*You’ll
never be alone again.*
L’
amore è più di qualche
lacrima. L’amore è più di ogni cosa.
Del tradimento. Del rancore. Della rabbia.
L’amore è su ogni cosa, il
sentimento più forte che esista.
Sdraiato
sul letto di una camera d’albergo, coperto fino al bacino da
fresche lenzuola
bianche e ripetendosi quelle parole nella mente come ad
auto-flagellarsi, Irvine
pensava.
Pensava
all’amore.
Aveva
mai amato lui? O meglio, era mai stato in
grado di amare?
E se
nemmeno lui sapeva darsi una risposta, allora non c’era
speranza.
Perché
lui…era solo.
Sì.
Irvine Kinneas, era solo.
Tra i
giocattoli, tra i banchi di scuola, tra le ragazze, tra quelle lenzuola.
Solo.
Viveva
esclusivamente per misurarsi con sé stesso, saziare i suoi
vizi, far godere la
sua anima impura e ormai, sporca.
Sporca…
Il
giovane chiuse gli occhi e le labbra gli tremarono.
Non
sarebbe mai più stato in grado di pulirla. Mai
più sarebbe stato il puro
bambino che tanti anni prima era stato innamorato di Selphie Tilmitt,
all’orfanotrofio.
Mai
più.
Con uno
scatto si alzò a sedere e tirò un pugno rabbioso
sul materasso.
Selphie era
stata dimenticata.
Da tempo, ormai.
Quel
posto, in un angolo del suo cuore –se ce l’aveva
ancora, un cuore- lasciato
vuoto dal suo ricordo, era stato riempito dalla ragazza più
bella, più dolce e più
sexy che Irvine avesse mai conosciuto.
Rinoa.
Poteva
sentire ancora il suo profumo tra quelle lenzuola, il frusciare dei
suoi
capelli sul cuscino, il ritmo del suo respiro aumentare.
Poteva
sentirla tra quelle coperte, come se non se ne fosse mai andata.
Inspirò
profondamente, inebriandosi del suo dolce effluvio e gettando la testa
all’indietro.
Aveva
fatto sesso con lei.
Quella
notte, l’aveva avuta.
Ma
allora perché….perchè adesso si
sentiva così vuoto? Così rotto a metà?
Sarebbe
dovuto essere soddisfatto…compiaciuto della notte passata.
Eppure…
“Rinoa?
Stai bene?”
“Ti ho chiesto anche se stavi
bene prima.”
“Dovresti ringraziarmi.”
Impossibile.
Lui…
No,
impossibile.
E
allora perché le aveva chiesto se stava bene?
Perché!?!
L’
amore è più di qualche
lacrima. L’amore è più di ogni cosa.
Del tradimento. Del rancore. Della rabbia.
L’amore è su ogni cosa, il
sentimento più forte che esista.
Era
vero. Senza dubbio, l’amore era il sentimento più
forte e distruttivo che
esistesse.
Si
morse un labbro.
Quindi?
Si
era...innamorato di lei?
Rinoa….
Ecco
perché non si sentiva completo, quella mattina. Ecco
perché si sentiva così
vuoto, così spezzato a metà.
Lui aveva
fatto sesso con Rinoa, non l’amore.
Si prese
la testa tra le mani artigliando i morbidi capelli scuri.
Era
diventato debole….debole…
Da quel
maledetto giorno in cui aveva ucciso Seifer e tentato di rapire Rinoa,
la sua
preda da sempre prediletta, si era sentito così
vulnerabile…vulnerabile all’amore.
Si
alzò
dal letto e fece in tempo a vestirsi, prima che dei colpi sulla porta
lo
facessero trasalire e lui alzasse lo sguardo confuso.
***
[Mezz’ora
prima]
“Che
cosa?? Ma…ma perché?”
Squall
scuote la testa mestamente prima di voltarsi e infilare le mani in
tasca
nervosamente.
"Perché
vuole dargli una lezione. La stessa che vorrei fare
io…”
“No!”
“…Ma
che non attuerò, perché so che non saresti
d’accordo.”
Resto
ferma con il braccio a mezz’aria per qualche secondo, prima
di sorridere e
abbassarlo lentamente.
Squall…
Com’è
possibile che tu sia così affettuoso e dolce anche in un
momento come questo?
Sei così…così
ammirevole.
Dio…quanto
ti amo.
“Squall…”
Faccio un passo, e lui si volta.
Ci
guardiamo per attimi lunghi intere stagioni, poi lui mi guarda serio,
prendendomi
una mano.
