Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: StarFighter    28/10/2014    9 recensioni
Tutto sembra procedere per il meglio ad Arendelle: Elsa ed Anna cercano di recuperare il tempo perso, ed intanto la principessa cerca di chiarire il suo rapporto con il suo-più-che-amico, Kristoff. Ma, durante il suo primo viaggio fuori dal regno, Anna è vittima di un incidente. Questo potrebbe mettere in pericolo il fragile equilibrio creatosi dopo il Grande Inverno? R&R!
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 17: Passi nel buio

 

Essere svegliato nel bel mezzo della notte da voci concitate, provenienti dall’esterno della sua baita, non era proprio nei suoi piani, quando era andato a dormire. Quando aveva posato la testa sul cuscino non aveva certo sperato in un riposo ristoratore, ma almeno in una bella dormita che gli avrebbe dato l’energia sufficiente per tirare avanti fino alla sera successiva. Quelle voci non promettevano nulla di buono e, se a quella sua sensazione aggiungeva il fatto di essere in una baita nel bel mezzo della montagna, la sua non era proprio una situazione felice: là fuori potevano esserci dei briganti o dei balordi, in cerca di grane. Lui era solo con Sven e per difendersi da eventuali problemi, aveva solo un ascia e un coltello. Dal chiasso che producevano, dovevano essere almeno in cinque o sei: brutta circostanza.

Scese dal letto e s’infilò in fretta gli stivali, prima di recuperare dalla parete l’ascia per la legna. Non che avesse intenzione di usarla, ma in un frangente del genere era meglio avere un’arma a portata di mano. Sven, che sonnecchiava vicino al camino, lo guardò preoccupato: “Chi sarà mai a quest’ora?- sembrò chiedergli.

Kristoff si portò un dito alla bocca per intimargli di non fare rumore, mentre si appiattiva contro la parete al fianco della porta. Il baccano all’esterno cessò all’improvviso, proprio ad un passo dalla baita e Kristoff pregò con tutto il cuore che chiunque fosse, girasse a largo da lui e dal cattivo umore che si portava dietro da un paio di mesi. Non era un uomo violento per natura, ma se l’avessero messo alle strette, non avrebbe reso conto a nessuno delle sue azioni.

La vecchia porta gemette sotto tre colpi secchi, mentre Kristoff tirava un profondo respiro di sollievo: chiunque fosse non doveva avere intenzioni ostili, altrimenti non si sarebbe disturbato a bussare.

-“Chi è la?”- chiese con la voce più cavernosa che fosse in grado di usare.

-“Kristoff Bjorgman, sua maestà la regina Elsa, richiede immediatamente la tua presenza a palazzo. Apri la porta.”- gli intimò una voce.

Il respiro gli si bloccò in gola per la sorpresa: la regina voleva vederlo? Per quale motivo? In un secondo, tutte le più improbabili risposte a quella domanda soffocarono ogni suo pensiero coerente. Poi un’idea su tutte ebbe la meglio, anzi, un nome, e dovette trattenersi dall’urlarlo: Anna.

Che le fosse successo qualcosa? O che, nella migliore delle ipotesi, avesse ricordato tutto? E se si fosse finalmente ricordata di lui?

Spalancò con un solo gesto la porta, ancora con l’ascia in pugno, con il risultato che le guardie, dopo aver dato uno sguardo alla sua faccia stravolta e all’arma, gli puntarono in un secondo le picche alla gola.

-“Woah! Ma che…”- poi guardò la sua mano, stretta ancora attorno al manico dell’ascia-“Oh, questa? È solo che…io non volevo…”- non terminò la frase e nascose velocemente l’oggetto improprio dietro la schiena, guardando le guardie ritirare le picche.

-“Cos’è successo? Perché la regina vuole vedermi?”- chiese dopo un momento, mettendo un freno alla sua agitazione crescente.

-“Non lo sappiamo. Abbiamo solo l’ordine di portarti a palazzo il prima possibile.”- gli rispose una delle guardie, fronteggiandolo a muso duro.

L’urgenza palese in quelle parole e il fatto che Elsa avesse mobilitato un tale dispiegamento di forze per cercarlo, a poche ore dall’alba, quando avrebbe potuto attendere le prime luci del mattino, risvegliarono la sua inquietudine.

-“Datemi il tempo di cambiarmi e…”- si guardò attorno, per cercare qualcosa di più consono da indossare per un colloquio con la regina, o per un probabile incontro con Anna.

-“Ora.”- lo fermò la guardia che gli aveva risposto prima. Da come si comportava doveva essere il capo del drappello di uomini.

-“Ma devo solo…”- cercò di argomentare Kristoff: non si sarebbe presentato a palazzo con indosso i suoi indumenti da lavoro: c’era la possibilità che avrebbe riabbracciato Anna dopo tanto tempo e non voleva di certo puzzare come Sven, santo cielo!

-“Ora!”- ripeté l’uomo.

Ci furono interminabili secondi di silenzio, durante i quali Kristoff e il capo della guardia si scambiarono occhiate di fuoco. Nessuno dei due era propenso a mollare la presa: il primo non avrebbe attraversato la porta di quella baita senza vestiti puliti e il secondo non aveva intenzione di aspettare oltre il montanaro.

