Capitolo
17: Passi nel buio
Essere svegliato
nel bel mezzo della notte da voci concitate,
provenienti dall’esterno della sua baita, non era proprio nei
suoi piani,
quando era andato a dormire. Quando aveva posato la testa sul cuscino
non aveva
certo sperato in un riposo ristoratore, ma almeno in una bella dormita
che gli
avrebbe dato l’energia sufficiente per tirare avanti fino
alla sera successiva.
Quelle voci non promettevano nulla di buono e, se a quella sua
sensazione
aggiungeva il fatto di essere in una baita nel bel mezzo della
montagna, la sua
non era proprio una situazione felice: là fuori potevano
esserci dei briganti o
dei balordi, in cerca di grane. Lui era solo con Sven e per difendersi
da
eventuali problemi, aveva solo un ascia e un coltello. Dal chiasso che
producevano, dovevano essere almeno in cinque o sei: brutta circostanza.
Scese
dal letto e s’infilò in fretta gli stivali, prima
di
recuperare dalla parete l’ascia per la legna. Non che avesse
intenzione di
usarla, ma in un frangente del genere era meglio avere
un’arma a portata di
mano. Sven, che sonnecchiava vicino al camino, lo guardò
preoccupato: “Chi sarà
mai a quest’ora?”-
sembrò chiedergli.
Kristoff
si portò un dito alla bocca per intimargli di non
fare rumore, mentre si appiattiva contro la parete al fianco della
porta. Il
baccano all’esterno cessò
all’improvviso, proprio ad un passo dalla baita e
Kristoff pregò con tutto il cuore che chiunque fosse,
girasse a largo da lui e
dal cattivo umore che si portava dietro da un paio di mesi. Non era un
uomo
violento per natura, ma se l’avessero messo alle strette, non
avrebbe reso
conto a nessuno delle sue azioni.
La vecchia porta
gemette sotto tre colpi secchi, mentre
Kristoff tirava un profondo respiro di sollievo: chiunque fosse non
doveva
avere intenzioni ostili, altrimenti non si sarebbe disturbato a bussare.
-“Chi
è la?”- chiese con la voce più
cavernosa che fosse in
grado di usare.
-“Kristoff
Bjorgman, sua maestà la regina Elsa, richiede
immediatamente la tua presenza a palazzo. Apri la porta.”-
gli intimò una voce.
Il
respiro gli si bloccò in gola per la sorpresa: la regina
voleva vederlo? Per quale motivo? In un secondo, tutte le
più improbabili
risposte a quella domanda soffocarono ogni suo pensiero coerente. Poi
un’idea
su tutte ebbe la meglio, anzi, un nome, e dovette trattenersi
dall’urlarlo:
Anna.
Che
le fosse successo qualcosa? O che, nella migliore delle
ipotesi, avesse ricordato tutto? E se si fosse finalmente ricordata di
lui?
Spalancò
con un solo gesto la porta, ancora con l’ascia in
pugno, con il risultato che le guardie, dopo aver dato uno sguardo alla
sua
faccia stravolta e all’arma, gli puntarono in un secondo le
picche alla gola.
-“Woah!
Ma che…”- poi guardò la sua mano,
stretta ancora
attorno al manico dell’ascia-“Oh, questa?
È solo che…io non volevo…”-
non
terminò la frase e nascose velocemente l’oggetto
improprio dietro la schiena,
guardando le guardie ritirare le picche.
-“Cos’è
successo? Perché la regina vuole vedermi?”- chiese
dopo un momento, mettendo un freno alla sua agitazione crescente.
-“Non
lo sappiamo. Abbiamo solo l’ordine di portarti a
palazzo il prima possibile.”- gli rispose una delle guardie,
fronteggiandolo a
muso duro.
L’urgenza
palese in quelle parole e il fatto che Elsa avesse
mobilitato un tale dispiegamento di forze per cercarlo, a poche ore
dall’alba,
quando avrebbe potuto attendere le prime luci del mattino,
risvegliarono la sua
inquietudine.
-“Datemi
il tempo di cambiarmi e…”- si guardò
attorno, per
cercare qualcosa di più consono da indossare per un
colloquio con la regina, o
per un probabile incontro con Anna.
-“Ora.”-
lo fermò la guardia che gli aveva risposto prima. Da
come si comportava doveva essere il capo del drappello di uomini.
-“Ma
devo solo…”- cercò di argomentare
Kristoff: non si sarebbe
presentato a palazzo con indosso i suoi indumenti da lavoro:
c’era la
possibilità che avrebbe riabbracciato Anna dopo tanto tempo
e non voleva di
certo puzzare come Sven, santo cielo!
-“Ora!”-
ripeté l’uomo.
Ci
furono interminabili secondi di silenzio, durante i quali
Kristoff e il capo della guardia si scambiarono occhiate di fuoco.
Nessuno dei
due era propenso a mollare la presa: il primo non avrebbe attraversato
la porta
di quella baita senza vestiti puliti e il secondo non aveva intenzione
di aspettare
oltre il montanaro.
-“Non
pensavo che il mastro del ghiaccio, fosse vanitoso
quanto la principessa.”- ironizzò la guardia,
voltandogli le spalle, come per
sottolineare la sua intenzione di muoversi subito.
Silenzio.
Nessuno osò interrompere la pausa dopo
quell’affermazione, mentre le altre guardie fissavano il
capitano esterrefatte.