“Andremo.
Non lascerò che Irvine gli faccia del male.”
“Oh,
Squall…”
“E’
molto provato dalla guerra, non è al massimo della
condizione. Non potrebbe mai
farcela da solo contro di lui. Lo so bene.”
Le
lacrime mi appannano la vista mentre stringo le dita attorno alla sua
pelle
calda e soffice.
Sì,
Squall, sei proprio cambiato.
“Grazie…”
Mormoro, sull’orlo delle ennesime lacrime.
E dopo
un caldo sorriso, scioglie la stretta delle nostre mani, sussurrandomi:
“Andiamo."
***
Irvine
guardò la porta poi la finestra dalla porta opposta.
Poi si
voltò di nuovo, posando gli occhi ora sul suo corpo nudo, in
piedi, in attesa
di un comando.
Ancora,
le sue orecchie avvertirono quell’insistente bussare.
Afferrò
i vestiti abbandonati a terra dalla notte prima e li indossò
in un attimo.
Dopo un
lungo respiro, infine, andò alla porta, cercando di
riacquistare il suo solito
atteggiamento rigido. Posò la
mano sulla maniglia e guardò per secondi interminabili il
legno davanti a lui.
Sentiva uno strano respiro venire da fuori…
Aggrottò
la fronte. Chi poteva essere?
‘Non lui’
Cercò di convincersi, colto da un
dubbio. ‘Non lui’.
Abbassò
la maniglia e con uno scatto la porta si aprì.
Fece in
tempo a scorgere due occhi azzurrissimi che lo fissavano in tralice,
una chioma
bionda tenuta ferma dal gel, e due labbra stringersi, candide e
conosciute,
prima di venire scaraventato lontano, oltre la soglia, con un dolore
lancinante
allo zigomo destro.
Sbattè
forte la testa sul pavimento e le tempie cominciarono a pulsargli.
Cazzo…
Non
ebbe il tempo di pensare altro, rannicchiato per terra e con le mani
sul capo,
perché un calcio lo colpì in pieno stomaco,
facendogli mancare il respiro per
parecchi secondi.
Sputò
qualcosa di caldo, forse saliva, mentre la testa cominciava a girare e
a
pulsare insieme, facendogli venir voglia di vomitare.
Ma quel
dolore non cessò, ripetendosi invece più,
più e più volte.
La
testa vorticava, la nausea aumentava, vomitava sangue. Mentre con le
mani e con
le gambe cercava di proteggersi più che poteva dai calci che
quel qualcuno gli
scagliava senza pietà.
Ma
poi,
ad un tratto, proprio quando –ne fu certo- avrebbe potuto
perdere i sensi, i
colpi cessarono.
Il
pulsare alla testa continuava come quello in tutto il resto del corpo,
ma
presto ci si abituò.
Sì,
ci
si abituò, perché colui che l’aveva
aggredito così, entrando in casa sua di
sorpresa senza dire nemmeno una parola, respirava a fatica tenendosi la
gola in
piedi davanti a lui -o a quello che ne era rimasto, di lui.
Irvine,
una palpebra abbassata, l’altra affaticata, lo
guardò dal basso, mentre il
sangue continuava a scorrere sul suo viso donandogli un piacevole
calore.
Vide Zell appoggiarsi a
un mobile e
riprendersi lentamente.
Stava
male. Molto male.
Perfetto.
Irvine
ghignò.
La sua
anima sporca non avrebbe avuto nulla da temere. Le riflessioni di poco
prima
erano state solo una parentesi nella sua misera vita.
Una piccola
parentesi in tutta
una vita.
Sarebbe
rimasta sporca, mai più avrebbe provato a pulirla, mai
più l’avrebbe fatta
ritornare un’anima.
Si alzò
a fatica, riuscendo però a mantenere un insolito equilibrio,
continuando a
fissare la figura piegata del biondo, ancora le mani sulla gola.
Ebbe un
improvviso giramento di testa, ma riuscì comunque a non
cadere.
Si
appoggiò al letto poco distante e riprese quel fiato che
Zell gli aveva
mozzato.
Chiuse
gli occhi e dopo aver inspirato profondamente… li
riaprì.
Il
celeste candido delle sue iridi scintillò di una luce
strana, di una vendetta,
di un attacco…
Facendo
pressione sul materasso sotto di lui, si mise in piedi, lo sguardo
fisso sulle
coperte.
Poi ghignò…pericolosamente.
