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Autore: Terre_del_Nord    23/12/2014    4 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is'
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That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Chains - IV.028 - Dietro le Quinte (2)

IV.028


Orion Black

Zennor, Cornwall - ven. 21 gennaio 1972

    «Non porterò alcun dono a tuo figlio, domani, Black... a parte il suo padrino... vedi di farti trovare pronto, Orion... o Alshain Sherton potrebbe sparire per sempre... »
    «Smettila, Malfoy! Non tollero scherzi idioti su argomenti simili!»
    «Scherzi? Io non scherzo. Mai. Fai il bravo, Orion, e domani sera, alle sei… lui sarà qui... »

Ero rimasto in silenzio, in attesa, l'avevo fissato a lungo, guardingo: diceva la verità, mi stava offrendo la possibilità di riconsegnare Alshain Sherton ai suoi figli e, apparentemente, senza neanche pretendere qualcosa in cambio. Benché quella fosse la notizia che pregavo di ricevere da giorni, non provai gioia o sollievo ma rabbia, disgusto, il desiderio feroce di fargli del male. E, soprattutto, una profonda inquietudine: non ci si potevano permettere imprudenze, con Malfoy, in particolare se la propria razionalità era andata a farsi fottere da giorni, com’era accaduto alla mia.

    «E Deidra e i bambini? Ci saranno anche loro? O dovremo… firmare un accordo a parte?»
    «E lo chiedi a me? Per chi mi hai preso, Black? Io non so nulla della Strega e dei mocciosi!»
    «Per chi ti prendo, Malfoy? Per il bastardo che sei! So che hai rapito tu i miei figliocci!»

Bastarono un’occhiata divertita, tutt’altro che sorpresa, e il peggiore dei suoi sogghigni per capire che avevo commesso il mio primo errore: Abraxas si aspettava quella mossa perché, sottoponendoli a chissà quali torture, aveva saputo dagli Sherton del nostro incontro nel capanno di Amesbury.

    «Sarei stato io, Black? E chi lo dice? Tu? Quali sarebbero le prove? Solo gli Sherton potrebbero dire che cosa è successo a Londra: li hai forse incontrati? O mi hai visto rapirli tu, con i tuoi occhi? Da quanto ne so, questo non è possibile, eri davanti al Wizengamot, hai testimoniato davanti a tutti, anche davanti a ME, tutti hanno visto te e me, al Ministero, quella mattina! Nessuno di noi due era in quella casa, a vedere che cosa stesse accadendo, quella mattina!»
    «Certo… se non esistesse la Pozione Polisucco, avresti ragione, Malfoy, ma... esiste!»
    «Polisucco? Avrei potuto usarla, hai ragione. Avrebbe potuto farlo chiunque, presente al processo. Incluso te, Orion! Anche Crouch ci ha pensato spesso, per questo insiste per far installare al Ministero gli stessi incantesimi usati dai Folletti nella Gringott per smascherare i truffatori; un’ottima idea ma… non riesce a superare la ritrosia del Ministro… chissà come mai… Ahahah… »
    «Non me ne importa un fico secco della ritrosia del Ministro!»
    «Neanche a me, Orion. Al contrario trovo molto intrigante il tuo insinuare che IO, o chissà chi altri, non fossi dove mi hanno visto tutti, grazie a quella controversa Pozione, quella mattina. E sai perché? Perché instillare questo dubbio ti permetterebbe per un po’ di distogliere l'attenzione di Crouch dalla sola verità certa e non detta che conosciamo tutti: non è durante il processo che è avvenuto qualcosa a mio cugino ma quando si è allontanato dal Ministero. Quando si è allontanato CON TE! Da allora nessuno l'ha più visto! Se fossi Crouch, ti costringerei a confessare!»
    «Come hai detto, scusa? Confessare? Io? E cosa dovrei confessare, di grazia? Sei ridicolo!»
    «Sono ridicolo, certo... E tu cosa sei, Black? Ti ostini a non aprire gli occhi, a nascondere la testa nella sabbia. Crouch sa bene che tu, al contrario di me, hai sempre avuto motivi seri per vendicarti di Alshain Sherton! Stai certo che se gliene darai modo, Crouch userà questa carta!»
    «Vendicarmi di Sherton? Sei impazzito?! Salazar, stavolta ti stai superando, Malfoy, con questo sacco d’idiozie!»

Abraxas sorrise, comprensivo, un maestro bonario che cerca di correggere con pazienza un alunno che si ostina a non voler capire una lezione semplice, spiegata almeno un centinaio di volte. Sentii il sudore imperlarmi gelido le tempie, scivolare rapido, a tradimento, nascondendosi tra le basette, troppo lentamente per non farsi notare.  Lo vidi ghignare, mi chiesi che cosa avesse architettato.

