ATTENZIONE: chiedo scusa se ho scritto
qualche parolaccia, ma spero di strapparvi una risata.
A presto!
Bilbo stava giusto fumando la pipa in grazia di Dio quand’ ecco che
arriva un vecchio con barba e cappello a punta.
“E mo’ che vuole questo?" , disse tra sé, visibilmente
infastidito.
Il vecchio lo squadrò da capo a piedi.
«Cerco qualcuno con cui condividere un’avventura»
Lo hobbit sbiancò.
«Siete per caso un venditore porta a porta?», chiese stringendo gli
occhi e tenendo la pipa fra i denti. «Sapete, quei tipi poco simpatici
che vi piombano in casa e non ne escono finché non vi hanno fatto firmare un
contratto»
Lo stregone, estremamente irritato e gonfio come un tacchino, si erse
in tutti i suoi 188 centimetri di altezza.
«Bilbo Baggins, non mi farò trattare da un figlio di buona donna come
se fossi un venditore ambulante di bottoni!»
Il povero Mezzuomo non mosse un muscolo.
«Di bottoni no», considerò sottovoce. «Ma magari è della
Folletto»
«Folletti?», fece Gandalf incuriosito. «No, quelli stanno nella scuola
di Harry Potter, non da noi. Però ci sono le fate, i Tuc dovrebbero saperne
qualcosa »
«Quali Tuc? I biscotti?», fece Bilbo.
«Sapete, mi piacevano, quando andavo a scuola. Ma poi sono usciti quelli a
bacon e hanno cominciato a farmi un po’ schifo», spiegò con nonchalance.
Gandalf si spazientì.
«Ma quali biscotti! », urlò. «i Tuc sono i tuoi parenti»
«Ah … quelli», fece deluso lo hobbit. «Scommetto che ti hanno dato
loro il mio indirizzo a una di quelle stupide riunioni della Stenhome! Che poi,
con quei prezzi, solo Smaug si può permettere i loro prodotti»
Lo sguardo dell’Istar immediatamente si addolcì.
«Dunque, conosci Smaug?», chiese con inaspettata dolcezza.
«Certo che conosco Smaug! Il Tg5 ne ha parlato per mesi e mesi»,
spiegò Bilbo concitato. «Per non parlare di Barbara D’Urso, che ormai ha perso
tutti i suoi inviati a Erebor. Smaug se li è pappati uno per uno, telecamera e
tutto. Ora, però, se non vi dispiace, vado a passare l’aspirapolvere …»
«MA TU NON HAI UN’ASPIRAPOLVERE!», risuonò tonante la voce di Gandalf,
mentre il buio calava su di loro all’improvviso.
«Allora è vero che sei della Folletto», lo prese in castagna il signor
Baggins, passando improvvisamente dal voi al tu: se davvero vendeva porta a
porta, non doveva poi essere tanto importante.
«Fai la spesa, mi raccomando, che stasera c’è la riunione!», lo ammonì
Gandalf battendo in ritirata, e Bilbo a quelle parole, terrorizzato, si rintanò
subito nel suo smial.
Poco dopo sentì grattare sulla tonda porta verde, e per poco non ebbe
un mancamento.
«Anvedi sto’ stronzo, mi fa pure i dispetti», mugolò spiando dalla
finestrella Gandalf che incideva qualcosa con la chiave del suo Suv. «Mi sta
rigando il portone»
Quando più tardi fece per uscire, mentre inseriva l’allarme sbiancò
all’improvviso.
«Oddio!», esclamò a occhi esageratamente sbarrati, «Mi ha disegnato un
simbolo sulla porta … i simboli che gli zingari mettono vicino al citofono per
rubare!», e svenne.
Ci volle un po’ a Bilbo per riprendersi, ma visto che dopotutto per
lui svenire era una cosa normale, si alzò come se nulla fosse e si avviò verso
il mercato per procurarsi la cena. Giunto davanti alla bancarella si ricordò
che quella sera aveva ospiti, ma scacciò subito quel pensiero dalla sua testa
come se fosse un insetto molesto. Tirchio com’era, si sarebbe strafogato la
cena solo soletto e non avrebbe aperto il portone … semplice. Il metodo era
ormai collaudato e Bilbo lo usava ogni volta che quella cretina di Lobelia gli
veniva a chiedere il sale , l’olio o le candele. Ma vattele a comprare, stronza!
