Pagò il tassista chinandosi sul finestrino del conducente,
e, quando si rialzò, un soffio di vento gonfiò la sua giacca e fece fremere il
colletto della camicia contro la sua pelle. Guardò a lungo il grande giardino e
il largo, dritto vialetto ghiaioso che portava alla villa. I ricordi
cominciarono ad affiorare alla sua memoria. senza connessione logica: Keith che
schiacciava un mozzicone di sigaretta con la punta della scarpa, sulla ghiaia;
che si voltava per dirgli qualcosa, il sole riflesso sulle lenti; che scacciava
con un blando gesto della mano una vespa.
Era una fredda, tersa mattina invernale, e i rami delle
magnolie si stagliavano, nudi e netti, contro un cielo luminoso. Richard
riconobbe, oltre le bordure di rose senza fiori, il bordo della piscina vuota;
e la fontana, grigia e verde di licheni, colma di foglie fradice. Quella vista
gli provocò una subitanea, intensa sofferenza.
Odore di erba tagliata, il suono dell’acqua, i passi
silenziosi di Keith sul prato appena rasato.
Lui fumava una sigaretta, la schiena contro la fontana,
gli avambracci poggiati sul bordo macchiato della vasca. Un calabrone volò,
ronzando, sul pelo dell’acqua.
“Quand’ero bambino, ” disse Keith, indicando la fontana
con un gesto del capo “c’erano due pesci rossi lì dentro.”
Spostò un ciuffo d’erba con la scarpa, sorrise.
“Io e Nikki ci sollevavamo sulla punta dei piedi e
allungavamo il collo come tartarughe, per guardarli nuotare.”
Richard distolse lo sguardo dalla fontana, e sentì una
stretta al cuore nel vedere la villa, bianca fra i rami scuri delle magnolie.
Se la vista del giardino era bastata a richiamare il ricordo di Keith in modo
così vivido, non sapeva come avrebbe sostenuto il dover entrare nella casa.
Respirando profondamente, raggiunse la scala di marmo
dell’ingresso e salì i gradini.
Notando la traccia rugginosa di un vaso da fiori, impressa
sul marmo chiaro di un gradino, pensò distrattamente che, da quando la madre di
Keith se n’era andata, la proprietà era stata molto trascurata: fontane vuote e
marcescenti, rose incolte, foglie morte sui viali.
Suonò il campanello, e un’inserviente silenziosa gli aprì la
porta e lo condusse nel soggiorno.
Mr. Finnegan lo attendeva, in completo scuro, seduto su una
delle poltrone chiare, le mani sulle ginocchia, lo sguardo altrove. Era una
versione invecchiata e severa di Keith: gli occhi azzurri spiccavano sul volto
duro.
Due bicchieri sfaccettati erano posati sul tavolino davanti
a lui, e una bottiglia di Jack Daniel’s rifletteva la sua etichetta nera sul
piano di cristallo.
Dietro di lui, a Richard parve di scorgere Keith, l’onnipresente
sigaretta fra le dita, sbirciare oltre le tende di chintz, il viso inondato di
luce.
(“Guarda, Dick, è la macchina di Nikki!”)
Sbatté gli occhi, e il ricordo svanì.
Nel vederlo entrare, Mr. Finnegan si alzò in piedi.
Tese la mano. “Richard, mi fa piacere che tu sia venuto.”
“Mr. Finnegan, non so dirle quanto la sua perdita mi abbia
addolorato, io… “
Mr. Finnegan gli indicò una poltrona con un gesto della
mano. “Siediti, Richard, bevi qualcosa. Immagino che tu non sia venuto solo per
porgermi le tue condoglianze.”
“Infatti, signore. Speravo che lei potesse chiarire qualcuno
dei miei dubbi. Sono rimasto sconvolto nel sapere che Keith si era, ecco…” Si
inumidì le labbra e deglutì. “Voglio dire, le circostanze in cui…”
Si sentiva un’idiota. Odiava il suono formale, artificioso
delle sue parole.
Mr. Finnegan gli porse un bicchiere pieno per metà. Richard
lo prese e tirò un lungo respiro. Pensò all’ultima volta che si erano visti.
L’aveva trovato un po’ smagrito, ma di buon umore.
