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Autore: monalisasmile    21/09/2008    2 recensioni
La Corsara è la prima parte della trilogia di Eär Lindë (Il Canto del Mare).
Jill è una Corsara del regno di Umbar che ha assistito impotente alla distruzione della sua città per mano dell'Oscuro Signore. Raccolta da Gandalf e condotta a Isengard in qualità di apprendista dei due stregoni, è costretta alla fuga a causa del tradimento di Saruman. Ferita e confusa, bramosa di vendetta e di trovar risposta alle molte domande che l'assillano, intraprenderà un lungo viaggio attraverso la Terra di Mezzo alla ricerca di se stessa.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 20

Jill aveva il fiato corto, sebbene i suoi colpi non avevano ancora perso potenza. Parò un attacco e restituì l’affondo, balzando subito indietro per evitare l’ascia dell’Orco.
Cominciò a chiedersi quando gli Uruk-hai avrebbero desistito.
“ Mai, se Saruman ha ordinato loro di riportarmi a Isengard.”
Strinse i denti e s’affiancò al lupo. Non avrebbe permesso allo Stregone Bianco di ricatturarla, a costo di rimetterci la pelle.

Lo stesso pensiero volò nella mente di Legolas, che tuttavia si chiedeva il motivo di tanto accanimento. Credeva che il loro obiettivo fosse l’Anello. Che valore poteva avere un’apprendista, benché abile spadaccina, per un Istari del calibro di Saruman?

Huan s’avventò furioso su un Uruk-hai che s’era avvicinato troppo alla Corsara e gli staccò la testa con un solo morso.
Reso intelligente dall’artefice delle sue sofferenze, capiva fin troppo bene che gli attacchi degli Orchi erano finalizzati ad uccidere lui e l’Elfo, ma non la fanciulla. Probabilmente avevano ricevuto l’ordine di catturarla.
Ma lui non lo avrebbe mai permesso, a costo di scontrarsi con lo Stregone stesso.
Ricordava fin troppo bene l’odore di quell’uomo: magia. Tutto il suo corpo emanava un intenso odore di magia. Allora aveva provato disgusto per quel sentore tanto forte da stordirlo. Ma poi aveva incontrato Jill.
Anche lei emanava un odore simile: meno forte, ma ugualmente intenso. Un profumo fresco e gradevole, di vento, di acqua e di sale.
Si voltò a guardare la sua compagna combattere contro un Orco. La Corsara era più bassa di statura e minuta nella corporatura, eppure teneva testa al suo avversario con coraggio. Ma c’era dell’altro in quella fanciulla, e Huan se n’era da tempo accorto. Non sapeva dire di cosa si trattasse, nemmeno se fosse qualcosa di benigno o malvagio. Tuttavia lo sentiva ribollire inquieto, segno che qualunque cosa fosse stava per risvegliarsi.
Di sicuro anche lo Stregone Bianco se n’era accorto. Il lupo era certo che fosse quel qualcosa ad attirarlo tanto e che potesse rivelarsi molto pericoloso nelle mani di un uomo che aveva perso ogni barlume di ragione.

Il suono di un corno infranse l’aria.
-    È il corno di Gondor! –
Il richiamo squillò ancora nella foresta e i combattenti seppero che l’Uomo aveva bisogno d’aiuto.
Gli Uruk-hai parvero cambiare idea sulla priorità della loro missione e si mossero in direzione della fonte del suono.
Jill balzò sul dorso di Huan e mulinando la spada nell’aria aiutò il lupo ad aprire una breccia tra le file degli avversari. Legolas si affiancò alla coppia, agile e scattante anche nel fitto sottobosco.

Quando arrivarono sul luogo della battaglia notarono che Aragorn li aveva preceduti e presto vennero raggiunti da Gimli, che correva trafelato menando micidiali fendenti con la sua ascia. Gli Orchi si stavano ritirando.
Boromir giaceva a terra, trafitto da tre lunghe frecce nere. Erano arrivati troppo tardi.

