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Autore: PaleMagnolia    10/10/2008    3 recensioni
Il giovane, benestante Keith Finnegan viene ritrovato, morto, nel garage di casa sua. Nè Richard, l'ex fidanzato, nè la sorella Nicole credono che si tratti di suicidio. Richard indaga in sordina, cercando al contempo di non perdere il posto di protagonista nell'opera Le Corsaire, ottenuto in parte grazie al suo talento e in parte alle raccomandazioni di Keith. Le cose si complicano quando Elizabeth, prima ballerina della compagnia, diventa una presenza troppo assidua nella vita di Richard...
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pagò il tassista chinandosi sul finestrino del conducente, e, quando si rialzò, un soffio di vento gonfiò la sua giacca e fece

Pagò il tassista chinandosi sul finestrino del conducente, e, quando si rialzò, un soffio di vento gonfiò la sua giacca e fece fremere il colletto della camicia contro la sua pelle. Guardò a lungo il grande giardino e il largo, dritto vialetto ghiaioso che portava alla villa. I ricordi cominciarono ad affiorare alla sua memoria. senza connessione logica: Keith che schiacciava un mozzicone di sigaretta con la punta della scarpa, sulla ghiaia; che si voltava per dirgli qualcosa, il sole riflesso sulle lenti; che scacciava con un blando gesto della mano una vespa.

Era una fredda, tersa mattina invernale, e i rami delle magnolie si stagliavano, nudi e netti, contro un cielo luminoso. Richard riconobbe, oltre le bordure di rose senza fiori, il bordo della piscina vuota; e la fontana, grigia e verde di licheni, colma di foglie fradice. Quella vista gli provocò una subitanea, intensa sofferenza.

Odore di erba tagliata, il suono dell’acqua, i passi silenziosi di Keith sul prato appena rasato.

Lui fumava una sigaretta, la schiena contro la fontana, gli avambracci poggiati sul bordo macchiato della vasca. Un calabrone volò, ronzando, sul pelo dell’acqua.

“Quand’ero bambino, ” disse Keith, indicando la fontana con un gesto del capo “c’erano due pesci rossi lì dentro.”

Spostò un ciuffo d’erba con la scarpa, sorrise.

“Io e Nikki ci sollevavamo sulla punta dei piedi e allungavamo il collo come tartarughe, per guardarli nuotare.”

Richard distolse lo sguardo dalla fontana, e sentì una stretta al cuore nel vedere la villa, bianca fra i rami scuri delle magnolie. Se la vista del giardino era bastata a richiamare il ricordo di Keith in modo così vivido, non sapeva come avrebbe sostenuto il dover entrare nella casa.

Respirando profondamente, raggiunse la scala di marmo dell’ingresso e salì i gradini.

Notando la traccia rugginosa di un vaso da fiori, impressa sul marmo chiaro di un gradino, pensò distrattamente che, da quando la madre di Keith se n’era andata, la proprietà era stata molto trascurata: fontane vuote e marcescenti, rose incolte, foglie morte sui viali. 

Suonò il campanello, e un’inserviente silenziosa gli aprì la porta e lo condusse nel soggiorno.

Mr. Finnegan lo attendeva, in completo scuro, seduto su una delle poltrone chiare, le mani sulle ginocchia, lo sguardo altrove. Era una versione invecchiata e severa di Keith: gli occhi azzurri spiccavano sul volto duro.

Due bicchieri sfaccettati erano posati sul tavolino davanti a lui, e una bottiglia di Jack Daniel’s rifletteva la sua etichetta nera sul piano di cristallo.

Dietro di lui, a Richard parve di scorgere Keith, l’onnipresente sigaretta fra le dita, sbirciare oltre le tende di chintz, il viso inondato di luce.

(“Guarda, Dick, è la macchina di Nikki!”)

Sbatté gli occhi, e il ricordo svanì.

Nel vederlo entrare, Mr. Finnegan si alzò in piedi.

Tese la mano. “Richard, mi fa piacere che tu sia venuto.”

“Mr. Finnegan, non so dirle quanto la sua perdita mi abbia addolorato, io… “

Mr. Finnegan gli indicò una poltrona con un gesto della mano. “Siediti, Richard, bevi qualcosa. Immagino che tu non sia venuto solo per porgermi le tue condoglianze.”

“Infatti, signore. Speravo che lei potesse chiarire qualcuno dei miei dubbi. Sono rimasto sconvolto nel sapere che Keith si era, ecco…” Si inumidì le labbra e deglutì. “Voglio dire, le circostanze in cui…”

Si sentiva un’idiota. Odiava il suono formale, artificioso delle sue parole.

