That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Chains - IV.028
- Dietro le Quinte (2)
Orion Black
Zennor, Cornwall - ven. 21 gennaio 1972
«Non porterò alcun
dono a tuo figlio,
domani, Black... a parte il suo padrino... vedi di farti trovare
pronto, Orion... o Alshain Sherton potrebbe sparire per sempre...
»
«Smettila, Malfoy! Non tollero
scherzi idioti su argomenti simili!»
«Scherzi? Io non scherzo. Mai.
Fai il bravo,
Orion, e domani sera, alle sei… lui sarà qui...
»
Ero rimasto in silenzio, in attesa, l'avevo fissato a lungo, guardingo:
diceva la verità, mi stava offrendo la
possibilità di
riconsegnare Alshain Sherton ai suoi figli e, apparentemente, senza
neanche pretendere qualcosa in cambio. Benché quella fosse
la
notizia che pregavo di ricevere da giorni, non provai gioia o sollievo
ma rabbia, disgusto, il desiderio feroce di fargli del male. E,
soprattutto, una profonda inquietudine: non ci si potevano permettere
imprudenze, con Malfoy, in particolare se la propria
razionalità
era andata a farsi fottere da giorni, com’era accaduto alla
mia.
«E Deidra e i bambini? Ci
saranno anche loro? O dovremo… firmare un accordo a
parte?»
«E lo chiedi a me? Per chi mi
hai preso, Black? Io non so nulla della Strega e dei
mocciosi!»
«Per chi ti prendo, Malfoy?
Per il bastardo che sei! So che hai rapito tu i miei
figliocci!»
Bastarono un’occhiata divertita, tutt’altro che
sorpresa, e
il peggiore dei suoi sogghigni per capire che avevo commesso il mio
primo errore: Abraxas si aspettava quella mossa perché,
sottoponendoli a chissà quali torture, aveva saputo dagli
Sherton del nostro incontro nel capanno di Amesbury.
«Sarei stato io, Black? E chi
lo dice? Tu?
Quali sarebbero le prove? Solo gli Sherton potrebbero dire che cosa
è successo a Londra: li hai forse incontrati? O mi hai visto
rapirli tu, con i tuoi occhi? Da quanto ne so, questo non è
possibile, eri davanti al Wizengamot, hai testimoniato davanti a tutti,
anche davanti a ME, tutti hanno visto te e me, al Ministero, quella
mattina! Nessuno di noi due era in quella casa, a vedere che cosa
stesse accadendo, quella mattina!»
«Certo… se non
esistesse la Pozione Polisucco, avresti ragione, Malfoy, ma...
esiste!»
«Polisucco? Avrei potuto
usarla, hai ragione.
Avrebbe potuto farlo chiunque, presente al processo. Incluso te, Orion!
Anche Crouch ci ha pensato spesso, per questo insiste per far
installare al Ministero gli stessi incantesimi usati dai Folletti nella
Gringott per smascherare i truffatori; un’ottima idea
ma…
non riesce a superare la ritrosia del Ministro…
chissà
come mai… Ahahah… »
«Non me ne importa un fico
secco della ritrosia del Ministro!»
«Neanche a me, Orion. Al
contrario trovo molto intrigante il tuo insinuare che IO,
o chissà chi altri, non fossi dove mi hanno visto tutti,
grazie
a quella controversa Pozione, quella mattina. E sai perché?
Perché instillare questo dubbio ti permetterebbe per un
po’ di distogliere l'attenzione di Crouch dalla sola
verità certa e non detta che conosciamo tutti: non
è
durante il processo che è avvenuto qualcosa a mio cugino ma
quando si è allontanato dal Ministero. Quando si
è
allontanato CON TE!
Da allora nessuno l'ha più visto! Se fossi Crouch, ti
costringerei a confessare!»
«Come hai detto, scusa?
Confessare? Io? E cosa dovrei confessare, di grazia? Sei
ridicolo!»
«Sono ridicolo, certo... E tu
cosa sei, Black?
Ti ostini a non aprire gli occhi, a nascondere la testa nella sabbia.
Crouch sa bene che tu, al contrario di me, hai sempre avuto motivi seri
per vendicarti di Alshain Sherton! Stai certo che se gliene darai modo,
Crouch userà questa carta!»
«Vendicarmi di Sherton? Sei
impazzito?!
Salazar, stavolta ti stai superando, Malfoy, con questo sacco
d’idiozie!»
Abraxas sorrise, comprensivo, un maestro bonario che cerca di
correggere con pazienza un alunno che si ostina a non voler capire una
lezione semplice, spiegata almeno un centinaio di volte. Sentii il
sudore imperlarmi gelido le tempie, scivolare rapido, a tradimento,
nascondendosi tra le basette, troppo lentamente per non farsi
notare. Lo vidi ghignare, mi chiesi che cosa avesse
architettato.
«Dovresti darmi ascolto,
Black, dovresti
riconoscere che sei tra amici e approfittare del fatto che, tra amici,
ci si aiuta: lo ripeto da anni anche a Sherton. Io lo so che sei
innocente, ma conosci la malignità di Crouch, sai
com’è capace di distorcere la realtà
per i suoi
interessi. Vuole candidarsi, Orion: tu e Alshain sareste bocconcini
prelibati da gettare in pasto al popolo, i più adatti al suo
scopo, farsi ammirare con un colpo da maestro anche da chi finora
l’ha snobbato. Rifletti: tu vorresti puntare l'indice contro
di
me, ma anche a un osservatore esterno, quelli tra me e Alshain
apparirebbero per ciò che sono, stupidi screzi legati ad
affari
di scarsa importanza, questioni superabili. Tu al contrario…
Molti ricordano che eri preso da Deidra e che Sherton te l’ha
portata via. “È un fatto di gravità
inaudita!”, tuonerà Crouch, e
convincerà anche chi
penserebbe “mah,
dopo tutti questi anni, Black ci avrà messo una pietra
sopra!” “è
stato un bene per Black che Sherton gli abbia tolto dal collo una
Strega di lignaggio inadeguato, un’arrampicatrice
sociale!”»
«Cosa diavolo vai blaterando?
Non
c’è stato mai niente tra Deidra e me, neanche
prima… »
«E dimmi, Black…
importa a qualcuno la
verità? Quando Crouch avrà sbattuto i vostri
trascorsi in
pasto all’opinione pubblica, tutti dubiteranno di te, persino
i
tuoi figli, persino i giovani Sherton, persino tua moglie: rivivranno
gli anni dell’amicizia con Deidra con il tarlo del tradimento
in
testa, diranno che è continuata, e perderai il rispetto di
chi
hai protetto con le unghie e con i denti, per colpe che non hai neanche
commesso. E sarà allora, quando avrai
già perso il
sostegno di chi ami, che Crouch affonderà la lama,
ricordando a
tutti le mille “gravi
offese”
subite dai Black per anni: Bartemious ha sentito tua moglie e tuo
suocero dire in varie occasioni che Sherton non ha mai mostrato
rispetto per voi, che la vostra era “un’amicizia
fatta solo di parole... ”»
«La mia pazienza ha raggiunto
il limite Malfoy: vattene dalla mia proprietà!»
«Parlerà di
Andromeda, riaprirà
le ferite inferte al vostro orgoglio, qualcuno testimonierà
che
Mirzam Sherton l’ha corteggiata e abbandonata, coprendola di
chiacchiere, ma che Alshain si è guardato bene dal
costringere
il figlio ad assumersi le proprie responsabilità,
così la
poveretta, disperata e impazzita, è fuggita con un Sangue
Sporco, macchiando l’intera famiglia di disonore. Altri
giureranno che Mirzam abbia sedotto e approfittato anche della
primogenita di Cygnus: non so se ne sei a conoscenza, Black, ma pare
che per parecchi mesi quei due si siano visti in un... motel da quattro
soldi. Chissà che facevano, di notte, insieme... E
chissà
se hanno continuato anche dopo il matrimonio con Lestrange…
un
buon motivo per incastrare il primogenito di Alshain, non trovi? Nelle
mani di Crouch queste non saranno più solo chiacchiere
infondate, Orion: quell’uomo volgare dirà che
questa
è la verità, che questo è il movente
del tuo odio,
perché offese come queste, causano un odio profondo, feroce,
inarrestabile. Un odio che ha persino unito Black e Lestrange contro
gli Sherton! Un odio che richiamerà quello degli Sherton
contro
i Black: vi annienterete tra voi… »
«Tu sei pazzo, Abraxas, e se
Crouch si fa
imbeccare con questo ciarpame... è pazzo a sua volta!
C’è un particolare che non consideri: quelle
Streghe per
me sono solo parenti acquisite!»
«E questa sarebbe la tua linea
difensiva,
Black? O una delle tue scuse più patetiche? Sei l’UNICO figlio
maschio di Arcturus, l’UNICO
genero di Pollux, l’UNICO
Black che abbia generato figli maschi. Anche se Alphard si
sposasse e avesse figli, tu saresti il futuro, vero e solo capofamiglia
dei Black! Con il matrimonio, tu e Walburga avete riunito in uno solo i
due principali rami della vostra famiglia. Il futuro dei TOUJOURS PUR
poggia sulle tue spalle e su quelle dei tuoi marmocchi, e le figlie di
quello che è tuo cognato e cugino, il loro onore, il loro
destino, le loro azioni, si rifletteranno sul buon nome
dell’intera famiglia e quindi su di te. Uhm... quanto
rifulgerebbe il tuo nome presso il Mondo Magico, quanto peso avrebbe
sui tuoi preziosi affari, se si sapesse quali sono i reali passatempi
di tua nipote, con chi s’intrattiene la notte? Se non sbaglio
è stato chiesto a te di bruciare il nome della rinnegata,
no? Ti
sei chiesto il perché di quest’onore? Per un Black
la
purezza del sangue e l’onorabilità sono tutto,
figurarsi
per il CapoFamiglia! Mi sto forse sbagliando? Può non
importartene, Orion, ma Crouch lo ricorderà, lo
rimarcherà, lo sbatterà in faccia al mondo
intero,
sguazzerà nei vostri segreti e, alla fine, nessuno,
immedesimandosi in te, nel capofamiglia dei Toujours Pur,
potrà
pensare che non te ne importi niente... »
«Dubito che Crouch e tutti gli
altri siano tali patetiche comari pettegole come te!»
«Comari pettegole? Ne sei
certo, Orion? “Signor
Black, lei afferma che Deidra e Alshain Sherton hanno accusato Abraxas
Malfoy per il rapimento dei figli... Quando è riuscito a
parlare
con loro? Durante o dopo l'attacco a Londra? Si rende conto che
è stato l'ultimo a vederli in vita? Perché non ha
raccontato prima questo episodio? Erano feriti? Perché non
ha
chiesto aiuto per loro quella notte? Perché non ha portato
gli
Sherton al San Mungo, quella notte?” E
ancora… “Lei
ha riconosciuto Roland Lestrange nel cadavere rinvenuto a Essex Street?
Perché si è guardato dal rivelare i suoi sospetti
agli
Aurors presenti? Sa qualcosa del coinvolgimento di Roland Lestrange
nella morte di Elladora e Ronald Sherton? Sbaglio o lei è lo
zio
di Bellatrix Black, attuale signora Lestrange?”
Te l’ho detto: Crouch ci sguazzerà nei sottintesi
del vostro arazzo tarlato!»
«So che l’Arazzo ti
turba, Malfoy, ma
non tutte le famiglie Pureblood hanno i vostri stessi oscuri legami con
i Babbani da nascondere: in alcune la nobiltà e la purezza
sono
reali, per questo quell'arazzo non genera in tutti la stessa maligna
invidia!»
«Pensi ci sia qualcuno che non
si godrebbe
soddisfatto la caduta degli altezzosi Black? Ammesso tu abbia ragione,
la tua altisonante e ingombrante “nobiltà”
non ti salverà dal Bacio di un Dissennatore, Orion, non se
avrai
di fronte, a condannarti, un uomo pronto a tutto pur di far carriera!
Al contrario… mi conosci… io potrei esserti
utile, molto
utile, quando Crouch ti chiederà “Stava
aiutando sua nipote a fuggire, quella notte, sulla torre di Herrengton,
quando è stato intercettato da Williamson? È sua
nipote
che sta proteggendo, Black?” Che cosa
c’è,
Orion? Sei impallidito? Ahahahah… Credimi…
Qualcuno prima
o poi ricorderà qualcosa di quella notte, Orion: sta a te
decidere se i ricordi saranno a tuo danno… o a danno delle
teorie di Crouch… »
«Scrivici un romanzo, con
queste scempiaggini,
Malfoy! Non esistono prove, non esiste niente, stai vendendo aria
fritta come tuo solito! Inoltre dimmi… nel vano tentativo di
infangare me per pararti il culo… dove troveresti le palle
per
sbugiardare i tuoi stessi compari e il tuo Signore?»
«Vano non direi
proprio… Quanto ai miei
compari… quali compari? Parli dei miei amici del Wizengamot
o di
quelli del Ministero? O magari dei “saggi”
che frequento al Consiglio della scuola? E perché non quelle
personalità generose che s’impegnano con me nelle
raccolte
fondi per il San Mungo? Questi, se vuoi definirli così, sono
i
miei “compari”…
i tuoi compari chi sono, Black? Chi sono i tuoi amici? Ti aggiri
altezzoso, solo, blaterando apertamente di purezza, di
feccia...
mmm... Mi ricorda qualcuno che “Non-deve-essere-nominato”,
a te no? Chi reputi abbastanza in alto da poterti star vicino, Black?