    «Dovresti darmi ascolto, Black, dovresti riconoscere che sei tra amici e approfittare del fatto che, tra amici, ci si aiuta: lo ripeto da anni anche a Sherton. Io lo so che sei innocente, ma conosci la malignità di Crouch, sai com’è capace di distorcere la realtà per i suoi interessi. Vuole candidarsi, Orion: tu e Alshain sareste bocconcini prelibati da gettare in pasto al popolo, i più adatti al suo scopo, farsi ammirare con un colpo da maestro anche da chi finora l’ha snobbato. Rifletti: tu vorresti puntare l'indice contro di me, ma anche a un osservatore esterno, quelli tra me e Alshain apparirebbero per ciò che sono, stupidi screzi legati ad affari di scarsa importanza, questioni superabili. Tu al contrario… Molti ricordano che eri preso da Deidra e che Sherton te l’ha portata via. “È un fatto di gravità inaudita!”, tuonerà Crouch, e convincerà anche chi penserebbe “mah, dopo tutti questi anni, Black ci avrà messo una pietra sopra!” “è stato un bene per Black che Sherton gli abbia tolto dal collo una Strega di lignaggio inadeguato, un’arrampicatrice sociale!”»
    «Cosa diavolo vai blaterando? Non c’è stato mai niente tra Deidra e me, neanche prima… »
    «E dimmi, Black… importa a qualcuno la verità? Quando Crouch avrà sbattuto i vostri trascorsi in pasto all’opinione pubblica, tutti dubiteranno di te, persino i tuoi figli, persino i giovani Sherton, persino tua moglie: rivivranno gli anni dell’amicizia con Deidra con il tarlo del tradimento in testa, diranno che è continuata, e perderai il rispetto di chi hai protetto con le unghie e con i denti, per colpe che non hai neanche commesso.  E sarà allora, quando avrai già perso il sostegno di chi ami, che Crouch affonderà la lama, ricordando a tutti le mille “gravi offese” subite dai Black per anni: Bartemious ha sentito tua moglie e tuo suocero dire in varie occasioni che Sherton non ha mai mostrato rispetto per voi, che la vostra era “un’amicizia fatta solo di parole... ”»
    «La mia pazienza ha raggiunto il limite Malfoy: vattene dalla mia proprietà!»
    «Parlerà di Andromeda, riaprirà le ferite inferte al vostro orgoglio, qualcuno testimonierà che Mirzam Sherton l’ha corteggiata e abbandonata, coprendola di chiacchiere, ma che Alshain si è guardato bene dal costringere il figlio ad assumersi le proprie responsabilità, così la poveretta, disperata e impazzita, è fuggita con un Sangue Sporco, macchiando l’intera famiglia di disonore. Altri giureranno che Mirzam abbia sedotto e approfittato anche della primogenita di Cygnus: non so se ne sei a conoscenza, Black, ma pare che per parecchi mesi quei due si siano visti in un... motel da quattro soldi. Chissà che facevano, di notte, insieme... E chissà se hanno continuato anche dopo il matrimonio con Lestrange… un buon motivo per incastrare il primogenito di Alshain, non trovi? Nelle mani di Crouch queste non saranno più solo chiacchiere infondate, Orion: quell’uomo volgare dirà che questa è la verità, che questo è il movente del tuo odio, perché offese come queste, causano un odio profondo, feroce, inarrestabile. Un odio che ha persino unito Black e Lestrange contro gli Sherton! Un odio che richiamerà quello degli Sherton contro i Black: vi annienterete tra voi… »
    «Tu sei pazzo, Abraxas, e se Crouch si fa imbeccare con questo ciarpame... è pazzo a sua volta! C’è un particolare che non consideri: quelle Streghe per me sono solo parenti acquisite!»
    «E questa sarebbe la tua linea difensiva, Black? O una delle tue scuse più patetiche? Sei l’UNICO figlio maschio di Arcturus, l’UNICO genero di Pollux, l’UNICO Black che abbia generato figli maschi.  Anche se Alphard si sposasse e avesse figli, tu saresti il futuro, vero e solo capofamiglia dei Black! Con il matrimonio, tu e Walburga avete riunito in uno solo i due principali rami della vostra famiglia. Il futuro dei TOUJOURS PUR poggia sulle tue spalle e su quelle dei tuoi marmocchi, e le figlie di quello che è tuo cognato e cugino, il loro onore, il loro destino, le loro azioni, si rifletteranno sul buon nome dell’intera famiglia e quindi su di te. Uhm... quanto rifulgerebbe il tuo nome presso il Mondo Magico, quanto peso avrebbe sui tuoi preziosi affari, se si sapesse quali sono i reali passatempi di tua nipote, con chi s’intrattiene la notte? Se non sbaglio è stato chiesto a te di bruciare il nome della rinnegata, no? Ti sei chiesto il perché di quest’onore? Per un Black la purezza del sangue e l’onorabilità sono tutto, figurarsi per il CapoFamiglia! Mi sto forse sbagliando? Può non importartene, Orion, ma Crouch lo ricorderà, lo rimarcherà, lo sbatterà in faccia al mondo intero, sguazzerà nei vostri segreti e, alla fine, nessuno, immedesimandosi in te, nel capofamiglia dei Toujours Pur, potrà pensare che non te ne importi niente...  »
    «Dubito che Crouch e tutti gli altri siano tali patetiche comari pettegole come te!»
    «Comari pettegole? Ne sei certo, Orion? “Signor Black, lei afferma che Deidra e Alshain Sherton hanno accusato Abraxas Malfoy per il rapimento dei figli... Quando è riuscito a parlare con loro? Durante o dopo l'attacco a Londra? Si rende conto che è stato l'ultimo a vederli in vita? Perché non ha raccontato prima questo episodio? Erano feriti? Perché non ha chiesto aiuto per loro quella notte? Perché non ha portato gli Sherton al San Mungo, quella notte?” E ancora… “Lei ha riconosciuto Roland Lestrange nel cadavere rinvenuto a Essex Street? Perché si è guardato dal rivelare i suoi sospetti agli Aurors presenti? Sa qualcosa del coinvolgimento di Roland Lestrange nella morte di Elladora e Ronald Sherton? Sbaglio o lei è lo zio di Bellatrix Black, attuale signora Lestrange?” Te l’ho detto: Crouch ci sguazzerà nei sottintesi del vostro arazzo tarlato!»
    «So che l’Arazzo ti turba, Malfoy, ma non tutte le famiglie Pureblood hanno i vostri stessi oscuri legami con i Babbani da nascondere: in alcune la nobiltà e la purezza sono reali, per questo quell'arazzo non genera in tutti la stessa maligna invidia!»
    «Pensi ci sia qualcuno che non si godrebbe soddisfatto la caduta degli altezzosi Black? Ammesso tu abbia ragione, la tua altisonante e ingombrante “nobiltà” non ti salverà dal Bacio di un Dissennatore, Orion, non se avrai di fronte, a condannarti, un uomo pronto a tutto pur di far carriera! Al contrario… mi conosci… io potrei esserti utile, molto utile, quando Crouch ti chiederà “Stava aiutando sua nipote a fuggire, quella notte, sulla torre di Herrengton, quando è stato intercettato da Williamson? È sua nipote che sta proteggendo, Black?” Che cosa c’è, Orion? Sei impallidito? Ahahahah… Credimi… Qualcuno prima o poi ricorderà qualcosa di quella notte, Orion: sta a te decidere se i ricordi saranno a tuo danno… o a danno delle teorie di Crouch… »
    «Scrivici un romanzo, con queste scempiaggini, Malfoy! Non esistono prove, non esiste niente, stai vendendo aria fritta come tuo solito! Inoltre dimmi… nel vano tentativo di infangare me per pararti il culo… dove troveresti le palle per sbugiardare i tuoi stessi compari e il tuo Signore?»
    «Vano non direi proprio… Quanto ai miei compari… quali compari? Parli dei miei amici del Wizengamot o di quelli del Ministero? O magari dei “saggi” che frequento al Consiglio della scuola? E perché non quelle personalità generose che s’impegnano con me nelle raccolte fondi per il San Mungo? Questi, se vuoi definirli così, sono i miei “compari”… i tuoi compari chi sono, Black? Chi sono i tuoi amici? Ti aggiri altezzoso, solo, blaterando apertamente di purezza, di feccia...  mmm... Mi ricorda qualcuno che “Non-deve-essere-nominato”, a te no? Chi reputi abbastanza in alto da poterti star vicino, Black? Solo i tuoi parenti, vero? E chi sono i tuoi parenti? Mah... Chissà... Tutti sanno che io tollero a malapena i Lestrange, che non ho legami con loro, tu li hai addirittura in casa! Per farti cadere o per salvarti, Orion, basterà mostrare o nascondere come i Lestrange ne abbiano sempre fatte di cotte e di crude agli Sherton, fin da un lontano passato...  »
    «E tu cosa ne sai del passato dei Black, degli Sherton e dei Lestrange? Sono curioso… »
    «Se farai lo stupido, Orion, temo lo scoprirai molto presto e l’epilogo sarà uno solo: “Signor Black, lei si fingeva amico del signor Sherton ma in realtà era in combutta con i suoi nemici! E ora sta gettando fango sul signor Malfoy, unico parente in vita dei giovani Sherton. Qual è il suo scopo? Mettere le mani sul patrimonio di Herrengton e sul futuro dei ragazzi?”»
    «Il patrim…ahahahah… non meriti neppure una risposta, Abraxas… tutto questo è ridicolo!»
    «“Si è affrettato a mostrare a Dumbledore un documento falso che la riconosce tutore…” »
    «Quel documento è autentico! Può dirlo il MagisNotaio presso il quale è stato firmato!»
    «“E il contratto matrimoniale che lega Rabastan Lestrange e Meissa Sherton? È stato lei a firmarlo, in qualità di loro tutore?” Mi chiedo come ti giustificherai con Alshain quando tornerà.»
    «Io non ho firmato un bel niente, Abraxas! Non esiste alcun contratto di matrimonio!»
    «Esiste, invece: il contratto in bianco che avete firmato tu e mio cugino, mesi fa, quando ho deciso di lasciare libero Lucius di sposare Narcissa. Quel contratto doveva essere un patto tra Black e Sherton per pararvi il culo a vicenda: è stato molto utile a mio cugino, non c’è che dire! Come al solito non mi ha dato ascolto, ma ha preferito seguire te… e ora il destino di sua figlia è in mano a Rodolphus, grazie a chi? Grazie a te! So che intende completarlo con i nomi della mocciosa e di suo fratello, la tua firma di tutore in calce! La tua firma, Black! Hai reso possibile la sola cosa che mio cugino non voleva accadesse, la propria adorata Meissa in mano a quei macellai! Questo è l'ultimo tassello che cercava Crouch per sigillare la sua teoria: per come la vedo io, ti sei messo da solo un bel cappio al collo, Orion, Bartemious Crouch deve solo piantare il palo da cui farti penzolare!»
    «Se io penzolerò, tu sarai al mio fianco! Sono stanco delle tue ciance, Malfoy… libera Deidra e i bambini, o cederò a Crouch il ricordo di questa interessante conversazione!»
    «Un rapido movimento delle mani e un incantesimo non verbale mettono molta confusione nei ricordi di un uomo, Orion, te lo sei dimenticato? Al tuo posto non farei lo sbruffone, si vede che ti stai cagando sotto! Inoltre, neanche un idiota come te rischierebbe tanto, non la vigilia della festa di suo figlio, non dopo aver visto cosa è accaduto ai propri figliocci. So che ti piace mercanteggiare, Black, ma, per il tuo bene… evitalo, per questa volta: in ballo c'è la preziosa vita del tuo amichetto del cuore e quella dei tuoi eredi. Non tirare la corda con chi non brilla certo per pazienza!»
    «Non mi fai paura! Non agisci per te stesso, ma per Milord, è lui che vuole il mio aiuto, e tu devi… soddisfarlo! Non ci riuscirai, però, se non accetterai le mie condizioni: devono tornare tutti!»
    «Te lo ripeto, fai il bravo, Orion, o tra le altre cose, Rodolphus Lestrange scoprirà durante la festa di tuo figlio che il documento che gli hai rifilato non è l’originale, ma la copia che tu e Alshain avete fatto redigere per infinocchiare Walburga… non sarà felice di quel piccolissimo dettaglio che lo rende… del tutto… inutilizzabile!»
    «E tu come cazzo lo sai?»
    «Perché tu e quell’altro idiota siete… prevedibili… sono anni che complottate come due mocciosi… ormai conosco tutti i vostri patetici trucchetti… ma ti ripeto… Fai attenzione, Black… perché per quello che ha in mente Lestrange, non serve a niente un… contratto… ahahahah… »