Mr. Finnegan gli porse un bicchiere pieno per metà. Richard lo prese e tirò un lungo respiro. Pensò all’ultima volta che si erano visti. L’aveva trovato un po’ smagrito, ma di buon umore.

“Insomma, quel che cerco di capire è questo: che motivi aveva per uccidersi? Era nei guai, aveva qualche problema? Sembrava sereno, l’ultima volta che ho parlato con lui.”

“Keith era sereno molto di rado, Richard, come tu dovresti ben sapere.” Prese un bicchiere. Restò un attimo pensoso, lo sguardo altrove. “Come sappiamo entrambi, non era una persona felice. Ma non avrei mai pensato--” La voce gli si spezzò. Si portò una mano al viso, per poi abbassarla immediatamente.

Fu l’unico momento teso della conversazione. Entrambi erano sconvolti dalla scomparsa di Keith, ma in modo astratto, irreale. Erano stati colti troppo di sorpresa dalla notizia per provare vero dolore.

Richard pensò – un’idea bizzarra - che fosse un po’ come quella volta che, durante una prova a teatro, era caduto malamente sul fianco e si era spezzato un braccio. Per qualche secondo, aveva pensato di non essersi fatto nulla; ma quando il dolore era esploso, lo aveva lasciato senza fiato.

Nessuno dei due aveva ancora pienamente realizzato la drammaticità della situazione. Il dolore sarebbe venuto dopo, portato dai gesti quotidiani che avrebbero ricordato loro quella perdita: una voce simile alla sua nella folla, un appunto nella sua calligrafia, i suoi sms ancora salvati sul cellulare.

Mr. Finnegan si riprese immediatamente; posò il bicchiere. 

“Ma, per rispondere alla tua domanda, no, non mi risulta che avesse gravi preoccupazioni. E se anche fosse stato nei guai, o avesse avuto bisogno di denaro, sapeva che avrebbe potuto rivolgersi a me - come faceva sempre, in fin dei conti.” Scosse la testa “Era un buono a nulla, ma era sempre mio figlio” L’ultima frase era stata pronunciata con una punta di amarezza. Il momento di tensione passò.

“Ma allora, per quale motivo…”

“Non lo so, Richard. Non so perché mio figlio abbia commesso una simile sciocchezza. E d’altronde, nemmeno la maniera in cui lo ha fatto era nel suo stile…”

Richard lo guardò in modo interrogativo. “Tu sai com’è successo? No? Si è sparato un colpo in testa, con una delle pistole da collezione di suo nonno, nel suo garage. Quando l’hanno ritrovato, era a fianco della Lotus in un lago di sangue. L’accappatoio ne era tutto inzuppato.”

Richard era sconvolto. Sparato? Keith si era sparato? Aveva dato per scontato che avesse usato i gas di scarico dell’auto. Facile, pulito, indolore. Keith aveva sempre avuto il terrore del dolore fisico.

“L’accappatoio? In garage?” Richard era letteralmente a bocca aperta. “Ma è assurdo, ridicolo. Andiamo!, sono certo che, attento com’era al suo aspetto, avrebbe messo il suo abito migliore e avrebbe trovato un sistema migliore per morire!”

Mr. Finnegan sussultò, a quella affermazione. “È quel che ho pensato anche io, inizialmente. Tuttavia, come possiamo immaginare che cosa passa per la testa di qualcuno, quando decide di compiere un gesto del genere? Non si sta certo a pensare a che abito indossare.”

“Questo è vero”, mugugnò Richard, poco convinto. “Ma non riesco a capacitarmene lo stesso.”

Mr. Finnegan si allungò sopra il tavolino per poggiargli una mano sulla spalla. Richard rivide in un lampo Keith piegarsi in avanti nello stesso, medesimo, identico gesto.

(“Non preoccuparti, Dickie. Avrai quella parte.”)

“Richard, figliolo, ascolta.” Gli strinse la spalla, poi tornò nella sua posizione originaria. “Sei un bravo ragazzo, e so che, nonostante i suoi problemi e le sue stranezze, volevi bene a Keith. Ma era un tipo bizzarro, un genere a sé. Nessuno sapeva mai cosa gli passava per la testa. Io sono suo padre, ma qualche volta lo guardavo… “ Scosse di nuovo la testa. “Lo guardavo, ti dico, e mi sembrava di non conoscerlo affatto.”

  
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