-“Non pensavo che il mastro del ghiaccio, fosse vanitoso quanto la principessa.”- ironizzò la guardia, voltandogli le spalle, come per sottolineare la sua intenzione di muoversi subito.

Silenzio. Nessuno osò interrompere la pausa dopo quell’affermazione, mentre le altre guardie fissavano il capitano esterrefatte. Kristoff ridusse gli occhi a due fessure: non gli sembrava il caso di argomentare lì, nel bel mezzo della notte, anche se a dirla tutta avrebbe voluto fare molto di più che argomentare, come ad esempio assestargli un bel pugno. Anna, o meglio Elsa, aspettava. Non doveva perdere tempo, e se la regina o la principessa si fossero lamentate del suo aspetto o del suo odore, l’avrebbe fatta pagare cara a quell’uomo.

- “Vieni Sven, andiamo a fare due passi.”- gettò la spugna. La renna grugnì in disappunto per essere stata svegliata così in malo modo a quell’ora, ma si mise subito in piedi e facendo passare con attenzione i palchi delle corna attraverso la porta, uscì fuori, sgranchendosi  le zampe nella neve fresca. Kristoff recuperò una casacca più pesante da un gancio nella parete, poi si chiuse la porta alle spalle, senza degnare gli uomini di uno sguardo.

-“Andiamo.”-ordinò il capitano.                                                   

Il gruppo di sette uomini si incamminò giù per il lato della montagna, con il capo in testa; Kristoff e Sven seguivano dietro, accompagnati da due delle guardie, e dietro di loro chiudevano i restanti tre uomini. Lo accerchiavano come fosse stato un criminale: credevano forse che sarebbe scappato?

Sven gli lanciò un’occhiata interrogativa: “Si può sapere dove stiamo andando?

-“Al castello, Sven.”- fece una pausa, pensando a quello che sarebbe potuto accadere di li a poche ore-“Torniamo da Anna.”

 

 

Elsa camminava su e giù per il suo studio, facendo strusciare la veste da camera sul tappeto ricamato, producendo un leggero fruscio fastidioso, nell’attesa che qualcuno le venisse a dire se avevano o meno trovato Kristoff. Lui e la sua famiglia, potevano essere l’unica possibilità rimastale, per riavere indietro la vecchia Anna.

Qualcuno bussò alla porta,distraendola: “Avanti.”- intimò con un tono di voce più freddo, di quanto avesse avuto intenzione.

-“Mia regina, la ronda cittadina non ha dato esiti. Il mastro del ghiaccio non è in città, a quanto pare. Ma aspettiamo ancora il drappello di uomini salito in montagna. ”- le riferì la guardia che era appena entrata e che si ostinava a guardare in terra. Faceva così tanta paura?

La regina si lasciò cadere su uno dei divanetti che adornavano la stanza, stringendo a se le mani, guardando nel vuoto: e se Kristoff non era più ad Arendelle e nemmeno sulle montagne, dove poteva essere andato? E se avesse deciso di andarsene per sempre da quel posto?

Come se le avesse letto nel pensiero, la guardia parlò di nuovo: “Maestà, c’è la possibilità che il mastro del ghiaccio non sia più nella nostra regione. Molti dei tagliatori decidono di scendere più a sud, durante la stagione invernale, per impiegarsi in altri lavori. È possibile che mastro Bjorgman abbia fatto la stessa scelta.”

Elsa trattenne il respiro. Come avrebbe fatto a trovare i troll allora? Le seccava ammetterlo, ma Kristoff in quel momento era molto più utile di lei, ad Anna.

-“Speriamo, per il suo bene che sia ancora nei paragi.”- blaterò sottovoce, ma la guardia la sentì distintamente.

Si mise sull’attenti: “Maestà, non appena la ronda scenderà dalle montagne verrò a farle rapporto. Vedrà, la loro ricerca non sarà infruttuosa come la nostra.”

-“Grazie, puoi andare.”- lo liquidò Elsa. Era felice che qualcuno cercasse di rassicurarla, ma in quel momento le parole della guardia rischiavano solo di far crescere la sua agitazione.

Si alzò e fece qualche passo verso la finestra, affacciata su una Arendelle ancora addormentata, coperta da un manto di neve fresca. Nessuna persona per le strade buie, nessun drappello di uomini all’orizzonte, ma soprattutto nessun montanaro con la sua renna in vista.

-“Kristoff, per l’amor del cielo, dove sei?”- sibilò a denti stretti, mentre un’intricata ragnatela di ghiaccio si spandeva sul vetro della finestra, bloccandole la vista sul regno.

 

 

Buio ed alberi, era tutto quello che riusciva a scorgere attorno a sé. Fin lì nulla di strano: era in un bosco, di notte, quindi era inevitabile non riuscire a vedere altro se non tronchi scuri e tenebre. La cosa più strana era che non riusciva davvero a ricordarsi come ci fosse arrivata lì. Un attimo prima era nel suo letto e nel momento successivo era in quel posto, da sola, con una terribile sensazione che le pulsava in un angolo della mente, mettendo in allerta tutti i suoi sensi.

Qualcosa non quadrava in quella situazione, ma di una cosa era sicura: non voleva sapere cosa fosse quel qualcosa.