Aveva riso di me, Malfoy, poi aveva taciuto. L'avevo preso per il bavero, preda della furia, deciso a spazzargli via quell’aria derisoria dal volto: Abraxas, scosso dal tremito della risata sommessa, mi aveva lasciato fare poi, fissandomi con occhi da morto, aveva affondato un colpo letale.

    «Che poi… Fai come vuoi, Black! Volevo rendere un uomo inutile come te interessante agli occhi di Milord ma sei così… stolto… ti ostini a metterti nei guai per una causa persa. Non vuoi capire che ormai è finita? La sorte della tua preziosa irlandese non è mai stata nelle tue mani, altri hanno deciso per lei e per i marmocchi. So quanto ci tenevi ma il tempo è scaduto: per loro, per te.»

Si era interrotto, mi aveva guardato compassionevole, mentre diventavo livido, poi era scoppiato di nuovo a ridere, una risata selvaggia, poco consona all’Abraxas compito che tutti conoscevano, una risata sadica e malvagia, in cui mi ero imbattuto in passato, espressione della vera natura di Malfoy.

    «... e per qualsiasi losca fantasia ti fossi fatto su voi due: una parte di te sperava che Sherton fosse morto, volevi consolarla, per questo ti sei affrettato al capanno… Dimmi, Black, quanto ti ha eccitato trovarla lì, sola, impaurita, indifesa? Potevi fare qualsiasi cosa… qualsiasi... io me la sarei fatta, al posto tuo, ma tu… sei il solito patetico coniglio! Mi spiace per te, dovevi dar sfogo ai tuoi ormoni finché potevi, non avrai altre occasioni per spassartela conn... leeeee... iiii... coff coff… »

Sempre tenendolo per il bavero, con violenza l’avevo sbattuto contro l'albero che aveva alle spalle, mi ero gettato su di lui e gli avevo stretto le mani al collo. Neanche lo vedevo, tutto era nero e rosso, mentre una specie di ululato iniziava a urlarmi nel cervello. Ci misi qualche secondo prima di capire che non era dentro di me ma fuori, l’urlo di dolore di quel lurido bastardo che scivolato a terra, si contorceva ai miei piedi, preda della mia Cruciatus. Cercai di riprendere il controllo, ma fu difficile placarmi. Malfoy, a terra, mi fissava di sotto in su, impressionato più che dolorante: erano state rare le volte in cui avevo avuto la meglio e c'ero riuscito sempre e solo quando l’avevo colto di sorpresa.

    «Dunque... il coniglio… riesce a tirar fuori le palle, quando vuole… e bravo Black... »
    «Riportali indietro, o questo sarà solo un assaggio! Sai… Sputare sangue ti dona!»