Solo i tuoi parenti, vero? E chi sono i tuoi parenti? Mah...
Chissà... Tutti sanno che io tollero a malapena i Lestrange,
che
non ho legami con loro, tu li hai addirittura in casa! Per farti cadere
o per salvarti, Orion, basterà mostrare o nascondere come i
Lestrange ne abbiano sempre fatte di cotte e di crude agli Sherton, fin
da un lontano passato... »
«E tu cosa ne sai del passato
dei Black, degli Sherton e dei Lestrange? Sono curioso…
»
«Se farai lo stupido, Orion,
temo lo scoprirai
molto presto e l’epilogo sarà uno solo: “Signor
Black, lei si fingeva amico del signor Sherton ma in realtà
era
in combutta con i suoi nemici! E ora sta gettando fango sul signor
Malfoy, unico parente in vita dei giovani Sherton. Qual è il
suo
scopo? Mettere le mani sul patrimonio di Herrengton e sul futuro dei
ragazzi?”»
«Il
patrim…ahahahah… non meriti
neppure una risposta, Abraxas… tutto questo è
ridicolo!»
«“Si è
affrettato a mostrare a Dumbledore un documento falso che la riconosce
tutore…” »
«Quel documento è
autentico! Può
dirlo il MagisNotaio presso il quale è stato
firmato!»
«“E il
contratto matrimoniale che lega Rabastan Lestrange e Meissa Sherton?
È stato lei a firmarlo, in qualità di loro
tutore?” Mi chiedo come ti giustificherai con
Alshain quando tornerà.»
«Io non ho firmato un bel
niente, Abraxas! Non esiste alcun contratto di matrimonio!»
«Esiste, invece: il contratto
in bianco che
avete firmato tu e mio cugino, mesi fa, quando ho deciso di lasciare
libero Lucius di sposare Narcissa. Quel contratto doveva essere un
patto tra Black e Sherton per pararvi il culo a vicenda: è
stato
molto utile a mio cugino, non c’è che dire! Come
al solito
non mi ha dato ascolto, ma ha preferito seguire te… e ora il
destino di sua figlia è in mano a Rodolphus, grazie a chi?
Grazie a te! So che intende completarlo con i nomi della mocciosa e di
suo fratello, la tua firma di tutore in calce! La tua firma, Black! Hai
reso possibile la sola cosa che mio cugino non voleva accadesse, la
propria adorata Meissa in mano a quei macellai! Questo è
l'ultimo tassello che cercava Crouch per sigillare la sua teoria: per
come la vedo io, ti sei messo da solo un bel cappio al collo, Orion,
Bartemious Crouch deve solo piantare il palo da cui farti
penzolare!»
«Se io penzolerò,
tu sarai al mio
fianco! Sono stanco delle tue ciance, Malfoy… libera Deidra
e i
bambini, o cederò a Crouch il ricordo di questa interessante
conversazione!»
«Un rapido movimento delle
mani e un
incantesimo non verbale mettono molta confusione nei ricordi di un
uomo, Orion, te lo sei dimenticato? Al tuo posto non farei lo
sbruffone, si vede che ti stai cagando sotto! Inoltre, neanche un
idiota come te rischierebbe tanto, non la vigilia della festa di suo
figlio, non dopo aver visto cosa è accaduto ai propri
figliocci.
So che ti piace mercanteggiare, Black, ma, per il tuo bene…
evitalo, per questa volta: in ballo c'è la preziosa vita del
tuo
amichetto del cuore e quella dei tuoi eredi. Non tirare la corda con
chi non brilla certo per pazienza!»
«Non mi fai paura! Non agisci
per te stesso,
ma per Milord, è lui che vuole il mio aiuto, e tu
devi…
soddisfarlo! Non ci riuscirai, però, se non accetterai le
mie
condizioni: devono tornare tutti!»
«Te lo ripeto, fai il bravo,
Orion, o tra le
altre cose, Rodolphus Lestrange scoprirà durante la festa di
tuo
figlio che il documento che gli hai rifilato non è
l’originale, ma la copia che tu e Alshain avete fatto
redigere
per infinocchiare Walburga… non sarà felice di
quel
piccolissimo dettaglio che lo rende… del tutto…
inutilizzabile!»
«E tu come cazzo lo
sai?»
«Perché tu e
quell’altro idiota
siete… prevedibili… sono anni che complottate
come due
mocciosi… ormai conosco tutti i vostri patetici
trucchetti… ma ti ripeto… Fai attenzione,
Black…
perché per quello che ha in mente Lestrange, non serve a
niente
un… contratto… ahahahah… »
Aveva riso di me, Malfoy, poi aveva taciuto. L'avevo preso per il
bavero, preda della furia, deciso a spazzargli via quell’aria
derisoria dal volto: Abraxas, scosso dal tremito della risata sommessa,
mi aveva lasciato fare poi, fissandomi con occhi da morto, aveva
affondato un colpo letale.
«Che poi… Fai come
vuoi, Black! Volevo
rendere un uomo inutile come te interessante agli occhi di Milord ma
sei così… stolto… ti ostini a metterti
nei guai
per una causa persa. Non vuoi capire che ormai è finita? La
sorte della tua preziosa irlandese non è mai stata nelle tue
mani, altri hanno deciso per lei e per i marmocchi. So quanto ci tenevi
ma il tempo è scaduto: per loro, per te.»
Si era interrotto, mi aveva guardato compassionevole, mentre diventavo
livido, poi era scoppiato di nuovo a ridere, una risata selvaggia, poco
consona all’Abraxas compito che tutti conoscevano, una risata
sadica e malvagia, in cui mi ero imbattuto in passato, espressione
della vera natura di Malfoy.
«... e per qualsiasi losca
fantasia ti fossi
fatto su voi due: una parte di te sperava che Sherton fosse morto,
volevi consolarla, per questo ti sei affrettato al capanno…
Dimmi, Black, quanto ti ha eccitato trovarla lì, sola,
impaurita, indifesa? Potevi fare qualsiasi cosa…
qualsiasi... io
me la sarei fatta, al posto tuo, ma tu… sei il solito
patetico
coniglio! Mi spiace per te, dovevi dar sfogo ai tuoi ormoni
finché potevi, non avrai altre occasioni per spassartela
conn...
leeeee... iiii... coff coff… »
Sempre tenendolo per il bavero, con violenza l’avevo sbattuto
contro l'albero che aveva alle spalle, mi ero gettato su di lui e gli
avevo stretto le mani al collo. Neanche lo vedevo, tutto era nero e
rosso, mentre una specie di ululato iniziava a urlarmi nel cervello. Ci
misi qualche secondo prima di capire che non era dentro di me ma fuori,
l’urlo di dolore di quel lurido bastardo che scivolato a
terra,
si contorceva ai miei piedi, preda della mia Cruciatus. Cercai di
riprendere il controllo, ma fu difficile placarmi. Malfoy, a terra, mi
fissava di sotto in su, impressionato più che dolorante:
erano
state rare le volte in cui avevo avuto la meglio e c'ero riuscito
sempre e solo quando l’avevo colto di sorpresa.
«Dunque... il
coniglio… riesce a tirar
fuori le palle, quando vuole… e bravo Black... »
«Riportali indietro, o questo
sarà solo un assaggio! Sai… Sputare sangue ti
dona!»
Pur tra gli ultimi tremiti della tortura subita, Abraxas
tentò
di provocarmi ancora ma riuscii a mantenermi saldo nella decisione di
non colpirlo più. Tornò a ridere, una risata
prima
stentata poi sempre più alta e feroce, fissava la mia mano
che
ancora stringeva convulsamente la bacchetta e il mio viso, ormai privo
di qualsiasi maschera, tutte andate infrante in mille pezzi.
… La sorte della tua preziosa irlandese non è mai
stata nelle tue mani...
Lentamente si tirò in piedi, sghignazzando, le parti
nuovamente
invertite, si era avvicinato e si era sorretto a me, deciso seppur
sofferente: aveva fatto in modo di aggrapparsi a me nel punto esatto
del braccio in cui Rodolphus mi aveva praticato la sua tortura, cercai
di non emettere un solo singulto di dolore, ma il suo ghigno rivelava
che sapeva bene che cosa stesse facendo. E ne godeva.
«Orion... Orion...
Orion… Tuo padre non
ti ha detto che queste cose, tra gentilMaghi non si fanno? Sono offeso,
mi aspettavo più autocontrollo da un impassibile Black!
Voglio
dimostrarti però che ero sincero, quando ho detto che tra
amici
ci si aiuta... Voglio metterci subito una pietra sopra: dimostrami la
tua buona volontà, fammi un piccolo favore, ed io
dimenticherò tutte le offese subite… Non temere,
non
pretendo nulla di compromettente o di esoso: basterà che
domani… »
Ridacchiando avvicinò il viso al mio orecchio, disse che
cosa
volesse, senza darmi spiegazioni. Lo fissai, stranito, incapace di
capire dove volesse andare a parare con quell’assurda
richiesta.
«Assolutamente no! Non ci
penso proprio! Non farò niente del genere per te!»
«E non lo farai per me,
Orion… ma per
tuo figlio, per il piccolo Regulus. Quel bambino è
così... delizioso!
Mi raccomando, cerca di non essere patetico come sempre, Black. Non
domani!»
***
Meissa Sherton
Hogwarts, Highlands - sab. 22 gennaio 1972
Mi svegliai che era molto presto, troppo, forse non erano neanche le
cinque. Sbuffai e cercai di riprendere sonno, tirandomi addosso le
coperte fin sopra la testa, come facevo sempre a Herrengton:
lì
non vivevo sotto un lago, ma in cima a una torre, e durante la notte,
visto che mio padre non poneva incantesimi per attutire i suoni della
natura, potevo sentire i richiami del bosco. Di solito mi divertivo a
cercare di riconoscere tutti i versi delle creature notturne ma a
volte, soprattutto quand’ero impigrita dal freddo, affondavo
la
testa tra cuscini e coperte per impedirmi di ascoltare la furia del
mare e del vento, il ticchettio ipnotico della pioggia o il lento
sospiro della neve. Mi bastò pensare un solo istante alla
mia
Herrengton e sentii la nostalgia pervadermi: volevo tornare a casa,
anche se, ormai, lassù, c’erano solo fredde mura,
arredi e
pietre, niente vita. Con un brivido ricordai la realtà: mio
fratello non voleva crederci ma io sapevo che i nostri familiari non
c’erano più. Bastava osservare
l’espressione
smarrita del nostro padrino, quando ci parlava di conservare la
speranza, per capirlo.
Cercai di scacciare quei pensieri dolorosi prima di scoppiare a
piangere e m’imposi di riprendere a dormire, senza riuscirci:
da
un paio di giorni mio fratello ed io eravamo stati dimessi
dall’infermeria, più per la nostra insistenza e
insofferenza, che per la bontà delle nostre condizioni di
salute. Da prima che tornassimo nei dormitori slytherins,
però,
io avevo iniziato a svegliarmi a notte fonda, senza riuscire
più
a riaddormentarmi: non sapevo che cosa sognassi, ricordavo solo dei
veli e una luce soffusa nella quale era impossibile muoversi o
riconoscere forme e suoni. Non c’era alcuna minaccia
visibile,
che giustificasse la mia agitazione, ma ero inquieta, in allerta,
oppressa da un senso fatale d’impotenza, e il malessere, che
provavo all’improvviso risveglio, m’impediva di
riprendere
a dormire. Sospirai. Non potevo farci nulla, Madame Pomfrey mi aveva
somministrato una pozione rilassante, ma era inutile, nessuno poteva
fare qualcosa per me, a parte dirmi che era stato tutto un errore, che
i miei genitori erano ancora vivi e aspettavano Rigel e me a casa.
No,
questo non può farlo nessuno… neanche il grande e
potente Preside Dumbledore…
Dovevo resistere: per lo meno, avrei avuto poche ore di lezione, quel
giorno. Era sabato, c’era solo il Volo, di pomeriggio mi
sarei
impegnata con i compiti, così, finalmente,
l’indomani
sarei rimasta a poltrire un po’ di più. Alcuni
professori,
come Slughorn, comprendendo quanto stava accadendo a me e a Rigel, ci
avevano dato tregua, mostrandosi comprensivi se non riuscivamo a
portare a termine tutti i compiti nei tempi stabiliti, altri, come la
McGonagall, non avevano cambiato atteggiamento, convinti che tenerci
impegnati ci permettesse di non fissarci su un unico pensiero, quello
che ci faceva stare male. Al contrario di Rigel, che stava raggiungendo
picchi d’insofferenza mai visti, nei confronti di vari
professori, io la pensavo come la nostra insegnante di Trasfigurazione:
facevo addirittura più del dovuto, solo per arrivare esausta
a
fine giornata e non avere tempo per pensare. Le amichette della
Dickens, per questo, con la loro consueta gentilezza, avevano passato
tre o quattro giorni a sghignazzarmi dietro “l’orfanella
Ravenclaw”, ma vedendo che non mi curavo di
loro, alla fine si erano stancate ed erano passate a rompere le scatole
a qualcun altro.
Da quando ero giunta a Hogwarts, il sabato era sempre stato il mio
giorno preferito: potevo passare molte ore in cortile, a volteggiare su
un manico di scopa, potevo sentire il sole e il vento e la pioggia
sulla pelle, come a casa mia, e, di pomeriggio, in biblioteca, una
volta libera dai compiti, passavo almeno un'ora a leggere un tomo sulla
vita di Maghi e Streghe leggendari. Ora come non mai ne avevo bisogno,
persino Madame Pince aveva chiuso un occhio, due sere prima, quando mi
aveva trovato immersa nella lettura mezz’ora dopo
l’ora di
chiusura: era il mio momento di evasione, la fuga in un mondo di fiaba,
lontano da tutti, dal dolore, da tutte le brutture che avevo intorno.
