Cap. 2:
Fighting and Loving
“Would
you mind if I killed you?
Would
you mind if I tried to
Cause
you have turned into my worst enemy
You
carry hate that I feel
It’s
over now
What have you done?”
What Have You Done – Within Temptation
Sono seduta sul
letto. Penso.
Morzan ha detto di
voler parlare con me. Strano. Lui ha sempre pensato prima ad agire,
piuttosto che parlare.
È
cambiato molto, nei miei confronti. Perlomeno, prima mostrava verso di
me un minimo di rispetto. Ora non più.
Non aveva mai
urlato contro di me, prima, nemmeno dopo ciò che gli ho
detto quando ha aggredito suo figlio. Pensavo che, almeno in quel caso,
si fosse accorto di aver sbagliato.
Negli ultimi
tempi, invece, trova ogni pretesto per urlarmi addosso. Come sono
vestita, le parole che gli rivolgo… nulla gli va
più bene.
Ho paura che lui
sappia. Forse sono cambiata così tanto da renderlo
sospettoso. I miei sentimenti verso di lui sono cambiati, sicuramente
sarà così anche per il mio comportamento. Non
riesco più ad essere la stessa.
Da quando Brom
è andato via, non sono più la stessa. Forse sono
più triste, più silenziosa.
Avevo deciso di
chiudere quel capitolo della mia vita, e realizzare che quella
felicità non sarebbe mai più tornata. Non mi
è possibile.
C’è
qualcosa che mi impedisce di staccarmi da quei momenti. Lo stesso
motivo che mi ha tenuta ancorata qui.
Aspetto un
bambino, e so che non è di Morzan.
Poso una mano sul
ventre. Non sento il bambino, ma è normale, ha solo poche
settimane.
Sorrido. Questi
sono i miracoli dell’amore. Brom è ancora qui,
è qui con me… non mi sento sola….
Sento la porta
aprirsi, e mi alzo di scatto. Morzan è in piedi, e la sua
espressione non promette niente di buono. Ho paura di lui, potrebbe
farmi del male, far del male al bambino….
-
Morzan…. – mormoro, mentre lui si avvicina sempre
di più a me. Vorrei indietreggiare, mettermi ad una distanza
di sicurezza, ma c’è qualcosa che mi tiene
inchiodata.
Lui mi fissa,
l’espressione dura.
- Non parlare
– mi risponde. Il suo tono di voce è basso, ma
anche così riesce ad esprimere la sua rabbia. – So
cos’hai fatto.
Ha scoperto tutto.
Non so come, ma l’ha scoperto.
-
Morzan… io….
- Lo sapevi, chi
era, vero? Sapevi che quel bastardo non era il giardiniere, vero?
Eppure… eppure non hai esitato a “farci
amicizia”, giusto?
Ecco, comincia ad
alzare la voce. Ho paura, ma non posso lasciar correre. Non posso
lasciare che tutto scorra, come sempre. Due parole, uno schiaffo, e poi
tutto come prima. No.
- Lo sapevo,
Morzan.
Cerco di essere
sfrontata. So che non mi gioverà, ma non posso difendermi in
altro modo.
- Tu…
mi… hai… tradito!
- Già,
hai ragione. Ti ho tradito. Ma ti sei per caso chiesto
perché l’abbia fatto?
È una
domanda che non può sopportare. Perché conosce
benissimo la risposta, ma non vuole ammettere i suoi sbagli e la sua
violenza.
E, oltretutto, sto
cominciando anch’io ad alzare la voce. Non può
restare impassibile.
Lo schiaffo
arriva, sonoro e potente. È così forte da farmi
lacrimare gli occhi dal dolore, così potente da farmi
indietreggiare, e non per la paura.
- Non parlare
così a tuo marito!
La sua voce
è più forte che mai, e nemmeno i miei toni
più forti potrebbero sovrastarla. Cerco di ricompormi, di
formulare una risposta. Non ci riesco, sono troppo scioccata.
- Potrei
ucciderti, per quello che hai fatto. Ma non lo farò. Mi
potresti essere ancora utile. Del resto, sgualdrinella, io ti ho ancora
in pugno. Credi di esserti liberata di me soltanto perché
sei riuscita ad imbrogliarmi una volta? No… io conosco il
tuo vero nome, tu sei in mio potere… e poi… non
vorrai che faccia di nuovo del male a nostro figlio, vero?
-
Morzan… non… neanche tu… non potresti
mai farlo….
È
pazzo. Il suo senno deve essersi volatilizzato. Non può
pensare di aggredire suo figlio solo per ricattarmi. Ma il suo sorriso
diabolico non suggerisce altro. Sembra quasi che la mia espressione di
dolore provochi in lui un piacere sfrenato. Mi rendo conto che, in
questo momento, sarebbe capace di tutto.
- Dici?
L’ho già fatto una volta, perché non
potrei rifarlo?
Gode nel vedermi
cadere sotto i colpi delle sue parole.
Resto in silenzio.
Entrambi restiamo in silenzio.
Poi lo sento.
Cerca di entrare nella mia mente, cerca di strapparmi tutte le risposte
che vorrebbe. Mi concentro su una delle piastrelle del pavimento. La
fisso, mi concentro completamente su di essa. Non è
difficile, me l’ha insegnato Morzan stesso, per proteggermi
dagli attacchi di coloro che, a quel tempo, consideravo nemici.
Sento
l’attacco di Morzan affievolirsi, ma solo quando non sento
più la sua mente nella mia abbasso la guardia.
Mi viene quasi da
sorridere. Tutte le ore passate con lui ad allenarmi per chiudere
completamente la mia mente, a quanto pare, mi sono finalmente tornate
utili.
