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Autore: Yavannah    13/12/2014    6 recensioni
Il vecchio lo squadrò da capo a piedi.
«Cerco qualcuno con cui condividere un’avventura»
Lo hobbit sbiancò.
«Siete per caso un venditore porta a porta?», chiese stringendo gli occhi e tenendo la pipa fra i denti. «Sapete, quei tipi poco simpatici che vi piombano in casa e non ne escono finché non vi hanno fatto firmare un contratto»
Lo stregone, estremamente irritato e gonfio come un tacchino, si erse in tutti i suoi 188 centimetri di altezza.
«Bilbo Baggins, non mi farò trattare da un figlio di buona donna come se fossi un venditore ambulante di bottoni!»
Il povero Mezzuomo non mosse un muscolo.
«Di bottoni no», considerò sottovoce. «Ma magari è della Folletto»
Genere: Comico, Demenziale, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Nonsense, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: chiedo scusa se ho scritto qualche parolaccia, ma spero di strapparvi una risata.

A presto!

 

 

Bilbo stava giusto fumando la pipa in grazia di Dio quand’ ecco che arriva un vecchio con barba e cappello a punta.

“E mo’ che vuole questo?" , disse tra sé, visibilmente infastidito.

Il vecchio lo squadrò da capo a piedi.

«Cerco qualcuno con cui condividere un’avventura»

Lo hobbit sbiancò.

«Siete per caso un venditore porta a porta?», chiese stringendo gli occhi e tenendo la pipa fra i denti. «Sapete, quei tipi poco simpatici che vi piombano in casa  e non ne escono finché non vi hanno fatto firmare un contratto»

 

Lo stregone, estremamente irritato e gonfio come un tacchino, si erse in tutti i suoi 188 centimetri di altezza.

«Bilbo Baggins, non mi farò trattare da un figlio di buona donna come se fossi un venditore ambulante di bottoni!»

Il povero Mezzuomo non mosse un muscolo.

«Di bottoni no», considerò sottovoce. «Ma magari è della Folletto»

«Folletti?», fece Gandalf incuriosito. «No, quelli stanno nella scuola di Harry Potter, non da noi. Però ci sono le fate, i Tuc dovrebbero saperne qualcosa »

«Quali Tuc? I biscotti?», fece Bilbo. «Sapete, mi piacevano, quando andavo a scuola. Ma poi sono usciti quelli a bacon e hanno cominciato a farmi un po’ schifo», spiegò con nonchalance.

Gandalf si spazientì.

«Ma quali biscotti! », urlò. «i Tuc sono i tuoi parenti»

«Ah … quelli», fece deluso lo hobbit. «Scommetto che ti hanno dato loro il mio indirizzo a una di quelle stupide riunioni della Stenhome! Che poi, con quei prezzi, solo Smaug si può permettere i loro prodotti»

 

Lo sguardo dell’Istar immediatamente si addolcì.

«Dunque, conosci Smaug?», chiese con inaspettata dolcezza.

«Certo che conosco Smaug! Il Tg5 ne ha parlato per mesi e mesi», spiegò Bilbo concitato. «Per non parlare di Barbara D’Urso, che ormai ha perso tutti i suoi  inviati a Erebor. Smaug se li è pappati uno per uno, telecamera e tutto. Ora, però, se non vi dispiace, vado a passare l’aspirapolvere …»

«MA TU NON HAI UN’ASPIRAPOLVERE!», risuonò tonante la voce di Gandalf, mentre il buio calava su di loro all’improvviso.

«Allora è vero che sei della Folletto», lo prese in castagna il signor Baggins, passando improvvisamente dal voi al tu: se davvero vendeva porta a porta, non doveva poi essere tanto importante.

«Fai la spesa, mi raccomando, che stasera c’è la riunione!», lo ammonì Gandalf battendo in ritirata, e Bilbo a quelle parole, terrorizzato, si rintanò subito nel suo smial.

 Poco dopo sentì grattare sulla tonda porta verde, e per poco non ebbe un mancamento.

«Anvedi sto’ stronzo, mi fa pure i dispetti», mugolò spiando dalla finestrella  Gandalf che incideva qualcosa con la chiave del suo Suv. «Mi sta rigando il portone»

Quando più tardi fece per uscire, mentre inseriva l’allarme sbiancò all’improvviso.

«Oddio!», esclamò a occhi esageratamente sbarrati, «Mi ha disegnato un simbolo sulla porta … i simboli che gli zingari mettono vicino al citofono per rubare!», e svenne.