Sì, fino a
una settimana fa, il sabato era la mia giornata preferita, a Hogwarts,
ma ora… prima di potermi nascondere in
biblioteca… mi
attende una mattinata a dir poco… interminabile…
Avevo la nausea all'idea di dover uscire dal baldacchino, quel giorno:
vedere Sirius, sentire gli stupidi discorsi dei suoi compagni
Gryffindors, quelli sì che mi facevano male. La settimana
appena
trascorsa, già orribile per mille motivi, era peggiorata
ogni
volta che avevo avuto a che fare con quegli inutili decerebrati: ero
stata travolta dalla rabbia, tutti pronti com’erano a
spettegolare alle spalle sui presunti coinvolgimenti di mio padre e mio
fratello negli affari del Signore Oscuro. Il mio disappunto, la mia
rabbia e soprattutto il mio disgusto stavano raggiungendo livelli che
non avrei mai immaginato, perché
l’ottusità e la
malevolenza, l’essere prevenuti nei confronti di chiunque
nascesse Slytherins faceva sì che quegli idioti non
riuscissero
neppure a riconoscere chi erano le vittime e chi i carnefici. Era
chiaro che, se le stesse cose occorse alla mia famiglia fossero
capitate a un Ravenclaw, a un Hufflepluff o a un Gryffindor, nessuno
avrebbe mai insinuato ciò che sentivo bisbigliare nei
corridoi
su mio padre. In particolare, la mia avversione si concentrava su
Potter, la causa principale del cambiamento, anzi, del voltafaccia
completo di Sirius: quest’ultimo, che fino a poche settimane
prima era stato, per me, un “principe”,
ora, ai miei occhi, era solo una detestabile banderuola, un rammollito
senza cervello che si era fatto rigirare da quella sottospecie di
porcospino. Se la delusione provocata da Sirius era profonda,
però, l’odio che provavo per James Charlus Potter
non
aveva paragoni, perché i molti discorsi che si facevano a
scuola, i sospetti, gli sguardi di traverso, le falsità su
Mirzam e su mio padre, erano iniziati quando aveva raccontato con
dovizia di particolari inventati e esagerazioni, quello che suo padre
diceva di aver visto con i propri occhi, mio fratello Mirzam che
uccideva l’Auror Podmore. E ora sembrava avessero
più
valore gli stupidi racconti di un altrettanto stupido undicenne, che
l’assoluzione di Mirzam da parte del Wizengamot. Mi girai sul
fianco, facendo sì che il cuscino raccogliesse le lacrime
che,
inopportune, mi stavano già scivolando lungo la guancia. La
verità era che me la prendevo con Potter perché
era la
soluzione più semplice, lo sapevo, ma la mia disperazione
nasceva dalla decisione del Capo Dipartimento Aurors di credere alle
assurde testimonianze dei Babbani di Essex Street, che dicevano di aver
visto Mirzam uscire da casa nostra, ormai in fiamme. Mia madre mi aveva
parlato fin da piccola della Pozione Polisucco, immaginavo che qualcuno
l’avesse usata per sembrare mio fratello ma quel maledetto
Crouch
aveva deciso di non indagare, anzi, appena l’avessero
trovato,
mio fratello e Sile sarebbero stati sottoposti al Bacio del
Dissennatore, senza neanche un processo.
Sicura che il sonno non sarebbe più tornato, soprattutto ora
che
i pensieri avevano preso la china che conduceva alla disperazione,
cercai di reagire, feci un verso appena sussurrato, un sottile “prrr”,
e subito sentii un balzo leggero dalla cassapanca al mio letto e i
passi eleganti di Myrddin attorno al mio corpo, alla ricerca di un
varco. Allungai le braccia fuori dalle lenzuola e lasciai che il
piccolo felino scendesse dalla parte del cuscino sotto le coperte, mi
sistemai sul fianco così che potesse acciambellarsi nel mio
abbraccio, una zampina tesa verso il mio collo. Inizia a massaggiargli
il pancino e rapidamente fui travolta dal suo vibrare e dal suo tepore.
Fissai, nella penombra del mio debole Lumos, i suoi occhi obliqui, lui
li socchiuse, infastidito dalla luce e rapido avvicinò il
musetto umido alla mia faccia, per nascondersi. Gli diedi un bacio sul
capo, tra le orecchie. Sarei rimasta lì, così,
per
sempre. Senza rendermene conto, scivolai in un sonno senza sogni,
stretta a lui.
*
Quando scesi in Sala Comune, di ritorno dalla colazione, la trovai in
pieno fermento, piena di quegli studenti che amavano fare tardi,
complice l’inizio ritardato o la totale assenza di lezioni,
il
sabato mattina. C’era la solita confusione e non ci misi
molto a
individuare chi ne fosse, come sempre, responsabile: Evan Rosier era
semi rovesciato sul divano di fronte al caminetto, che si sbellicava
dalle risate in un modo a dir poco indegno per uno Slytherin, mentre
Rabastan Lestrange, proteso dal bracciolo della poltrona accanto,
guance in fiamme come non ne avevo mai viste in faccia a un ragazzo,
continuava a colpirlo in testa con il Daily Prophet arrotolato,
ripetendogli “Sei
solo un maledetto coglione traditore!”.
Alecto Carrow li guardava e incitava, sghignazzando con tre delle sue
compagne di dormitorio, prendendo in giro Lestrange e sostenendo, come
al solito, Rosier: molti dicevano che ne fosse cotta, senza speranza, e
a guardarla, con quegli occhi luminosi e la voce che riempiva la
stanza, non era difficile capirne la ragione. Sbuffai e mi avvicinai
alle scale che conducevano ai dormitori delle femmine, non
c’era
nulla di nuovo in quello scadente spettacolino, soprattutto per me che
ero stanca e annoiata, a parte che, finora, avevo sempre visto Rosier
pestare quel buono a nulla di Lestrange, mai il contrario. Con
un’alzata di spalle, mi guardai un’ultima volta
attorno,
mio fratello e buona parte della squadra di Quidditch doveva ancora
essere in Sala Grande, a colazione, così
m’incamminai al
piano di sotto, entrai in camera mia, sistemai la ciotola per quando
Myrddin, in perlustrazione nei sotterranei, fosse tornato a “casa”,
presi cartella, mantello, guanti e cuffietta e ritornai di sopra, per
andare a lezione. Sembrava che i due idioti avessero smesso di
scherzare per darsele ormai di santa ragione, le giacche lanciate via,
le camice fuori dai pantaloni, un groviglio di braccia e gambe e
riccioli castani che rotolava, azzuffandosi sul tappeto, mentre la
maggior parte degli altri studenti non se li filava già
più; mi diressi verso lo specchio più lontano da
loro,
Rosier rischiava di soffocare, insistendo nelle risate, e Lestrange, lo
vidi riflesso nello specchio, era infervorato come non mai,
nell’usare il giornale come un battipanni, su qualsiasi parte
scoperta di Rosier si rendesse disponibile. Stavo finendo di
allacciarmi il mantello e di sistemarmi i capelli sotto la cuffietta,
quando i due idioti si alzarono, si abbracciarono come niente fosse, e
spingendosi e ridendo, presero insieme l’uscita dalla Sala
Comune
di corsa, schiacciando al muro Severus che rientrava dalla colazione.
Lucius Malfoy rivelò la propria presenza alle mie spalle
solo
allora: seduto su uno dei divani più defilati della sala, in
attesa di Cissa, non l’avevo notato finché non
aveva
abbassato il giornale dietro il quale si era barricato, e ghignando di
disapprovazione, si era lanciato in uno dei soliti commenti
irriverenti, a mezza voce, su quella che chiamava la “coppietta
dell’anno”.
Lo fissai, lui mi rivolse uno sguardo altrettanto schietto: non sapevo
che cosa gli passasse per la mente, ma da quando i miei erano spariti,
non ci aveva più rivolto nessuna delle sue solite “gentili”
parole, al contrario, si materializzava ovunque mio fratello ed io ci
trovassimo, mettendo fine a ogni possibile occasione di tensione con
gli altri membri della Casa, neanche fosse diventato il nostro angelo
custode. Sospirai. Mio fratello ancora non si vedeva e ormai per me
iniziava a essere tardi, del mio anno, però, pronte a
uscire,
c’erano solo le oche del corteo della Dickens ed io non avevo
alcuna intenzione di farmi tutto il percorso fino al cortile con quelle
cretine, che stavano belando su quanto fosse bello Rabastan Lestrange,
quand’era uscito tutto scarmigliato, e subito dopo impegnate
a
decidere se uscire tutte e quattro con la cuffietta inclinata a destra
e non a sinistra.
«Salazar! PO.TRE.I.VO.MI.TA.RE!»
«Ahahahah…
Severus… buona questa… hai proprio
ragione!»
Scoppiai a ridere, voltandomi verso Severus, le scemette si girarono in
branco verso di noi, attirate dal suono strano di una risata sincera,
ci squadrarono, squadrarono con particolare malvagità
Severus,
poi ripresero il loro pigolare fatto di risatine maligne e squittii
irritanti.
«Ci avviamo a lezione, Prince?
Oggi finalmente
si vola… Dai, non fare quella faccia, ora che sai farti
rispettare dalla scopa, vedrai quanto è
divertente!»
«Certo… come
no… da morire!»
Sorrisi incoraggiante, pensando che saremmo stati quattro ore con i
Gryffindors ed io avrei rivisto il mio… il sorriso mi
morì sulle labbra, appena il cervello si ricordò
di come
ormai stavano le cose tra me e Sirius: a volte m’illudevo che
fosse solo un brutto incubo che mi ghermiva in piena notte e si
dissolveva al mattino, invece… Severus mi offrì
una
Cioccorana, distogliendomi dai miei pensieri: aveva una paura tremenda
della scopa e non sopportava i Gryffindors, nonostante tutto era sereno.
Lui ha la sua Evans. Io invece ho perduto anche Sirius… per
colpa di quei maledetti Potter!
«Ma tu hai il permesso di
volare? Voglio dire… Sei appena uscita
dall’infermeria!»
«Credo di sì, la
professoressa
s’informerà prima di decidere… io mi
sento
bene… »
«Davvero? E tuo fratello? Di
sotto sono tutti
preoccupati… anche se ormai il campionato per noi
è
concluso, a giorni ci sarà la partita con i Ravenclaw
e…
»
«Eh già, si
preoccupano tutti per la
salute di mio fratello, se c’è una partita di
Quidditch!»
Severus mi fissò, senza dire una parola, i suoi occhi
però parlavano a sufficienza: in quei pochi giorni, a parte
Cissa Black, era stato l’unico che, a modo suo, aveva avuto
parole gentili, per gli altri, al contrario, forse perché
non
sapevano che cosa dire, forse perché impegnati a capire,
nella
confusione che si era creata, da che parte stesse realmente nostro
padre, era come se anche mio fratello ed io fossimo morti a Londra. Mi
conficcai le unghie nella carne, preda della rabbia e del dolore.
Severus finse di non vedere e procedemmo in silenzio fino
all’ingresso, lì mi aprì il portone e
mi
lasciò passare. L’amarezza degli ultimi pensieri
mi
serrò le labbra e, forse per il freddo che ci
colpì
appena mettemmo i piedi fuori, sentii gli occhi colmarsi di nuovo di
lacrime.
«Dobbiamo salutarci
qui… »
«Cos’è?
Già te la svigni perché hai visto la tua piccola
Evans?»
«No… a dire il
vero… stanno chiamando te, Sherton… »
Cercai con lo sguardo, per tutto il cortile: c’era Narcissa
che
mi faceva cenno di raggiungerla, all’imboccatura del
porticato
che conduceva alla rimessa delle barche e al sentiero che portava ai
cancelli. In ritardo, attraversai cauta la corte, per fare prima,
evitando i cumuli di neve ghiacciata su cui era facile scivolare; non
sapevo che cosa la cugina di Sirius volesse da me, era venuta a
trovarmi spesso in infermeria, ma negli ultimi giorni,
l’avevo
vista solo con Lucius al tavolo degli Slytherins, in Sala Grande.
Quando ricordai che giorno fosse, compresi: le avevo chiesto aiuto,
tempo prima, per il compleanno di Regulus volevo procurarmi un libro su
tutti i giochi da scacchiera che si praticavano a Hogwarts, con tutto
quello che mi era successo, però, non avevo avuto
più
occasione di riparlargliene e ormai pensavo di dover rinunciare. Come
se mi avesse letto nel pensiero, Cissa prese un pacchetto dal muretto,
dietro di sé, ed io le sorrisi, felice, continuando ad
avvicinarmi. Quando fui a pochi passi da lei, mi accorsi che non era
sola. C’era una figura celata nell’ombra del
porticato,
forse un insegnante, nessuno studente in quella scuola era tanto alto.
Non poteva essere neppure un parente, perché quello, come
avevo
tristemente scoperto, non era il giorno consueto delle visite. Gli
estranei avevano diritto a essere ricevuti fuori dell’orario
solo
in presenza di motivi gravi o se convocati dal Preside. Mi bloccai,
raggelata, pensando che dietro Narcissa ci fosse suo zio, il mio
padrino, pronto a darmi nuove, sconvolgenti notizie riguardanti i miei
familiari.
