Piccola premessa: Consiglio di leggere la mia precedente one-shot Nell'oscurità una luce poiché questa dovrebbe essere una specie di continuo. Non è obbligatorio farlo, infatti alla fine, non c'è nessun collegamento troppo evidente
Winter Flu
One
Tra qualche
giorno, sarà definitivamente inverno. Il secondo senza Prim,
il primo da quando Peeta è arrivato qui, lo stesso gelido
inverno che fa restare chiuso in casa tutto il Distretto 12.
Io non faccio altro
che alzarmi dal letto e stare per un tempo indeterminato a fissare il
fuoco scoppiettante, accompagnata dall'immancabile tazza di
tè che mi prepara Sae.
In questo ultimo
periodo si è scatenata una tormenta talmente forte da
ricoprire le strade di quasi un metro di neve.
Alcuni si stanno
adoperando e cercano di spalarne via la maggior parte ma ogni notte ne
cade una fitta quantità dal cielo.
Sembra un tappeto di
velluto visto dalla finestra della mia camera. A volte, quando mi
sveglio e do un'occhiata fuori, immagino di toccarla e di non sentire
per niente freddo.
Sto impazzendo di nuovo.
È chiaro, è un segno.
Due settimane fa, Sae
e la sua nipotina sono rimaste bloccate a casa mia e ogni notte
è stata durissima da superare per loro due.
Con
le mie urla, svegliavo la bambina che terrorizzata scappava via e si
rintanava nei posti più insoliti. Ricordo quando la nonna
l'ha trovata nella cesta dei panni sporchi con Ranuncolo tra le
braccia; è strano ma, vedendola raggomitolata in quel modo,
sembrava tanto simile a me durante il mio soggiorno al Distretto 13.
- Non
ho dormito affatto. Sono rimasta per ore al centro del letto a fissare
un punto imprecisato davanti ai miei occhi così da non dare
problemi.
- Peeta
non ha potuto raggiungermi in nessun modo, in nessun momento,
però mi ha chiamata ogni notte, ogni volta che avevo un
incubo, come se avesse avuto un campanello d'allarme pronto a
trillare fisso nel cervello.
- Mi
ha rassicurata e mi ha raccontato di qualsiasi cosa mentre mi ritrovavo
seduta sulla poltrona di fronte al letto a reggere tremante la
cornetta, con la testa poggiata alla cassettiera.
- Durante
la prima notte in bianco, al primo riecheggiare del telefono, mi sono
alzata e senza nemmeno che dicessi una parola, lui ha cominciato a
parlare.
- «Katniss,
sei lì?» era un po' assonnato.
- Talmente
tanta era la sorpresa di sentire la sua voce che ci ho messo parecchio
ad aprire bocca, «Peeta... È successo
qualcosa?»
- «Ti
ho sentita gridare» inevitabile non rendersi conto della
preoccupazione nel suo tono. «È passata, Katniss,
sta' tranquilla».
- Per
un po' sono rimasta con le ginocchia strette al petto -immaginandomi le
sue mani accarezzarmi i capelli- a riflettere su cose che non hanno mai
attraversato l'anticamera del mio cervello ma poi mi sono ricordata di
lui, che aspettava che gli dessi un minimo segno di vita.
- «Fa
freddo...», questo è stato il mio unico modo di
rispondere.
- Nemmeno
un "perdonami. Anche Sae non mi sopporta più" o un misero
"mi dispiace". Nulla.
- Ho
espresso involontariamente solo come stavo e cosa mi stava
accadendo.
- «Mi dispiace non
poter essere lì».
- Ecco.
Le scuse che non doveva
darmi erano arrivate, puntuali come un orologio svizzero,
«non è colpa tua... come ti sei accorto di
me?»
- «Semplicemente
non riuscivo a prendere sonno dopo il mio ultimo incubo ma anche se
avessi dormito, mi sarei svegliato e ti avrei chiamata. È
dura anche per me». Per un momento mi sono sentita sollevata.
«Ti va di parlare un po'?» mi ha chiesto
infine.
- E
-a quella domanda- ho annuito come se fosse stato davanti a me.
Ci siamo
sentiti telefonicamente per cinque notti di seguito; a volte, quando
proprio non riuscivo a tenere le palpebre aperte, crollavo con la
cornetta all'orecchio cullata dalla voce calma di Peeta che mi
raccontava piccoli aneddoti della sua infanzia che si sforzava di
ricordare o di come sarebbe riuscito ad entrare dalla finestra di
Haymitch per vedere come stava, oppure cosa avrebbe preparato da
mangiare la mattina seguente.