Dopo
aver dato un’ultima occhiata a Zell che, tenendosi la gola,
non accennava a
riprendersi, Irvine afferrò il materasso di fronte a lui e
facendo più forza
che potè, lo alzò.
Tremava
leggermente, le braccia erano piene di graffi, ma riuscì
comunque a tenerlo sollevato.
I suoi
occhi azzurri si posarono per un attimo su qualcosa di scintillante
sotto il
materasso, prima che ghignasse e si abbassasse per prenderlo.
***
“E’
questo l’hotel?”
Guardo
in alto e i miei occhi si posano su una scritta scintillante che
recita: ‘Hotel
in Dollet’.
Annuisco
decisa..
“Sì.”
“Andiamo.”
Chiudo
le dita nella mano di Squall e insieme a lui entro in quel maledetto
hotel
sporco di tradimento.
La
hall
è uguale alla sera precedente, solo un po’ meno
affollata.
Vi sono
dei divanetti disposti a ferro di cavallo sulla destra e la reception
sulla
sinistra.
Ma dopo
solo un passo, mi blocco: riconosco un cameriere della sera prima che
mi fissa
con insistenza, prima che si allontani con un vassoio in mano senza
dedicarmi
altre attenzioni.
La
mano
di Squall stringe la mia e subito mi volto.
“Ehi…
tutto ok?” Mi dice con dolcezza, capendo il mio problema.
Lo
guardo un attimo godendo del
calore dei
suoi occhi su di me, poi abbozzo un sorriso e mi sciolgo. Ero diventata
tutta
rigida.
“Sì.”
Dico,a annuendo debolmente. “Scusa…”
Abbasso
lo sguardo.
Oddio,
che sensazione terribile.
Mi
sembra di essere di nuovo tra quei vassoi pieni di bicchieri colmi di
alcolici,
mi sembra di sentire ancora voci indistinte che mi giudicano, che
ridono, che
mi gridano contro…vedo gente che mi spintona, mi fa
male…
E
infine –il cuore fa un balzo dalla sorpresa-…mi
sembra di vedere lui. O meglio, i
suoi occhi.
Sono
spuntati dal buio, tra tutti quei corpi senza nome, porgendomi una mano
grande.
Irvine.
Una
fitta forte allo stomaco, alla testa, alle mani.
Ritorno
alla realtà, e, come se cadessi da un burrone, realizzo che quello che ho
davanti, non è
Irvine.
“Rinoa…”
Alzo gli occhi sui suoi. Lo vedo a fatica con le lacrime agli occhi.
“Non devi
preoccuparti. Adesso, ci sono io.”
Sì,
Squall. Ora, ci sei tu.
E la
tua voce.
Non ammaliante. Ma dolce.
Annuisco
e, la mano stretta nella sua, raggiungiamo all’ascensore.
***
L’avrebbe
davvero fatto? Avrebbe davvero ucciso un suo vecchio amico di avventure
per
scappare? Per salvare la sua vita?
Per
salvare….cosa aveva detto?
Lui non aveva una vita.
Aveva
un’esistenza. Un’esistenza priva di scopi e
felicità, solo cattiveria e
vendetta. E lussuria.
Un
crampo allo stomaco, un dolore lancinante all’altezza del
petto.
E,
nonostante tutto…era riuscito
ad innamorarsi…
Con
rabbia strinse di più il fucile che teneva in mano, puntato
al petto del suo
vecchio amico biondo, del suo vecchio amico Zell.
Avrebbe
davvero spezzato una vita per salvare la sua schifosa esistenza??
Davvero,
sarebbe stato capace di farlo?
Le
dita
gli tremarono per un attimo a contatto con il grilletto.
“Devo
farlo per mia madre… per mia
madre!”
Zell
aveva sempre amato sua madre….
“Edea,
ti proteggerò io, non
devi aver paura.”
Zell
aveva sempre La
Madre…
Una
rabbia mista a dolore e a sofferenza gli fecero pulsare le ferite
riportate
dopo lo scontro di poco prima con Zell.
Perché
Zell…amava davvero.
Zell…era
in grado farlo.
Zell,
ne era capace.
Fece
una leggere pressione sul grilletto.
Lui no.
***
“E’
la 155!”
“Ok…
dai, andiamo!”
Io e
Squall stiamo correndo per un lungo corridoio dalla moquette rossa alla
ricerca
della stanza di Irvine, dove sicuramente si trova anche Zell.
Zell…
Starai bene?