Un pensiero terribile attraversò la mente di Jill. Corse appresso al soldato di Gondor e s’inginocchiò accanto a lui. Gli sollevò leggermente il capo, fissando il suo volto pallido. Conosceva bene quel colorito e quello sguardo sempre più appannato. Sentì una fitta al cuore e si morse le labbra.
Per la prima volta da quando l’aveva conosciuto stabilì un contatto mentale con lui.
“ Coraggio, non mollare, Boromir!”
L’uomo emise un secco rantolo e trasse il respiro con difficoltà. Jill credette di vedere un accenno di sorriso.
-    J-Jill, dov’è F-Frodo? –
La fanciulla sgranò gli occhi, per un attimo spaventata dalla terribile possibilità che tutto fosse andato perduto.
Proiettò la sua coscienza tutto attorno a lei e il suo pensiero serpeggiò tra gli alberi e i cespugli, negli anfratti più profondi della foresta, alla disperata ricerca di un segno, una traccia, una scia che potesse guidarla.
La trovò vicino al fiume. Ma non vi erano Uruk-hai nei paraggi. Corrugò la fronte, perplessa, e un’idea le balzò alla mente.
Adagiò nuovamente Boromir a terra e lo baciò sulla fronte col cuore diviso in due: una parte di lei voleva restare vicino al compagno che stava per spegnersi, mentre l’altra voleva a tutti i costi raggiungere Frodo prima che fosse troppo tardi.
Lacrime amare le rigarono il volto e Jill s’alzò.
“ Spero che ci rincontreremo, un giorno” gli disse.
Fece per voltarsi, quando si rammentò dell’augurio che i Corsari erano soliti fare ai compagni che stavano per esalare l’ultimo respiro.
“ Ti auguro buon viaggio, uomo di Gondor.”
E corse via.

Legolas la vide fuggire in lacrime e desiderò poterla inseguire. Ma Aragorn e Gimli stavano ancora lottando e il principe di Bosco Atro decise di restare a dar loro manforte.
Intuiva cosa, o meglio chi, mettesse le ali ai piedi della fanciulla.

Jill correva a perdifiato nella foresta, augurandosi di arrivare in tempo. Non se lo sarebbe mai perdonato se fosse arrivata in ritardo. Mai.
Le lacrime le offuscavano la vista e la Corsara inciampò. Ruzzolò a terra e le sue mani si graffiarono. Ma non se ne accorse e si rialzò immediatamente.
Correva di nuovo, ora. Correva e pensava. Pensava a Frodo che stava per lasciarli, a coloro che ancora combattevano, a Boromir.
“ Boromir…”
Non ricordava che fossero mai stati d’accordo su qualcosa, eppure il suo cuore era colmo di sincero dolore. Sotto la scorza di duro e orgoglioso guerriero, sapeva che l’uomo di Gondor celava un cuore generoso e un animo gentile. Lo dimostrava l’istinto protettivo nei confronti di Merry e Pipino.
“ Boromir…”
Quante cose avrebbe voluto dirgli, di quanti battibecchi avrebbe voluto scusarsi.
“ Boromir…”
Avrebbe voluto potergli parlare della sua gente e descrivergli le sensazioni che provava un Corsaro.
“ Boromir…”
Perché non lo aveva mai fatto? Perché si era sempre ostinata a vedere in lui solo una persona boriosa e prepotente?
“ Boromir…”
E ora era troppo tardi.
“ Mi dispiace!” urlò dentro di sé, desiderando di poter dare fiato ai suoi polmoni e far risuonare il suo grido d’amarezza in tutta la foresta.

Quando giunse sulla riva dell’Anduin Frodo stava preparando il suo zaino. Riponeva i generi di prima necessità nel bagaglio, i gesti rapidi e disattenti, quasi fosse perso in altri pensieri.
Jill stette a guardarlo qualche secondo e già sentiva un gusto amaro in bocca. Ormai era abituata agli addii, eppure trovava difficile accettare che un’altra persona stesse uscendo dalla sua vita. Inspirò profondamente, dicendosi che di sicuro si sarebbero rincontrati, alla fine di quel folle viaggio.
Fece un passo avanti ed uscì dall’ombra. L’Hobbit s’accorse della sua presenza e sollevò lo sguardo, sgranando gli occhi come fosse stato colto sulla scena di un crimine.
“ Te ne vai?” gli comunicò lei.
-    S-sì… - arrossì lui.
“ Lo immaginavo” gli sorrise mestamente lei.