Anche se sa del
mio tradimento, meglio che non sappia del bambino. Ci ucciderebbe
entrambi all’istante.
Il volto di Morzan
è contratto per la rabbia. Non può sapere la
verità, e ciò lo infastidisce.
Il suo volto muta
in un ghigno diabolico. Mormora qualche parola nell’antica
lingua, verso di me. Non riesco a capirlo. Probabilmente lo fa apposta,
vuole confondermi, lasciarmi ignara di ciò che
può avermi fatto.
Penso che, magari,
abbia deciso di uccidermi con la magia, ma non sento niente. Non sento
fitte di dolore, non sento la vita andarsene.
Ricomincia a
parlare. La sua voce è bassa, ma dura.
- Vattene. Prendi
le tue cose, ed esci da questa stanza. Non farti mai più
vedere qua dentro. Dormi con la servitù, se vuoi, ma non
sdraiarti mai più su questo letto.
Rimango perplessa.
Davvero vuole che me ne vada?
- Vattene!
– urla.
Ed io non posso
far altro che ubbidirgli.
*
Sono
passati quasi otto mesi dall’ultima parola che io e Morzan ci
siamo rivolti. Ormai nemmeno lo vedo più, è
sempre così impegnato. A quanto pare, gli ordini di
Galbatorix stanno diventando sempre più difficili da seguire.
Ma,
alla fine, non m’importa più di tanto. Ogni volta
che lo vedo, è come se vedessi uno sconosciuto. Ho avuto
tempo di riesaminare il mio passato, qui, in questa piccola stanza che
ho scelto di occupare. Mi chiedo come sia potuta essere così
stupida, da ragazza. Ma lui, Morzan, era un giovane così
bello… mi ha incantata. E quando ho scoperto chi fosse
realmente, quando ho incontrato Brom… era troppo tardi.
Talvolta
mi capita di incrociare il suo sguardo, e vedo l’odio nei
suoi occhi… e mi rendo conto che, in un certo senso, sono lo
specchio dei miei.
È
così che è finito il nostro amore, e in fondo ne
sono sollevata. Sarebbe potuto finire in modo molto peggiore, avremmo
finito per ucciderci a vicenda….
Vedo
il suo ghigno diabolico, ogni volta che posa il suo sguardo su di me.
Mi fa paura. E ancora mi chiedo il significato di
quell’incantesimo che mi ha lanciato. È come se
avesse qualcosa a che fare con quel ghigno, è come se lui si
aspettasse da me qualcosa che potrebbe essermi fatale, o che potrebbe
farmi del male….
Forse
è anche per questa mia paura che gli vieto di vedere
Murtagh. Ho paura che possa di nuovo fargli del male, e che non ci sia
nessun guaritore nei paraggi in quel momento, pronto a
salvarlo….
Il
bambino sta crescendo, dovrebbe nascere tra poco. Fortunatamente
è inverno, e per nascondere la pancia le poche volte che
vedo Morzan mi basta vestirmi un po’ di più.
È
da un po’ che sto pensando ad un nome da dargli. Deve essere
un nome evocativo, qualcosa che, un giorno, quando sarà
più grande e conoscerà la verità, gli
ricorderà suo padre.
Murtagh
è felice di avere un fratellino o una sorellina.
È uno dei pochi in questo palazzo a sapere del bambino,
anche se, ovviamente, non sa chi è il vero padre.
Quando
gioco con lui, ogni tanto posa un orecchio sulla pancia. Dice di voler
sentire la voce del bambino.
Anche
ora è qui, nella stanza con me, a raccontarmi i giochi che
ha fatto con Nadja stamattina.
-
… e poi, Nadja mi ha raccontato la storia del primo
Cavaliere….
Mi
guarda, come se avesse avuto un’illuminazione. Quella storia
deve averlo colpito.
-
Mamma… se è un fratellino lo chiamiamo Eragon?
Eragon.
Più evocativo di così… e in
più gli ricorderebbe anche suo padre… un
Cavaliere….
Sorrido.
Forse è questo il nome giusto, se sarà un
maschietto.
-
Ci penserò….
Murtagh
mi guarda, raggiante.
Non
sa che, purtroppo, il suo fratellino non sarà qui a giocare
con lui. È una decisione che ho preso da un po’.
Il bambino non dovrà vivere qui. Perché io so
cosa accadrà a Murtagh, quando crescerà. Prima o
poi sarà grande abbastanza, e non potrò
più tenerlo nascosto al padre. Morzan lo
allenerà, lo renderà un guerriero spietato,
sarà capace di fargli dimenticare tutti i miei
insegnamenti….
Ormai,
questo è il suo destino. Ma questo bambino… no.
Non voglio che cresca con un uomo che non è suo padre, e che
lo odierebbe per questo. Voglio che cresca tranquillo, come tutti gli
altri bambini, che giochi all’aria aperta con i suoi coetanei
piuttosto che tra le mura di un palazzo, da solo. Se sarà
una bambina, voglio che, una volta cresciuta, possa scegliere la
persona con cui vivere la sua vita… rimanendo qui,
finirà in sposa a qualche ricco nobile, costretta da Morzan.
Mio
fratello, Garrow, sarebbe felicissimo di prendere mio figlio con
sé. E sua moglie, Marian, adora i bambini.
Raggiungerò
Carvahall, e resterò lì fino alla nascita del
bambino. Poi, toglierò il disturbo. Non voglio vedere la
tranquilla vita di Garrow stravolta dal mio arrivo.
Non
voglio pensare al momento in cui sarò costretta ad
abbandonare mio figlio.
Sarà
quasi insopportabile, questo lo so.
Ma
devo farlo.
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