Pur tra gli ultimi tremiti della tortura subita, Abraxas tentò di provocarmi ancora ma riuscii a mantenermi saldo nella decisione di non colpirlo più. Tornò a ridere, una risata prima stentata poi sempre più alta e feroce, fissava la mia mano che ancora stringeva convulsamente la bacchetta e il mio viso, ormai privo di qualsiasi maschera, tutte andate infrante in mille pezzi.

    … La sorte della tua preziosa irlandese non è mai stata nelle tue mani...

Lentamente si tirò in piedi, sghignazzando, le parti nuovamente invertite, si era avvicinato e si era sorretto a me, deciso seppur sofferente: aveva fatto in modo di aggrapparsi a me nel punto esatto del braccio in cui Rodolphus mi aveva praticato la sua tortura, cercai di non emettere un solo singulto di dolore, ma il suo ghigno rivelava che sapeva bene che cosa stesse facendo. E ne godeva.

    «Orion... Orion... Orion… Tuo padre non ti ha detto che queste cose, tra gentilMaghi non si fanno? Sono offeso, mi aspettavo più autocontrollo da un impassibile Black! Voglio dimostrarti però che ero sincero, quando ho detto che tra amici ci si aiuta... Voglio metterci subito una pietra sopra: dimostrami la tua buona volontà, fammi un piccolo favore, ed io dimenticherò tutte le offese subite… Non temere, non pretendo nulla di compromettente o di esoso: basterà che domani… »

Ridacchiando avvicinò il viso al mio orecchio, disse che cosa volesse, senza darmi spiegazioni. Lo fissai, stranito, incapace di capire dove volesse andare a parare con quell’assurda richiesta.

    «Assolutamente no! Non ci penso proprio! Non farò niente del genere per te!»
    «E non lo farai per me, Orion… ma per tuo figlio, per il piccolo Regulus. Quel bambino è così... delizioso! Mi raccomando, cerca di non essere patetico come sempre, Black. Non domani!»

***

Meissa Sherton
Hogwarts, Highlands - sab. 22 gennaio 1972

Mi svegliai che era molto presto, troppo, forse non erano neanche le cinque. Sbuffai e cercai di riprendere sonno, tirandomi addosso le coperte fin sopra la testa, come facevo sempre a Herrengton: lì non vivevo sotto un lago, ma in cima a una torre, e durante la notte, visto che mio padre non poneva incantesimi per attutire i suoni della natura, potevo sentire i richiami del bosco. Di solito mi divertivo a cercare di riconoscere tutti i versi delle creature notturne ma a volte, soprattutto quand’ero impigrita dal freddo, affondavo la testa tra cuscini e coperte per impedirmi di ascoltare la furia del mare e del vento, il ticchettio ipnotico della pioggia o il lento sospiro della neve. Mi bastò pensare un solo istante alla mia Herrengton e sentii la nostalgia pervadermi: volevo tornare a casa, anche se, ormai, lassù, c’erano solo fredde mura, arredi e pietre, niente vita. Con un brivido ricordai la realtà: mio fratello non voleva crederci ma io sapevo che i nostri familiari non c’erano più. Bastava osservare l’espressione smarrita del nostro padrino, quando ci parlava di conservare la speranza, per capirlo.
Cercai di scacciare quei pensieri dolorosi prima di scoppiare a piangere e m’imposi di riprendere a dormire, senza riuscirci: da un paio di giorni mio fratello ed io eravamo stati dimessi dall’infermeria, più per la nostra insistenza e insofferenza, che per la bontà delle nostre condizioni di salute. Da prima che tornassimo nei dormitori slytherins, però, io avevo iniziato a svegliarmi a notte fonda, senza riuscire più a riaddormentarmi: non sapevo che cosa sognassi, ricordavo solo dei veli e una luce soffusa nella quale era impossibile muoversi o riconoscere forme e suoni. Non c’era alcuna minaccia visibile, che giustificasse la mia agitazione, ma ero inquieta, in allerta, oppressa da un senso fatale d’impotenza, e il malessere, che provavo all’improvviso risveglio, m’impediva di riprendere a dormire. Sospirai. Non potevo farci nulla, Madame Pomfrey mi aveva somministrato una pozione rilassante, ma era inutile, nessuno poteva fare qualcosa per me, a parte dirmi che era stato tutto un errore, che i miei genitori erano ancora vivi e aspettavano Rigel e me a casa.

    No, questo non può farlo nessuno… neanche il grande e potente Preside Dumbledore…

Dovevo resistere: per lo meno, avrei avuto poche ore di lezione, quel giorno. Era sabato, c’era solo il Volo, di pomeriggio mi sarei impegnata con i compiti, così, finalmente, l’indomani sarei rimasta a poltrire un po’ di più. Alcuni professori, come Slughorn, comprendendo quanto stava accadendo a me e a Rigel, ci avevano dato tregua, mostrandosi comprensivi se non riuscivamo a portare a termine tutti i compiti nei tempi stabiliti, altri, come la McGonagall, non avevano cambiato atteggiamento, convinti che tenerci impegnati ci permettesse di non fissarci su un unico pensiero, quello che ci faceva stare male. Al contrario di Rigel, che stava raggiungendo picchi d’insofferenza mai visti, nei confronti di vari professori, io la pensavo come la nostra insegnante di Trasfigurazione: facevo addirittura più del dovuto, solo per arrivare esausta a fine giornata e non avere tempo per pensare. Le amichette della Dickens, per questo, con la loro consueta gentilezza, avevano passato tre o quattro giorni a sghignazzarmi dietro “l’orfanella Ravenclaw”, ma vedendo che non mi curavo di loro, alla fine si erano stancate ed erano passate a rompere le scatole a qualcun altro.
Da quando ero giunta a Hogwarts, il sabato era sempre stato il mio giorno preferito: potevo passare molte ore in cortile, a volteggiare su un manico di scopa, potevo sentire il sole e il vento e la pioggia sulla pelle, come a casa mia, e, di pomeriggio, in biblioteca, una volta libera dai compiti, passavo almeno un'ora a leggere un tomo sulla vita di Maghi e Streghe leggendari. Ora come non mai ne avevo bisogno, persino Madame Pince aveva chiuso un occhio, due sere prima, quando mi aveva trovato immersa nella lettura mezz’ora dopo l’ora di chiusura: era il mio momento di evasione, la fuga in un mondo di fiaba, lontano da tutti, dal dolore, da tutte le brutture che avevo intorno.

