. Jill
credette di vedere un accenno di sorriso.
-
J-Jill, dov’è F-Frodo? –
La fanciulla
sgranò gli occhi, per un attimo spaventata dalla terribile
possibilità che tutto fosse andato perduto.
Proiettò la
sua coscienza tutto attorno a lei e il suo pensiero
serpeggiò tra gli alberi e i cespugli, negli anfratti
più profondi della foresta, alla disperata ricerca di un
segno, una traccia, una scia che potesse guidarla.
La trovò
vicino al fiume. Ma non vi erano Uruk-hai nei paraggi.
Corrugò la fronte, perplessa, e un’idea le
balzò alla mente.
Adagiò
nuovamente Boromir a terra e lo baciò sulla fronte col cuore
diviso in due: una parte di lei voleva restare vicino al compagno che
stava per spegnersi, mentre l’altra voleva a tutti i costi
raggiungere Frodo prima che fosse troppo tardi.
Lacrime amare le
rigarono il volto e Jill s’alzò.
“ Spero che
ci rincontreremo, un giorno” gli disse.
Fece per voltarsi,
quando si rammentò dell’augurio che i Corsari
erano soliti fare ai compagni che stavano per esalare
l’ultimo respiro.
“ Ti auguro
buon viaggio, uomo di Gondor.”
E corse via.
Legolas la vide
fuggire in lacrime e desiderò poterla inseguire. Ma Aragorn
e Gimli stavano ancora lottando e il principe di Bosco Atro decise di
restare a dar loro manforte.
Intuiva cosa, o meglio
chi, mettesse le ali ai piedi della fanciulla.
Jill correva a
perdifiato nella foresta, augurandosi di arrivare in tempo. Non se lo
sarebbe mai perdonato se fosse arrivata in ritardo. Mai.
Le lacrime le
offuscavano la vista e la Corsara inciampò.
Ruzzolò a terra e le sue mani si graffiarono. Ma non se ne
accorse e si rialzò immediatamente.
Correva di nuovo, ora.
Correva e pensava. Pensava a Frodo che stava per lasciarli, a coloro
che ancora combattevano, a Boromir.
“
Boromir…”
Non ricordava che
fossero mai stati d’accordo su qualcosa, eppure il suo cuore
era colmo di sincero dolore. Sotto la scorza di duro e orgoglioso
guerriero, sapeva che l’uomo di Gondor celava un cuore
generoso e un animo gentile. Lo dimostrava l’istinto
protettivo nei confronti di Merry e Pipino.
“
Boromir…”
Quante cose avrebbe
voluto dirgli, di quanti battibecchi avrebbe voluto scusarsi.
“
Boromir…”
Avrebbe voluto
potergli parlare della sua gente e descrivergli le sensazioni che
provava un Corsaro.
“
Boromir…”
Perché non
lo aveva mai fatto? Perché si era sempre ostinata a vedere
in lui solo una persona boriosa e prepotente?
“
Boromir…”
E ora era troppo tardi.
“ Mi
dispiace!” urlò dentro di sé,
desiderando di poter dare fiato ai suoi polmoni e far risuonare il suo
grido d’amarezza in tutta la foresta.
Quando giunse sulla
riva dell’Anduin Frodo stava preparando il suo zaino.
Riponeva i generi di prima necessità nel bagaglio, i gesti
rapidi e disattenti, quasi fosse perso in altri pensieri.
Jill stette a
guardarlo qualche secondo e già sentiva un gusto amaro in
bocca. Ormai era abituata agli addii, eppure trovava difficile
accettare che un’altra persona stesse uscendo dalla sua vita.
Inspirò profondamente, dicendosi che di sicuro si sarebbero
rincontrati, alla fine di quel folle viaggio.
Fece un passo avanti
ed uscì dall’ombra. L’Hobbit
s’accorse della sua presenza e sollevò lo sguardo,
sgranando gli occhi come fosse stato colto sulla scena di un crimine.
“ Te ne
vai?” gli comunicò lei.
-
S-sì… - arrossì lui.
“ Lo
immaginavo” gli sorrise mestamente lei.
Frodo
abbassò lo sguardo.
Mentre si preparava a
partire pensava che avrebbe voluto salutare un’ultima volta i
membri della Compagnia. Ma sapeva che se Sam fosse venuto a conoscenza
del suo piano l’avrebbe seguito, fino in capo al mondo, se
necessario.
Dunque aveva deciso di
partire il più in fretta possibile, per evitare dolorosi e
difficili addii. Eppure avrebbe tanto desiderato poter vedere
un’ultima volta la Corsara…
Ora che si era
materializzata di fronte a lui, però, la sua risolutezza
vacillò.