«Signorina Sherton…
nonostante le circostanze, è un piacere
rivederla… »
Una mano guantata uscì dal mantello e fece scivolare
all’indietro il cappuccio, mettendo in luce il volto di
Rodolphus
Lestrange poi scese, per offrirsi al saluto. M’irrigidii
all’istante, tenendomi a distanza da quell’uomo,
gli occhi
fissi su quella mano, quasi fossero le fauci di un lupo feroce. Sentii
la mente svuotarsi, per riempirsi di una nenia sibillina, una nenia che
ancora non riconoscevo, ma che avevo già sentito. Quando
sollevai lo sguardo sul suo volto, sui suoi occhi, il cuore
cominciò a pulsarmi veloce, i peli ritti sulla schiena, il
respiro corto. Non c’era alcun atteggiamento minaccioso, in
Rodolphus Lestrange, anzi, riconoscevo in lui il bel giovane che avevo
visto varie volte con Mirzam, il giovane di cui avevo ammirato
l’avvenenza il giorno del matrimonio con Bellatrix Black. Il
giovane galante e persino simpatico, che aveva movimentato con gli
altri amici il ricevimento di mio fratello. Eppure io lo percepivo come
un pericolo e ne avevo paura, era una delle sensazioni più
forti
che avessi provato nella mia vita. Il mio corpo riconosceva quella
paura, come se l’avesse già sperimentata, e sapeva
che
avrei provato un inaudito dolore, se avessi lasciato che
quell’uomo si avvicinasse a me, che mi toccasse; cercai di
calmarmi e di essere “logica”,
come voleva papà, probabilmente era una reazione dovuta al
fatto
che mio padre si raccomandava sempre con me di non fidarmi dei
Lestrange. Ultimamente, me l’avevano ripetuto anche la mamma
e
Rigel.
E visto come si è comportato Rabastan, quella sera, in quel
cortile… non hanno torto...
«Ti ricordi di Rodolphus
Lestrange, vero Meissa? Il marito di mia sorella Bellatrix…
»
Sorrisi a Narcissa e, muta, annuii. Cercai di riprendermi e tesi la
mano, come l’educazione m’imponeva, anche se avrei
fatto di
tutto per sottrarmi. Rodolphus sorrise, rassicurante, e disse qualcosa
sul suo dispiacersi per quanto mi era accaduto ma io non
l’ascoltai: continuavo ad avere paura benché non
avessi
provato alcuna sensazione, quando aveva preso la mia mano nella sua.
«Rodolphus è qui
per i regali che avevamo deciso di spedire a Regulus…
»
«Come scusa? Io non ho preso
più alcun regalo… »
«Tu no, come potevi, mia cara?
Non era neanche
il caso di parlarti di regali, mentre eri in infermeria, ma sapevo che
ci tenevi perciò mi sono mossa secondo le indicazioni che mi
avevi già dato. A Hogsmeade non c’è una
libreria
tanto fornita da tenere tutto quello che cerchi, perciò ho
scritto a mia sorella e lei, a Diagon Alley, ha trovato il tuo libro.
Oltre al mio dono per Regulus. E oggi, visto che doveva parlare con
Rabastan, Rodolphus li ha portati con sé, per farceli
vedere.»
Meravigliata, incerta che fosse giusto procurarsi un regalo per Regulus
coinvolgendo i Lestrange, e con la sensazione di allerta che permaneva
e addirittura aumentava, ringraziai entrambi come mi era stato
insegnato. Rodolphus sorrise, sembrava non accorgersi o non curarsi del
disagio che provavo.
«Se volete, posso consegnarli
di persona, sono invitato a Zennor, per il ricevimento…
»
«È
un’ottima idea, non trovi
Meissa? Nessun rischio che il gufo si perda o arrivi tardi.»
Annuii, poi ripensai con una punta di tristezza al momento in cui avevo
proposto a Sirius di nascondere il suo regalo nel mio pacchetto,
così che sua madre non potesse trovarlo e disfarsene.
Poi è venuto l’inferno, mi ha preso tutto e Potter
ha mandato il resto alla malora!
«Mi sembri un po’
perplessa, Meissa. Se
vuoi, possiamo aprire il pacchetto e controllare, oppure posso fare un
incantesimo perché tu lo veda senza doverlo
aprire.»
Annuii, tacendo il vero motivo della mia
“perplessità”,
e lasciai che Narcissa facesse il suo incantesimo, scivolai con lo
sguardo sulla copertina, era il libro che avevo visto a Diagon Alley il
giorno in cui avevo fatto gli acquisti per Hogwarts. Gli occhi
scivolarono fino al bordo, vidi che la forma del pacchetto era
più larga del libro, sollevai lo sguardo interrogativo su
Lestrange.
«Oh sì…
il giorno in cui
Bellatrix ha preso il libro, ha… trovato in
omaggio…
anche una scacchiera, completa di tutti i pezzi, era bellissima, e non
ha potuto fare a meno di… prenderla... »
Grazie all’incantesimo di Cissa, riuscii a vedere anche
l’interno della scatola, la scacchiera sembrava antica, i
vari
pezzi erano in legno pregiato, mi sembrò strano che un
oggetto
così bello e che doveva valere tre volte il libro,
già
costoso, fosse data via in regalo. Quando però vidi il re e
osservai con attenzione le sue sembianze, in tutto e per tutto simili
al re nero della scacchiera di mio padre, non mi curai più
del
suo valore, perché caddi in un profondo senso di
prostrazione,
incapace di reagire a ciò che mi accadeva intorno.
«Va tutto bene, Meissa? Non ti
piace il regalo? Non è quello che… »
«Sì, è
bellissimo… solo
che… il re sembra quello della scacchiera che
avevo… a
Londra... »
«Salazar, mi dispiace,
signorina
Sherton… vedrò di trovarne
un’altra… a
Diagon Alley… »
«Grazie signor Lestrange
ma… non serve,
non sarebbe la stessa… e non ho più mio padre,
con cui
giocarci… »
Narcissa mi pose la mano sulla spalla rassicurante, e subito disfece il
suo incantesimo, così che non vedessi più il
contenuto
del pacchetto, risistemò il fiocco e lo diede a Lestrange.
«È un regalo molto
bello, Meissa, sono
sicura che Regulus sarà felicissimo di riceverlo…
e
soprattutto… di riceverlo da te…
aspetterà con
impazienza l’estate proprio per giocarci… con
te…»
«Chissà, magari la
signorina Sherton avrà impegni più… adulti…
di cui occuparsi… »
Narcissa fissò Lestrange con uno sguardo di fuoco, ma non
disse
nulla, l’uomo le rimandò un ghignetto ironico, che
lo fece
assomigliare in maniera spaventosa all’odioso fratello. Ebbi
la
brutta sensazione che la frase di Lestrange contenesse sinistri
sottintesi… che io non comprendevo, al contrario di Cissa.
Rabbrividii, di paura e inquietudine. Black, algida e fiera, mi strinse
il braccio.
«Spero di rivederla molto
presto signorina
Sherton, ora devo andare, sono stato convocato dal Preside: spero che
mio fratello non ne abbia combinata un’altra. Volevo vederlo
prima di andare dal vegliardo ma… Avete idea di dove si sia
cacciato? Avevamo appuntamento qui, mezzora fa.»
«Alecto Carrow mi ha
raccontato che stamani si
è azzuffato con Evan… Rosier…
»
«Sì, posso
confermarlo
anch’io… poi sono… fuggiti…
insieme…
forse a far pace… »
Ci voltammo verso Malfoy: intabarrato nel suo caldo mantello, ci
raggiunse con un sorriso composto ma radioso che non riusciva a
temperare la consueta espressione malevola, la mano tesa verso il
futuro cognato. Rodolphus lo squadrò con
un’occhiata
indecifrabile, poi gli tese la mano in un gesto caloroso quanto falso.
Non sembrava aver accolto molto bene la notizia che Rabastan, quella
mattina, si era azzuffato con Evan. Ancora meno che erano andati a far
pace, invece di ricordarsi di ricevere il fratello maggiore.
Improvvisa, aria gelida si levò dal Lago Nero, mentre una
coltre
di dense nubi superava la cima delle montagne e offuscava la tiepida
luce del sole invernale.
Non
sono affari miei, ho i miei fratelli cui pensare… e si sta
pure facendo tardi…
«Devo andare a lezione,
scusatemi… ancora grazie a tutti per il favore…
»
«Di nulla signorina
Sherton…
porterò con piacere i suoi saluti a mio…
cugino…
»
Mi allontanai rapida, sperando che il tempo non si mettesse al peggio e
fossimo costretti a passare la mattinata al chiuso a parlare della
produzione di scope da Quidditch. Benché fossi
già
abbastanza lontana, mi arrivavano ancora le voci di Lestrange e Malfoy.
«Volevo farti le mie
condoglianze, Rodolphus... »
«Ti ringrazio, Malfoy, sei
molto gentile… »
«E anche le mie
congratulazioni… Lord Lestrange… »
Quello scambio di battute mi fece voltare un’ultima volta, a
rischio di scivolare sulla neve: non sapevo che Roland Lestrange fosse
morto. Mentre si davano la mano, Rodolphus alzò gli occhi su
di
me. All’improvviso ricordai la nenia che mi risuonava nelle
orecchie: era la musica del pifferaio di Hamelin, un vecchio cartone
animato Disney che papà aveva fatto vedere a Rigel e me da
piccoli.
***
Orion Black
Zennor, Cornwall - sab. 22 gennaio 1972
Uscii dal bagno, in cui ero andato a sistemarmi la ferita alla mano,
sostenendomi cauto alla porta, vittima di un ultimo capogiro: il
ricordo della sera precedente, delle parole scambiate col maiale, del
suo viscido volto ghignante, era piantato così a fondo nel
mio
cervello che temevo mi avrebbe provocato un senso di nausea permanente.
Mi sentivo contorcere le viscere di rabbia e disgusto, risentendo
l'alito tiepido di Malfoy al mio orecchio, la sua voce melliflua carica
di derisione. Avevo cercato di soffocare i pensieri terribili che era
riuscito a mettermi in testa, ricordando che razza di contaballe fosse
sempre stato, fin dall'infanzia. Inoltre, razionalizzando, trovavo
conforto nelle parole che mi avevano spaventato, all’inizio,
perché il destino di Deidra e dei bambini, in
realtà, non
poteva dipendere da nessun altro se non Alshain. E se ora Alshain stava
per essere rimesso in libertà, doveva essere sceso a patti
con
il Signore Oscuro e se questo era avvenuto, allora i suoi familiari
dovevano essere sani e salvi, altrimenti Alshain non si sarebbe piegato
mai.
E per quanto
riguarda Deidra… questo è confermato anche
dall’anello che Rigel ha con sé.
Le mani mi stavano ancora tremando, impercettibilmente, quando sentii
un fruscio nella penombra. Sbiancai, mentre tornavo vigile e presente a
ciò che avevo intorno. Ero stato un vero coglione
a
rifugiarmi in quel bagno, tanto lontano dagli altri: ora, ad aspettarmi
nell'oscurità, poteva esserci Rodolphus o mia nipote o lo
stesso
Abraxas. Se si fosse messa al peggio, chiedere aiuto urlando non
sarebbe servito a niente. Non potevo contare neanche sull'intervento
fortuito di uno dei molti Aurors a difesa del Ministro,
perché
non li avevo autorizzati a pattugliare l'area preclusa agli ospiti, per
esempio quello stramaledetto cortile, dove chiunque, al buio, avrebbe
potuto tendermi un agguato.
«Orion, sei tu? »
Incerta, la voce di mio cognato emerse dall'ombra davanti a me,
strappandomi di dosso paura e angoscia: non misi subito a fuoco
Alphard, il colonnato era illuminato solo da due bracieri agli estremi,
al centro l'oscurità regnava sovrana, ma scorgendo una
tremula
lucina rossa che bruciava ad altezza d'uomo, l'individuai: io rischiavo
l'infarto e mio cugino, appoggiato a una colonna del portico che
separava il salone della festa dai locali di servizio in cui m'ero
rifugiato, si godeva uno dei suoi discutibili sigari babbani, alla
faccia del padre e degli altri parenti. Fui tentato di tirar dritto,
l'ora fissata da Malfoy si avvicinava e non potevo farmi cogliere
impreparato, poi ci ripensai: alcuni giorni prima gli avevo chiesto un
favore importante, affidandogli alcune fialette piene di certi miei
ricordi, forse voleva parlarmene di nuovo, lontano da orecchi
indiscreti.
«Va tutto bene, cugino? Dal
pallore della tua faccia non si direbbe... »
«Mi sono solo tagliato con il
vetro del
bicchiere, ma ci ho messo un po’ più del previsto
a
sistemarmi… sono così preso dai miei pensieri,
Alphard:
hai visto le nuove condizioni di prestito imposte da quelle dannate
sanguisughe dei Folletti? Salazar, si dovrebbe dar loro una
lezione!»
«Mmmm… Folletti,
dici? Non amo
ficcanasare, Orion, ma conosco bene la tua situazione economica: se
c’è qualcuno tra i Maghi della Gran Bretagna che
non ha
motivo di curarsi delle decisioni dei Folletti, sei tu… Che
cos’hai? Sei molto teso, stasera, più di quanto ci
si
aspetti da… »
«… da chi ha passato dei giorni
terribili? Lo so, Alphard, sono un Black, dovrei essere
più…
impermeabile… ma credo esista un limite
all'umana sopportazione anche per quelli come noi!»
«Sì, immagino di
sì... anche se
ha comunque sconcertato molti il tuo invito a Crouch, ho sentito
parecchi chiedersi se sia per Alshain Sherton che il Capo Dipartimento
Aurors si trova qui, tua moglie soprattutto: Walburga è
preoccupata, perché fino a ieri non era prevista la sua
presenza.»