 

 

Le mura di Arendelle erano ormai in vista e ad est, dietro le montagne, il cielo cominciava a rischiararsi dall’oscurità: leggere tonalità di viola e lilla illuminavano l’orizzonte. Con una compagnia migliore, Kristoff avrebbe apprezzato meglio quello spettacolo della natura, e sarebbe rimasto a contemplarlo finché il Sole non avesse fatto capolino tra le basse nubi grigie che sporcavano quella tavolozza di tenebre. Invece gli uomini che lo scortavano, sembravano immuni a tanta bellezza, concentrati solo sui loro passi pesanti e cadenzati nella neve, con la testa bassa e le picche poggiate sulle spalle.

Da quando avevano lasciato la sua baita, nessuno aveva aperto bocca, anche se per ben due volte aveva chiesto notizie di Anna. I soldati erano rimasti in silenzio, non sapeva se per la troppa stanchezza o per un qualche ordine che gli vietava di parlare della principessa, mentre il capitano gli aveva scoccato un’occhiata alquanto eloquente, e senza parlare gli aveva intimato di tacere. Dopodiché non aveva chiesto più nulla e si era limitato a scendere verso valle con la bocca serrata.

Sven attirò la sua attenzione battendogli le corna sulle spalle, curvate sotto il peso della privazione di sonno e della frustrazione di non poter fare molto, guardandolo intensamente. Se fossero stati da soli, avrebbe dato voce ai pensieri dell’amico quadrupede, ma in quel frangente non gli sembrava il caso di intavolare una discussione a senso unico davanti ai soldati della regina. Invece di portarlo da lei, avrebbero potuto rinchiuderlo in una cella, nelle segrete del castello, accusandolo di pazzia.

Lo sguardo di Sven comunque parlava chiaro: perché non ci dicono nulla?

-“Non lo so, forse perché non possono. O forse, più semplicemente perché non sanno nulla di Anna.”- gli rispose ad alta voce, alzando le spalle.

Una delle due guardie che lo affiancava, alzò un sopracciglio interrogativo: “Cosa?”

Kristoff si girò verso l’uomo e sospirò: “Nulla. Riflettevo ad alta voce.”- Sven grugnì per convenire con la sua teoria e lui gli rivolse un mezzo sorriso stanco, per ringraziarlo del suo appoggio.

Passarono altri interminabili minuti di silenzio, spezzato solo dal rumore scricchiolante dei loro stivali che affondavano nella neve fino alle caviglie, prima che l’altra guardia al suo fianco gli si avvicinasse di un passo.

-“Non sappiamo nulla della principessa Anna. Sembra stia bene, dopo quello che è successo alla festa del raccolto, anche se alcune voci al palazzo dicono il contrario.”- gli sussurrò, cercando di non farsi sentire dal resto del gruppo.

-“Quali voci?”- gli chiese in ansia. Il soldato fece per aprire bocca ma il capitano lo fermò.

-“Ti avevo detto di non parlargli, Birghir. I miei ordini non sono semplice aria calda.”-

-“Con tutto il rispetto, non credo che metterlo a parte di quello che succede al castello, possa essere pericoloso. In fondo lui è…”-

-“Un semplice suddito della regina, che non ha nulla a che spartire con gli avvenimenti di corte.”- sentenziò l’uomo a capo del gruppo, senza voltarsi, ma con voce ferma.

-“Ma lui è il…”- cercò di controbattere.

-“Birghir.”- tuonò per intimargli di smetterla di stuzzicare la sua pazienza.

Silenzio.

Kristoff si voltò verso il soldato che aveva cercato di dargli qualche informazione, ringraziandolo per il tentativo, con un gesto del capo. Poi rivolse lo sguardo alla schiena dritta del capitano, che camminava dinanzi a lui.

-“Vorrei almeno sapere se questo mio incontro con la regina si concluderà con la mia esecuzione o meno. Credo di averne tutto il diritto.”- disse rivolgendosi all’uomo, che sembrò essere colto di sorpresa dalle sue parole.

-“Nessuna esecuzione, presumo. Altrimenti non avremmo perso tempo a scortarti fino al castello.”- gli rispose semplicemente, come se dietro quelle parole non ci fosse nascosta una possibile minaccia di morte-“Credo abbia a che fare con la principessa, in caso contrario non saprei davvero in cosa potresti essere utile alla regina.”- dichiarò, continuando a sfidare la sua pazienza, ormai ridotta quasi all’osso.

Sven grugnì in disappunto, scontento che il suo amico venisse trattato in quel modo.

-“Ora basta. Birghir, digli tutto.”- sbottò una guardia alle sue spalle, facendo voltare di colpo il capitano, che si fermò di botto, facendo arrestare la marcia di tutto il gruppo

-“Markus!”- cercò inutilmente di zittirlo.

-“Non vedo perché non dobbiamo parlargli della principessa. Sono anche affari suoi da quello che mi risulta.”-continuò imperterrito il soldato.

-“Già.”- gli fecero eco le altre due guardie.

-“Rolf, Thorian! Anche voi? Questa è insubordinazione bella e buona.”- si lamentò, cercando di mantenere la situazione sotto controllo.

-“Perché trattarlo a tal modo e tenergli nascosto qualcosa, che saprà comunque a breve?”- chiese retoricamente l’ultima delle guardie, che non aveva ancora parlato.