“Insomma, quel che cerco di capire è questo: che motivi
aveva per uccidersi? Era nei guai, aveva qualche problema? Sembrava sereno,
l’ultima volta che ho parlato con lui.”
“Keith era sereno molto di rado, Richard, come tu dovresti
ben sapere.” Prese un bicchiere. Restò un attimo pensoso, lo sguardo altrove.
“Come sappiamo entrambi, non era una persona felice. Ma non avrei mai
pensato--” La voce gli si spezzò. Si portò una mano al viso, per poi abbassarla
immediatamente.
Fu l’unico momento teso della conversazione. Entrambi erano
sconvolti dalla scomparsa di Keith, ma in modo astratto, irreale. Erano stati
colti troppo di sorpresa dalla notizia per provare vero dolore.
Richard pensò – un’idea bizzarra - che fosse un po’ come
quella volta che, durante una prova a teatro, era caduto malamente sul fianco e
si era spezzato un braccio. Per qualche secondo, aveva pensato di non essersi
fatto nulla; ma quando il dolore era esploso, lo aveva lasciato senza fiato.
Nessuno dei due aveva ancora pienamente realizzato la
drammaticità della situazione. Il dolore sarebbe venuto dopo, portato dai gesti
quotidiani che avrebbero ricordato loro quella perdita: una voce simile alla
sua nella folla, un appunto nella sua calligrafia, i suoi sms ancora salvati
sul cellulare.
Mr. Finnegan si riprese immediatamente; posò il
bicchiere.
“Ma, per rispondere alla tua domanda, no, non mi risulta che
avesse gravi preoccupazioni. E se anche fosse stato nei guai, o avesse avuto
bisogno di denaro, sapeva che avrebbe potuto rivolgersi a me - come faceva
sempre, in fin dei conti.” Scosse la testa “Era un buono a nulla, ma era sempre
mio figlio” L’ultima frase era stata pronunciata con una punta di amarezza. Il
momento di tensione passò.
“Ma allora, per quale motivo…”
“Non lo so, Richard. Non so perché mio figlio abbia commesso
una simile sciocchezza. E d’altronde, nemmeno la maniera in cui lo ha fatto era
nel suo stile…”
Richard lo guardò in modo interrogativo. “Tu sai com’è
successo? No? Si è sparato un colpo in testa, con una delle pistole da
collezione di suo nonno, nel suo garage. Quando l’hanno ritrovato, era a fianco
della Lotus in un lago di sangue. L’accappatoio ne era tutto inzuppato.”
Richard era sconvolto. Sparato? Keith si era sparato?
Aveva dato per scontato che avesse usato i gas di scarico dell’auto. Facile,
pulito, indolore. Keith aveva sempre avuto il terrore del dolore fisico.
“L’accappatoio? In garage?” Richard era letteralmente a
bocca aperta. “Ma è assurdo, ridicolo. Andiamo!, sono certo che, attento
com’era al suo aspetto, avrebbe messo il suo abito migliore e avrebbe trovato
un sistema migliore per morire!”
Mr. Finnegan sussultò, a quella affermazione. “È quel che ho
pensato anche io, inizialmente. Tuttavia, come possiamo immaginare che cosa
passa per la testa di qualcuno, quando decide di compiere un gesto del genere?
Non si sta certo a pensare a che abito indossare.”
“Questo è vero”, mugugnò Richard, poco convinto. “Ma non
riesco a capacitarmene lo stesso.”
Mr. Finnegan si allungò sopra il tavolino per poggiargli una
mano sulla spalla. Richard rivide in un lampo Keith piegarsi in avanti nello
stesso, medesimo, identico gesto.
(“Non preoccuparti, Dickie. Avrai quella parte.”)
“Richard, figliolo, ascolta.” Gli strinse la spalla, poi
tornò nella sua posizione originaria. “Sei un bravo ragazzo, e so che,
nonostante i suoi problemi e le sue stranezze, volevi bene a Keith. Ma era un
tipo bizzarro, un genere a sé. Nessuno sapeva mai cosa gli passava per la
testa. Io sono suo padre, ma qualche volta lo guardavo… “ Scosse di nuovo la
testa. “Lo guardavo, ti dico, e mi sembrava di non conoscerlo affatto.”