«Walburga si sbaglia, quello
di Crouch
è stato uno dei primi inviti che ho spedito, fuori dalla sua
lista, certo, non volevo irritarla. Non ho intenzione di parlargli,
però, è solo per far finta…
»
«… che tu non sia irritato per le ultime vicende
che vi hanno visto fronteggiarvi, capisco…
»
Lo fissai, cercando di decifrarne l'espressione, Alphard rimase
impassibile. Non c’era nulla di male, in teoria, in
quell’invito, anzi, era tutt’altro che fuori luogo,
visto
che poteva servire a mettere a tacere le dicerie sulla nostra antipatia
reciproca, peggiorata a causa del processo. Vista però la
situazione che si era creata tra me e i Lestrange,
quell’invito,
agli occhi di Walburga, poteva suonare come una sciocca e pericolosa
provocazione. Uno dei miei abituali, seppur ormai rari, colpi di testa.
Sentii il sudore freddo scendermi copioso lungo la schiena: mio cognato
si trovava lì non di sua volontà ma spedito da
mia
moglie, l'unica a sapere che Bartemious Crouch, almeno fino a quella
mattina, non doveva essere un nostro ospite. Ma era così? O
era
stato suo padre a mandarlo con una scusa? O, peggio ancora,
approfittando del debole che aveva per i nipoti, era stata Bellatrix
Lestrange a chiedergli di “interrogarmi”?
Boccheggiai, inquieto, e, con disgusto, ripensai a come, la sera
precedente, fossi stato costretto ad assecondare Malfoy, accettando di
fargli quel favore.
«Non
temere,
non pretendo nulla di compromettente o di esoso: basterà che
domani tu faccia finta di nulla e ti comporti “da bravo
ospite” quando Bartemious Crouch si presenterà
alla festa,
non come scorta del Ministro, ma come “tuo invitato
personale”, insieme a moglie e figlio.»
«Assolutamente no! Non ci penso proprio! Non farò
niente del genere per te!»
«E non lo
farai per me, Orion… ma per tuo figlio, per il piccolo
Regulus.
Quel bambino è così... delizioso! Mi raccomando,
cerca di
non essere patetico come sempre, Black. Non domani!»
«Quell’individuo non sarà mai invitato
alla festa di
Regulus! Hai capito? Mai! Per quale motivo poi ? Che cosa pensi di
poter fare al Capo Dipartimento Aurors in casa mia?»
«Fai troppe
domande su cose che non ti riguardano, Black. So che sei bravo a
recitare… Recita! Ho provveduto io, settimane fa, a
invitarlo, a
tuo nome… devi solo fingere che sia stato tu!»
Ero rimasto interdetto per la bizzarra richiesta, poi ero diventato
inquieto, infine furibondo quando avevo scoperto che Abraxas aveva
spedito già da giorni quell'invito a mio nome: non solo si
era
permesso di fare qualcosa spacciandosi per me, ma aveva previsto e
anticipato le mie mosse e quella sera mi aveva rigirato come uno
stupido, incastrandomi e costringendomi a collaborare. Ero spaventato e
arrabbiato per la mia prevedibilità e per la mia
ingenuità, e disgustato all'idea di essere complice di un
individuo che consideravo il più spregevole tra tutti i miei
conoscenti. L'unico dettaglio “rassicurante”
era che nessuno, a detta di Malfoy, era a conoscenza del suo “progetto”:
qualsiasi cosa fosse accaduta a Crouch, pertanto, nessuno avrebbe
sospettato il mio coinvolgimento.
Nessuno sa, a parte Malfoy che, se non l'hai capito, ti tiene per le
palle, pezzo di un idiota!
Abraxas se ne era andato sorridendo, sornione e innocente, godendosi il
mio sguardo sospettoso, il disprezzo, la rabbia, il timore e
soprattutto l'umiliazione che mi divoravano a causa sua. Non mi aveva
detto cosa avesse in mente, ed io, dopo i miei minuti di follia, non
avevo più avuto il coraggio di aprire becco. Rimasto solo mi
ero
chiesto se la promessa di riavere indietro Alshain valesse il rischio
di assistere all'omicidio dei Crouch, durante una festa di famiglia a
Zennor, con le conseguenze per i Black che potevo solo immaginare. Non
ci misi molto a darmi una risposta.
Che cosa
t’importa dei Crouch? E chi ha detto che moriranno? Malfoy
non
è un pazzo assassino come Lestrange, avrà in
mente
qualcosa di più sottile della morte, per liberarsi o
rovinare
Bartemious. Non perderai certo il sonno per aver contribuito alla
caduta di quel bastardo!
Ci avevo messo poco a convincermi, eppure... Per tutta la notte, non
ero riuscito a smettere di tremare, avevo avuto bisogno di controllare
la camera di Regulus, di assicurarmi che stesse bene, ero salito deciso
a parlargli... poi ero rimasto sulla sua soglia per quasi tutto il
resto della notte e alla fine non avevo voluto ascoltare obiezioni,
l'avevo accompagnato di persona a Diagon Alley.
«Sarà tutto normale
come dici, ma il
pensiero di Crouch ti fa un brutto effetto, cugino... »
Alphard mi riportò al presente, era di fronte a me,
l'espressione turbata: seguii il suo sguardo, mi guardai la mano,
sembrava un livido artiglio che tremava e stringeva convulsamente la
bacchetta.
«Salazar, Alphard…
Questo è il
debutto in società di Regulus e i Crouch sono Pureblood di
antico lignaggio, in buona parte Slytherins, imparentati da tempo con
noi; Bartemious è un individuo molesto e indegno della
famiglia
di cui porta il nome, lo so, ma è un Crouch ed io sono un
Black:
non posso venir meno alle regole dell’alta società
a causa
delle sue intemperanze!»
«Non solo brutto, un
bruttissimo effetto, se ti fa pronunciare tiritere degne di
Walburga!»
Sghignazzò, per allentare la tensione, io trattenni
l'insolenza
che mi era salita alle labbra, non era il momento di rispondergli per
le rime, dovevo togliermelo di dosso il prima possibile e tornare dagli
altri. Anche se... lo fissai, Alphard era sempre stato eccentrico, ma
mai impiccione o intrigante, era serio nel dare giudizi e attendibile
nel fornire informazioni. E soprattutto, non si era mai prestato a fare
la spia per conto della sorella o di altri. Quella sera era strano,
forse voleva parlarmi di qualcosa che lo turbava, e stava prendendo il
discorso alla larga perché in imbarazzo.
L’appuntamento
con Malfoy si avvicinava ed io ero rimasto troppo a lungo lontano dagli
ospiti per non creare sospetto in alcuni e fastidio, per non dire
irritazione, in altri. Se volevo affrontarlo dovevo farlo alla svelta.
«Se devi dirmi qualcosa, ti
prego di non girarci intorno, Alphard, devo tornare dagli
ospiti!»
«Volevo solo assicurarmi
che… non ci fosse... altro... che potessi fare per te...
»
Lo guardai intensamente cercando di cogliere qualche indizio che fossi
sulla strada giusta. C'era un lieve cenno di nervosismo in lui o era
solo una mia impressione?
«Ho chiesto il tuo aiuto e tu
mi hai aiutato,
cugino. Sei preoccupato? È cambiato qualcosa?»
Alphard abbassò gli occhi e si riavviò la ciocca
di
capelli brizzolati, una lunga lama lucente, che nasceva dalla tempia
sinistra e percorreva tutta la lunghezza della folta chioma corvina,
quella sera lasciata sciolta. Sorseggiò il sidro che aveva
con
sé poi mi puntò addosso uno sguardo simile al
mio.
L’ironia, vera o fittizia che fosse, si era spenta e al suo
posto
vedevo inquietudine.
«Quando sei venuto da me,
cugino, ho avuto la
spiacevole sensazione che non volessi sistemare le tue cose “per
prudenza”,
come dicevi, ma perché ti eri cacciato o ti stavi cacciando
nei
guai… vedere qui Crouch mi fa temere di aver
ragione…
sono… ecco… preoccupato per te…
»
«Che cosa stai cercando di
dirmi, Alphard? Da parte mia, non hai motivo di
preoccuparti… »
Annuì, muto e nervoso, bevve di nuovo, mi fissò,
poi tornò a guardare il fondo del bicchiere.
«Voglio solo assicurarmi che
tu sia impelagato
in uno dei tuoi soliti intrighi ai danni di un avversario in affari, e
non in qualche brutto guaio con Alshain Sherton e Bartemious
Crouch… »
Non fiatai, impegnato a sentire il cuore sprofondare, il sangue farsi
ghiaccio. Che cosa significava? Aveva capito la natura di quanto gli
avevo consegnato? Era stata Bellatrix a mandarlo da me? Lentamente,
impercettibilmente, guardai di sottecchi il buio attorno a noi, temendo
che saltasse fuori con Rodolphus per ghermirmi. O era stato qualcun
altro ad arrivare ad Alphard? L'avevano ricattato? Minacciato? Gli
avevano fatto del male e lui aveva parlato? I miei ricordi erano
perduti?
«Certo che sono impelagato
solo in questioni
d’affari, Alphard… non avrei neanche tempo di
pensare ad
altro! Su andiamo, Walburga sarà già
irritata…
quanto a te, ricordati di cancellare l’odore di tabacco che
hai
addosso, tuo padre ha sempre avuto naso per i tuoi vizi babbani,
ahahah.»
Alphard parve rassicurato dalla mia finta leggerezza, rise con me e
rispose con un'insolenza sul caro padre Pollux. Lo fissai,
canzonatorio, riprendendo lentamente a respirare: la sua “innocenza”
e la sua “fedeltà
alla famiglia”
apparivano pubblicamente sempre intatte, nonostante le mille occasioni
in cui mio cugino si era lasciato coinvolgere e compromettere in
faccende che avrebbero fatto inorridire, per non dire impazzire di
rabbia e vergogna, tutta la famiglia, una volta venuti a conoscenza. A
volte l'avevo ammirato per il coraggio, per la fortuna nel non farsi
beccare, altre odiato, per quella faccia tosta con cui riusciva a
destreggiarsi impunemente in territori preclusi a qualunque altro
Black. Stavo pensando a certe vecchie imprese del mio cugino maggiore
quando Alphard, ignaro, con uno dei suoi abituali gesti di
complicità, mi diede una pacca sul braccio. Sulle bende che
celavano la ferita procurata da Rodolphus. Non riuscii a trattenere un
urlo di dolore.
«Salazar! Che succede? Non ti
eri ferito alla mano? Che cos’hai sul braccio?»
Incapace di reagire per il dolore, rimasi in silenzio, mentre Alphard,
non ricevendo risposta, si preoccupava e m’incalzava ancora
di
più: cercò di verificare con i suoi occhi,
afferrandomi
il braccio, io mi divincolai, o almeno ci provai, con una mossa rapida,
mio cugino mi bloccò ed io mi arresi, privo di scampo.
Iniziò a sollevare lentamente la manica della mia camicia,
mettendo in luce la fasciatura, io strinsi i denti e, un po’
per
il dolore, un po’ perché dovevo trovare
rapidamente una
soluzione, ammutolii del tutto. Facendo attenzione a non graffiarmi,
millimetricamente, sollevò anche la benda, fino a mostrare
l'orrida ustione che mi devastava il braccio, lo guardai di sottecchi,
gli occhi di Alphard si erano riempiti di orrore e sgomento. E tante,
troppe domande.
«Salazar, io ho già
visto ferite
simili… questa è… Magia Oscura, la
usavano
nell’antichità sui prigionieri… Chi ti
ha
torturato, Orion? Perché? Salazar… Salazar
santissimo… volevano sapere di Alshain! Tu sei la persona a
lui
più vicina al di fuori della famiglia… e
Crouch…
»
«Crouch non è qui
per questo. E questa
storia, Alphard, per il bene di tutti quanti, non deve uscire da qui,
dimentica ciò che hai visto… te ne
prego… fallo
per i miei figli… »
Distolsi lo sguardo e ammutolii, Alphard mi lasciò andare la
mano e mi diede le spalle, pensieroso.
«Questo è il prezzo
della tua coerenza,
delle promesse che hai fatto a un amico, dell’affetto per le
persone cui tieni. Ti hanno torturato per costringerti a tradire
Alshain… Chi è stato, Orion?»
Alphard si voltò, atterrito e implacabile, iniziava a
sistemare
i tasselli, si rendeva conto che, stavolta, non si trattava
più
di una stupida diatriba senza senso. Di sciocche questioni di affari.
Ci misi poco a capire che il suo cervello, ragionando velocemente,
stava giungendo alla verità vera, ed io, non altrettanto
velocemente, stavo cercando una via d’uscita credibile.
«Salazar…
Salazar… ti
prego… dimmi che non è come penso… Non
è
arrivato fin dentro la nostra famiglia, vero, Orion? O no…
no… Sono stati loro… sono stati loro…
è
tutto vero… ora si spiega tutto… ecco
perché
Walburga era tanto preoccupata della tensione tra te e
Lestrange… ecco perché… la sera in cui
Walburga ha
parlato del tuo testamento… sono subito venuti da
me…
»
Le mani mi tremarono, il colletto della camicia e la cravatta parvero
stringermi, soffocarmi. Dissimulai, ostentai tranquillità e
indifferenza, il cuore che perdeva colpi. Come diavolo avevano fatto i
Lestrange a capire che Alphard era il mio tramite? Erano andati a colpo
sicuro perché imbeccati? O era stato solo… sfiga?