    Sì, fino a una settimana fa, il sabato era la mia giornata preferita, a Hogwarts, ma ora… prima di potermi nascondere in biblioteca… mi attende una mattinata a dir poco… interminabile…

Avevo la nausea all'idea di dover uscire dal baldacchino, quel giorno: vedere Sirius, sentire gli stupidi discorsi dei suoi compagni Gryffindors, quelli sì che mi facevano male. La settimana appena trascorsa, già orribile per mille motivi, era peggiorata ogni volta che avevo avuto a che fare con quegli inutili decerebrati: ero stata travolta dalla rabbia, tutti pronti com’erano a spettegolare alle spalle sui presunti coinvolgimenti di mio padre e mio fratello negli affari del Signore Oscuro. Il mio disappunto, la mia rabbia e soprattutto il mio disgusto stavano raggiungendo livelli che non avrei mai immaginato, perché l’ottusità e la malevolenza, l’essere prevenuti nei confronti di chiunque nascesse Slytherins faceva sì che quegli idioti non riuscissero neppure a riconoscere chi erano le vittime e chi i carnefici. Era chiaro che, se le stesse cose occorse alla mia famiglia fossero capitate a un Ravenclaw, a un Hufflepluff o a un Gryffindor, nessuno avrebbe mai insinuato ciò che sentivo bisbigliare nei corridoi su mio padre. In particolare, la mia avversione si concentrava su Potter, la causa principale del cambiamento, anzi, del voltafaccia completo di Sirius: quest’ultimo, che fino a poche settimane prima era stato, per me, un “principe”, ora, ai miei occhi, era solo una detestabile banderuola, un rammollito senza cervello che si era fatto rigirare da quella sottospecie di porcospino. Se la delusione provocata da Sirius era profonda, però, l’odio che provavo per James Charlus Potter non aveva paragoni, perché i molti discorsi che si facevano a scuola, i sospetti, gli sguardi di traverso, le falsità su Mirzam e su mio padre, erano iniziati quando aveva raccontato con dovizia di particolari inventati e esagerazioni, quello che suo padre diceva di aver visto con i propri occhi, mio fratello Mirzam che uccideva l’Auror Podmore. E ora sembrava avessero più valore gli stupidi racconti di un altrettanto stupido undicenne, che l’assoluzione di Mirzam da parte del Wizengamot. Mi girai sul fianco, facendo sì che il cuscino raccogliesse le lacrime che, inopportune, mi stavano già scivolando lungo la guancia. La verità era che me la prendevo con Potter perché era la soluzione più semplice, lo sapevo, ma la mia disperazione nasceva dalla decisione del Capo Dipartimento Aurors di credere alle assurde testimonianze dei Babbani di Essex Street, che dicevano di aver visto Mirzam uscire da casa nostra, ormai in fiamme. Mia madre mi aveva parlato fin da piccola della Pozione Polisucco, immaginavo che qualcuno l’avesse usata per sembrare mio fratello ma quel maledetto Crouch aveva deciso di non indagare, anzi, appena l’avessero trovato, mio fratello e Sile sarebbero stati sottoposti al Bacio del Dissennatore, senza neanche un processo.
Sicura che il sonno non sarebbe più tornato, soprattutto ora che i pensieri avevano preso la china che conduceva alla disperazione, cercai di reagire, feci un verso appena sussurrato, un sottile “prrr”, e subito sentii un balzo leggero dalla cassapanca al mio letto e i passi eleganti di Myrddin attorno al mio corpo, alla ricerca di un varco. Allungai le braccia fuori dalle lenzuola e lasciai che il piccolo felino scendesse dalla parte del cuscino sotto le coperte, mi sistemai sul fianco così che potesse acciambellarsi nel mio abbraccio, una zampina tesa verso il mio collo. Inizia a massaggiargli il pancino e rapidamente fui travolta dal suo vibrare e dal suo tepore. Fissai, nella penombra del mio debole Lumos, i suoi occhi obliqui, lui li socchiuse, infastidito dalla luce e rapido avvicinò il musetto umido alla mia faccia, per nascondersi. Gli diedi un bacio sul capo, tra le orecchie. Sarei rimasta lì, così, per sempre. Senza rendermene conto, scivolai in un sonno senza sogni, stretta a lui.

*

Quando scesi in Sala Comune, di ritorno dalla colazione, la trovai in pieno fermento, piena di quegli studenti che amavano fare tardi, complice l’inizio ritardato o la totale assenza di lezioni, il sabato mattina. C’era la solita confusione e non ci misi molto a individuare chi ne fosse, come sempre, responsabile: Evan Rosier era semi rovesciato sul divano di fronte al caminetto, che si sbellicava dalle risate in un modo a dir poco indegno per uno Slytherin, mentre Rabastan Lestrange, proteso dal bracciolo della poltrona accanto, guance in fiamme come non ne avevo mai viste in faccia a un ragazzo, continuava a colpirlo in testa con il Daily Prophet arrotolato, ripetendogli “Sei solo un maledetto coglione traditore!”. Alecto Carrow li guardava e incitava, sghignazzando con tre delle sue compagne di dormitorio, prendendo in giro Lestrange e sostenendo, come al solito, Rosier: molti dicevano che ne fosse cotta, senza speranza, e a guardarla, con quegli occhi luminosi e la voce che riempiva la stanza, non era difficile capirne la ragione. Sbuffai e mi avvicinai alle scale che conducevano ai dormitori delle femmine, non c’era nulla di nuovo in quello scadente spettacolino, soprattutto per me che ero stanca e annoiata, a parte che, finora, avevo sempre visto Rosier pestare quel buono a nulla di Lestrange, mai il contrario. Con un’alzata di spalle, mi guardai un’ultima volta attorno, mio fratello e buona parte della squadra di Quidditch doveva ancora essere in Sala Grande, a colazione, così m’incamminai al piano di sotto, entrai in camera mia, sistemai la ciotola per quando Myrddin, in perlustrazione nei sotterranei, fosse tornato a “casa”, presi cartella, mantello, guanti e cuffietta e ritornai di sopra, per andare a lezione. Sembrava che i due idioti avessero smesso di scherzare per darsele ormai di santa ragione, le giacche lanciate via, le camice fuori dai pantaloni, un groviglio di braccia e gambe e riccioli castani che rotolava, azzuffandosi sul tappeto, mentre la maggior parte degli altri studenti non se li filava già più; mi diressi verso lo specchio più lontano da loro, Rosier rischiava di soffocare, insistendo nelle risate, e Lestrange, lo vidi riflesso nello specchio, era infervorato come non mai, nell’usare il giornale come un battipanni, su qualsiasi parte scoperta di Rosier si rendesse disponibile. Stavo finendo di allacciarmi il mantello e di sistemarmi i capelli sotto la cuffietta, quando i due idioti si alzarono, si abbracciarono come niente fosse, e spingendosi e ridendo, presero insieme l’uscita dalla Sala Comune di corsa, schiacciando al muro Severus che rientrava dalla colazione.
Lucius Malfoy rivelò la propria presenza alle mie spalle solo allora: seduto su uno dei divani più defilati della sala, in attesa di Cissa, non l’avevo notato finché non aveva abbassato il giornale dietro il quale si era barricato, e ghignando di disapprovazione, si era lanciato in uno dei soliti commenti irriverenti, a mezza voce, su quella che chiamava la “coppietta dell’anno”. Lo fissai, lui mi rivolse uno sguardo altrettanto schietto: non sapevo che cosa gli passasse per la mente, ma da quando i miei erano spariti, non ci aveva più rivolto nessuna delle sue solite “gentili” parole, al contrario, si materializzava ovunque mio fratello ed io ci trovassimo, mettendo fine a ogni possibile occasione di tensione con gli altri membri della Casa, neanche fosse diventato il nostro angelo custode. Sospirai. Mio fratello ancora non si vedeva e ormai per me iniziava a essere tardi, del mio anno, però, pronte a uscire, c’erano solo le oche del corteo della Dickens ed io non avevo alcuna intenzione di farmi tutto il percorso fino al cortile con quelle cretine, che stavano belando su quanto fosse bello Rabastan Lestrange, quand’era uscito tutto scarmigliato, e subito dopo impegnate a decidere se uscire tutte e quattro con la cuffietta inclinata a destra e non a sinistra. 