Kristoff ridusse gli occhi a due fessure: non gli sembrava il caso di
argomentare lì, nel bel mezzo della notte, anche se a dirla
tutta avrebbe
voluto fare molto di più che argomentare, come ad esempio
assestargli un bel
pugno. Anna, o meglio Elsa, aspettava. Non doveva perdere tempo, e se
la regina
o la principessa si fossero lamentate del suo aspetto o del suo odore,
l’avrebbe fatta pagare cara a quell’uomo.
-
“Vieni Sven, andiamo a fare due passi.”-
gettò la spugna.
La renna grugnì in disappunto per essere stata svegliata
così in malo modo a
quell’ora, ma si mise subito in piedi e facendo passare con
attenzione i palchi
delle corna attraverso la porta, uscì fuori, sgranchendosi le zampe nella neve
fresca. Kristoff recuperò
una casacca più pesante da un gancio nella parete, poi si
chiuse la porta alle
spalle, senza degnare gli uomini di uno sguardo.
-“Andiamo.”-ordinò
il
capitano.
Il
gruppo di sette uomini si incamminò giù per il
lato della
montagna, con il capo in testa; Kristoff e Sven seguivano dietro,
accompagnati
da due delle guardie, e dietro di loro chiudevano i restanti tre
uomini. Lo
accerchiavano come fosse stato un criminale: credevano forse che
sarebbe scappato?
Sven
gli lanciò un’occhiata interrogativa: “Si può sapere dove stiamo andando?”
-“Al
castello, Sven.”- fece una
pausa, pensando a quello che sarebbe potuto accadere di li a poche
ore-“Torniamo da Anna.”
Elsa
camminava su e giù per il suo studio, facendo strusciare
la veste da camera sul tappeto ricamato, producendo un leggero fruscio
fastidioso, nell’attesa che qualcuno le venisse a dire se
avevano o meno
trovato Kristoff. Lui e la sua famiglia,
potevano essere l’unica possibilità rimastale, per
riavere indietro la vecchia
Anna.
Qualcuno
bussò alla porta,distraendola:
“Avanti.”- intimò con
un tono di voce più freddo, di quanto avesse avuto
intenzione.
-“Mia
regina, la ronda cittadina non ha dato esiti. Il mastro
del ghiaccio non è in città, a quanto pare. Ma
aspettiamo ancora il drappello
di uomini salito in montagna. ”- le riferì la
guardia che era appena entrata e
che si ostinava a guardare in terra. Faceva così tanta paura?
La
regina si lasciò cadere su uno dei divanetti che
adornavano la stanza, stringendo a se le mani, guardando nel vuoto: e
se
Kristoff non era più ad Arendelle e nemmeno sulle montagne,
dove poteva essere
andato? E se avesse deciso di andarsene per sempre da quel posto?
Come
se le avesse letto nel pensiero, la guardia parlò di nuovo:
“Maestà, c’è la
possibilità che il mastro del ghiaccio non sia
più nella nostra
regione. Molti dei tagliatori decidono di scendere più a
sud, durante la
stagione invernale, per impiegarsi in altri lavori. È
possibile che mastro Bjorgman
abbia fatto la stessa scelta.”
Elsa
trattenne il respiro. Come avrebbe fatto a trovare i
troll allora? Le seccava ammetterlo, ma Kristoff in quel momento era
molto più
utile di lei, ad Anna.
-“Speriamo,
per il suo bene che sia ancora nei paragi.”-
blaterò sottovoce, ma la guardia la sentì
distintamente.
Si
mise sull’attenti: “Maestà, non appena
la ronda scenderà
dalle montagne verrò a farle rapporto. Vedrà, la
loro ricerca non sarà
infruttuosa come la nostra.”
-“Grazie,
puoi andare.”- lo liquidò Elsa. Era felice che
qualcuno
cercasse di rassicurarla, ma in quel momento le parole della guardia
rischiavano solo di far crescere la sua agitazione.
Si
alzò e fece qualche passo verso la finestra, affacciata su
una Arendelle ancora addormentata, coperta da un manto di neve fresca.
Nessuna
persona per le strade buie, nessun drappello di uomini
all’orizzonte, ma
soprattutto nessun montanaro con la sua renna in vista.
-“Kristoff,
per l’amor del cielo,
dove sei?”- sibilò a denti stretti, mentre
un’intricata ragnatela di ghiaccio
si spandeva sul vetro della finestra, bloccandole la vista sul regno.
Buio
ed
alberi, era tutto quello che riusciva a scorgere attorno a
sé. Fin lì nulla di
strano: era in un bosco, di notte, quindi era inevitabile non riuscire
a vedere
altro se non tronchi scuri e tenebre. La cosa più strana era
che non riusciva
davvero a ricordarsi come ci fosse arrivata lì. Un attimo
prima era nel suo
letto e nel momento successivo era in quel posto, da sola, con una
terribile
sensazione che le pulsava in un angolo della mente, mettendo in allerta
tutti i
suoi sensi.
Qualcosa non
quadrava in quella situazione, ma di una cosa
era sicura: non voleva sapere cosa fosse quel qualcosa.
Le
mura di Arendelle erano ormai in vista e ad est, dietro le
montagne, il cielo cominciava a rischiararsi
dall’oscurità: leggere tonalità di
viola e lilla illuminavano l’orizzonte. Con una compagnia
migliore, Kristoff
avrebbe apprezzato meglio quello spettacolo della natura, e sarebbe
rimasto a
contemplarlo finché il Sole non avesse fatto capolino tra le
basse nubi grigie
che sporcavano quella tavolozza di tenebre. Invece gli uomini che lo
scortavano, sembravano immuni a tanta bellezza, concentrati solo sui
loro passi
pesanti e cadenzati nella neve, con la testa bassa e le picche poggiate
sulle spalle.