-“Da quando le reclute hanno voce in capitolo? Ci mancavi solo tu Olson. La voce dell’innocenza! Bah, fate un po’ come vi pare.”- si arrese all’insistenza dei soldati. In effetti avevano tutti ragione, ma lui era quello che in teoria avrebbe dovuto far rispettare gli ordini, e se non riusciva nemmeno in quello, non vedeva la sua utilità.

Nel mentre, Kristoff e Sven facevano rimbalzare i loro sguardi stupiti, dalla faccia stufa del capitano a quelle stanche ma risolute dei soldati. Le difese di Arendelle dovevano essere davvero misere, se un semplice manipolo di guardie riusciva a ribellarsi con tale facilità al proprio capitano.

-“E poi chi ti ha messo a comando di questo gruppo, Gunnar?”- proruppe indignato Markus.

-“Cosa? Tu non sei il capitano?”- protestò Kristoff, voltandosi verso Gunnar.

-“Non ho mai detto di esserlo.”- si giustificò l’uomo, alzando le spalle.

Kristoff strinse forte i pugni, cercando di controllare la sua irrefrenabile voglia di mettergli le mani addosso. Poi, per il bene di tutti, si  voltò verso gli altri uomini, ignorandolo: “Ditemi di Anna. Cosa le è successo?”

Camminava nella neve alta da un bel po’, con il vento gelido che le scompigliava i capelli e che le si infilava sotto la vestaglia da notte, facendola rabbrividire. Stava seguendo un sentiero tra gli alberi, che doveva essere usato dalle slitte di passaggio.

Le avrebbe fatto davvero comodo se qualcuno fosse passato di li con un slitta, in quel momento. Sarebbe potuta ritornare a casa, ad Arendelle…da Elsa.

Ed invece, non accadde nulla. Nessun rumore di zoccoli nella neve, nessuna lanterna accesa per rischiarare il buio, ma soprattutto nessuno che avrebbe potuto riaccompagnarla al castello.

Continuò a camminare.

 

 

-“Mia sorella Grace”- cominciò Birghir- “è la dama di compagnia della principessa, quindi sta con lei ogni giorno. Da quello che racconta, sembra che la principessa Anna sia diventata silenziosa e scostante: durante il giorno se ne sta rinchiusa in qualche sala del castello a fare non si sa che, mentre di notte gli incubi la tormentano.”- disse osservando la reazione di Kristoff.

-“Incubi?”- chiese il mastro del ghiaccio senza fiato.

-“Già. Mi ha detto, che di notte le sue urla si sentono fin nell’ala est, dove si trovano gli alloggi della servitù.”-concluse infine dispiaciuto.

Kristoff ingoiò a vuoto, metabolizzando pian piano quella notizia indigesta: “E la regina?”

-“La regina cerca di aiutarla, ma sembra che la principessa non voglia avere nemmeno lei accanto.”- rispose subito,  evitando per un soffio di inciampare in un sasso, che sporgeva dalla neve.

-“Ieri mattina ero di guardia al cancello del cortile secondario e le ho sentite litigare. Non sembrava nemmeno la principessa, tanto erano dure le sue parole.”- intervenne Gunnar, per cercare di riabilitare la sua figura.

-“Non avresti dovuto origliare.”- lo riprese Olson.

-“So che non si fa, ma la voce della principessa era così alta! Oserei dire quasi che gridava.”-si scusò prontamente.

-“B-bene. Sapete se le è tornata la memoria?”- chiese esitante Kristoff, sopraffatto quasi, da tutte quelle informazioni.

-“Da quello che diceva ieri alla regina, non direi proprio.”- ridacchiò Gunnar.

-“ Si può sapere cosa diceva di tanto sconvolgente?”- gli chiese Markus facendosi avanti dalle retrovie.

-“Beh, forse non dovrei ripeterlo.”- cercò di astenersi Gunnar, voltandosi verso il gruppo.

-“Già, non devi.”- intervenne risoluto Kristoff-“Quello che si sono dette, è solo affar loro.”- e con questo si mise in testa al gruppo, allungando il passo.

 

 

La neve aveva ricominciato a cadere fuori dalla finestra, e questa volta era sicura che fosse opera sua. Elsa se ne stava dritta, dietro il vetro ghiacciato, ad osservare quella pioggia bianca e silenziosa che copriva ogni cosa, quando di nuovo, un bussare alla porta la sottrasse ai suoi pensieri.

Si voltò di scatto: “Entra pure.”

-“Vostra Maestà”- di nuovo la giovane guardia di poco prima –“La ronda delle montagne è tornata con successo: hanno trovato il mastro del ghiaccio.”- le disse senza fiato, come se avesse corso su per le scale fino ad un attimo prima.

Il volto della regina si illuminò, mentre tirava un sospiro di sollievo: “Tra quanto arriveranno?”-

-“Sono già qui, mia regina, aspettano solo il vostro ordine.”- balbettò, mettendosi dritto.

Elsa guardò la guardia e sorrise riconoscente, mentre si accomodava alla sua scrivania: “Molto bene. Lasciatelo entrare.”

 

 

Gerda, era stata svegliata dall’andirivieni di una guardia, che faceva su e giù per i corridoi facendo cozzare la sua spada contro gli schinieri di metallo. Quando era scesa dal letto e aveva chiesto al giovane soldato, cosa fosse successo di tanto importante da fare tutto quel baccano, quello le aveva risposto che la regina aveva mandato a chiamare il mastro del ghiaccio nel bel mezzo della notte, non si sapeva per quale motivo.