Non
devo pensarci, non devo… Squall ha ragione, devo mantenermi
più calma possibile
e pensare solo ad arrivare da lui il prima possibile.
Svoltiamo
l’ennesimo angolo.
“Dovrebbe
essere…Oh!”
Ci
fermiamo entrambi all’inizio del corridoio, fissando con
sorpresa mista a
curiosità la figura esile che sta correndo dalla parte
opposta alla nostra.
Si
ferma anche lei e ci guarda stupita, portandosi una mano alla bocca.
Restiamo
così per almeno cinque secondi.
“Squall!
Rinoa!” Esclama.
Squall
stringe la mia mano e mi precede camminando verso di lei.
“Selphie…come
mai sei qui?” Le chiede lui una volta raggiunta.
“Mi ha
preoccupato il modo in cui Zell è uscito di casa e allora
l’ho seguito. Voi?”
Sposta
lo sguardo da uno all’altro, agitata -la vedo indugiare un
secondo di più su di
me, ma non dire niente-.
“Zell
ci ha chiamato dicendo che sarebbe venuto qui.”
Selphie
annuisce mestamente, poi chiude gli occhi.
“Ho
paura per quello che possa accadergli.”
Le sue
parole le si spezzano in gola, troncate dalla paura e dai ricordi
dell’ultima
guerra, scaldandomi il cuore.
La
guardo con preoccupazione mista a tenerezza.
Selphie
era sempre stata forte. Sempre. Fin
dal primo giorno in cui ci siamo conosciute,
lei era quella più determinata, più
energica.
Questo
rendeva forti anche noi, sempre, accanto a lei.
Come
durante l’ultima guerra, nella quale avevamo combattuto
fianco a fianco contro
il male, lei ci aveva conferito coraggio, forza e unione.
Ma, si sa,
quando una persona è troppo forte, prima o poi rischia di
rompersi.
Quello
che accadde proprio a lei, Selphie.
Da
quando è finita la guerra e Zell vive con lei, lei si
è molto attaccata a lui,
e di conseguenza alla sua malattia, che i medici dicono incurabile.
La
paura di perderlo, di vederlo morire sotto i suoi occhi, l’ha
divorata,
indebolendola e facendola diventare tanto, tanto fragile.
Il solo
pensiero di non averlo più accanto a sé, la
distrugge.
“Selphie…”
Le prendo una mano, lasciando per
poco quella di Squall, e lei mi guarda stupita, nonostante veda i suoi
occhi
brillare di una luce strana, simile alla gratitudine.
“Vedrai
che andrà tutto bene. Ora dobbiamo solo raggiungerlo e
assicurarci che stia
bene… Non gli accadrà nulla.”
I suoi
begli occhi celesti si riempiono di lacrime alle mie parole: vedo tutto
il suo
dolore riflesso in quegli specchi trasparenti, e la gola inizia a
bruciarmi
dalla commozione… ma poi, tristemente, annuisce.
“Sì…andiamo.”
***
Irvine
strinse i denti. La fitta al cuore faceva male….tanto che,
ne era sicuro,
avrebbe potuto ucciderlo.
Per
questo doveva farlo…doveva premere
il
grilletto.
Doveva uccidere. Lui.
Indietreggiò
di un passo, il fucile stretto in mano.
Si
fermò a fissare le sue iridi color del mare in quelle di
Zell, sofferenti e
impotenti -ma non impaurite.
Irvine
doveva farlo.
Doveva…
Ma poi,
come se avesse ricevuto l’ennesimo pugno,
all’improvviso, spalancò gli occhi.
Avevano
bussato alla porta.
Un
silenzio irreale e quasi di terrore cadde nella stanza. Attesa.
Il
suono si ripetè, accompagnato poi da delle voci che Irvine
non riconobbe.
Doveva
farlo…
Un
ultimo grido da dietro la porta e questa si spalancò.
Irvine
si voltò di scatto verso quest’ultima, morendo
quasi di infarto nel vedere chi apparve.
***
Rimango
senza fiato per un secondo.
No…un’ora.
No…
un
anno.
Senza
capire. Senza connettere quelle che vedo. Senza dare un senso alle
figure che
sto guardando. Senza comprendere.
Spiazzata.
Completamente.
Mentre
i miei occhi ruotano da Zell attaccato alla poltrona, una malo alla
gola, Irvine
in piedi di fronte a lui e… un fucile.
Con la
punta a sfiorare la testa
di Irvine.
***
Avrebbe
preferito che lo vedesse fare una fine migliore.