Da
quando avevano lasciato la sua baita, nessuno aveva aperto
bocca, anche se per ben due volte aveva chiesto notizie di Anna. I
soldati
erano rimasti in silenzio, non sapeva se per la troppa stanchezza o per
un
qualche ordine che gli vietava di parlare della principessa, mentre il
capitano
gli aveva scoccato un’occhiata alquanto eloquente, e senza
parlare gli aveva
intimato di tacere. Dopodiché non aveva chiesto
più nulla e si era limitato a
scendere verso valle con la bocca serrata.
Sven
attirò la sua attenzione battendogli le corna sulle
spalle, curvate sotto il peso della privazione di sonno e della
frustrazione di
non poter fare molto, guardandolo intensamente. Se fossero stati da
soli,
avrebbe dato voce ai pensieri dell’amico quadrupede, ma in
quel frangente non
gli sembrava il caso di intavolare una discussione a senso unico
davanti ai
soldati della regina. Invece di portarlo da lei, avrebbero potuto
rinchiuderlo
in una cella, nelle segrete del castello, accusandolo di pazzia.
Lo
sguardo di Sven comunque parlava chiaro: perché non ci
dicono nulla?
-“Non
lo so, forse perché non possono. O forse, più
semplicemente perché non sanno nulla di Anna.”-
gli rispose ad alta voce,
alzando le spalle.
Una
delle due guardie che lo affiancava, alzò un sopracciglio
interrogativo: “Cosa?”
Kristoff
si girò verso l’uomo e sospirò:
“Nulla. Riflettevo
ad alta voce.”- Sven grugnì per convenire con la
sua teoria e lui gli rivolse
un mezzo sorriso stanco, per ringraziarlo del suo appoggio.
Passarono
altri interminabili minuti di silenzio, spezzato
solo dal rumore scricchiolante dei loro stivali che affondavano nella
neve fino
alle caviglie, prima che l’altra guardia al suo fianco gli si
avvicinasse di un
passo.
-“Non
sappiamo nulla della principessa Anna. Sembra stia bene,
dopo quello che è successo alla festa del raccolto, anche se
alcune voci al
palazzo dicono il contrario.”- gli sussurrò,
cercando di non farsi sentire dal
resto del gruppo.
-“Quali
voci?”- gli chiese in ansia. Il soldato fece per
aprire bocca ma il capitano lo fermò.
-“Ti
avevo detto di non parlargli, Birghir. I miei ordini non
sono semplice aria calda.”-
-“Con
tutto il rispetto, non credo che metterlo a parte di
quello che succede al castello, possa essere pericoloso. In fondo lui
è…”-
-“Un
semplice suddito della regina, che non ha nulla a che
spartire con gli avvenimenti di corte.”- sentenziò
l’uomo a capo del gruppo,
senza voltarsi, ma con voce ferma.
-“Ma
lui è il…”- cercò di
controbattere.
-“Birghir.”-
tuonò per intimargli di smetterla di stuzzicare
la sua pazienza.
Silenzio.
Kristoff
si voltò verso il soldato che aveva cercato di
dargli qualche informazione, ringraziandolo per il tentativo, con un
gesto del
capo. Poi rivolse lo sguardo alla schiena dritta del capitano, che
camminava
dinanzi a lui.
-“Vorrei
almeno sapere se questo mio incontro con la regina
si concluderà con la mia esecuzione o meno. Credo di averne
tutto il diritto.”-
disse rivolgendosi all’uomo, che sembrò essere
colto di sorpresa dalle sue
parole.
-“Nessuna
esecuzione, presumo. Altrimenti non avremmo perso
tempo a scortarti fino al castello.”- gli rispose
semplicemente, come se dietro
quelle parole non ci fosse nascosta una possibile minaccia di
morte-“Credo
abbia a che fare con la principessa, in caso contrario non saprei
davvero in
cosa potresti essere utile alla regina.”-
dichiarò, continuando a sfidare la
sua pazienza, ormai ridotta quasi all’osso.
Sven
grugnì in disappunto, scontento che il suo amico venisse
trattato in quel modo.
-“Ora
basta. Birghir, digli tutto.”- sbottò una guardia
alle
sue spalle, facendo voltare di colpo il capitano, che si
fermò di botto,
facendo arrestare la marcia di tutto il gruppo
-“Markus!”-
cercò inutilmente di zittirlo.
-“Non
vedo perché non dobbiamo parlargli della principessa.
Sono anche affari suoi da quello che mi
risulta.”-continuò imperterrito il
soldato.
-“Già.”-
gli fecero eco le altre due guardie.
-“Rolf,
Thorian! Anche voi? Questa è insubordinazione bella e
buona.”- si lamentò, cercando di mantenere la
situazione sotto controllo.
-“Perché
trattarlo a tal modo e tenergli nascosto qualcosa,
che saprà comunque a breve?”- chiese retoricamente
l’ultima delle guardie, che
non aveva ancora parlato.
-“Da
quando le reclute hanno voce in capitolo? Ci mancavi
solo tu Olson. La voce dell’innocenza! Bah, fate un
po’ come vi pare.”- si
arrese all’insistenza dei soldati. In effetti avevano tutti
ragione, ma lui era
quello che in teoria avrebbe dovuto far rispettare gli ordini, e se non
riusciva nemmeno in quello, non vedeva la sua utilità.