La vecchia governante, l’aveva liquidato e poi richiusasi la porta alle spalle, aveva cominciato a prepararsi. Mezz’ora dopo, era vestita di tutto punto, con lo chignon perfettamente legato sulla testa e la cuffietta al suo posto, ed era scesa nelle cucine per preparare del tè alla regina: se c’era una cosa che conosceva di Elsa, era che anche nelle situazioni più stressanti, e questa sembrava proprio una di quelle, una tazza di tè caldo alla menta, poteva calmarla.

Quando l’acqua cominciò a bollire, la versò nella teiera, dove aveva già messo due sacchettini di tè. L’aroma fresco della menta si sparse nelle cucine, mescolandosi con gli odori delle altre spezie appese alle pareti, pizzicandole il naso. Era così dolce e rinfrescante, che si addiceva senza ombra di dubbio ai gusti di Elsa, il suo“piccolo fiocco di neve”, come la chiamava lei, che aveva visto crescere e soffrire, senza che lei avesse potuto far nulla per aiutarla.

Un rumore di passi, la riscosse dai suoi ricordi: le guardie dovevano essere tornate dalle montagne, con il giovane amico della principessa.

Gerda si sbrigò a posizionare la teiera e due tazze, su un vassoio: meglio fare in fretta, prima che la situazione diventasse congelata. L’ultima volta che il mastro del ghiaccio era stato a colloquio con la regina, c’era voluto ben più che una tazza di tè per calmarla.

I corridoi del castello erano stranamente silenziosi, nonostante supponesse che in giro ci fossero più guardie del solito. Salì con cautela le scale che portavano al secondo piano, tenendo il vassoio in equilibrio, cercando di non inciampare nell’orlo della sua veste o negli scalini.

Fece per voltare l’angolo, ma per poco non si scontrò con qualcuno. La teiera e le tazze cozzarono tra loro, riempiendo il silenzio con il tintinnare della ceramica.

-“Oh mio dio, Anna. Tesoro, cosa ci fai sveglia a quest’ora?”- la principessa era spuntata dal nulla, silenziosa come un fantasma, spaventandola.

Gerda la guardò bene e sobbalzò: aveva gli occhi chiusi e il viso pallidissimo- “Anna? Stai bene?”-

La principessa si voltò di poco, come in ascolto e si allontanò pian piano, con i piedi scalzi sul freddo pavimento e la vestaglia che le svolazzava attorno alle caviglie ad ogni passo.

La governante rimase a fissare pietrificata i suoi passi nel buio, per alcuni secondi, finché la sua figura spettrale scomparve dietro l’angolo. Poi come riscossa da qualcosa, posò il vassoio su un tavolino nei paragi e corse dietro alla principessa.

 

Il sentiero si era biforcato all’improvviso, arrestando un momento il suo cammino. Era arrivata ad un bivio. Quale direzione doveva prendere? Destra o sinistra?

La strada sulla sinistra era intralciata da un enorme masso ricoperto di muschio gelato, mentre il sentiero sulla destra era ricoperto da così tanta neve, da sembrare un enorme e soffice tappeto bianco.

Restò ad osservare un attimo il masso, per capire se avrebbe potuto superarlo, e poi stanca imboccò l’altra strada.

 

 

-“Vostra Maestà.”- la salutò Kistoff appena entrato nel suo studio, calcando la voce sull’appellativo.

-“Kristoff.”- pronunciò semplicemente lei. Non lo invitò ad accomodarsi come le volte precedenti, ed era sicura che se anche lo avesse fatto, lui non si sarebbe seduto ugualmente. Invece si limitò a fissarlo per alcuni secondi, indecisa su come cominciare il suo discorso. Quella, per quanto fosse difficile ammetterlo, era una sconfitta bella e buona: lo aveva allontanato per la sua negligenza ed ora lo aveva richiamato a corte per chiedere il suo aiuto.

-“Ti ho fatto chiamare qui, perché ho bisogno del tuo aiuto.”- cominciò, cercando di suonare quanto più glaciale possibile.

Sul viso del montanaro si susseguirono in un momento, alcune emozioni a cui non avrebbe nemmeno saputo dare un nome.

-“Bene, in cosa poso essere utile?”- le chiese con un sorrisino che non riuscì a trattenere.

Non tirare la corda, Kristoff, altrimenti stavolta ti bandisco dal regno - si ritrovò a pensare Elsa.

-“Ho bisogno che tu mi conduca alla Valle delle Pietre Viventi.”-

-“Potrei sapere per quale motivo?”- le chiese, sperando che lei gli dicesse qualcosa su Anna.

-“Per Anna.”- gli rispose semplicemente, tirando un profondo respiro.

Kristoff rimase impassibile: non le avrebbe dato una risposta, finché lei non si fosse scucita un po’ di più rivelandogli qualcos’altro.

Elsa sembrò non cogliere il suggerimento ad andare avanti e rimase in silenzio.

-“Sa, i troll non vogliono essere disturbati inutilmente.”- bugia- “Dovrei sapere per quale motivo ha bisogno di loro. La sua risposta non basta.”- la incalzò. Ora aveva lui il coltello dalla parte del manico, la regina doveva stare al suo gioco.