 

Ci volle un po’ a Bilbo per riprendersi, ma visto che dopotutto per lui svenire era una cosa normale, si alzò come se nulla fosse e si avviò verso il mercato per procurarsi la cena. Giunto davanti alla bancarella si ricordò che quella sera aveva ospiti, ma scacciò subito quel pensiero dalla sua testa come se fosse un insetto molesto. Tirchio com’era, si sarebbe strafogato la cena solo soletto e non avrebbe aperto il portone … semplice. Il metodo era ormai collaudato e Bilbo lo usava ogni volta che quella cretina di Lobelia gli veniva a chiedere il sale , l’olio o le candele. Ma vattele a comprare, stronza!

Così si avvicinò al pescivendolo, che era appena tornato dalla pesca sul Brandivino.

“Ammazza, la trota a 30 euro al chilo”, borbottò tra i denti sfogliando il volantino delle offerte. “Vorrà dire che dovrò contrattare parecchio”, e cominciò a discutere col pescivendolo che come al solito lo mandò immediatamente affanculo.

 

Intanto la solita vocina nella sua testa gli ricordava che forse doveva comprare qualcosina per la riunione di non si sa cosa, ma alla fine si ritrovò a scuotere la testa e a parlare da solo.

«Io mi compro un pesce, e chi s’è visto si è visto! Mi è finito l’integratore di omega 3 e devo arrangiare con la dieta …», squittì a voce alta, e non si è mai capito perché Bilbo, che era una persona, squittisse come un topo. Il pescivendolo lo apostrofò: «Ma come cazzo parli? Tieni sta’ benedetta trota e spero che le spine ti vadano di traverso», lo congedò consegnandogli il pacchetto.

Bilbo finse di non aver sentito e quando si voltò vide un cappello grigio-blu a punta dietro una siepe, e divenne come una maglietta lavata con Omino bianco.

 «Cazzarola, lo stregone!», mugolò tra i denti e, stringendo la trota, raggiunse casa sua con uno scatto degno di Pietro Mennea.

Il tempo di disinserire l’allarme (ogni volta che partiva per sbaglio gli animali impazzivano, e si ritrovava il cortile pieno di galline) , entrò dentro e svenne di nuovo.

La trota, che gli era scivolata davanti alla faccia, lo fece risvegliare a causa della puzza.

«Lobelia?», disse fissando gli occhi del pesce e scambiandoli per quelli della cugina acquisita. Ma poi si rese conto che era solo la sua cena e si mise subito a eviscerarla.

 

«Madonna che schifo», commentò mentre estraeva le viscere e risciacquava , «eppure ha detto che era freschissima»

Bilbo osservò meglio gli occhi della trota e notò non solo che erano color bianco latte ed erano tre, ma che quella non era affatto una trota.

«Ma che pesce è sto’ coso?», chiese Bilbo, meditabondo. «Vabbè, ormai l’ho pulita. Ci schiaffo un chilo di aglio nella pancia e male non mi può fare»

Dopo pochi minuti, mentre lui fischiettava soddisfatto, la trota transgenica sfrigolava nella padella comprata la settimana prima su Mediashopping, e quando fu cotta Bilbo afferrò un piatto e ce la mise sopra. Aggiunse prosciutto cotto e formaggio (ora, direte voi, che c’entra il prosciutto cotto e il formaggio con il pesce? Ve l’ho detto che era strano!), pensando che il suo nutrizionista gli ricordava sempre di non abbinare mai le proteine e bla bla bla e che aveva il colesterolo alto, ma chissenefrega.

Visto che però la sua pressione era sempre bassissima (e i suoi svenimenti, circa quattro al dì, lo confermavano), prese un bel pugnetto di sale e ci cosparse il pesce.

 

 Stava per prendere il primo boccone, quando come da copione suonò il campanello.

«Ecco, lo sapevo», alzò gli occhi al cielo Bilbo. «Lobelia non ha il pangrattato, o il pepe, o gli stuzzicadenti. Ma stavolta non apro»

Affondò il coltello nella trota, e il campanello suonò ancora. Stava appunto per imprecare che notò del liquido verdastro colare dalla trota, e saltò in piedi correndo a balzelloni verso la porta.

«Lobelia, cosa vuoi stavolta, ti si sono scaricate le pile del vibratore?», urlò infuriato più per la mancata cena che per l’interruzione.

Ma sull’uscio non c’era Lobelia, bensì uno strano tizio pelato vestito come uno dei Village People.

 

«Dwalin, al vostro servizio» , disse quello e Bilbo, rammentando di indossare una orrenda vestaglia a quadri e un pigiama con gli orsetti  subito se la allacciò in vita, ma il danno ormai era fatto.