Avrebbe
preferito essere lui migliore.
Avrebbe
preferito amarla davvero.
Avrebbe
preferito non approfittarsi di lei.
Avrebbe
preferito non uccidere mai, nemmeno
sé
stesso.
E
invece, con il fucile puntato alla testa, Irvine voleva suicidarsi.
E la
rabbia? E la vendetta? E l’anima impura?
Irvine
sorrise.
Forse sarebbe stata la volta
buona.
Addio
Rinoa.
Non
sono sicuro di amarti… ma…
“Perdonami.”
Fu
un
sussurro, quasi impercettibile, ma qualcuno poco lontano da lui, lo
sentì.
***
“Perdonami.”
Sento
mancarmi il respiro, le gambe cedermi, le forze abbandonarmi.
Una
sequenza di immagini mi riempie la mente, l’urlo di Selphie
rimbomba nelle
orecchie, la mano di Squall che stringe la mia mi brucia la pelle.
E poi...
accade.
BOM.
Le
gambe tremano e mi accascio a terra, in ginocchio, le mani sul volto.
La mia
non è tristezza.
Ma
consapevolezza. Consapevolezza di sapere e di non aver fatto niente per
salvarlo.
Solo
andare a letto con lui.
“Zell!”
“Me ne occupo io!”
E’
stato il mio ultimo regalo, quindi?
Fare
sesso con lui ubriaca?
“Oh
mio Dio…”
“Tu prendi Rinoa! Prendila,
Selphie!”
No.
Perché
lui mi ha chiesto di perdonarlo.
E io…
“Rinoa…Rinoa
ti prego alzati!”
Selphie…
Mi alza
a fatica e insieme usciamo da quella stanza maledetta, seguite a ruota
da Zell
sorretto da Squall.
…
un
giorno, forse, lo perdonerò.
***
Il
profumo dell’erba fresca mi riempie le narici, inebriandomi
del suo dolce
effluvio.
Accarezzo
il manto fatto di piccoli steli verdi e guardo davanti a me.
Un
ragazzo alto e moro sta raccogliendo i fiori per me vicino a una
quercia.
Quel
ragazzo, è mio.
Sorrido.
Lentamente,
alzo gli occhi al cielo.
Piccoli
spruzzi di nuvole colorano un cielo blu della prima primavera.
Un
cielo blu… come i tuoi occhi che ormai non ci sono
più.
Sorrido
amaramente ripensando a quella maledetta mattina di qualche mese fa,
nella tua
camera d’albergo.
E
rivivendo quei momenti, le tue parole mi rimbombano di nuovo in testa,
come una
tortura.
Riascoltandole,
adesso lo capisco.
Capisco
ciò che devo fare.
Perdonare.
E ti
perdono, Irvine Kinneas.
Io ti
perdono.
E, forse,
non sarai mai più
solo.
-Fine-
_Note
dell’autrice_:
Fine!
Spero vi sia piaciuta… non ero molto sicura di essere
riuscita a rendere
perfettamente le circostanze come avrei voluto ma… beh,
spero comunque che vi
sia piaciuto nella sua drammaticità.
Ringrazio
coloro che hanno letto e recensito con piacere e chi ha semplicemente
letto
senza commentare. E’ comunque un piacere, scrivere ^__^
E ora…
i ringraziamenti.
_Selhin_: *_* Oh,
grazie, sei
gentilissima! *me arrossisce* Ti ringrazio anche per averla messa nei
preferiti
^^. Dopo queste poche prime parole di ringraziamento…ti
è piaciuto il capitolo?
O meglio, la fine? E’ stato un po’ difficile
scriverlo per me, e soprattutto i
punti di vista di Irvine, un personaggio complicato e introspettivo.
Spero
che ti sia piaciuto e che leggerai anche altro di mio! ^^ Ti mando un
grande
bacio, Ginnever *_*
_Rinoagirl89_: Ciao! xD
si, ora è tutto a
posto! Comunque grazie, spero che anche questo ti sia piaciuto ^^
Sì, Selphie
fuma…non so da dove mi sia uscita sta cosa, ma quando ho
scritto che si sedeva
sul divano, me la immaginavo che fumava ^^ Spero comunque non sia stato
un
problema! xD Cmq si, spero presto di avere il tempo per leggere altre
cose di
te, ora anche con la scuola sono un po’ incasinata.
Ti
ringrazio per aver recensito e averla messa trai preferiti^^
Un
bacio, Ginnever.
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