“
Credo…” gli giunse il suo pensiero “
Credo che sia la decisione più giusta.”
Alzò i
grandi occhi azzurri su di lei e vide il volto della Corsara rigato di
lacrime. Il sorriso era incoraggiante, sebbene amaro, e gli occhi scuri
lo fissavano teneramente. I capelli rossi erano sporchi,
così come la tenuta da cacciatore elfico, su cui si aprivano
alcune piccole lacerazioni. Frodo immaginò che avesse
combattuto strenuamente contro gli Orchi e provò ammirazione
per quella giovane donna tanto coraggiosa e forte.
-
I-io… - balbettò in un sussurro
– ho paura… -
Per un attimo si
vergognò di quelle parole che mettevano a nudo la sua
debolezza. Ma il sorriso di Jill s’allargò e la
fanciulla s’avvicinò, inchinandosi
all’altezza del suo viso.
“
È normale avere paura” lo rassicurò,
accarezzandogli il volto “Anche io ho paura, sebbene tenti di
non darlo troppo a vedere. Tutti hanno paura; sono i sentimenti ad
accomunare le razze tra loro: Elfi, Nani, Uomini e Hobbit.
L’importante è non permettere alla paura di
frenarci.”
-
Tu come fai? –
“ Come fanno
molte altre persone, credo: traggo un profondo respiro e stringo i
denti. Penso al motivo per cui sto lottando e da questo traggo forza.
Pensa al motivo per cui stai facendo tutto questo, Frodo.”
L’Hobbit
parve pensarci un attimo su.
-
Penso… Penso che lo sto facendo per la Contea. Per
proteggere la Contea e i suoi abitanti. E per evitare che la
malvagità di Sauron distrugga il mondo bello e pieno di vita
che ho appena adocchiato in questo viaggio. –
Jill si
sentì commossa e allo stesso tempo turbata dai nobili
sentimenti dell’Hobbit. Lei non combatteva per preservare
qualcosa o proteggere qualcuno: i luoghi a lei cari erano andati
distrutti tempo fa e le persone che amava erano morte. Lei non era
mossa da elevati principi, lei desiderava unicamente vendicarsi per
tutto il male che le era stato fatto.
Improvvisamente si
sentì piccola e miserabile e provò vergogna di se
stessa. Ma scacciò in fretta quei pensieri: la vendetta era
l’unica cosa che la spingeva ad andare avanti.
Jill lo
aiutò a issare lo zaino sull’imbarcazione e spinse
la canoa in acqua.
-
Ci rivedremo, non è vero, Jill? - le chiese ancora
lui, speranzoso.
Lei annuì
con decisione. Si portò la mano destra alla fronte, poi al
petto, si batté il pugno sul cuore e fece un piccolo inchino.
Frodo le sorrise e si
voltò, cominciando a pagaiare. Jill lo guardò
allontanarsi lentamente dalla riva.
Un’ombra
sfrecciò rapida vicino a lei e si gettò in acqua.
La Corsara sgranò gli occhi alla vista di Sam che procedeva
a grandi passi nell’acqua.
-
PADRON FRODO! PADRON FRODO! – urlava a squarciagola.
Il Portatore
dell’Anello non si voltò, continuando a remare
nonostante avesse di sicuro sentito.
Sam non demorse e,
zaino in spalla, avanzò nell’acqua sempre
più alta. Jill non osò intervenire, sperando
solamente che quell’Hobbit cocciuto sapesse nuotare.
Frodo smise di remare
e si voltò, dapprima ordinando, poi quasi implorando
all’amico di tornare indietro. Ma questi procedeva
imperterrito. Era ormai arrivato nel punto più profondo del
fiume e Jill lo vide annaspare nell’acqua. Finchè
le sue paure non si realizzarono. Sam scomparve tra i flutti senza
accennare a riemergere: non sapeva nuotare!
Schizzò
verso l’acqua, pronta a tuffarsi, ma Frodo fu più
rapido. Affondò un braccio nell’acqua e
afferrò la mano di Sam, facendolo riemergere e aiutandolo a
issarsi sulla barca.
La Corsara trasse un
sospiro di sollievo: quei maledetti Hobbit erano più
sconsiderati di lei.
Quando Legolas,
Aragorn e Gimli arrivarono sulla riva dell’Anduin, seguiti a
distanza da Huan, portavano sulle spalle il corpo di Boromir.
Frodo e Sam stavano
raggiungendo la sponda opposta, senza voltarsi indietro. Jill stava
ritta con l’acqua fino alle ginocchia, lo sguardo fisso sui
due Hobbit.