Così si avvicinò al pescivendolo, che era appena tornato dalla pesca
sul Brandivino.
“Ammazza, la trota a 30 euro al chilo”, borbottò tra i denti
sfogliando il volantino delle offerte. “Vorrà dire che dovrò contrattare
parecchio”, e cominciò a discutere col pescivendolo che come al solito lo
mandò immediatamente affanculo.
Intanto la solita vocina nella sua testa gli ricordava che forse
doveva comprare qualcosina per la riunione di non si sa cosa, ma alla fine si
ritrovò a scuotere la testa e a parlare da solo.
«Io mi compro un pesce, e chi s’è visto si è visto! Mi è finito
l’integratore di omega 3 e devo arrangiare con la dieta …», squittì a voce
alta, e non si è mai capito perché Bilbo, che era una persona, squittisse come
un topo. Il pescivendolo lo apostrofò: «Ma come cazzo parli? Tieni sta’ benedetta
trota e spero che le spine ti vadano di traverso», lo congedò consegnandogli il
pacchetto.
Bilbo finse di non aver sentito e quando si voltò vide un cappello
grigio-blu a punta dietro una siepe, e divenne come una maglietta lavata con
Omino bianco.
«Cazzarola, lo stregone!», mugolò tra i denti e, stringendo la trota,
raggiunse casa sua con uno scatto degno di Pietro Mennea.
Il tempo di disinserire l’allarme (ogni volta che partiva per sbaglio
gli animali impazzivano, e si ritrovava il cortile pieno di galline) , entrò
dentro e svenne di nuovo.
La trota, che gli era scivolata davanti alla faccia, lo fece
risvegliare a causa della puzza.
«Lobelia?», disse fissando gli occhi del pesce e scambiandoli per
quelli della cugina acquisita. Ma poi si rese conto che era solo la sua cena e
si mise subito a eviscerarla.
«Madonna che schifo», commentò mentre estraeva le viscere e
risciacquava , «eppure ha detto che era freschissima»
Bilbo osservò meglio gli occhi della trota e notò non solo che erano
color bianco latte ed erano tre, ma che quella non era affatto una trota.
«Ma che pesce è sto’ coso?», chiese Bilbo, meditabondo. «Vabbè, ormai
l’ho pulita. Ci schiaffo un chilo di aglio nella pancia e male non mi può fare»
Dopo pochi minuti, mentre lui fischiettava soddisfatto, la trota transgenica
sfrigolava nella padella comprata la settimana prima su Mediashopping, e quando
fu cotta Bilbo afferrò un piatto e ce la mise sopra. Aggiunse prosciutto cotto
e formaggio (ora, direte voi, che c’entra il prosciutto cotto e il formaggio
con il pesce? Ve l’ho detto che era strano!), pensando che il suo
nutrizionista gli ricordava sempre di non abbinare mai le proteine e bla bla
bla e che aveva il colesterolo alto, ma chissenefrega.
Visto che però la sua pressione era sempre bassissima (e i suoi
svenimenti, circa quattro al dì, lo confermavano), prese un bel pugnetto di
sale e ci cosparse il pesce.
Stava per prendere il primo boccone, quando come da copione suonò il
campanello.
«Ecco, lo sapevo», alzò gli occhi al cielo Bilbo. «Lobelia non ha
il pangrattato, o il pepe, o gli stuzzicadenti. Ma stavolta non apro»
Affondò il coltello nella trota, e il campanello suonò ancora. Stava
appunto per imprecare che notò del liquido verdastro colare dalla trota, e
saltò in piedi correndo a balzelloni verso la porta.
«Lobelia, cosa vuoi stavolta, ti si sono scaricate le pile del
vibratore?», urlò infuriato più per la mancata cena che per l’interruzione.
Ma sull’uscio non c’era Lobelia, bensì uno strano tizio pelato vestito
come uno dei Village People.
«Dwalin, al vostro servizio» , disse quello e Bilbo, rammentando di
indossare una orrenda vestaglia a quadri e un pigiama con gli orsetti subito
se la allacciò in vita, ma il danno ormai era fatto.
L’uomo chiamato Dwalin lo guardò schifato, entrò e gli lanciò addosso
una specie di mantello peloso che puzzava di capra.
«Ma che voi? Chi cazzo sei? », fece Bilbo costernato, ma quello
cominciò a girare e a guardarsi intorno.
«Dov’è?», gli chiese autoritario, e Bilbo appese l’indumento
sull’attaccapanni.