Nel
mentre, Kristoff e Sven facevano rimbalzare i loro
sguardi stupiti, dalla faccia stufa del capitano a quelle stanche ma
risolute
dei soldati. Le difese di Arendelle dovevano essere davvero misere, se
un
semplice manipolo di guardie riusciva a ribellarsi con tale
facilità al proprio
capitano.
-“E
poi chi ti ha messo a comando di questo gruppo, Gunnar?”-
proruppe indignato Markus.
-“Cosa?
Tu non sei il capitano?”- protestò Kristoff,
voltandosi verso Gunnar.
-“Non
ho mai detto di esserlo.”- si giustificò
l’uomo,
alzando le spalle.
Kristoff
strinse forte i pugni,
cercando di controllare la sua irrefrenabile voglia di mettergli le
mani
addosso. Poi, per il bene di tutti, si
voltò verso gli altri uomini, ignorandolo:
“Ditemi di Anna. Cosa le è
successo?”
Camminava
nella neve alta da un bel
po’, con il vento gelido che le scompigliava i capelli e che
le si infilava
sotto la vestaglia da notte, facendola rabbrividire. Stava seguendo un
sentiero
tra gli alberi, che doveva essere usato dalle slitte di passaggio.
Le
avrebbe fatto davvero comodo se
qualcuno fosse passato di li con un slitta, in quel momento. Sarebbe
potuta
ritornare a casa, ad Arendelle…da Elsa.
Ed
invece, non accadde nulla.
Nessun rumore di zoccoli nella neve, nessuna lanterna accesa per
rischiarare il
buio, ma soprattutto nessuno che avrebbe potuto riaccompagnarla al
castello.
Continuò
a camminare.
-“Mia
sorella Grace”- cominciò Birghir-
“è la dama di
compagnia della principessa, quindi sta con lei ogni giorno. Da quello
che
racconta, sembra che la principessa Anna sia diventata silenziosa e
scostante:
durante il giorno se ne sta rinchiusa in qualche sala del castello a
fare non
si sa che, mentre di notte gli incubi la tormentano.”- disse
osservando la
reazione di Kristoff.
-“Incubi?”-
chiese il mastro del ghiaccio senza fiato.
-“Già.
Mi ha detto, che di notte le sue urla si sentono fin
nell’ala est, dove si trovano gli alloggi della
servitù.”-concluse infine
dispiaciuto.
Kristoff
ingoiò a vuoto, metabolizzando pian piano quella
notizia indigesta: “E la regina?”
-“La
regina cerca di aiutarla, ma sembra che la principessa
non voglia avere nemmeno lei accanto.”- rispose subito, evitando per un soffio di
inciampare in un
sasso, che sporgeva dalla neve.
-“Ieri
mattina ero di guardia al cancello del cortile
secondario e le ho sentite litigare. Non sembrava nemmeno la
principessa, tanto
erano dure le sue parole.”- intervenne Gunnar, per cercare di
riabilitare la
sua figura.
-“Non
avresti dovuto origliare.”- lo riprese Olson.
-“So
che non si fa, ma la voce della principessa era così
alta! Oserei dire quasi che gridava.”-si scusò
prontamente.
-“B-bene.
Sapete se le è tornata la memoria?”- chiese
esitante Kristoff, sopraffatto quasi, da tutte quelle informazioni.
-“Da
quello che diceva ieri alla regina, non direi proprio.”-
ridacchiò Gunnar.
-“
Si può sapere cosa diceva di tanto sconvolgente?”-
gli
chiese Markus facendosi avanti dalle retrovie.
-“Beh,
forse non dovrei ripeterlo.”- cercò di astenersi
Gunnar, voltandosi verso il gruppo.
-“Già,
non devi.”- intervenne
risoluto Kristoff-“Quello che si sono dette, è
solo affar loro.”- e con questo
si mise in testa al gruppo, allungando il passo.
La
neve aveva ricominciato a cadere fuori dalla finestra, e
questa volta era sicura che fosse opera sua. Elsa se ne stava dritta,
dietro il
vetro ghiacciato, ad osservare quella pioggia bianca e silenziosa che
copriva
ogni cosa, quando di nuovo, un bussare alla porta la sottrasse ai suoi
pensieri.
Si
voltò di scatto: “Entra pure.”
-“Vostra
Maestà”- di nuovo la giovane guardia di poco prima
–“La ronda delle montagne è tornata con
successo: hanno trovato il mastro del
ghiaccio.”- le disse senza fiato, come se avesse corso su per
le scale fino ad
un attimo prima.
Il
volto della regina si illuminò, mentre tirava un sospiro
di sollievo: “Tra quanto arriveranno?”-
-“Sono
già qui, mia regina, aspettano solo il vostro
ordine.”- balbettò, mettendosi dritto.
Elsa
guardò la guardia e sorrise
riconoscente, mentre si accomodava alla sua scrivania: “Molto
bene. Lasciatelo
entrare.”
Gerda,
era stata svegliata dall’andirivieni di una guardia,
che faceva su e giù per i corridoi facendo cozzare la sua
spada contro gli
schinieri di metallo. Quando era scesa dal letto e aveva chiesto al
giovane
soldato, cosa fosse successo di tanto importante da fare tutto quel
baccano,
quello le aveva risposto che la regina aveva mandato a chiamare il
mastro del
ghiaccio nel bel mezzo della notte, non si sapeva per quale motivo.