E come
facevo a distogliere mio cugino da quei ragionamenti? Se qualcuno
avesse capito che Alphard era arrivato alla verità, avrebbe
sospettato che io...
«Ma quali cavolate stai
dicendo? Tu hai una
fantasia troppo fervida, Alphard, quello che mi è accaduto
non
c’entra nulla con… nostra nipote? Ma senti quello
che
dici? E spiegami… Da quando è strano che una
nipote vada
a trovare lo zio insieme al marito? Sei suo zio, o mi
sbaglio?»
«Sei bravo a rigirare le
situazioni, Orion, ma
non sono uno stolto… la loro prima e unica visita, in quasi
un
anno… non parlarmi di coincidenze, Orion… Io non
credo
alle coincidenze... »
Avrei voluto anch’io del FireWhisky a portata di mano, per
annegarci dentro. Dovevo fingere che stesse sbagliando, dovevo
comportarmi come se avessi di fronte un illuso, un pazzo, quando invece
Alphard era l’unico che forse avrebbe potuto
capire…
aiutare, consigliare… ma non potevo cedere.
«“Cerco un Mago
“fidato”, che curi i miei affari, conosci
personalmente qualcuno, zio?” Perché
Rodolphus voleva a tutti i costi la lista dei MagisNotai che
conosco?»
«Magari perché
lavori al Ministero e conosci molte persone raccomandabili!
Suo padre è morto, merlino santissimo! Se vuol dare
un’impronta diversa al casato, è di personaggi
raccomandabili che Lestrange ha bisogno. E se invece vuol consolidare
la posizione di primogenito, mettendolo legalmente in quel posto al
fratello sciroccato, deve farsi nominare tutore del minore, per
gestirne le risorse ed estrometterlo dagli affari importanti, da
qualcuno che abbia una reputazione immacolata, così che non
esistano appigli di alcun genere, in futuro!»
Alphard fissò ciò che restava del sidro a lungo.
Bevve.
Un sorso ancora e poi un altro. Lo sguardo di taglio. Io rimanevo una
maschera immota, impassibile e fredda. Solo le mie mani tremavano.
«Rodolphus ha bisogno di un
notaio, Alphard:
se è venuto da te dopo quella cena, è solo
perché
avete parlato di testamenti a quella cena. Se ha chiesto aiuto a te,
è perché metti meno soggezione di tutti noi e
soprattutto
sei noto per farti i cazzi tuoi. Quanto a ciò che ti ho
affidato... sono ricordi di me e Sherton che potrebbero mettermi nei
guai se finissero nelle mani sbagliate... »
Dovevo fingere una sicurezza che non avevo, mentre il cuore pulsava
impazzito, le gambe erano molli per la tensione, la mente cercava
soluzioni per il nuovo problema.
«La verità
è sempre molto
più semplice e noiosa di quanto si possa immaginare,
cugino… »
«Sei bravo con le parole,
Orion, ma non
m’inganni: se mi avessi affidato qualcosa di compromettente,
non
saresti andato in giro a raccontare del testamento; l’hai
fatto
per mettere in allerta qualcuno, un messaggio tipo “attenti, mi sono
garantito”. A quanto pare è andato a
segno!»
«Se questa storia ti mette a
disagio, Alphard,
ti sollevo da ogni obbligo, ti faccio solo notare che i tuoi
ragionamenti sono privi di logica: ricevere la visita di un Lestrange
non piace “quasi”
a nessuno ma, che tu lo voglia o no, sei “suo”
zio. Se non ti hanno fatto visita prima, avranno avuto altro da fare,
magari tentare di mettere in cantiere l’erede; Rodolphus
sembra
in difficoltà con nostra nipote, essendoci passato
anch’io, prima della nascita di Sirius, so a quale pressione
è sottoposto, e immagino non avrà molti altri
pensieri.
So che tuo padre ha una paura fottuta che ripudi Bellatrix!»
«Avrebbero tutto il tempo di
rifarsi una vita, entrambi! Non ci sarebbe nulla di male!»
«Nulla di male? E il buon nome
dei Black? Ci
manca solo un altro matrimonio… d’amore!»
Alphard mi scrutò allarmato, non amava il discorso “Andromeda”,
sapevo che si era dato da fare per consentirle di scomparire con il
dannato marito Sanguesporco. Poteva essere quello l’argomento
adatto a distogliere da me l’attenzione di mio cugino? Non
potevo
permettermi pasi falsi.
«A tal proposito…
mio figlio, a casa di
tuo padre, ha sentito alcune persone discutere sulla
necessità
di… “sistemare
una volta per tutte la causa principale del nostro
disonore…”:
ecco il genere di situazioni che s’instaurano quando invece
di
fare il bene della famiglia, ci si lascia andare alle passioni del
momento… nonostante tutto, non odio quella disgraziata, lo
sai:
se sapessi dove si trova, farei di tutto per metterla in guardia e
dirle di fare attenzione, tu che ne pensi, Alphard?»
Sostenni imperturbabile lo sguardo carico di domande e di sorda paura
di mio cognato. Non poteva commentare, senza ammettere che i sospetti
che avevo sul suo coinvolgimento fossero fondati. Io non potevo
aggiungere altro, senza confermare chi fossero gli autori di quel
dannato piano.
«Non vedo come potrei
avvertirla… Io non so nulla di Meda, Orion, lo
sai… »
«Certo… e magari
sei pronto a giurarlo
su quanto hai di più sacro... peccato io sappia che non hai
mai
avuto problemi a diventare ANCHE uno spergiuro, quando ti ha fatto
comodo! Ahahahah… rilassati, cugino... non ho
alcun
interesse a rovinare la vita a te o a quei due… »
«E allora perché
rivanghi questa
storia, Orion? Solo per distogliere l’attenzione da te
stesso?
Solo per non ammettere che ho capito come stanno realmente le cose? I
tuoi tentativi sono patetici!»
«La rivango perché
ami i tuoi nipoti,
tutti i tuoi nipoti, Alphard, come fossero figli tuoi…
daresti
la vita per ognuno di loro, stai pensando al modo in cui potresti
salvare Bellatrix, illuso come sei che l’unico problema di
nostra
nipote sia il cognome del marito che le hanno imposto! Bene, anche i
miei figli sono i tuoi nipoti… se ti dico che questa
questione
deve morire qui… »
L'elegante distacco di Alphard stava venendo meno a poco a
poco…
potevo vederne la preoccupazione, non per se stesso ma per Meda, era
stato l'unico di tutti noi ad aver voluto mantenere contatti con nostra
nipote... Alshain aveva scoperto che era in contatto anche con Dorea
e... Mio cugino era fatto così, quando c'erano di mezzo i
suoi
nipoti, o gli altri randagi che di tanto in tanto saltavano fuori da
una famiglia come la nostra... Io stesso avevo rischiato di diventare
uno di quei randagi e Alphard, se non ci fosse stato Alshain, sarebbe
stata la mia unica ancora a cui tenersi saldi, nel naufragio. Mio
cugino non aveva figli, non sapevo perché non volesse
sposarsi,
ma era chiaro che amava i nipoti come fossero carne e sangue suoi.
«Sai che puoi fidarti del mio
silenzio,
Orion… sai che ho capito la verità…
perché
fingere?»
«Sei davvero pronto a “giocare”
a questo “gioco”?
Ad aprire gli occhi su “Lady
Lestrange”?
Sta a te decidere, vuoi che continui? Bellatrix non è
più
la graziosa mocciosa di cinque anni alla quale entrambi volevamo bene,
Alphard… Bellatrix è ancora nostra nipote, certo,
ma
è anche tantissime altre cose che tu e mia moglie fate finta
di
non vedere... Io ho visto, io so, ma non ti dirò che cosa
so,
altrimenti anche la tua vita, oltre la mia, diventerebbe…
complicata… Tu mi sei stato accanto in momenti difficili,
Alphard, permettimi di renderti il favore: quando toccherà a
te
affrontare Bellatrix Lestrange, dimentica che è stata tua
nipote, e sii pronto... Mettiti in salvo, vattene più
lontano
che puoi… o smetti di vivere di utopie, come hai sempre
vissuto,
rinnega te stesso e nascondi bene i tuoi scheletri... perché
quando quei due torneranno a bussare alla tua porta, sarà
una
Strega pericolosa, molto pericolosa, quella che avrai di
fronte... una Strega che in nome del suo “Signore”
ti farà rendere conto con le buone o con le cattive delle
mille
occasioni in cui hai messo il tuo stupido sentimentalismo davanti ai
tuoi doveri d’irreprensibile Black... Andromeda è
stata
solo una delle tue tante… deviazioni… io lo
so…
quanto tempo pensi ci metterà, lei?»
«Dunque…
è la
verità… lei è davvero…
diventata…
non è più soltanto… »
«Te ne meravigli? Dopo la
famigerata sera in
cui insieme a tutta la famiglia mi ha esortato a bruciare il nome di
Andromeda, dopo averla sentita pronunciare parole cariche
d’odio
contro sua sorella, dopo averla sentito blaterare elogi per il Signore
Oscuro nella casa dei nostri padri… hai continuato
a
credere che tua nipote fosse ancora solo la bambina cui hai insegnato
la Magia con le farfalle? Quella che tenevi sulla ginocchia e che
facevi ridere, disegnandoti e disegnandole musi di gatto in faccia? Mi
spiace procurarti questo dolore, cugino, perché sei un bravo
uomo e a me non piace far del male senza motivo, ma se vuoi la
verità… la bambina che entrambi abbiamo visto
crescere,
cui entrambi abbiamo voluto bene, non esiste più! Al suo
posto
c’è una Strega che addirittura odia mio figlio, un
ragazzino di neanche dodici anni… solo perché
è
stato smistato a Gryffindor… tu eri presente, a Natale,
ricordi?
Sai quanto odio, quanta ossessione, quanto disprezzo per quella che
chiama la “viltà dei Black” ha in
corpo... Ora lei
non si limita più a venerarLo, è entrata nelle
fila dei
suoi… adepti… ha il Suo marchio sul
braccio…
è Lui la sua famiglia, non noi… non riconosce
più… il suo stesso sangue per…
“Colui che
non deve essere nominato”!»
Alphard si voltò, annichilito dalla verità,
immaginai che
il pudore dei Black gli impedisse di farsi vedere così
vulnerabile. Nessuno dei due, ormai, sarebbe più potuto
tornare
indietro.
«Salazar… non
è possibile... io
credevo… fosse solo… quel sacro furore per il
nostro
sangue puro… che tutti noi abbiamo avuto da
giovani…
»
«Frequenti tuo padre e tuo
fratello più
di me, sai che stanno cambiando… anche loro…
»
«E ora cosa vorresti fare
Orion? A cosa ti servono le provette che mi hai affidato?»
«Non a procurare altro dolore
e sconvolgimento
alla nostra famiglia, se è questo che temi…
voglio solo
che ai miei figli non accada quanto patito dagli Sherton...
è
solo per i miei figli che ti ho chiesto di nascondere i miei ricordi,
non permetterò a nessuno di toccare Sirius e Regulus,
neppure a
un membro della nostra famiglia… Userò qualsiasi
mezzo… qualsiasi… te lo giuro… spero
solo
che… questa “minaccia”
serva a qualcosa… anche se ne dubito… »
Mi avvicinai, Alphard era pronto a farsi carico di un altro mio
problema quando mi aveva aspettato, al buio, in quel cortile, ma non
era certo preparato ad affrontare quella verità. Vedevo il
dolore far capolino tra le rughe attorno ai suoi occhi. Provai un misto
di pietà per il peso che gli avevo messo sulle spalle, e al
tempo stesso sollievo perché mantenere quel segreto, non
confidarmi con l’unica persona di famiglia che poteva
capirmi,
era diventato insostenibile, da quando non c’era Alshain.
«Le hai detto qualcosa che
possa nuocermi, anche per sbaglio, quella sera?»
«Certo che no, Orion: ti ho
fatto una promessa, avevo dei dubbi, certo, ma non ti ho
tradito!»
«Allora aiutami, te lo chiedo
per i ragazzi,
non per me: aiutami a tener lontano da loro tutto questo… ed
io
farò tutto ciò che posso… per
ripagarti... »
Gli diedi le spalle, lo distanziai di qualche passo.
«Orion… Con
Meda… hai già iniziato a ripagarmi... »
«Ti esorto a fingere, Alphard,
anche meglio di quanto hai sempre fatto, da bravo Black!»
Mi allontanai, veloce, il passo sostenuto, deciso a ritornare subito
dai miei ospiti e lasciando Alphard alle prese con i suoi fantasmi. Non
era mia intenzione metterlo in difficoltà, quella sera, ma
anche
senza sapere della loro visita a mio cugino, ormai conoscevo i
Lestrange... quello che mi aveva raccontato Regulus, quella mattina,
durante la nostra visita a Diagon Alley, mi aveva dato la nausea,
sebbene stavolta, la vittima fosse Andromeda la rinnegata, una giovane
Strega che con le sue scelte scellerate aveva disonorato tutti noi. Non
potevo reagire altrimenti, non dopo la devastazione che avevo visto
perpetrata ad Amesbury. Non avrei più potuto fingere di non
sapere... non avrei più potuto nascondere la testa sotto la
sabbia… non sapevo ancora come avrei dovuto comportarmi, in
seguito, per il bene di tutti noi, ma non avrei permesso al Signore
Oscuro di piombare su una Black e ai Lestrange di farla a pezzi, come
lupi famelici. Mi illudevo che, se fossi riuscito a evitare almeno
questo, ci sarebbe stata ancora una speranza. Per tutti noi.