«Cosa, il contatore dell’Enel? E’ venuto per la lettura?», fece Bilbo
con voce meccanica, «Perché sa, io ho il fotovoltaico»
Quando si voltò, vide che Dwalin si era già seduto a tavola e tirava
morsi soddisfatti alla trota transgenica, e tirò un sospiro di sollievo.
«Ma quel pesce è mio!», finse di arrabbiarsi, ma Dwalin , dopo aver
fissato incuriosito il terzo occhio della trota, ne ingoiò la testa in un sol
boccone.
«E che pretendevi, che mi portavo il pesce dai monti Azzurri?»,
commentò spiccio. «Sai che puzza a quest’ora»
«Cafone», fece Bilbo, ma il nano si era appena strafogato
prosciutto, formaggio e si era fatto pure la scarpetta col liquido verdastro.
«Certo che abbini gli alimenti proprio a cazzo», fece ancora Dwalin,
notando il barattolo del miele davanti a sé. «Almeno, ce l’hai un gatto a cui
dare le lische?»,
Bilbo stava per rispondere in modo alquanto scurrile, quando risuonò
il campanello.
Aprì la porta meccanicamente, ed apparve un altro tizio simile a
Dwalin, solo che assomigliava a Babbo Natale.
«Balin , al vostro
servizio», fece il nano inchinandosi. «Hai tolto i panni stesi? Mi sa che dopo
pioverà», lo informò gentilmente, prima di entrare in casa e cominciare prima
ad abbracciare felice Dwalin e poi a prenderlo a capate.
«Ehm, scusate ... ma per caso siete
Testimoni di Geova?», s’informò cautamente il padrone di casa : l’ultima volta
che erano venuti gli si era bruciata tutta la cena in forno dopo aver passato
la serata con loro a leggere versetti della Bibbia, ed erano dovuti intervenire
i pompieri.
«Noi abbiamo Mahal», disse Balin, bevendo
birra e ruttando.
«E io ho Eru, quindi non andremmo comunque
d'accordo», rispose Bilbo, ma quelli non lo degnarono di uno sguardo.
Disperato, li vide tracannare la bevanda da un delicatissimo boccale di sua
nonna Bunga (il nonno Bungo era amico di Berlusconi) e si piazzò in mezzo a
loro, cercando di farsi sentire.
«Questa birra necessita di un boccale largo!
Non così! Deve respirare» tentava di consigliare loro Bilbo (che aveva fatto il
corso di sommelier), ma Dwalin lo zittì.
«Può sempre respirare nel mio stomaco», e
ruttò, mentre Balin lanciava pezzi di formaggio in aria come se fossero palline
da tennis.
Quando il campanello suonò per la terza
volta, per il povero Mezzuomo fu quasi un sollievo andare ad aprire la porta.
«Fili, Kili, al vostro servizio» dissero in
coro due ragazzi giovani e alquanto bellocci.
«Dove li ho già visti questi? Da Maria De
Filippi?», si domandò Bilbo e solo allora si accorse di aver pensato a voce
alta; ma i ragazzi non sembravano essersela presa.
«No, quello era nostro zio», spiegò il
biondo, entrando in casa insieme al fratello. «Ma poi ha perso il trono»
«Per via di Smaug?», chiese Bilbo
interessato ; aveva sempre seguito assiduamente Uomini e Donne.
«No, di Tina Cipollari»
«Cioè?»
Fili sospirò.
«Lo zio aveva messo in pegno per la sua
eventuale futura fidanzata l'anello di Erebor ... Tina lo voleva a tutti i
costi, ma non sapeva che zio non aveva altri gioielli perché stanno tutti sotto
il culo di Smaug», raccontò ad un allibito Bilbo. «Quando poi lo ha saputo,
beh, ha fatto una sceneggiata e ha mandato a quel paese lo zio, il drago e
tutta la Montagna Solitaria!»
Bilbo cercò di far mente locale: sebbene
odiasse Tina Cipollari, non si era mai perso una puntata del programma.
«Era quello che non parla e sembra sempre
incazzato?», chiese ai ragazzi, che sorridevano cordialmente.
«No , quello è Gianni Sperti», fece Kili. «Lo
zio è quello che non parla, è sempre incazzato e ha le treccine»
«Ah, ho capito!», rise Bilbo, perché aveva
un vago ricordo di un tronista con i capelli corvini e il naso lungo quanto la
Salerno-Reggio Calabria . Si voltò, e vide il ragazzo biondo mettergli tra le
braccia spade e coltelli che aveva nel cappotto, nei pantaloni, e negli stivali
.