La
vecchia governante, l’aveva liquidato e poi richiusasi la
porta alle spalle, aveva cominciato a prepararsi. Mezz’ora
dopo, era vestita di
tutto punto, con lo chignon perfettamente legato sulla testa e la
cuffietta al
suo posto, ed era scesa nelle cucine per preparare del tè
alla regina: se c’era
una cosa che conosceva di Elsa, era che anche nelle situazioni
più stressanti,
e questa sembrava proprio una di quelle, una tazza di tè
caldo alla menta,
poteva calmarla.
Quando
l’acqua cominciò a bollire, la versò
nella teiera,
dove aveva già messo due sacchettini di tè.
L’aroma fresco della menta si
sparse nelle cucine, mescolandosi con gli odori delle altre spezie
appese alle
pareti, pizzicandole il naso. Era così dolce e rinfrescante,
che si addiceva
senza ombra di dubbio ai gusti di Elsa, il suo“piccolo fiocco
di neve”, come la
chiamava lei, che aveva visto crescere e soffrire, senza che lei avesse
potuto
far nulla per aiutarla.
Un
rumore di passi, la riscosse dai suoi ricordi: le guardie
dovevano essere tornate dalle montagne, con il giovane amico della
principessa.
Gerda
si sbrigò a posizionare la teiera e due tazze, su un
vassoio: meglio fare in fretta, prima che la situazione diventasse
congelata.
L’ultima volta che il mastro del ghiaccio era stato a
colloquio con la regina,
c’era voluto ben più che una tazza di
tè per calmarla.
I
corridoi del castello erano stranamente silenziosi,
nonostante supponesse che in giro ci fossero più guardie del
solito. Salì con
cautela le scale che portavano al secondo piano, tenendo il vassoio in
equilibrio, cercando di non inciampare nell’orlo della sua
veste o negli
scalini.
Fece
per voltare l’angolo, ma per poco non si scontrò
con
qualcuno. La teiera e le tazze cozzarono tra loro, riempiendo il
silenzio con
il tintinnare della ceramica.
-“Oh
mio dio, Anna. Tesoro, cosa ci fai sveglia a
quest’ora?”- la principessa era spuntata dal nulla,
silenziosa come un
fantasma, spaventandola.
Gerda
la guardò bene e sobbalzò: aveva gli occhi chiusi
e il
viso pallidissimo- “Anna? Stai bene?”-
La
principessa si voltò di poco, come in ascolto e si
allontanò pian piano, con i piedi scalzi sul freddo
pavimento e la vestaglia
che le svolazzava attorno alle caviglie ad ogni passo.
La
governante rimase a fissare
pietrificata i suoi passi nel buio, per alcuni secondi,
finché la sua figura
spettrale scomparve dietro l’angolo. Poi come riscossa da
qualcosa, posò il
vassoio su un tavolino nei paragi e corse dietro alla principessa.
Il
sentiero si era biforcato all’improvviso, arrestando un
momento il suo cammino. Era arrivata ad un bivio. Quale direzione
doveva prendere?
Destra o sinistra?
La
strada sulla sinistra era intralciata da un enorme masso
ricoperto di muschio gelato, mentre il sentiero sulla destra era
ricoperto da
così tanta neve, da sembrare un enorme e soffice tappeto
bianco.
Restò
ad osservare un attimo il
masso, per capire se avrebbe potuto superarlo, e poi stanca
imboccò l’altra
strada.
-“Vostra Maestà.”-
la salutò Kistoff appena entrato nel suo studio, calcando la
voce
sull’appellativo.
-“Kristoff.”-
pronunciò semplicemente lei. Non lo invitò ad
accomodarsi come le volte precedenti, ed era sicura che se anche lo
avesse
fatto, lui non si sarebbe seduto ugualmente. Invece si
limitò a fissarlo per
alcuni secondi, indecisa su come cominciare il suo discorso. Quella,
per quanto
fosse difficile ammetterlo, era una sconfitta bella e buona: lo aveva
allontanato per la sua negligenza ed ora lo aveva richiamato a corte
per
chiedere il suo aiuto.
-“Ti
ho fatto chiamare qui, perché ho bisogno del tuo
aiuto.”- cominciò, cercando di suonare quanto
più glaciale possibile.
Sul
viso del montanaro si susseguirono in un momento, alcune
emozioni a cui non avrebbe nemmeno saputo dare un nome.
-“Bene,
in cosa poso essere utile?”- le chiese con un
sorrisino che non riuscì a trattenere.
Non
tirare
la corda, Kristoff, altrimenti stavolta ti bandisco dal regno
-
si
ritrovò a pensare Elsa.
-“Ho
bisogno che tu mi conduca alla Valle delle Pietre Viventi.”-
-“Potrei
sapere per quale motivo?”- le chiese, sperando che
lei gli dicesse qualcosa su Anna.
-“Per
Anna.”- gli rispose semplicemente, tirando un profondo
respiro.
Kristoff
rimase impassibile: non le avrebbe dato una
risposta, finché lei non si fosse scucita un po’
di più rivelandogli
qualcos’altro.
Elsa
sembrò non cogliere il suggerimento ad andare avanti e
rimase in silenzio.
-“Sa,
i troll non vogliono essere disturbati inutilmente.”-
bugia- “Dovrei sapere per quale motivo ha bisogno di loro. La
sua risposta non
basta.”- la incalzò. Ora aveva lui il coltello
dalla parte del manico, la
regina doveva stare al suo gioco.