-“Per curare Anna. Per farle tornare la memoria.”- scandì laconica-“Ti basta come risposta, mastro del ghiaccio?”

-“Direi di si.”- disse incrociando le bracci al petto, poi sospirò pesantemente-“ Ma ho una cattiva notizia.”- disse abbassando lo sguardo.

-“Cosa?”- si agitò la regina.

-“Vede, per quanto le possa sembrare strano, lei non è l’unica che rivuole indietro Anna, e non è nemmeno la sola ad aver pensato a questa soluzione. Anch’io tengo a lei.”- puntualizzò fissandola dritto negli occhi- “Così quando mi ha cacciato sono andato dai troll, ma Granpapà ha detto che non ci sono soluzioni questa volta…lui non può niente.”- spiegò.

-“N-no, non è possibile, deve esserci una soluzione, la tua famiglia deve avere un modo per farle tornare la memoria!”- si alzò di scatto dalla sedia, cacciando fuori tutta l’ansia e la frustrazione che aveva trattenuto fino a quel momento- “Se nemmeno loro possono aiutarla, allora cosa farò?”- chiese più a se stessa che a lui. Tutte le sue speranze erano riposte nella magia troll, ma se nemmeno loro potevano aiutarla, cosa avrebbe dovuto fare? -“Com’è possibile che con tutta la sua magia non possa fare nulla? Non l’ha già fatto una volta?”- aggiunse poi rivolgendosi a Kristoff.

-“La prima volta è stato diverso.”-

-“In che senso? A me sembra la stessa cosa: deve solo trovare un modo per farle ricordare quello che ha dimenticato”- continuava a cercare una via di fuga da quell’impasse.

-“Non è così semplice come sembra.”- protestò lui, cercando di farla ragionare.

-“So che non è semplice, ma deve pur esserci un modo, Kristoff.”- si lamentò, come se da un momento all’altro potesse scoppiare in lacrime-“ E se Anna non dovesse ricordare più tutto quello che è successo? Se non ricordasse mai più te e quello che eravate? Non ti fa impazzire il solo pensiero di averla persa per sempre?”- gli chiese in un crescendo, aggirando la scrivania e avvicinandosi a lui di qualche passo.

-“Si, ma questo non vuol dire che mi arrenderò. Troveremo un modo per…per farla tornare quella di prima.”- disse risoluto.

Elsa lo osservò rimanere fermo come una statua, sicuro di ogni sua parola, con la speranza di riabbracciare presto Anna, che gli traboccava dagli occhi. L’amava come e quanto lei, doveva dargliene atto.

Fece per parlare, ma dall’esterno del suo studio provenne uno strano fracasso, fatto di voci concitate e piedi che correvano veloci per i corridoi.

-“Ma che…?”- lo superò, affacciandosi alla porta-“ Kai!”- chiamò il maggiordomo, che accorse subito.

-“Maestà….”- cominciò senza fiato.

-“Cosa succede, cos’è questo baccano?”- chiese esasperata che nulla andasse bene.

-“Maestà…la principessa Anna…”-

-“Cos’è successo ad Anna?”- lo incalzò, con la voce che tradiva ansia-“Parla per l’amor del cielo.”-

Anche Kristoff era uscito in corridoio ed ora le stava alle spalle, impaziente di scoprire cosa fosse successo alla principessa.

-“…lei sta c-correndo per i corridoi.”- balbettò l’uomo.

-“Tutto qui? Fermatela, allora.”- sbottò Elsa.

-“Non è facile, maestà. Lei è…addormentata.”- concluse.

-“Cosa?”- esclamarono all’unisono Elsa e Kristoff.

-“Non riusciamo a svegliarla, continua a correre via spaventata. È sonnambula.”-

-“Anna!”- la voce di Gerda fece voltare tutti e tre verso la fine del corridoio, dal quale stava arrivando un nutrito gruppo di guardie e inservienti.

Seguivano tutti Anna, con cautela. La principessa era in testa al gruppo e li distanziava di tre, quattro passi, muovendosi in maniera scoordinata.

Da quando aveva imboccato la strada sulla destra, una strana sensazione di pericolo le aveva fatto rizzare le orecchie, per cogliere anche il minimo rumore.

Aveva camminato ancora per un po’ e poi un ringhio sommesso le aveva gelato il sangue nelle vene. Un enorme lupo grigio era saltato fuori dal nulla e aveva cominciato a darle la caccia.

Correva ormai da quella che le sembrava un’eternità e con suo sommo sconcerto, non solo il lupo non si era arreso, ma anzi, sembrava aver chiamato i rinforzi. Ora erano più di cinque a starle alle calcagna.

-“Aiuto!”- gridò allo stremo delle forze- “Vi prego, qualcuno mi aiuti…”- piagnucolò mentre arrancava e cadeva nella neve.

Era finita, a momenti l’avrebbero divorata e di lei non sarebbe rimasto nulla.

Le ringhia si erano placate, rimanendo solo un rumore di sottofondo. Alzò lo sguardo e li vide, i lupi, tutti in fila, fermi a qualche passo di distanza da lei, che la osservavano. Perché si erano fermati?