*
Alphard, visibilmente turbato, riapparve nel salone quasi dieci minuti
dopo di me, Walburga, impegnata a parlare di facezie con Druella, Irma
e mia madre, sedute sul divano attorno a lei, non si lasciò
sfuggire il dettaglio, come forse non sfuggì ad altri
ospiti, e
appena si scambiarono uno sguardo, raggelò il fratello con
una
delle sue peggiori occhiatacce. Nei miei confronti fece finta di nulla,
come se non si fosse accorta della mia sparizione durata oltre mezzora.
In piedi dietro di lei, impegnato a intrattenere gli ospiti che si
erano seduti attorno a mia madre e a mia suocera, ero consapevole della
sfuriata che avrei subito appena fossero partiti tutti e di cui,
sorridendo, le avrei fatto notare che non m'importava niente oramai da
un pezzo. Pur sapendo che l’avrei esacerbata ancora di
più, quasi senza accorgermene, cominciai a comportarmi come
non
facevo più da anni, elargendo sorrisi affascinanti e
rivolgendo
alle nostre ospiti battute frivole e galanti: riscossi tra loro un
deciso favore, oltre a provocare un mortale malcontento in mia moglie.
Sorrisi di me e di lei, e la guardai con tono di sfida, quando le
passai davanti per offrire di persona, compiaciuto, una coppa di vino
elfico alla nipote di quel salame di Travers, una ragazzina poco
più che ventenne, prosperosa quanto stupida, che mi rispose
con
un ammiccamento tutt’altro che pudico. Non sapevo se fosse
gelosia o rimprovero per il mio comportamento, ma l’occhiata
assassina di Walburga mi suscitò un brivido
d’intenso
piacere. E di cupo terrore. Alla fine, certo di aver insolentito mia
moglie a sufficienza, mi allontanai per dedicarmi a conversazioni
altrettanto stupide con i “distratti” mariti, che a
turno,
annoiati, si avvicinavano al divano dei Black, per rendere omaggio alle
matrone di cui erano ospiti ma, visto che quel circo durava ormai da
ore, era normale che nessuno di noi sapesse più come
riempire i
silenzi di quella giornata eterna.
Walburga si
è data tanto da fare per questa festa… ed
è
riuscita ad ammazzare di noia tutti quanti…
Anche la maggior parte dei bambini ormai era stanca e annoiata: da
quando era calato il buio, erano stati costretti a rientrare dal parco
e ora giocavano tra loro nel cortile coperto, attiguo al nostro salone,
quello che avevo destinato loro. Era stato il mio colpo di genio: avevo
detto di aver provveduto a insonorizzare il cortile, perché
non
disturbassero le chiacchiere degli adulti, in realtà, era
lì che avevo eseguito gli incantesimi protettivi
più
potenti che conoscessi allo scopo di difendere mio figlio dalla
presenza di Lestrange e di chiunque altro potesse nuocergli. Mi fermai
a osservarlo a distanza: ero fiero di lui, si era comportato in maniera
impeccabile per tutta la giornata, con i nostri parenti, con i nostri
amici, avevo visto gli occhi di mio padre illuminarsi mentre Regulus
eseguiva alla perfezione l'incantesimo che gli era stato richiesto, ma
al tempo stesso non mi era sfuggita l'espressione insondabile di
Pollux, quando mio figlio aveva raccontato a tutti di avere una
bacchetta imparentata alla mia. Dovevo imprimermi per bene
quell'occhiata nell'anima, perché il ricordo di
quell’ombra di disgusto, che mio suocero aveva osato
rivolgere a
mio figlio, mi avrebbe aiutato a mantenermi saldo nei miei propositi.
Non
permetterò più al resto della mia famiglia di
intromettersi tra me e i miei figli.
Sorseggiai fintamente distratto il mio FireWhisky e continuai a
guardarlo, quasi accarezzando con gli occhi il corvino dei suoi
capelli: Regulus era tutto preso da una partita a Scacchi Magici con il
figlio di Crouch, di un paio d'anni più piccolo; era compito
e
battagliero, lo vidi stracciare in poche mosse il suo amichetto
lentigginoso e ghignai tra me, pensando a quanto mi sarebbe piaciuto
sistemarne con la stessa astuzia e maestria il padre, il borioso Capo
Dipartimento Aurors, che in quel momento mi ricambiava uno sguardo
tutt'altro che benevolo, in piedi accanto al Ministro. Mi chiesi che
cosa avesse inventato per lui Malfoy. Feci finta di non averlo notato e
ghignai tra me, poi continuai a osservare gli ospiti: la mia posizione
mi garantiva il controllo su tutti loro, potevo tenere
d’occhio
Abraxas, che discuteva dall'altra parte del salone con il Ministro e
con lo stesso Crouch e soprattutto non perdere di vista Rodolphus
Lestrange, che non si allontanava mai troppo da me e da Walburga.
Sorrisi. Non avendo figli da controllare, non aveva motivo di
avvicinarsi ai ragazzini, tanto meno a Regulus. Quanto a Bellatrix, era
sempre al fianco di Irma, sua nonna: dovevano averle chiesto di fare la
sua parte, occuparsi della nonna, appena uscita da un breve periodo di
malattia, e questo in cambio le dava l’occasione di apparire
come
una persona normale, legata alla famiglia, e di non esporsi troppo agli
ospiti, i quali avrebbero potuto concentrarsi su di lei con inopportune
domande. Quella sera, chiaramente, l’obiettivo dei Lestrange
non
era mio figlio: la scena innocua, Bellatrix alle prese con la nonnina,
faceva il paio con Rodolphus che braccava Pollux con la scusa di
vezzeggiare le donne di famiglia, proprio come un Lord compassato. Non
mi piaceva come tentasse di ingraziarsi Pollux, che già
stravedeva esageratamente per lui, quella situazione era pericolosa,
una loro alleanza mi avrebbe impedito di liberarmi dall'oppressione di
Rodolphus. Fino a pochi giorni prima, immaginavo dovessi cercare un
sistema astuto per mettere Lestrange in cattiva luce col vecchio,
facendo ricadere la responsabilità di eventuali disgrazie su
qualcun altro, naturalmente; da quando Cygnus mi aveva parlato del
terrore di suo padre riguardo l’eventualità che
Rodolphus
ripudiasse Bellatrix, il mio piano era naufragato sul nascere,
perché, pur di non creare un nuovo scandalo in casa Black,
Pollux sarebbe passato sopra qualsiasi nefandezza di Lestrange.
Trattenevo il mio disgusto a stento, osservando la mia allegra
famigliola, e al tempo stesso, con noncuranza, controllavo di tanto in
tanto la pendola alla mia destra, aspettando sempre più
ansioso
l'ora indicata da Malfoy. La mano andò a stringere la
bacchetta
nella tasca interna della toga da Mago, mentre il fiele mi risaliva
dallo stomaco, a bruciarmi la gola. A stringerla sempre di
più.
«Black, grazie per la
magnifica giornata, e
per la consueta, generosa ospitalità… »
«Ministro… spero
non si stia annoiando
troppo a questa fiera di chiacchiere tra comari… »
«No no,
tutt’altro… grazie al
vostro invito sono riuscito a prendere accordi che saranno molto
vantaggiosi per i miei affari e soprattutto per la mia collezione
d’arte… per non parlare della mia campagna
elettorale… »
«Ne sono lieto…
»
«E voi, avete concluso affari
vantaggiosi?»
«Oggi no… ero preso
da mio figlio, non
dovrei dirlo, non è conveniente, ma è molto
emozionante
vivere l’esperienza della prima bacchetta e degli altri riti:
si
ritorna indietro, a quando si era piccoli… voi avete figli,
Ministro?»
«Sì, due,
piccoli… vivono in
Francia con la madre, da quando ci siamo separati…
»
«Mi dispiace… posso
offrirvi… »
«Sì, grazie, quel
vino italiano
è eccellente! Seguitemi Black, allontaniamoci…
andiamo
verso i giardini… vorrei parlarvi in privato…
nonostante
il ricevimento si sia protratto a lungo, non sono riuscito ancora a
scambiare due chiacchiere con voi… e se sono qui…
è solo per voi… »
«Voi mi lusingate, Ministro,
ma vi avverto, la mia collezione non è in vendita!»
«Ahahahah, Black, no, no, non
è la
vostra collezione che mi piacerebbe… comprare…
Preferirei
qualcosa di meno… materiale…
informazioni…
ecco… informazioni di prima mano… »
«Il mercato orientale,
immagino… non ha
segreti per me, posso assicuravi che in questo momento è
possibile fare affari molto interessanti con alcuni contatti cinesi che
potrei suggerirvi.»
«No, sono più
interessato a…
Londra… Siete stato presente durante la ricognizione, vero
Black? Voglio sapere che cosa avete visto, senza dover leggere le
ottuse relazioni di Crouch… »
«State parlando
dell’affare Sherton? A
Essex Street… ho assistito al recupero dei corpi: tutto
quello
che c’è nella relazione di Moody corrisponde al
vero,
l’ho scritta di mio pugno… »
«Non si scrive tutto nelle
relazioni per il Ministero, lo sappiamo bene entrambi, Orion...
»
«Che cosa volete sapere,
Ministro?»
«Vostro suocero sostiene che
il corpo non
ancora identificato sia di Sherton e che voi vi siete opposto al
riconoscimento solo per motivi sentimentali… una sorta di
estrema protezione nei confronti dei figli rimasti… Siete
l’unico a conoscere la verità… vi
prometto che
resterà tra noi… che non trapelerà
nulla a
Hogwarts… se non ne siete sicuro mi basta un cenno ai vostri
sospetti… »
«Non si tratta
d’incertezza o di
sospetti, Ministro. Non si tratta in alcun modo di Sherton!
L’uomo trovato aveva anche il simbolo dei Mangiamorte sul
braccio… è stato Alastor Moody a farmelo
notare… e
Alshain Sherton non era in alcun modo… legato al Signore
Oscuro… »
«Poteva esserlo e non avervelo
detto… »
«Non è possibile
nasconderlo, se si
portano le Rune: Sherton era ricoverato a Inverness, due settimane fa,
sottoposto a controlli continui da parte di Crouch e Moody, sanno che
era… pulito… »
«E immagino che nelle due
settimane
successive… non possa aver cambiato idea, vero? Avete idea
di
chi possa essere? Anche un labile sospetto… »
«No… non ne ho la
benché minima idea… »
«Voglio farvi una domanda
diretta…
prometto che la risposta… resterà tra
noi… Non
trovate strano che nessuno abbia reclamato quel corpo?»
«Chi avrebbe urgenza di
rivelare che un
proprio congiunto era al soldo del Signore Oscuro? Getterebbe il
sospetto su tutta la famiglia… »
«E che cosa ne pensate di un
figlio che
dichiara morto il proprio padre… senza produrre alcun corpo?
Su
Black… siete famoso per essere uno degli uomini
più
arguti della Gran Bretagna… ho visto anch’io quel
corpo e
a me ricorda tanto… il defunto Roland Lestrange…
non solo
a me, a dire il vero… anche a Bartemious Crouch!»
«Sinceramente… non
ci ho pensato… no… »
«Se sono qui…
beh… non so in che
rapporti siete con il marito di vostra nipote, ma… sappiate
che
il Capo Dipartimento Aurors mi ha chiesto l’autorizzazione
per
indagare su di lui e sulla sua famiglia, sulla base di questo sospetto
e soprattutto dei suoi legami con il giovane Sherton…
Vedete,
Black… quelle storie vecchie, di Ronald ed Elladora, di odi
ancestrali… alla fine… a parte i
Lestrange… pare
che nessun altro avesse motivi per odiare Sherton…
»
«Perché mi state
dicendo tutto questo?
Così mi ritrovo in conflitto, essendo lo zio della moglie e
al
tempo stesso il tutore legale dei figli delle vittime…
»
«In tempi come questi, le
informazioni sono
più preziose del denaro, Black… e un uomo come
me, nella
mia posizione, stando ai piani alti, entrando in contatto quotidiano
con gente come Crouch, Moody… sa in anticipo… in
quale
direzione stanno andando… gli eventi… »
«Capisco e vi ringrazio, ma,
personalmente, a
parte l’esistenza eventuale di questo conflitto
d’interessi, io non ho motivo di preoccuparmi delle azioni
del
Capo Dipartimento Aurors... »
«Davvero? Meglio
così…
perché mi stavano giungendo strane voci anche su di
voi…
»
«Su di me?»
Lo fissai… e subito scivolai con lo sguardo oltre le sue
spalle,
vidi lo sguardo di Malfoy fisso su di noi, fermi sulla scalinata che
dava sul giardino, Abraxas mi sorrise, levò appena il
bicchiere,
in un tacito brindisi. Sentii la bile salirmi fino alla gola e il volto
diventarmi paonazzo per l’ira.
«È difficile non
essere al centro di
chiacchiere quando si ha il mio cognome, Ministro… per
fortuna
siamo in ottime mani e la Giustizia arriva sempre alla
verità… per questo sono sereno…
»
«Avete ragione, Black, la
Giustizia è
anche una delle mie principali… ossessioni?