-“Per
curare Anna. Per farle tornare la memoria.”-
scandì
laconica-“Ti basta come risposta, mastro del
ghiaccio?”
-“Direi
di si.”- disse incrociando le bracci al petto, poi
sospirò pesantemente-“ Ma ho una cattiva
notizia.”- disse abbassando lo
sguardo.
-“Cosa?”-
si agitò la regina.
-“Vede,
per quanto le possa sembrare strano, lei non è
l’unica che rivuole indietro Anna, e non è nemmeno
la sola ad aver pensato a
questa soluzione. Anch’io tengo a lei.”-
puntualizzò fissandola dritto negli occhi-
“Così quando mi ha cacciato sono andato dai troll,
ma Granpapà ha detto che non
ci sono soluzioni questa volta…lui non può
niente.”- spiegò.
-“N-no,
non è possibile, deve esserci una soluzione, la tua
famiglia deve avere un modo per farle tornare la memoria!”-
si alzò di scatto
dalla sedia, cacciando fuori tutta l’ansia e la frustrazione
che aveva
trattenuto fino a quel momento- “Se nemmeno loro possono
aiutarla, allora cosa
farò?”- chiese più a se stessa che a
lui. Tutte le sue speranze erano riposte
nella magia troll, ma se nemmeno loro potevano aiutarla, cosa avrebbe
dovuto
fare? -“Com’è possibile che con tutta la
sua magia non possa fare nulla? Non
l’ha già fatto una volta?”- aggiunse poi
rivolgendosi a Kristoff.
-“La
prima volta è stato diverso.”-
-“In
che senso? A me sembra la stessa cosa: deve solo trovare
un modo per farle ricordare quello che ha dimenticato”-
continuava a cercare
una via di fuga da quell’impasse.
-“Non
è così semplice come sembra.”-
protestò lui, cercando
di farla ragionare.
-“So
che non è semplice, ma deve pur esserci un modo,
Kristoff.”- si lamentò, come se da un momento
all’altro potesse scoppiare in
lacrime-“ E se Anna non dovesse ricordare più
tutto quello che è successo? Se
non ricordasse mai più te e quello che eravate? Non ti fa
impazzire il solo
pensiero di averla persa per sempre?”- gli chiese in un
crescendo, aggirando la
scrivania e avvicinandosi a lui di qualche passo.
-“Si,
ma questo non vuol dire che mi arrenderò. Troveremo un
modo per…per farla tornare quella di prima.”-
disse risoluto.
Elsa
lo osservò rimanere fermo come una statua, sicuro di
ogni sua parola, con la speranza di riabbracciare presto Anna, che gli
traboccava dagli occhi. L’amava come e quanto lei, doveva
dargliene atto.
Fece
per parlare, ma dall’esterno del suo studio provenne uno
strano fracasso, fatto di voci concitate e piedi che correvano veloci
per i corridoi.
-“Ma
che…?”- lo superò, affacciandosi alla
porta-“ Kai!”-
chiamò il maggiordomo, che accorse subito.
-“Maestà….”-
cominciò senza fiato.
-“Cosa
succede, cos’è questo baccano?”- chiese
esasperata che
nulla andasse bene.
-“Maestà…la
principessa Anna…”-
-“Cos’è
successo ad Anna?”- lo incalzò, con la voce che
tradiva ansia-“Parla per l’amor del
cielo.”-
Anche
Kristoff era uscito in corridoio ed ora le stava alle
spalle, impaziente di scoprire cosa fosse successo alla principessa.
-“…lei
sta c-correndo per i corridoi.”- balbettò
l’uomo.
-“Tutto
qui? Fermatela, allora.”- sbottò Elsa.
-“Non
è facile, maestà. Lei
è…addormentata.”- concluse.
-“Cosa?”-
esclamarono all’unisono Elsa e Kristoff.
-“Non
riusciamo a svegliarla, continua a correre via
spaventata. È sonnambula.”-
-“Anna!”-
la voce di Gerda fece voltare tutti e tre verso la
fine del corridoio, dal quale stava arrivando un nutrito gruppo di
guardie e
inservienti.
Seguivano
tutti Anna, con cautela. La
principessa era in testa al gruppo e li distanziava di tre, quattro
passi, muovendosi
in maniera scoordinata.
Da
quando aveva imboccato la strada sulla destra, una strana
sensazione di pericolo le aveva fatto rizzare le orecchie, per cogliere
anche
il minimo rumore.
Aveva
camminato ancora per un po’ e poi un ringhio sommesso
le aveva gelato il sangue nelle vene. Un enorme lupo grigio era saltato
fuori
dal nulla e aveva cominciato a darle la caccia.
Correva
ormai da quella che le sembrava un’eternità e con
suo
sommo sconcerto, non solo il lupo non si era arreso, ma anzi, sembrava
aver
chiamato i rinforzi. Ora erano più di cinque a starle alle
calcagna.
-“Aiuto!”-
gridò allo stremo delle forze- “Vi prego, qualcuno
mi aiuti…”- piagnucolò mentre arrancava
e cadeva nella neve.
Era
finita, a momenti l’avrebbero divorata e di lei non
sarebbe rimasto nulla.
Le
ringhia si erano placate,
rimanendo solo un rumore di sottofondo. Alzò lo sguardo e li
vide, i lupi,
tutti in fila, fermi a qualche passo di distanza da lei, che la
osservavano.
Perché si erano fermati?