Frodo abbassò lo sguardo.
Mentre si preparava a partire pensava che avrebbe voluto salutare un’ultima volta i membri della Compagnia. Ma sapeva che se Sam fosse venuto a conoscenza del suo piano l’avrebbe seguito, fino in capo al mondo, se necessario.
Dunque aveva deciso di partire il più in fretta possibile, per evitare dolorosi e difficili addii. Eppure avrebbe tanto desiderato poter vedere un’ultima volta la Corsara…
Ora che si era materializzata di fronte a lui, però, la sua risolutezza vacillò.
“ Credo…” gli giunse il suo pensiero “ Credo che sia la decisione più giusta.”
Alzò i grandi occhi azzurri su di lei e vide il volto della Corsara rigato di lacrime. Il sorriso era incoraggiante, sebbene amaro, e gli occhi scuri lo fissavano teneramente. I capelli rossi erano sporchi, così come la tenuta da cacciatore elfico, su cui si aprivano alcune piccole lacerazioni. Frodo immaginò che avesse combattuto strenuamente contro gli Orchi e provò ammirazione per quella giovane donna tanto coraggiosa e forte.
-    I-io… - balbettò in un sussurro – ho paura… -
Per un attimo si vergognò di quelle parole che mettevano a nudo la sua debolezza. Ma il sorriso di Jill s’allargò e la fanciulla s’avvicinò, inchinandosi all’altezza del suo viso.
“ È normale avere paura” lo rassicurò, accarezzandogli il volto “Anche io ho paura, sebbene tenti di non darlo troppo a vedere. Tutti hanno paura; sono i sentimenti ad accomunare le razze tra loro: Elfi, Nani, Uomini e Hobbit. L’importante è non permettere alla paura di frenarci.”
-    Tu come fai? –
“ Come fanno molte altre persone, credo: traggo un profondo respiro e stringo i denti. Penso al motivo per cui sto lottando e da questo traggo forza. Pensa al motivo per cui stai facendo tutto questo, Frodo.”

L’Hobbit parve pensarci un attimo su.
-    Penso… Penso che lo sto facendo per la Contea. Per proteggere la Contea e i suoi abitanti. E per evitare che la malvagità di Sauron distrugga il mondo bello e pieno di vita che ho appena adocchiato in questo viaggio. –
Jill si sentì commossa e allo stesso tempo turbata dai nobili sentimenti dell’Hobbit. Lei non combatteva per preservare qualcosa o proteggere qualcuno: i luoghi a lei cari erano andati distrutti tempo fa e le persone che amava erano morte. Lei non era mossa da elevati principi, lei desiderava unicamente vendicarsi per tutto il male che le era stato fatto.
Improvvisamente si sentì piccola e miserabile e provò vergogna di se stessa. Ma scacciò in fretta quei pensieri: la vendetta era l’unica cosa che la spingeva ad andare avanti.

Jill lo aiutò a issare lo zaino sull’imbarcazione e spinse la canoa in acqua.
-    Ci rivedremo, non è vero, Jill? - le chiese ancora lui, speranzoso.
Lei annuì con decisione. Si portò la mano destra alla fronte, poi al petto, si batté il pugno sul cuore e fece un piccolo inchino.
Frodo le sorrise e si voltò, cominciando a pagaiare. Jill lo guardò allontanarsi lentamente dalla riva.
Un’ombra sfrecciò rapida vicino a lei e si gettò in acqua. La Corsara sgranò gli occhi alla vista di Sam che procedeva a grandi passi nell’acqua.
-    PADRON FRODO! PADRON FRODO! – urlava a squarciagola.
Il Portatore dell’Anello non si voltò, continuando a remare nonostante avesse di sicuro sentito.
Sam non demorse e, zaino in spalla, avanzò nell’acqua sempre più alta. Jill non osò intervenire, sperando solamente che quell’Hobbit cocciuto sapesse nuotare.
Frodo smise di remare e si voltò, dapprima ordinando, poi quasi implorando all’amico di tornare indietro. Ma questi procedeva imperterrito. Era ormai arrivato nel punto più profondo del fiume e Jill lo vide annaspare nell’acqua. Finchè le sue paure non si realizzarono. Sam scomparve tra i flutti senza accennare a riemergere: non sapeva nuotare!
Schizzò verso l’acqua, pronta a tuffarsi, ma Frodo fu più rapido. Affondò un braccio nell’acqua e afferrò la mano di Sam, facendolo riemergere e aiutandolo a issarsi sulla barca.
La Corsara trasse un sospiro di sollievo: quei maledetti Hobbit erano più sconsiderati di lei.