Si riscosse al
sopraggiungere dei compagni e li aiutò ad adagiare il corpo
del soldato di Gondor in un’imbarcazione. Sul petto posero il
grande scudo recante lo stemma della sua famiglia e la spada che gli
era appartenuta in vita. Poi fecero scivolare la canoa nel fiume. La
osservarono allontanarsi, spinta dalla corrente dell’Anduin.
Stavano ritti sulla sponda, in silenzio: un Uomo, un Elfo, una Corsara
e un Nano. Ognuno di loro pregò silenziosamente per il
compagno deceduto, augurandogli di raggiungere i suoi antenati.
Guardarono
l’imbarcazione acquistare velocità in
prossimità delle cascate. E infine scomparire.
I due Hobbit erano
smontati dall’imbarcazione e si stavano inoltrando a passo
spedito tra la vegetazione.
Legolas fu lesto
nell’avvicinarsi a una canoa e spingerla in acqua, dicendo
che potevano ancora raggiungerli. Ma voltatosi a guardare
l’espressione dei suoi compagni si fermò.
S’avvicinò
ad Aragorn, che s’ostinava a non alzare gli occhi sul fiume.
-
Non intendi seguirli. –
Era una constatazione,
non una domanda. Un’occhiata all’espressione cupa
di Jill non fece che confermare le sue parole.
-
Allora è stato tutto inutile. –
udì le parole di Gimli – La Compagnia ha fallito.
–
Jill si
voltò a guardare Aragorn, in cerca di rassicurazioni.
L’eventualità che le parole del Nano
corrispondessero al vero era inaccettabile. Non dopo tutta la strada
che avevano fatto, i pericoli che avevano affrontato, i compagni che
avevano perso.
Lesse lo stesso
sconcerto sull’espressione di Legolas e attese con ansia le
parole del Ramingo, unica guida che era loro rimasta.
Questi alzò
il capo e risoluto, si avvicinò al trio.
-
No – posò una mano sulla spalla di Gimli
e l’altra su quella di Legolas – se siamo fedeli
l’uno all’altro. Non lasceremo Merry e Pipino al
tormento e alla morte. –
Un brivido percorse la
schiena della Corsara: ecco come mai gli Uruk-hai si erano ritirati.
Immaginò i
due vivaci Hobbit in balia degli Orchi o, peggio ancora, di Saruman e
sentì la rabbia montarle nel petto.
Aragorn
intuì il suo stato d’animo da
un’occhiata.
-
Prendete solo ciò che vi occorre. –
disse, rinfoderando il suo coltello da caccia – Viaggeremo
leggeri. Andiamo a caccia di Orchi. –
Jill sorrise
ferocemente. Gimli si scambiò un’occhiata con
l’Elfo ed esultò.
Legolas sorrise del
ritrovato buon umore della Corsara e del Nano: bastava la promessa di
una battaglia per far tornare loro il buon umore.
Il Nano
agganciò le asce al suo fianco. Jill assicurò la
spada sulla schiena e pulì rapidamente i coltelli da lancio,
prima di rinfoderarli.
Poi la fanciulla
raccolse la sua sacca da viaggio e vi guardò dentro, alla
ricerca di qualcosa d’indispensabile che avrebbe voluto
portarsi appresso. Ma la svuotò quasi completamente, per poi
caricarsela sulla schiena insieme alla spada: al suo interno era
rimasto solo un oggetto rettangolare, molto simile a una scatola.
Huan seguì
il quartetto rimanente della Compagnia: Aragorn, Gimli, Jill e Legolas
correvano spediti tra gli alberi.
Osservò il
misterioso oggetto assicurato alla schiena della Corsara e
provò una morbosa curiosità di scoprire cosa
contenesse.
Ma fu solo un momento,
poi quella strana sensazione svanì.
Fine de La Corsara.
Si conclude
così il primo libro della trilogia di Eär
Lindë.
Il viaggio di Jill si
prospetta ancora lungo e costellato d’insidie.
Verrà spesso assalita dai dubbi e mille emozioni agiteranno
il suo animo: paura, rancore, gioia, dolore...e amore.
Ma un’anima
maledetta può lasciarsi guidare dagli affetti?
La sorte della Terra
di Mezzo è appesa a un filo sempre più sottile.
N.d.a.:
Ringrazio coloro che
hanno commentato la fic e spero che i lettori continuino a seguire la
vicenda con vivo interesse.
Da parte mia
cercherò di essere assidua nella pubblicazione di nuovi
capitoli.
Il prossimo libro
s’intitolerà
“L’Ulumuri”.
A presto!
Monalisasmile
|