Anna
aveva sbandato a destra e poi a sinistra, sbattendo contro
il muro e poi era inciampata sui suoi stessi passi frenetici, cadendo
rovinosamente in terra. Ma non si era svegliata, anzi si era trascinata
per
qualche altro passo, biascicando qualcosa, prima di voltarsi verso i
suoi
“inseguitori”, in attesa di qualcosa.
Elsa
si fece spazio tra la piccola folla di uomini e donne
spaventati, e Kristoff la seguì in silenzio. La vista della
sua sempre felice e
sorridente Anna, riversa sul pavimento, spaventata e fuori di
sé, lo colpì
dritto al petto. Doveva fare qualcosa per aiutarla.
Lui
ed Elsa uscirono dalle fila del
gruppo, facendo qualche passo verso di lei.
-“Anna?”-
Elsa si piegò davanti alla
sorella, che tremava, allungando una mano nella sua direzione.
Non
era possibile, il branco non si era fermato per darle tregua,
ma solo per far spazio ad un altro lupo, più grande e
maestoso, dal manto
chiaro come la neve.
Anna?
Il
lupo bianco le si stava avvicinando pian piano.
Anna.
No,
non poteva finire così, doveva combattere per restare in
vita.
Anna.
Con
uno scatto di reni, si alzò in piedi e riprese a correre
e ad arrancare nella neve, guadagnandosi l’ululato di rabbia
del lupo.
-“Anna!”-
urlò Elsa quando, con suo grande sconcerto, la
sorella si rimise in piedi, sempre ad occhi chiusi, e
ritornò a fuggire via spaurita.
La
cosa che la stupì maggiormente, fu che non riuscì
a fare
un solo passo nella direzione presa da Anna. Si era bloccata, congelata
come
per un stupido scherzo del destino: sua sorella era scappata via
impaurita da
lei. Da lei! Il peggiore dei suoi incubi si era avverato, lasciandola
spiazzata
davanti al dolore che le si irradiava dal cuore e che la teneva ferma
ed
incapace di fare qualcosa.
Il
resto del gruppo si era gettato di nuovo all’inseguimento
di Anna, solo Gerda era rimasta indietro ad assicurarsi che lei stesse
bene.
-“S-sto
bene.”- espirò piano, mentre le mani premurose
della
governante restavano sulle sue spalle curvate-“Dobbiamo
prenderci cura di Anna,
andiamo.”- così dicendo, seguì il
gruppo giù per i corridoi, per quanto le
permettesse il suo corpo scosso ancora da brividi di paura e tristezza.
Kristoff
fu il primo a cercare di fermarla, ma Anna gli sfuggì
per un soffio, voltando dietro l’angolo di uno degli infiniti
corridoi del
castello. Imprecò a denti stretti, mentre cercava ancora di
prenderla.
Come
faceva a correre a quel modo
con gli occhi chiusi?
I
lupi erano ripartiti all’attacco, ma non riusciva a vederli
alle sue spalle. Sentiva solo le loro ringhia infuriate, abbastanza
distanti.
Ma
qualcosa, qualcosa che non era un lupo, si era aggiunto
alla caccia selvaggia, riuscendo quasi ad afferrarla. Non aveva
guardato,
temendo che la paura di quello che avrebbe visto, avrebbe potuta
bloccarla,
lasciandola in pasto al suo destino.
Un
destino che sarebbe irrimediabilmente arrivato a breve.
Davanti
a lei, a qualche metro di distanza, si apriva un
crepaccio, chiaramente incolmabile con un salto.
Ora
stava a lei decidere, ma doveva farlo in fretta: essere
presa dai lupi o saltare e sperare.
Non
ci volle molto per decidere. Si fermò
all’improvviso,
riprendendo fiato.
Aveva
bisogno di una bella
rincorsa, se voleva atterrare indenne dall’altra parte.
Anna
si fermò di colpo a qualche passo da lui, costringendolo
a fermarsi prima di andarle a sbattere contro. Non riusciva a vederla
in volto,
ma vedeva distintamente le spalle che si alzavano ed abbassavano al
ritmo di
pesanti respiri.
-“Anna?”-
la chiamò esitante. Perché si era fermata?
Le
si avvicinò piano e allungò una mano, ma nel
momento esatto
in cui le sue dita stavano per chiudersi attorno al suo braccio, Anna
scattò in
avanti, cogliendolo alla sprovvista, puntando verso le scale che
scendevano giù
verso la sala da ballo, ignorando il pericolo che correva: se fosse
caduta, si
sarebbe di sicuro uccisa.
Il
cuore di Kristoff saltò più di un battito negli
istanti
successivi, e quasi si fermò alla vista della principessa
sull’ultimo gradino,
pronta a ruzzolare di sotto.
-“Anna!”-
provenne un urlo strozzato dalle sue spalle.
Non
seppe come, se per i riflessi pronti o per la paura di
perderla ancora, ma nel giro di pochi attimi riuscì ad
afferrarla saldamente
per il polso e a tirarla a sé, ritrovandosi sulla cima delle
scale con Anna
stretta tra le braccia: da quant’era che non le stava
così vicino? La
principessa era praticamente schiacciata contro il suo petto, in
quell’abbraccio salvifico, che dopo tutto quel tempo,
sembrava quasi un gesto
fuori luogo e fin troppo intimo per le circostanze.
Riusciva
a percepire il battito impazzito del cuore di Anna,
che sembrava rispondere ai battiti del suo.