Quando Legolas, Aragorn e Gimli arrivarono sulla riva dell’Anduin, seguiti a distanza da Huan, portavano sulle spalle il corpo di Boromir.
Frodo e Sam stavano raggiungendo la sponda opposta, senza voltarsi indietro. Jill stava ritta con l’acqua fino alle ginocchia, lo sguardo fisso sui due Hobbit.
Si riscosse al sopraggiungere dei compagni e li aiutò ad adagiare il corpo del soldato di Gondor in un’imbarcazione. Sul petto posero il grande scudo recante lo stemma della sua famiglia e la spada che gli era appartenuta in vita. Poi fecero scivolare la canoa nel fiume. La osservarono allontanarsi, spinta dalla corrente dell’Anduin. Stavano ritti sulla sponda, in silenzio: un Uomo, un Elfo, una Corsara e un Nano. Ognuno di loro pregò silenziosamente per il compagno deceduto, augurandogli di raggiungere i suoi antenati.
Guardarono l’imbarcazione acquistare velocità in prossimità delle cascate. E infine scomparire.

I due Hobbit erano smontati dall’imbarcazione e si stavano inoltrando a passo spedito tra la vegetazione.
Legolas fu lesto nell’avvicinarsi a una canoa e spingerla in acqua, dicendo che potevano ancora raggiungerli. Ma voltatosi a guardare l’espressione dei suoi compagni si fermò.
S’avvicinò ad Aragorn, che s’ostinava a non alzare gli occhi sul fiume.
-    Non intendi seguirli. –
Era una constatazione, non una domanda. Un’occhiata all’espressione cupa di Jill non fece che confermare le sue parole.

-    Allora è stato tutto inutile. – udì le parole di Gimli – La Compagnia ha fallito. –
Jill si voltò a guardare Aragorn, in cerca di rassicurazioni. L’eventualità che le parole del Nano corrispondessero al vero era inaccettabile. Non dopo tutta la strada che avevano fatto, i pericoli che avevano affrontato, i compagni che avevano perso.
Lesse lo stesso sconcerto sull’espressione di Legolas e attese con ansia le parole del Ramingo, unica guida che era loro rimasta.
Questi alzò il capo e risoluto, si avvicinò al trio.
-    No – posò una mano sulla spalla di Gimli e l’altra su quella di Legolas – se siamo fedeli l’uno all’altro. Non lasceremo Merry e Pipino al tormento e alla morte. –
Un brivido percorse la schiena della Corsara: ecco come mai gli Uruk-hai si erano ritirati.
Immaginò i due vivaci Hobbit in balia degli Orchi o, peggio ancora, di Saruman e sentì la rabbia montarle nel petto.
Aragorn intuì il suo stato d’animo da un’occhiata.
-    Prendete solo ciò che vi occorre. – disse, rinfoderando il suo coltello da caccia – Viaggeremo leggeri. Andiamo a caccia di Orchi. –
Jill sorrise ferocemente. Gimli si scambiò un’occhiata con l’Elfo ed esultò.

Legolas sorrise del ritrovato buon umore della Corsara e del Nano: bastava la promessa di una battaglia per far tornare loro il buon umore.
Il Nano agganciò le asce al suo fianco. Jill assicurò la spada sulla schiena e pulì rapidamente i coltelli da lancio, prima di rinfoderarli.
Poi la fanciulla raccolse la sua sacca da viaggio e vi guardò dentro, alla ricerca di qualcosa d’indispensabile che avrebbe voluto portarsi appresso. Ma la svuotò quasi completamente, per poi caricarsela sulla schiena insieme alla spada: al suo interno era rimasto solo un oggetto rettangolare, molto simile a una scatola.

Huan seguì il quartetto rimanente della Compagnia: Aragorn, Gimli, Jill e Legolas correvano spediti tra gli alberi.
Osservò il misterioso oggetto assicurato alla schiena della Corsara e provò una morbosa curiosità di scoprire cosa contenesse.
Ma fu solo un momento, poi quella strana sensazione svanì.

Fine de La Corsara.




Si conclude così il primo libro della trilogia di Eär Lindë.
Il viaggio di Jill si prospetta ancora lungo e costellato d’insidie. Verrà spesso assalita dai dubbi e mille emozioni agiteranno il suo animo: paura, rancore, gioia, dolore...e amore.
Ma un’anima maledetta può lasciarsi guidare dagli affetti?
La sorte della Terra di Mezzo è appesa a un filo sempre più sottile.






N.d.a.:
Ringrazio coloro che hanno commentato la fic e spero che i lettori continuino a seguire la vicenda con vivo interesse.
Da parte mia cercherò di essere assidua nella pubblicazione di nuovi capitoli.
Il prossimo libro s’intitolerà “L’Ulumuri”.
A presto!
Monalisasmile
  
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