Anch’io, come
voi, ho tutto l’interesse che si mantenga equilibrata ed
efficace
com’è stata finora… senza strane derive
autoritarie… Questo tema sarà il pilastro del mio
mandato, se sarò riconfermato… »
«Lo trovo un ottimo principio
ispiratore, soprattutto di questi tempi… »
«Lo so, per questo motivo ho
voluto parlare
con voi… L’appoggio di una famiglia come la vostra
mi
sarebbe molto utile per portare avanti i miei progetti, ne avreste
notevole beneficio anche voi… faciliterebbe certi
affari…
limiterebbe certe ingerenze… certe derive politiche che
deprimono la vita di uomini come noi sarebbero ridotte al
loro…
come dire … posto… Sappiamo bene che sono stati
elargiti
troppi privilegi a chi non ne ha diritto… Insomma Black,
quando
si ha la vostra influenza, autorevolezza, si può determinare
il
destino del Mondo Magico, o scendendo in campo in prima persona o
favorendo chi ha gli stessi ideali… Purtroppo,
però,
è sufficiente instillare il germe del dubbio, per perdere il
proprio prestigio e la propria posizione… »
«Sì, è
vero, è
così… infatti, io sono uno dei pochi
che… si
è sempre ostinato a non credere a nessuna voce sul vostro
conto,
Ministro, o sul conto dei vostri amici, come il signor
Malfoy…
non credo dobbiate preoccuparvi di tutto questo… Anche
perché… se anche avessi remore su di voi, e non
è
così, le alternative che ci sono proposte mi disgustano a
tal
punto da non aver bisogno di essere esortato a sostenervi
pubblicamente… Potete contare sul sostegno di tutta la
nostra
famiglia… l’unico indeciso potrebbe essere
Alphard, ma
solo perché il vostro diretto concorrente è un
suo
personale amico… ma non temete, farò
sì che anche
lui vi sostenga, Lodge… certo… Sempre ammesso
che, come
dite voi, l’appoggio di un Black continui a lungo…
a
essere un punto di forza… perché certe
chiacchiere
potrebbero trasformarlo, al contrario, in un
handicap…»
«O non ho alcun timore che il
vostro nome e
quello dei vostri congiunti, saranno sempre e a lungo una garanzia nel
mondo dei Pureblood… »
«Molto bene, meglio
così… di
questo, ne sono certo, ne godremo i benefici tutti quanti,
Lodge… Ora, credo sia meglio rientrare…
nonostante gli
incantesimi, l’aria si è raffreddata…
»
Fissai la pendola, mancavano solo dieci minuti alle sei, non potevo
credere che Malfoy avesse architettato tutto quel suo castello di
chiacchiere solo per garantirsi il sostegno dei Black nella campagna
elettorale del suo tirapiedi, l’idiozia, la petulanza e la
macchinosità di quell’individuo non finivano mai
di
meravigliarmi.
Chi altri avrei potuto votare secondo lui? Un amico di Dumbledore?
Crouch? Idiota!
Guardai il capo dipartimento Aurors, stava discutendo con mio padre e
si stava avviando dai bambini, forse era il caso che sondassi il suo
pensiero, che verificassi di persona la sua intenzione di indagare sui
Lestrange. Quella storia non mi piaceva per niente. Poteva uscirne di
tutto.
«Crouch… andiamo a
vedere come se la
cavano i nostri ragazzi? Ho sbirciato prima, ho visto che i nostri
figli hanno rinsaldato la loro amicizia davanti a una
scacchiera!»
«Black… il vostro
invito, non ho avuto modo di dirvelo prima, mi ha sorpreso…
»
«Perché mai? Quello
che accade davanti
al Wizengamot non deve avere strascichi fuori dall’aula 10,
non
trovate?»
«Certo…
purché non ci si aspetti
di… come dire… indirizzare ciò che
accade in
quell’aula, attraverso le attività ricreative che
si
organizzano fuori… non credete, Black?»
«Ed io non ho alcun interesse
a indirizzare
ciò che avviene in quell’aula… per
quanto mi
riguarda, anzi, spero di non doverci rimettere piede per un bel pezzo,
eheheheh… »
«Vedremo…
»
Mio padre Arcturus mi rivolse un’occhiata preoccupata, io lo
fissai per fargli capire che non avevo idea di che cosa volesse
quell’individuo molesto, cercò di venirmi
incontro,
spostando l’attenzione da me ai ragazzi, fece un caloroso
complimento, inusuale per una mummia incartapecorita come lui, al
figlio del nostro ospite, ma il bambino dai capelli color paglia non
parve reagire con maggiore calore di quanto ne esibisse quel cerbero
del padre.
«Regulus, figliolo…
hai una scacchiera
davvero bella! Orion, dove l’hai trovata? È un
pezzo da
collezione: ne ho vista una simile solo una volta, anni e anni fa, a
Herrengton, davanti a una pregiata bottiglia di Firewhisky del buon
vecchio Donovan… »
«Donovan Sherton, Lord
Black?»
Crouch non attese la risposta di mio padre, non parve ascoltare
minimamente le mie obiezioni: io non sapevo nulla di quella scacchiera,
a mio figlio avevo regalato un bellissimo set di bilancine in oro,
perché negli ultimi mesi, dopo le settimane passate a
Herrengton, Regulus aveva dimostrato una straordinaria propensione allo
studio delle arti Pozionistiche. Il Mago si sporse sul figlio, senza
degnarlo di uno sguardo, e pur essendoci sopra una partita avviata,
sollevò la scacchiera e un paio di pezzi, provocando lo
sguardo
smarrito e oltraggiato di Regulus. Si mise a osservarla con attenzione.
L’espressione vittoriosa che apparve su quel muso da faina
non mi
piacque per niente.
«Interessante… La
riconoscete Black? »
Presi in mano la scacchiera che Crouch, gli occhi di fuoco, mi porgeva.
Sentii il respiro mozzarsi, le mani cominciarono impercettibilmente a
tremare: conoscevo la scacchiera di Donovan, ci avevo giocato per anni,
con Alshain, ogni volta che andavo a Herrengton e, in seguito, quando
il padre aveva concesso al figlio di portarla a scuola. Conoscevo ogni
singolo dettaglio, scheggiatura, lieve variazione del colore del legno.
Quella che avevo davanti poteva essere solo la scacchiera di Alshain, o
al massimo una copia perfetta ottenuta con la Magia. Quando presi tra
le mani il re nero, però, non ebbi più alcun
dubbio e non
riuscii a mascherare oltre i miei pensieri. Non c’era tempo
di
fermarsi a pensare come quella scacchiera fosse arrivata fin
lì,
evidentemente doveva essere il perverso dono di Rodolphus Lestrange per
il compleanno di mio figlio, quello che mi preoccupava di
più
era che questa dannata “epifania”
fosse avvenuta proprio davanti a Crouch…
«La scacchiera e i pezzi
sembrerebbero gli
stessi… ma la scatola non è quella
originale…
»
«Certo, la scatola originale
si trovava a
Londra, nella casa di Essex Street, in quella che si presume fosse la
camera della ragazzina: lì abbiamo trovato una scatola da
scacchi, senza pezzi e senza scacchiera… ci chiedevamo
appunto
che fine avessero fatto… Ragazzo, da quando hai questa
scacchiera… e soprattutto, chi te l’ha
data?»
Regulus non si lasciò intimidire dalla ruvidezza di Crouch,
ne
sostenne lo sguardo senza esitazione e, come gli era stato insegnato,
disse la verità, una verità che mi
lasciò
parecchio sconcertato.
«Era nel pacco regalo di
Meissa: mi ha mandato questo libro e quella scatola…
»
«È impossibile,
Meissa me ne avrebbe
parlato… mi avrebbe consegnato il dono, l’ultima
volta che
sono stato a Hogwarts, due giorni fa… non
è…
possibile… »
«Noi sappiamo che…
la scatola era a Londra! Come ti è stato consegnato
il… »
Non ci fu tempo. L’interrogatorio s’interruppe
quando alle
nostre spalle si levò un mormorio, via via più
alto e
allarmato, mi voltai, circondato da bambini che puntavano il dito
dietro di me e si chiedevano che cosa stesse accadendo. Una palla
argentea aveva già solcato gli alberi che delimitavano il
parco
e aveva attraversato il giardino, stava volteggiando sopra la testa
degli invitati che, ammutoliti, erano simili a statue, fermi a
guardarla. L’oggetto, un Patronus messaggero, si
librò
fino a fermarsi dinanzi a Crouch. Lì si aprì in
una
leggiadra forma non del tutto definita e la voce dell’Auror
Potter ruppe il silenzio sceso tra noi.
«Bartemious, organizza il
rientro del Ministro
con la sola scorta indispensabile e raggiungici con quanti
più
uomini hai a disposizione… siamo sotto attacco dei mannari
di
Greyback! Morvah è il luogo che stavamo cercando!»
«Ferguson, Mitchell,
Cavandish, svelti,
scortate il Ministro a Londra… Richardson, tu e tutti gli
altri
state pronti a venire con me!»
«Dove state andando, Crouch?
Che cosa c’è a Morvah? Quale…
»
«Non preoccupatevi,
Ministro… è
finita! Entro domani vi prometto che avrete anche le chiavi di
Herrengton!»
«Come sarebbe,
Crouch?»
«La Fiamma di Habarcat deve
essere consegnata
al Signore Oscuro fuori dalle Terre del Nord, visto che Lui non fa
parte della Confraternita… Sono giorni che aspettiamo e
cerchiamo… il furto delle carte di Doire è stato
illuminante: Morvah era uno dei posti in cui Habarcat può
essere
nascosta, fuori dai territori della Confraternita… e oggi,
finalmente, abbiamo trovato tracce di Magia del Nord, nei pressi dei
ruderi di quell’antico convento, qui in
Cornovaglia…
»
«Salazar
santissimo… »
Sentii il bisbiglio soffocato di mio padre, la sua presa incerta sul
mio braccio, mi voltai, a sostenerlo, carico di domande
«Che cosa
c’è, padre? Vi sentite male?»
«No, Orion, no…
Salazar… le
storie antiche… Signor Crouch… le storie
antiche…
»
«Padre… che cosa ti
prende? Ti senti male? Ti chiamo il Medimago… »
«Orion, no! Lasciami finire!
Signor
Crouch… secondo la tradizione, Morvah è molto
probabilmente il luogo da cui fu estratta l’Antica Fiamma ai
tempi della diaspora dei Daur… era il più sacro
santuario, pregno di antica Magia, era il luogo in cui si riunivano
tutte le tribù, di solito in lotta tra loro. Questa
Magia… impediva ai Maghi della Confraternita di compiere
sortilegi d’attacco, solo in questo modo era possibile per
loro
convivere in pace.»
«Che cosa cercate di dirmi,
Signor Black? Non capisco… »
«Non molte famiglie si
tramandano ancora
queste storie, signor Crouch, neanche noi Black, anche se…
abbiamo vissuto quegli eventi. Se avessi ricordato… sarei
riuscito ad aiutare il figlio di Donovan… se è
laggiù, Crouch… se il Signore Oscuro è
riuscito a
trovare la sacra grotta… è il luogo perfetto in
cui
tenere prigioniero un Mago della Confraternita, senza che possa
ribellarsi!»
«Mi spiace, non capisco,
signor Black… chi si dovrebbe ribellare?»
«Siete forse stupido Crouch?
Mio padre vi sta
dicendo che è Morvah la prigione in cui sono reclusi gli
Sherton! Salazar santissimo, tutto torna… è stato
lui
… è lui il vero traditore! Alshain e Fear sono
stati a
Morvah in primavera… ed io, idiota, non ci ho pensato!
Presto,
andiamo!»
Li fissai, li fissai tutti. Crouch mi guardava inebetito, cercava di
mettere insieme i pezzi, non capiva ancora, mia moglie e mio padre, che
al contrario erano già giunti alle conclusioni, mi fissavano
spaventati a morte, sicuri che fossi impazzito. Io sapevo che, se fossi
andato, avrei rischiato la vita, ma dovevo andare, lo dovevo per tutto
quello che Alshain aveva fatto per me e per tutti gli errori che avevo
commesso la notte del matrimonio di Mirzam. Dovevo essere io a
riportarli indietro.
«Devo farlo, Walburga,
devo… e tu lo sai…»
Mia moglie mi fissò impietrita, incapace, per una volta di
reagire, io le diedi subito le spalle, pronto a seguire gli Aurors di
Crouch, quanto a mio padre, era troppo afflitto dalla sua memoria
traditrice, per opporsi, forse sentiva che il mio intervento poteva, in
qualche modo, compensare il suo errore. Quando vidi il sorriso sornione
di Abraxas, tremai, ci misi poco a leggergli le labbra.
Cerca di non essere patetico come sempre, Black. Non domani!
Era tutto previsto, anche questo, anche la mia reazione: stavo facendo
il suo gioco. Non sapevo che cos’altro avesse progettato per
me,
per tutti noi, che cosa mi attendeva a Morvah, ma io non potevo fare
altrimenti. Quando vidi la luce dell’orgoglio negli occhi di
mio
figlio, però, la paura, il dubbio, l’incertezza,
sparirono
e nulla ebbe più importanza.
*continua*
NdA:
Ciao a tutti,
scusate il
ritardo, vado sempre di fretta, ormai sarete rassegnati, ma per Natale
volevo farvi trovare qualcosa sotto l'albero. Eccomi perciò
qui,
con questo capitolo lungo lungo e molto "chiacchierato", in cui finisco
di delineare "gli schieramenti" dei vari personaggi nella "guerra" che
sta per scoppiare. Un capitolo in cui invece che sulla violenza fisica,
i nostri "cattivi" si sono basati molto su inganni, minacce,
e
giochi non molto... "puliti", visto che stanno coinvolgendo anche dei
bambini. Ringrazio quanti hanno letto, commentato, aggiunto alle liste,
ecc ecc. r approfitto per farvi i miei auguri di Buon Natale e che il
2015 sia
meraviglioso per tutti voi.
Valeria
Scheda
Immagine
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