    «Salazar! PO.TRE.I.VO.MI.TA.RE!»
    «Ahahahah… Severus… buona questa… hai proprio ragione!»

Scoppiai a ridere, voltandomi verso Severus, le scemette si girarono in branco verso di noi, attirate dal suono strano di una risata sincera, ci squadrarono, squadrarono con particolare malvagità Severus, poi ripresero il loro pigolare fatto di risatine maligne e squittii irritanti.

    «Ci avviamo a lezione, Prince? Oggi finalmente si vola… Dai, non fare quella faccia, ora che sai farti rispettare dalla scopa, vedrai quanto è divertente!»
    «Certo… come no… da morire!»

Sorrisi incoraggiante, pensando che saremmo stati quattro ore con i Gryffindors ed io avrei rivisto il mio… il sorriso mi morì sulle labbra, appena il cervello si ricordò di come ormai stavano le cose tra me e Sirius: a volte m’illudevo che fosse solo un brutto incubo che mi ghermiva in piena notte e si dissolveva al mattino, invece… Severus mi offrì una Cioccorana, distogliendomi dai miei pensieri: aveva una paura tremenda della scopa e non sopportava i Gryffindors, nonostante tutto era sereno.

    Lui ha la sua Evans. Io invece ho perduto anche Sirius… per colpa di quei maledetti Potter!

    «Ma tu hai il permesso di volare? Voglio dire… Sei appena uscita dall’infermeria!»
    «Credo di sì, la professoressa s’informerà prima di decidere… io mi sento bene… »
    «Davvero? E tuo fratello? Di sotto sono tutti preoccupati… anche se ormai il campionato per noi è concluso, a giorni ci sarà la partita con i Ravenclaw e… »
    «Eh già, si preoccupano tutti per la salute di mio fratello, se c’è una partita di Quidditch!»

Severus mi fissò, senza dire una parola, i suoi occhi però parlavano a sufficienza: in quei pochi giorni, a parte Cissa Black, era stato l’unico che, a modo suo, aveva avuto parole gentili, per gli altri, al contrario, forse perché non sapevano che cosa dire, forse perché impegnati a capire, nella confusione che si era creata, da che parte stesse realmente nostro padre, era come se anche mio fratello ed io fossimo morti a Londra. Mi conficcai le unghie nella carne, preda della rabbia e del dolore. Severus finse di non vedere e procedemmo in silenzio fino all’ingresso, lì mi aprì il portone e mi lasciò passare. L’amarezza degli ultimi pensieri mi serrò le labbra e, forse per il freddo che ci colpì appena mettemmo i piedi fuori, sentii gli occhi colmarsi di nuovo di lacrime.

    «Dobbiamo salutarci qui… »
    «Cos’è? Già te la svigni perché hai visto la tua piccola Evans?»
    «No… a dire il vero… stanno chiamando te, Sherton… »

Cercai con lo sguardo, per tutto il cortile: c’era Narcissa che mi faceva cenno di raggiungerla, all’imboccatura del porticato che conduceva alla rimessa delle barche e al sentiero che portava ai cancelli. In ritardo, attraversai cauta la corte, per fare prima, evitando i cumuli di neve ghiacciata su cui era facile scivolare; non sapevo che cosa la cugina di Sirius volesse da me, era venuta a trovarmi spesso in infermeria, ma negli ultimi giorni, l’avevo vista solo con Lucius al tavolo degli Slytherins, in Sala Grande. Quando ricordai che giorno fosse, compresi: le avevo chiesto aiuto, tempo prima, per il compleanno di Regulus volevo procurarmi un libro su tutti i giochi da scacchiera che si praticavano a Hogwarts, con tutto quello che mi era successo, però, non avevo avuto più occasione di riparlargliene e ormai pensavo di dover rinunciare. Come se mi avesse letto nel pensiero, Cissa prese un pacchetto dal muretto, dietro di sé, ed io le sorrisi, felice, continuando ad avvicinarmi. Quando fui a pochi passi da lei, mi accorsi che non era sola. C’era una figura celata nell’ombra del porticato, forse un insegnante, nessuno studente in quella scuola era tanto alto. Non poteva essere neppure un parente, perché quello, come avevo tristemente scoperto, non era il giorno consueto delle visite. Gli estranei avevano diritto a essere ricevuti fuori dell’orario solo in presenza di motivi gravi o se convocati dal Preside. Mi bloccai, raggelata, pensando che dietro Narcissa ci fosse suo zio, il mio padrino, pronto a darmi nuove, sconvolgenti notizie riguardanti i miei familiari.

    «Signorina Sherton… nonostante le circostanze, è un piacere rivederla… »

Una mano guantata uscì dal mantello e fece scivolare all’indietro il cappuccio, mettendo in luce il volto di Rodolphus Lestrange poi scese, per offrirsi al saluto. M’irrigidii all’istante, tenendomi a distanza da quell’uomo, gli occhi fissi su quella mano, quasi fossero le fauci di un lupo feroce. Sentii la mente svuotarsi, per riempirsi di una nenia sibillina, una nenia che ancora non riconoscevo, ma che avevo già sentito. Quando sollevai lo sguardo sul suo volto, sui suoi occhi, il cuore cominciò a pulsarmi veloce, i peli ritti sulla schiena, il respiro corto. Non c’era alcun atteggiamento minaccioso, in Rodolphus Lestrange, anzi, riconoscevo in lui il bel giovane che avevo visto varie volte con Mirzam, il giovane di cui avevo ammirato l’avvenenza il giorno del matrimonio con Bellatrix Black. Il giovane galante e persino simpatico, che aveva movimentato con gli altri amici il ricevimento di mio fratello. Eppure io lo percepivo come un pericolo e ne avevo paura, era una delle sensazioni più forti che avessi provato nella mia vita. Il mio corpo riconosceva quella paura, come se l’avesse già sperimentata, e sapeva che avrei provato un inaudito dolore, se avessi lasciato che quell’uomo si avvicinasse a me, che mi toccasse; cercai di calmarmi e di essere “logica”, come voleva papà, probabilmente era una reazione dovuta al fatto che mio padre si raccomandava sempre con me di non fidarmi dei Lestrange. Ultimamente, me l’avevano ripetuto anche la mamma e Rigel.