 

 

Anna aveva sbandato a destra e poi a sinistra, sbattendo contro il muro e poi era inciampata sui suoi stessi passi frenetici, cadendo rovinosamente in terra. Ma non si era svegliata, anzi si era trascinata per qualche altro passo, biascicando qualcosa, prima di voltarsi verso i suoi “inseguitori”, in attesa di qualcosa.

Elsa si fece spazio tra la piccola folla di uomini e donne spaventati, e Kristoff la seguì in silenzio. La vista della sua sempre felice e sorridente Anna, riversa sul pavimento, spaventata e fuori di sé, lo colpì dritto al petto. Doveva fare qualcosa per aiutarla.

Lui ed Elsa uscirono dalle fila del gruppo, facendo qualche passo verso di lei.

-“Anna?”- Elsa si piegò davanti alla sorella, che tremava, allungando una mano nella sua direzione.

 

 

Non era possibile, il branco non si era fermato per darle tregua, ma solo per far spazio ad un altro lupo, più grande e maestoso, dal manto chiaro come la neve.

Anna?

Il lupo bianco le si stava avvicinando pian piano.

Anna.

No, non poteva finire così, doveva combattere per restare in vita.

Anna.

Con uno scatto di reni, si alzò in piedi e riprese a correre e ad arrancare nella neve, guadagnandosi l’ululato di rabbia del lupo.

Anna!

 

 

-“Anna!”- urlò Elsa quando, con suo grande sconcerto, la sorella si rimise in piedi, sempre ad occhi chiusi, e ritornò a fuggire via spaurita.

La cosa che la stupì maggiormente, fu che non riuscì a fare un solo passo nella direzione presa da Anna. Si era bloccata, congelata come per un stupido scherzo del destino: sua sorella era scappata via impaurita da lei. Da lei! Il peggiore dei suoi incubi si era avverato, lasciandola spiazzata davanti al dolore che le si irradiava dal cuore e che la teneva ferma ed incapace di fare qualcosa.

Il resto del gruppo si era gettato di nuovo all’inseguimento di Anna, solo Gerda era rimasta indietro ad assicurarsi che lei stesse bene.

-“S-sto bene.”- espirò piano, mentre le mani premurose della governante restavano sulle sue spalle curvate-“Dobbiamo prenderci cura di Anna, andiamo.”- così dicendo, seguì il gruppo giù per i corridoi, per quanto le permettesse il suo corpo scosso ancora da brividi di paura e tristezza.

Kristoff fu il primo a cercare di fermarla, ma Anna gli sfuggì per un soffio, voltando dietro l’angolo di uno degli infiniti corridoi del castello. Imprecò a denti stretti, mentre cercava ancora di prenderla.

Come faceva a correre a quel modo con gli occhi chiusi?

 

 

I lupi erano ripartiti all’attacco, ma non riusciva a vederli alle sue spalle. Sentiva solo le loro ringhia infuriate, abbastanza distanti.

Ma qualcosa, qualcosa che non era un lupo, si era aggiunto alla caccia selvaggia, riuscendo quasi ad afferrarla. Non aveva guardato, temendo che la paura di quello che avrebbe visto, avrebbe potuta bloccarla, lasciandola in pasto al suo destino.

Un destino che sarebbe irrimediabilmente arrivato a breve.

Davanti a lei, a qualche metro di distanza, si apriva un crepaccio, chiaramente incolmabile con un salto.

Ora stava a lei decidere, ma doveva farlo in fretta: essere presa dai lupi o saltare e sperare.

Non ci volle molto per decidere. Si fermò all’improvviso, riprendendo fiato.

Aveva bisogno di una bella rincorsa, se voleva atterrare indenne dall’altra parte.

 

 

Anna si fermò di colpo a qualche passo da lui, costringendolo a fermarsi prima di andarle a sbattere contro. Non riusciva a vederla in volto, ma vedeva distintamente le spalle che si alzavano ed abbassavano al ritmo di pesanti respiri.

-“Anna?”- la chiamò esitante. Perché si era fermata?

Le si avvicinò piano e allungò una mano, ma nel momento esatto in cui le sue dita stavano per chiudersi attorno al suo braccio, Anna scattò in avanti, cogliendolo alla sprovvista, puntando verso le scale che scendevano giù verso la sala da ballo, ignorando il pericolo che correva: se fosse caduta, si sarebbe di sicuro uccisa.

Il cuore di Kristoff saltò più di un battito negli istanti successivi, e quasi si fermò alla vista della principessa sull’ultimo gradino, pronta a ruzzolare di sotto.

-“Anna!”- provenne un urlo strozzato dalle sue spalle.

Non seppe come, se per i riflessi pronti o per la paura di perderla ancora, ma nel giro di pochi attimi riuscì ad afferrarla saldamente per il polso e a tirarla a sé, ritrovandosi sulla cima delle scale con Anna stretta tra le braccia: da quant’era che non le stava così vicino? La principessa era praticamente schiacciata contro il suo petto, in quell’abbraccio salvifico, che dopo tutto quel tempo, sembrava quasi un gesto fuori luogo e fin troppo intimo per le circostanze.

Riusciva a percepire il battito impazzito del cuore di Anna, che sembrava rispondere ai battiti del suo.