L’uomo chiamato Dwalin lo guardò schifato, entrò e gli lanciò addosso una specie di mantello peloso che puzzava di capra.

«Ma che voi? Chi cazzo sei? », fece Bilbo costernato, ma quello cominciò a girare e a guardarsi intorno.

«Dov’è?», gli chiese autoritario, e Bilbo appese l’indumento sull’attaccapanni.

«Cosa, il contatore dell’Enel? E’ venuto per la lettura?», fece Bilbo con voce meccanica, «Perché sa, io ho il fotovoltaico»

Quando si voltò, vide che Dwalin si era già seduto a tavola e tirava morsi soddisfatti alla trota transgenica,  e tirò un sospiro di sollievo.

«Ma quel pesce è mio!», finse di arrabbiarsi, ma Dwalin , dopo aver fissato incuriosito il terzo occhio della trota, ne ingoiò la testa in un sol boccone.

«E che pretendevi, che mi portavo il pesce dai monti Azzurri?», commentò spiccio. «Sai che puzza a quest’ora»

«Cafone», fece Bilbo, ma il nano si era appena strafogato prosciutto, formaggio e si era fatto pure la scarpetta col liquido verdastro.

«Certo che abbini gli alimenti proprio a cazzo», fece ancora Dwalin, notando il barattolo del miele davanti a sé. «Almeno, ce l’hai un gatto a cui dare le lische?»,

Bilbo stava per rispondere in modo alquanto scurrile, quando risuonò il campanello.

Aprì la porta meccanicamente, ed apparve un altro tizio simile a Dwalin, solo che assomigliava a Babbo Natale.

 

«Balin , al vostro servizio», fece il nano inchinandosi.  «Hai tolto i panni stesi? Mi sa che dopo pioverà», lo informò gentilmente, prima di entrare in casa e cominciare prima ad abbracciare felice Dwalin e poi a prenderlo a capate.

«Ehm, scusate ... ma per caso siete Testimoni di Geova?», s’informò cautamente il padrone di casa : l’ultima volta che erano venuti gli si era bruciata tutta la cena in forno dopo aver passato la serata con loro a leggere versetti della Bibbia, ed erano dovuti intervenire i pompieri.

«Noi abbiamo Mahal», disse Balin, bevendo birra e ruttando.

«E io ho Eru, quindi non andremmo comunque d'accordo», rispose Bilbo, ma quelli non lo degnarono di uno sguardo. Disperato, li vide tracannare la bevanda da un delicatissimo boccale di sua nonna Bunga (il nonno Bungo era amico di Berlusconi) e si piazzò in mezzo a loro, cercando di farsi sentire.

 

«Questa birra necessita di un boccale largo! Non così! Deve respirare» tentava di consigliare loro Bilbo (che aveva fatto il corso di sommelier), ma Dwalin lo zittì.

«Può sempre respirare nel mio stomaco», e ruttò, mentre Balin lanciava pezzi di formaggio in aria come se fossero palline da tennis.

Quando il campanello suonò per la terza volta, per il povero Mezzuomo fu quasi un sollievo andare ad aprire la porta.

 

«Fili, Kili, al vostro servizio» dissero in coro due ragazzi giovani e alquanto bellocci.

«Dove li ho già visti questi? Da Maria De Filippi?», si domandò Bilbo e solo allora si accorse di aver pensato a voce alta; ma i ragazzi non sembravano  essersela presa.

«No, quello era nostro zio», spiegò il biondo, entrando in casa insieme al fratello. «Ma poi ha perso il trono»

 «Per via di Smaug?», chiese Bilbo interessato ; aveva sempre seguito assiduamente Uomini e Donne.

«No, di Tina Cipollari»

«Cioè?»

Fili sospirò.

«Lo zio aveva messo in pegno per la sua eventuale futura fidanzata l'anello di Erebor ... Tina lo voleva a tutti i costi, ma non sapeva che zio non aveva altri gioielli perché stanno tutti sotto il culo di Smaug», raccontò ad un allibito Bilbo. «Quando poi lo ha saputo, beh,  ha fatto una sceneggiata e ha mandato a quel paese lo zio, il drago e tutta la Montagna Solitaria!»

 

Bilbo cercò di far mente locale: sebbene odiasse Tina Cipollari, non si era mai perso una puntata del programma.

«Era quello che non parla e sembra sempre incazzato?», chiese ai ragazzi, che sorridevano cordialmente.