    E visto come si è comportato Rabastan, quella sera, in quel cortile… non hanno torto...

    «Ti ricordi di Rodolphus Lestrange, vero Meissa? Il marito di mia sorella Bellatrix… »

Sorrisi a Narcissa e, muta, annuii. Cercai di riprendermi e tesi la mano, come l’educazione m’imponeva, anche se avrei fatto di tutto per sottrarmi. Rodolphus sorrise, rassicurante, e disse qualcosa sul suo dispiacersi per quanto mi era accaduto ma io non l’ascoltai: continuavo ad avere paura benché non avessi provato alcuna sensazione, quando aveva preso la mia mano nella sua.

    «Rodolphus è qui per i regali che avevamo deciso di spedire a Regulus… »
    «Come scusa? Io non ho preso più alcun regalo… »
    «Tu no, come potevi, mia cara? Non era neanche il caso di parlarti di regali, mentre eri in infermeria, ma sapevo che ci tenevi perciò mi sono mossa secondo le indicazioni che mi avevi già dato. A Hogsmeade non c’è una libreria tanto fornita da tenere tutto quello che cerchi, perciò ho scritto a mia sorella e lei, a Diagon Alley, ha trovato il tuo libro. Oltre al mio dono per Regulus. E oggi, visto che doveva parlare con Rabastan, Rodolphus li ha portati con sé, per farceli vedere.»

Meravigliata, incerta che fosse giusto procurarsi un regalo per Regulus coinvolgendo i Lestrange, e con la sensazione di allerta che permaneva e addirittura aumentava, ringraziai entrambi come mi era stato insegnato. Rodolphus sorrise, sembrava non accorgersi o non curarsi del disagio che provavo.

    «Se volete, posso consegnarli di persona, sono invitato a Zennor, per il ricevimento… »
    «È un’ottima idea, non trovi Meissa? Nessun rischio che il gufo si perda o arrivi tardi.»

Annuii, poi ripensai con una punta di tristezza al momento in cui avevo proposto a Sirius di nascondere il suo regalo nel mio pacchetto, così che sua madre non potesse trovarlo e disfarsene.

    Poi è venuto l’inferno, mi ha preso tutto e Potter ha mandato il resto alla malora!

    «Mi sembri un po’ perplessa, Meissa. Se vuoi, possiamo aprire il pacchetto e controllare, oppure posso fare un incantesimo perché tu lo veda senza doverlo aprire.»

Annuii, tacendo il vero motivo della mia “perplessità”, e lasciai che Narcissa facesse il suo incantesimo, scivolai con lo sguardo sulla copertina, era il libro che avevo visto a Diagon Alley il giorno in cui avevo fatto gli acquisti per Hogwarts. Gli occhi scivolarono fino al bordo, vidi che la forma del pacchetto era più larga del libro, sollevai lo sguardo interrogativo su Lestrange.

    «Oh sì… il giorno in cui Bellatrix ha preso il libro, ha… trovato in omaggio… anche una scacchiera, completa di tutti i pezzi, era bellissima, e non ha potuto fare a meno di… prenderla... »

Grazie all’incantesimo di Cissa, riuscii a vedere anche l’interno della scatola, la scacchiera sembrava antica, i vari pezzi erano in legno pregiato, mi sembrò strano che un oggetto così bello e che doveva valere tre volte il libro, già costoso, fosse data via in regalo. Quando però vidi il re e osservai con attenzione le sue sembianze, in tutto e per tutto simili al re nero della scacchiera di mio padre, non mi curai più del suo valore, perché caddi in un profondo senso di prostrazione, incapace di reagire a ciò che mi accadeva intorno.

    «Va tutto bene, Meissa? Non ti piace il regalo? Non è quello che… »
    «Sì, è bellissimo… solo che… il re sembra quello della scacchiera che avevo… a Londra... »
    «Salazar, mi dispiace, signorina Sherton… vedrò di trovarne un’altra… a Diagon Alley… »
    «Grazie signor Lestrange ma… non serve, non sarebbe la stessa… e non ho più mio padre, con cui giocarci… »

Narcissa mi pose la mano sulla spalla rassicurante, e subito disfece il suo incantesimo, così che non vedessi più il contenuto del pacchetto, risistemò il fiocco e lo diede a Lestrange.

    «È un regalo molto bello, Meissa, sono sicura che Regulus sarà felicissimo di riceverlo… e soprattutto… di riceverlo da te… aspetterà con impazienza l’estate proprio per giocarci… con te…»
    «Chissà, magari la signorina Sherton avrà impegni più… adulti… di cui occuparsi… »

Narcissa fissò Lestrange con uno sguardo di fuoco, ma non disse nulla, l’uomo le rimandò un ghignetto ironico, che lo fece assomigliare in maniera spaventosa all’odioso fratello. Ebbi la brutta sensazione che la frase di Lestrange contenesse sinistri sottintesi… che io non comprendevo, al contrario di Cissa. Rabbrividii, di paura e inquietudine. Black, algida e fiera, mi strinse il braccio.

    «Spero di rivederla molto presto signorina Sherton, ora devo andare, sono stato convocato dal Preside: spero che mio fratello non ne abbia combinata un’altra. Volevo vederlo prima di andare dal vegliardo ma… Avete idea di dove si sia cacciato? Avevamo appuntamento qui, mezzora fa.»
    «Alecto Carrow mi ha raccontato che stamani si è azzuffato con Evan… Rosier… »
    «Sì, posso confermarlo anch’io… poi sono… fuggiti… insieme… forse a far pace… »

Ci voltammo verso Malfoy: intabarrato nel suo caldo mantello, ci raggiunse con un sorriso composto ma radioso che non riusciva a temperare la consueta espressione malevola, la mano tesa verso il futuro cognato. Rodolphus lo squadrò con un’occhiata indecifrabile, poi gli tese la mano in un gesto caloroso quanto falso. Non sembrava aver accolto molto bene la notizia che Rabastan, quella mattina, si era azzuffato con Evan. Ancora meno che erano andati a far pace, invece di ricordarsi di ricevere il fratello maggiore. Improvvisa, aria gelida si levò dal Lago Nero, mentre una coltre di dense nubi superava la cima delle montagne e offuscava la tiepida luce del sole invernale.