La mia teoria si
è rivelata essere vera. Mi sono di nuovo così
tanto abituata a sentire le sue braccia stringermi forte che il solo
non dormire con lui mi distrugge piano piano, senza che me ne accorga.
In effetti
è così. Non ho ancora trovato nessun appiglio
alla vita che sia più forte di Peeta e delle primule -ora
coperte di neve- le quali mi ricordano che mia sorella non vorrebbe che
mi lasciassi andare.
- Una
volta liberate le piccole vie del Villaggio dei Vincitori, il ragazzo
del pane è tornato a fare colazione a casa mia.
- Quando
sono andata ad aprirgli, l'ho osservato attentamente facendo in modo
che ogni minimo dettaglio del suo viso mi si stampasse nella mente: gli
occhi azzurri stanchi, i suoi capelli biondi umidi perché
ricoperti da lievi fiocchi di neve, le gote e il naso rossi e le labbra
-riparate dalla sciarpa- piegate in un leggero sorriso
gentile...
- «Ciao»
mi ha salutata cortesemente porgendomi un pacchetto. «Ho
portato dei biscotti» è entrato dentro strofinando
i piedi sul tappeto.
- «Dammi
pure il cappotto» gli ho detto leggermente
impacciata.
- Mi
stavo di nuovo comportando come i primi giorni in cui è
arrivato al distretto anche se, alla fine, mi è sempre
riuscito difficile fare gli onori di casa.
- «Come
stanno le tue ospiti?» mi ha domandato per il
corridoio.
- «Stanno
mangiando».
- Una
volta in cucina, Sae ha alzato lo sguardo dal suo piatto incontrando il
volto di Peeta.
- «Ci
chiedevamo che fine avessi fatto» gli ha detto scherzosa.
«Tutto bene, Mellark?»
- «Buongiorno,
ho portato un po' di dolcetti». A quelle parole, gli occhi
della nipotina di Sae si sono subito spostati sul sacchetto che avevo
poggiato sul tavolo. «Naturalmente li ho fatti per te, ma so
che sei brava e che quindi ne conserverai uno per Katniss e la nonna,
vero?» ha continuato prontamente lasciando che prendesse
quello che voleva. «Ci sono quelli al cioccolato e alla
cannella».
- Tuttora
credo che quella bambina abbia una leggera cotta nei suoi
confronti.
- Ma
non mi riferisco a quella sorta di comportamento sfrontato e possessivo
che in genere caratterizza le ragazzine, ma a quella specie di timida
ammirazione che ho visto in pochissime persone. D'altronde lui
è sempre stato il tipo in grado di farsi accettare da
tutti.
- Però
questo tipo d'interesse è ben diverso: lo noto da come la
sua piccola boccuccia si increspa in un leggero e quasi invisibile
sorriso quando Peeta le dà qualche attenzione particolare o
le disegna una casetta da colorare... e me ne rendo conto quando le sue
guance diventano color pesca dopo aver ricevuto un complimento e
abbassa la testa facendosi accarezzare piano i capelli.
- Stranamente
sono felice del legame che li accomuna, non mi turba affatto. Anzi, mi
dà un senso di tranquillità che credevo aver
perso.
- Peeta
però non vuole restare del tutto da solo con lei; ha paura
che con gli episodi -ultimamente meno frequenti- le possa fare del male
e infatti non l'ha mai portata a casa sua per farle vedere come prepara
il pane. È sempre venuto da me.
«Allora...»
ha cominciato Sae «cos'hai fatto in questi giorni?»
«Beh...»
si è seduto vicino a lei «ho aiutato giusto un po'
il distretto a sbarazzarsi della neve, mi sono assicurato che Haymitch
non restasse a digiuno, ho fatto il pane e non ho dormito» ha
messo della mollica in bocca. «Però ho avuto molto
tempo per riflettere e mettere a posto le idee».
Era solo colpa mia se
non aveva chiuso occhio.
«Bene...»
ha inghiottito l'ultimo spicchio di arancia cominciando a spezzettare
la buccia «Katniss ha sentito molto la tua
mancanza» ha azzardato.
Quell'affermazione di
Sae ha fatto in modo che Peeta alzasse lo sguardo dalla mia parte
imbarazzandomi non poco.
«Ci siamo
sentiti al telefono» ha risposto evasivo continuando a
mangiare indisturbato.