Abbassò lo sguardo sulla figura tremante che teneva stretta a sé, facendo un passo indietro, contemplandone il viso pallido e la fronte corrucciata, gli occhi serrati e le palpebre vibranti, fino ad arrivare alle labbra dischiuse, quasi nell’atto di dire qualcosa.

-“Anna.”- la scosse leggermente- “Anna, mi senti?”-

La principessa cominciò a divincolarsi dalla sua presa ferrea, farfugliando parole confuse nel suo stato di dormiveglia: “Q-qualcuno mi…aiuti. Mi hanno presa.”-

-“Anna, ascoltami, va tutto bene.”- la teneva stretta per le spalle.

-“L-lasciatemi andare…lasciatemi andare!”- si lamentò ancora, continuando a tenere gli occhi chiusi.

-“Nessuno ti ha presa…s-sta tranquilla, sono solo io.”- cercò di rassicurarla, ma le sue parole non sembrarono sortire nessun effetto, perché Anna continuò a dibattersi.

In effetti perché avrebbe dovuto calmarsi? Lui non era nessuno per lei, quindi perché alle parole “sono io”, avrebbe dovuto tranquillizzarsi?

Stupido!- si maledì.

-“Anna, svegliati!”-

-“No…NO!”- urlò all’improvviso, spalancando gli occhi e puntandoli nei suoi.

-“Anna? S-stai bene?”- le prese il volto tra le mani, spostandole alcune ciocche ribelli dalla fronte sudaticcia.

La principessa rimase in silenzio, ispirando ed espirando a grandi boccate, mantenendosi saldamente ai suoi avambracci, continuando a fissarlo intensamente, con gli occhi sbarrati. Non sembravano nemmeno i suoi, tanto era scuro ed appannato il suo sguardo.

-“Tu…”- riuscì solo a dire, prima di scivolargli tra le braccia e di cadere di nuovo nell’oblio, svenuta.

La prese in braccio senza nemmeno pensarci, quasi fosse un gesto involontario, istintivo come il respirare, e la tenne stretta a sé: questa volta non l’avrebbe lasciata andare.

È solo colpa mia. Solo colpa mia.- si rimproverò, con le lacrime che gli premevano agli angoli degli occhi. Vederla in quelle condizioni, era stato peggio di quando Elsa gli aveva ordinato di starle alla larga: in quel caso aveva avuto la certezza che, seppur lontana da lui, sarebbe stata bene, accudita ed amata tra le mura del castello. Ma ora che aveva la prova del contrario non poteva darsi pace.

-“Oh mio dio.”- un sussurro strozzato lo riscosse dai suoi pensieri. Elsa gli stava davanti, con una mano sulla bocca a coprire i singhiozzi e l’altra sospesa a mezz’aria, a pochi centimetri dal volto di Anna.

-“C-credo”- cominciò Kristoff, cercando di ignorare il nodo che gli stringeva la gola-“ abbia bisogno di un dottore.”- concluse non staccando gli occhi da Anna.

Non ci fu bisogno che Elsa esponesse i suoi ordini ad alta voce: alcuni inservienti si lanciarono di corsa giù per le scale, alla ricerca del medico di corte.

La regina osservò rapita lo sguardo che Kristoff rivolse alla sorella, esanime tra le sue braccia, sospirando: “Vieni.”- gli disse solo, mentre ingoiava le lacrime e lo conduceva verso la stanza di Anna.

I lupi l’avevano presa alla fine e, anche se aveva lottato con tutte le sue forze per resistere, aveva ceduto alla stanchezza e alla paura.

Aveva chiuso gli occhi e aveva aspettato che tutto finisse.

Ma la morte non era arrivata come se la sarebbe aspettata, fredda e immobile.

Al contrario, un calore inaspettato ma desiderato, si era impossessato del suo fragile corpo, cullandola fino ad un torpore soffuso.

Un calore che sapeva di abbracci, di sere passate davanti al caldo del camino, di estate, di amore e…aghi di pino.

Un calore che sapeva di casa.

 

 

 

 

AngoloAutrice: Saaaaalve! Cavolo, stavolta non ho impiegato due mesi per aggiornare…sono fiera di me e della mia celerità :) Per quanto riguarda il capitolo, starà a voi farmi capire se devo essere davvero soddisfatta o se mi devo rottamare come pseudo-scrittrice e devo fare spazio alle nuove leve XD

Comunque non ho molto da dire, se non che questo capitolo mi serviva per il ritorno in scena del caro Kris, quindi non è che ci siano grandi passi avanti nella trama, ma da questo momento in poi ci saranno, ve lo prometto!

Per scrivere del sonnambulismo mi sono documentata per bene e ho fatto riferimento ad esperienze personali: fidatevi se vi dico, che non vorreste mai trovarvi a dormire in camera con qualcuno che ne soffre…robe da paranormal activity!

Per quanto riguarda domande, dubbi o altro riguardo al contenuto del capitolo, non esitate a chiedere.

Come sempre ringrazio tutti quelli che leggono/seguono/preferiscono, ma soprattutto quelli che recensiscono sempre (io li chiamo i fedelissimiXD), e per tutti gli altri non so più davvero in che lingua dirvelo ma tant’è: recensioni, reviews, reseñas, commentaires, Bewertungen, opiniões e chi più ne ha più ne metta!!

Non so più che dirvi se non, see you next time, snowflakes!


   
 
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