«No , quello è Gianni Sperti», fece Kili. «Lo zio è quello che non parla, è sempre incazzato e ha le treccine»

«Ah, ho capito!», rise Bilbo, perché aveva un vago ricordo di un tronista con i capelli corvini e il naso lungo quanto la Salerno-Reggio Calabria . Si voltò, e vide il ragazzo biondo mettergli tra le braccia spade e coltelli che aveva nel cappotto, nei pantaloni, e negli stivali .

 

«Attento con queste, le ho appena fatte affilare», lo avvertì;  quando estrasse la spada più grossa dalle mutande e Bilbo vide che c’era ancora un pelo pubico attaccato, gettò il tutto sulla cassapanca, schifato.

“Oh no, è la riunione dei coltelli dello chef Tony!”, pensò fra sé.  “Povero me, costano un botto!”

Andò ad aprire la porta per prendere un po’ d’aria fresca e si trovò davanti una decina di tipi strani, puzzolenti e malvestiti accompagnati da Gandalf, il vecchio malefico.

«Già, questi per ogni nominativo prendono il regalo dall'azienda. Furbi», commentò Bilbo mentre quelli entravano e prendevano a morsi prosciutti, ruote di parmigiano (una cugina  di Bilbo abitava a Parma), e dopo poco erano già ubriachi come un branco di hooligans.

 

«Ma è una riunione o una magnata a scrocco?», strillò lo hobbit, ma il baccano era tale che a stento sentì bussare alla porta.

“Questo sarà pure cecato”, asserì rassegnato, andando verso la porta. “Non ha manco visto il campanello”

Quando aprì, riconobbe l’ex tronista. Stava quasi per chiedergli l’autografo, ma quello fece finta di non averlo visto.

«Gandalf, avevi detto che questo posto era facile da trovare», disse il tizio rivolto allo stregone , che intanto si era fatto avanti. «Ma da quanto non aggiornano Google Maps? Sono finito a casa di una certa signorina Tuc e mi ha gentilmente mostrato il fienile», disse rimettendosi l’Iphone in tasca e togliendosi un filo di paglia dai capelli.

«Tuc? Quelli col sangue di fata?», chiese un certo Ori, che teneva un libro sotto il braccio : sicuramente aveva letto qualcosa sugli hobbit, pensò subito Bilbo, e volle correggerlo.

«Ma quale fata! Le ragazze Tuc sono solo delle zoccole», spiegò alla platea di nani con noncuranza. «Un bel giorno si trovano con la pancia così e dicono che sono state le fate»

«Allora anche tua madre era una zoccola!», fece Kili. «Era una Tuc. L’ho letto sul tuo profilo Facebook»

Bilbo si fece rosso come un peperone.

«Non nominare mia madre!», strillò infastidito. «E non pulirti la cacca di cane sulla sua cassapanca, a proposito!»

Kili fece una faccia da cucciolo.

«Dai, si era attaccata alla suola dello stivale...»

 

Poco dopo i nani si sedettero a tavola col tronista, che Bilbo scoprì chiamarsi Thorin , e tutti erano stranamente silenziosi. Lo hobbit andò in bagno per pensare (non osava aprire la porta per paura di trovare altri nani) ed emise un urlo.

«Le tubature!», pianse sconsolato. «Dove sono le mie tubature?»

Un certo Nori si fece avanti tenendo in mano un sacco pieno di pezzi di metallo.

«Le ho prese io», sorrise compiaciuto. «Sai com’è, il rame va a 20 euro al chilo»

«TE LO DO IN TESTA, IL  RAME!!!», si infuriò Bilbo , ma inciampò e cadde come un sacco di patate.

Quando con calma si rialzò, un nano anziano stava parlando del meteo tenendo un cornetto nell’orecchio, e lo hobbit si stizzì.

«Nessuno ti ha mai parlato di protesi acustica?», gli disse alzando la voce per farsi sentire. «Vai dal medico di famiglia, ti fa la ricetta e te la fanno a un prezzo agevolato», e vide che il nano assumeva un’espressione triste.

«Ma il medico di famiglia sono io», disse il vecchio sordo, e finì lì.

 

Intanto Bofur e Bombur presero farina , acqua e olio dalla dispensa , mentre il tronista tirava uno strano aggeggio metallico da sotto il mantello.

«Allora, ci siete tutti? Per prima cosa proveremo a fare insieme l’impasto della pizza», abbaiò Thorin, e nessuno sentì più volare una mosca. Quando Bilbo comprese, svenne per la terza volta in poche ore.

 

Era la riunione del Bimby.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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