Sae ha dovuto capire
la tensione che si era creata perché ha subito cambiato
discorso parlando di Haymitch e delle faccende che avrebbe dovuto fare
a casa sua -lamentandosi del prevedibile disordine che l'avrebbe
aspettata di lì a poco.
- Quella
stessa notte ho lasciato che Peeta dormisse con me. La fragranza di
cannella e aneto ha invaso immediatamente l'intera stanza.
- «Dicembre
è il mio mese preferito» mi ha confessato una
volta a letto, «e amo l'inverno perché in
panetteria c'era sempre un bel po' da fare con i dolci e poi sembra
tutto così candido e puro».
- Non
avrei mai potuto immaginare che a Peeta Mellark piacesse una stagione
tanto fredda.
- Siccome
è un artista, avrei scommesso che amasse i giorni caldi e
colorati.
- Ho
annuito piano sentendo la sua mano sciogliermi lentamente la treccia
disordinata.
- «Hai
sonno, Katniss?» mi ha chiesto dopo un po'.
- No. Ho scosso la
testa.
- «Vuoi
che me ne vada?» è una domanda che fa spesso
quando ha il timore che io possa essere spaventata da lui.
- No. Ho continuato a
non proferire parola esprimendomi solo con impercettibili movimenti del
capo.
- «Non
hai paura di me, vero?» mi ha guardata cercando di scovare
una risposta da qualche parte.
- È
stato in quel momento che l'ho abbracciato lentamente in modo da poter
nascondere la mia testa tra la clavicola e il collo inalando il suo
profumo.
- Non
ho mai osato stringermi a lui in quel modo e infatti è
rimasto sorpreso dal mio gesto improvviso tanto che ci ha messo qualche
minuto prima di ricambiare con la stretta più forte e calda
che avessi mai ricevuto.
- Mi
era mancata quella sensazione di pace.
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Ciaooo! Eccomi di nuovo qui, questa volta a postare una
mini long senza pretese di tre capitoli che, per l'appunto e non so
come, ho già
concluso.
Bene... come nasce questa mia idea? Semplicemente sentivo il bisogno di
dover spiegare un po' cosa fosse successo nel periodo di dicembre a
Katniss e Peeta e siccome Suzanne - ahimé
ç____ç - non accenna minimamente al Natale, non mi
sono assolutamente permessa di scrivere qualcosa a proposito di questa
mia amata e adorata festività.
Allooora. Ora credo di dover chiarire la presenza della mia piccola premessa.
Naturalmente, chi ha già letto le mie precedenti one-shot si
sarà reso conto (o lo farà quando
posterò gli ultimi due capitoli) che questa long
è collegata a Nell'oscurità...
una luce. che, a sua volta, è collegata a «Non voglio diventare
come uno di loro» che ha un forte legame con «Credo che sia
arrivato il momento di andartene da qui, Mellark»
e così via...
E... vorrei farvi rendere conto che HO SCRITTO DI NUOVO IN POV KATNISS.
Ditemi che non è OOC! Ci sto prendendo gusto e sarebbe un
colpo al cuore scoprire di aver fallito miseramente
ç____ç
Ebbene, penso che alla fine creerò una specie di
raccolta nella quale inserirò tutte queste mie storielle,
anche le future (perché non ho la minima intenzione di
abbandonare questo magnifico fandom) +.+
Perché, poi, proprio questo strano titolo? Sarete sorpresi nel sapere che non
avevo idea di che altro mettere e che, be'... lo scoprirete solo
leggendo ♥
Naturalmente se volete chiedere spiegazioni basta che me lo facciate
sapere.
Mi auguro davvero tanto
di ricevere delle recensioni, ne ho bisogno - come Katniss ha bisogno di
essere cullata da Peeta - per comprendere se questa cosa
così stramba vi piaccia o meno (ammesso che qualcuno stia
leggendo, è chiaro ò.ò), voglio
assolutamente sapere se ci sono errori oppure meglio chiamati orrori di
ortografia e niente... la nipotina di Sae non è
meravigliosa? *^* Dovevo contagiarla con il mio amore smisurato per
Peeta :D (e comunque vorrei farvi notare che questa povera
creaturina non c'è tra i personaggi
da inserire. Fate qualcosa! ç^ç)
Non so... me la sono immaginata in questo modo e siccome la Collins non
le ha dato un nome sarò molto attenta a non citarlo
minimamente perché non sono all'altezza della grande signora
e.e
Okay, questo mio angolino è diventato un angolone enorme.
È arrivato il momento di salutare :)
Al prossimo capitoletto ♥
ps: non vi farò aspettare molto, giuro.
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