«Attento con queste, le ho appena fatte
affilare», lo avvertì; quando estrasse la spada più grossa dalle mutande e
Bilbo vide che c’era ancora un pelo pubico attaccato, gettò il tutto sulla
cassapanca, schifato.
“Oh no, è la riunione dei coltelli dello
chef Tony!”, pensò fra sé. “Povero me,
costano un botto!”
Andò ad aprire la porta per prendere un po’
d’aria fresca e si trovò davanti una decina di tipi strani, puzzolenti e
malvestiti accompagnati da Gandalf, il vecchio malefico.
«Già, questi per ogni nominativo prendono il
regalo dall'azienda. Furbi», commentò Bilbo mentre quelli entravano e
prendevano a morsi prosciutti, ruote di parmigiano (una cugina di Bilbo
abitava a Parma), e dopo poco erano già ubriachi come un branco di hooligans.
«Ma è una riunione o una magnata a scrocco?»,
strillò lo hobbit, ma il baccano era tale che a stento sentì bussare alla
porta.
“Questo sarà pure cecato”, asserì rassegnato, andando verso la porta. “Non ha
manco visto il campanello”
Quando aprì, riconobbe l’ex tronista. Stava
quasi per chiedergli l’autografo, ma quello fece finta di non averlo visto.
«Gandalf, avevi detto che questo posto era
facile da trovare», disse il tizio rivolto allo stregone , che intanto si era
fatto avanti. «Ma da quanto non aggiornano Google Maps? Sono finito a casa di
una certa signorina Tuc e mi ha gentilmente mostrato il fienile», disse rimettendosi
l’Iphone in tasca e togliendosi un filo di paglia dai capelli.
«Tuc? Quelli col sangue di fata?», chiese un
certo Ori, che teneva un libro sotto il braccio : sicuramente aveva letto
qualcosa sugli hobbit, pensò subito Bilbo, e volle correggerlo.
«Ma quale fata! Le ragazze Tuc sono solo delle
zoccole», spiegò alla platea di nani con noncuranza. «Un bel giorno si trovano
con la pancia così e dicono che sono state le fate»
«Allora anche tua madre era una zoccola!», fece
Kili. «Era una Tuc. L’ho letto sul tuo profilo Facebook»
Bilbo si fece rosso come un peperone.
«Non nominare mia madre!», strillò
infastidito. «E non pulirti la cacca di cane sulla sua cassapanca, a proposito!»
Kili fece una faccia da cucciolo.
«Dai, si era attaccata alla suola dello stivale...»
Poco dopo i nani si sedettero a tavola col
tronista, che Bilbo scoprì chiamarsi Thorin , e tutti erano stranamente
silenziosi. Lo hobbit andò in bagno per pensare (non osava aprire la porta per
paura di trovare altri nani) ed emise un urlo.
«Le tubature!», pianse sconsolato. «Dove
sono le mie tubature?»
Un certo Nori si fece avanti tenendo in mano
un sacco pieno di pezzi di metallo.
«Le ho prese io», sorrise compiaciuto. «Sai
com’è, il rame va a 20 euro al chilo»
«TE LO DO IN TESTA, IL RAME!!!», si infuriò
Bilbo , ma inciampò e cadde come un sacco di patate.
Quando con calma si rialzò, un nano anziano stava
parlando del meteo tenendo un cornetto nell’orecchio, e lo hobbit si stizzì.
«Nessuno ti ha mai parlato di protesi
acustica?», gli disse alzando la voce per farsi sentire. «Vai dal medico di
famiglia, ti fa la ricetta e te la fanno a un prezzo agevolato», e vide che il
nano assumeva un’espressione triste.
«Ma il medico di famiglia sono io», disse il
vecchio sordo, e finì lì.
Intanto Bofur e Bombur presero farina ,
acqua e olio dalla dispensa , mentre il tronista tirava uno strano aggeggio metallico
da sotto il mantello.
«Allora, ci siete tutti? Per prima cosa
proveremo a fare insieme l’impasto della pizza», abbaiò Thorin, e nessuno sentì
più volare una mosca. Quando Bilbo comprese, svenne per la terza volta in poche
ore.
Era la riunione del Bimby.