Abbassò
lo sguardo sulla figura tremante che teneva stretta a
sé, facendo un passo indietro, contemplandone il viso
pallido e la fronte
corrucciata, gli occhi serrati e le palpebre vibranti, fino ad arrivare
alle
labbra dischiuse, quasi nell’atto di dire qualcosa.
-“Anna.”-
la scosse leggermente- “Anna, mi senti?”-
La
principessa cominciò a divincolarsi dalla sua presa ferrea,
farfugliando parole confuse nel suo stato di dormiveglia:
“Q-qualcuno mi…aiuti.
Mi hanno presa.”-
-“Anna,
ascoltami, va tutto bene.”- la teneva stretta per le
spalle.
-“L-lasciatemi
andare…lasciatemi andare!”- si lamentò
ancora,
continuando a tenere gli occhi chiusi.
-“Nessuno
ti ha presa…s-sta tranquilla, sono solo io.”-
cercò
di rassicurarla, ma le sue parole non sembrarono sortire nessun
effetto, perché
Anna continuò a dibattersi.
In
effetti perché avrebbe dovuto calmarsi? Lui non era
nessuno per lei, quindi perché alle parole “sono
io”, avrebbe dovuto
tranquillizzarsi?
Stupido!- si
maledì.
-“Anna,
svegliati!”-
-“No…NO!”-
urlò all’improvviso, spalancando gli occhi e
puntandoli nei suoi.
-“Anna?
S-stai bene?”- le prese il volto tra le mani,
spostandole alcune ciocche ribelli dalla fronte sudaticcia.
La
principessa rimase in silenzio, ispirando ed espirando a
grandi boccate, mantenendosi saldamente ai suoi avambracci, continuando
a
fissarlo intensamente, con gli occhi sbarrati. Non sembravano nemmeno i
suoi,
tanto era scuro ed appannato il suo sguardo.
-“Tu…”-
riuscì solo a dire, prima di scivolargli tra le
braccia e di cadere di nuovo nell’oblio, svenuta.
La
prese in braccio senza nemmeno pensarci, quasi fosse un
gesto involontario, istintivo come il respirare, e la tenne stretta a
sé:
questa volta non l’avrebbe lasciata andare.
È
solo
colpa mia. Solo colpa mia.-
si rimproverò, con le lacrime che gli
premevano agli angoli degli occhi. Vederla in quelle condizioni, era
stato
peggio di quando Elsa gli aveva ordinato di starle alla larga: in quel
caso
aveva avuto la certezza che, seppur lontana da lui, sarebbe stata bene,
accudita ed amata tra le mura del castello. Ma ora che aveva la prova
del
contrario non poteva darsi pace.
-“Oh
mio dio.”- un sussurro strozzato lo riscosse dai suoi
pensieri. Elsa gli stava davanti, con una mano sulla bocca a coprire i
singhiozzi
e l’altra sospesa a mezz’aria, a pochi centimetri
dal volto di Anna.
-“C-credo”-
cominciò Kristoff, cercando di ignorare il nodo
che gli stringeva la gola-“ abbia bisogno di un
dottore.”- concluse non
staccando gli occhi da Anna.
Non
ci fu bisogno che Elsa esponesse i suoi ordini ad alta
voce: alcuni inservienti si lanciarono di corsa giù per le
scale, alla ricerca
del medico di corte.
La
regina osservò rapita lo sguardo
che Kristoff rivolse alla sorella, esanime tra le sue braccia,
sospirando: “Vieni.”-
gli disse solo, mentre ingoiava le lacrime e lo conduceva verso la
stanza di
Anna.
I
lupi l’avevano presa alla fine e, anche se aveva lottato
con tutte le sue forze per resistere, aveva ceduto alla stanchezza e
alla
paura.
Aveva
chiuso gli occhi e aveva aspettato che tutto finisse.
Ma
la morte non era arrivata come se la sarebbe aspettata,
fredda e immobile.
Al
contrario, un calore inaspettato ma desiderato, si era
impossessato del suo fragile corpo, cullandola fino ad un torpore
soffuso.
Un
calore che sapeva di abbracci, di sere passate davanti al
caldo del camino, di estate, di amore e…aghi di pino.
Un calore che
sapeva di casa.
AngoloAutrice: Saaaaalve!
Cavolo, stavolta non ho impiegato
due mesi per aggiornare…sono fiera di me e della mia
celerità :) Per quanto
riguarda il capitolo, starà a voi farmi capire se devo
essere davvero
soddisfatta o se mi devo rottamare come pseudo-scrittrice e devo fare
spazio
alle nuove leve XD
Comunque
non ho molto da dire, se non che questo capitolo mi
serviva per il ritorno in scena del caro Kris, quindi non è
che ci siano grandi
passi avanti nella trama, ma da questo momento in poi ci saranno, ve lo
prometto!
Per
scrivere del sonnambulismo mi sono documentata per bene e
ho fatto riferimento ad esperienze personali: fidatevi se vi dico, che
non
vorreste mai trovarvi a dormire in camera con qualcuno che ne
soffre…robe da
paranormal activity!
Per
quanto riguarda domande, dubbi o altro riguardo al
contenuto del capitolo, non esitate a chiedere.
Come sempre ringrazio
tutti quelli che
leggono/seguono/preferiscono, ma soprattutto quelli che recensiscono
sempre (io
li chiamo i fedelissimiXD), e per tutti gli altri non so più
davvero in che
lingua dirvelo ma tant’è: recensioni, reviews,
reseñas, commentaires, Bewertungen,
opiniões e chi più ne ha più ne metta!!
Non so più che
dirvi se non, see you next time, snowflakes!
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