    Non sono affari miei, ho i miei fratelli cui pensare… e si sta pure facendo tardi…

    «Devo andare a lezione, scusatemi… ancora grazie a tutti per il favore… »
    «Di nulla signorina Sherton… porterò con piacere i suoi saluti a mio… cugino… »

Mi allontanai rapida, sperando che il tempo non si mettesse al peggio e fossimo costretti a passare la mattinata al chiuso a parlare della produzione di scope da Quidditch. Benché fossi già abbastanza lontana, mi arrivavano ancora le voci di Lestrange e Malfoy.

    «Volevo farti le mie condoglianze, Rodolphus... »
    «Ti ringrazio, Malfoy, sei molto gentile… »
    «E anche le mie congratulazioni… Lord Lestrange… »

Quello scambio di battute mi fece voltare un’ultima volta, a rischio di scivolare sulla neve: non sapevo che Roland Lestrange fosse morto. Mentre si davano la mano, Rodolphus alzò gli occhi su di me. All’improvviso ricordai la nenia che mi risuonava nelle orecchie: era la musica del pifferaio di Hamelin, un vecchio cartone animato Disney che papà aveva fatto vedere a Rigel e me da piccoli.

***

Orion Black
Zennor, Cornwall - sab. 22 gennaio 1972

Uscii dal bagno, in cui ero andato a sistemarmi la ferita alla mano, sostenendomi cauto alla porta, vittima di un ultimo capogiro: il ricordo della sera precedente, delle parole scambiate col maiale, del suo viscido volto ghignante, era piantato così a fondo nel mio cervello che temevo mi avrebbe provocato un senso di nausea permanente. Mi sentivo contorcere le viscere di rabbia e disgusto, risentendo l'alito tiepido di Malfoy al mio orecchio, la sua voce melliflua carica di derisione. Avevo cercato di soffocare i pensieri terribili che era riuscito a mettermi in testa, ricordando che razza di contaballe fosse sempre stato, fin dall'infanzia. Inoltre, razionalizzando, trovavo conforto nelle parole che mi avevano spaventato, all’inizio, perché il destino di Deidra e dei bambini, in realtà, non poteva dipendere da nessun altro se non Alshain. E se ora Alshain stava per essere rimesso in libertà, doveva essere sceso a patti con il Signore Oscuro e se questo era avvenuto, allora i suoi familiari dovevano essere sani e salvi, altrimenti Alshain non si sarebbe piegato mai.

    E per quanto riguarda Deidra… questo è confermato anche dall’anello che Rigel ha con sé.

Le mani mi stavano ancora tremando, impercettibilmente, quando sentii un fruscio nella penombra. Sbiancai, mentre tornavo vigile e presente a ciò che avevo intorno.  Ero stato un vero coglione a rifugiarmi in quel bagno, tanto lontano dagli altri: ora, ad aspettarmi nell'oscurità, poteva esserci Rodolphus o mia nipote o lo stesso Abraxas. Se si fosse messa al peggio, chiedere aiuto urlando non sarebbe servito a niente. Non potevo contare neanche sull'intervento fortuito di uno dei molti Aurors a difesa del Ministro, perché non li avevo autorizzati a pattugliare l'area preclusa agli ospiti, per esempio quello stramaledetto cortile, dove chiunque, al buio, avrebbe potuto tendermi un agguato.

    «Orion, sei tu? »

Incerta, la voce di mio cognato emerse dall'ombra davanti a me, strappandomi di dosso paura e angoscia: non misi subito a fuoco Alphard, il colonnato era illuminato solo da due bracieri agli estremi, al centro l'oscurità regnava sovrana, ma scorgendo una tremula lucina rossa che bruciava ad altezza d'uomo, l'individuai: io rischiavo l'infarto e mio cugino, appoggiato a una colonna del portico che separava il salone della festa dai locali di servizio in cui m'ero rifugiato, si godeva uno dei suoi discutibili sigari babbani, alla faccia del padre e degli altri parenti. Fui tentato di tirar dritto, l'ora fissata da Malfoy si avvicinava e non potevo farmi cogliere impreparato, poi ci ripensai: alcuni giorni prima gli avevo chiesto un favore importante, affidandogli alcune fialette piene di certi miei ricordi, forse voleva parlarmene di nuovo, lontano da orecchi indiscreti.

    «Va tutto bene, cugino? Dal pallore della tua faccia non si direbbe... »
    «Mi sono solo tagliato con il vetro del bicchiere, ma ci ho messo un po’ più del previsto a sistemarmi… sono così preso dai miei pensieri, Alphard: hai visto le nuove condizioni di prestito imposte da quelle dannate sanguisughe dei Folletti? Salazar, si dovrebbe dar loro una lezione!»
    «Mmmm… Folletti, dici? Non amo ficcanasare, Orion, ma conosco bene la tua situazione economica: se c’è qualcuno tra i Maghi della Gran Bretagna che non ha motivo di curarsi delle decisioni dei Folletti, sei tu… Che cos’hai? Sei molto teso, stasera, più di quanto ci si aspetti da… »
    «… da chi ha passato dei giorni terribili? Lo so, Alphard, sono un Black, dovrei essere più… impermeabile… ma credo esista un limite all'umana sopportazione anche per quelli come noi!»
    «Sì, immagino di sì... anche se ha comunque sconcertato molti il tuo invito a Crouch, ho sentito parecchi chiedersi se sia per Alshain Sherton che il Capo Dipartimento Aurors si trova qui, tua moglie soprattutto: Walburga è preoccupata, perché fino a ieri non era prevista la sua presenza.»
    «Walburga si sbaglia, quello di Crouch è stato uno dei primi inviti che ho spedito, fuori dalla sua lista, certo, non volevo irritarla. Non ho intenzione di parlargli, però, è solo per far finta… »
    «… che tu non sia irritato per le ultime vicende che vi hanno visto fronteggiarvi, capisco… »

Lo fissai, cercando di decifrarne l'espressione, Alphard rimase impassibile. Non c’era nulla di male, in teoria, in quell’invito, anzi, era tutt’altro che fuori luogo, visto che poteva servire a mettere a tacere le dicerie sulla nostra antipatia reciproca, peggiorata a causa del processo. Vista però la situazione che si era creata tra me e i Lestrange, quell’invito, agli occhi di Walburga, poteva suonare come una sciocca e pericolosa provocazione. Uno dei miei abituali, seppur ormai rari, colpi di testa. Sentii il sudore freddo scendermi copioso lungo la schiena: mio cognato si trovava lì non di sua volontà ma spedito da mia moglie, l'unica a sapere che Bartemious Crouch, almeno fino a quella mattina, non doveva essere un nostro ospite. Ma era così? O era stato suo padre a mandarlo con una scusa? O, peggio ancora, approfittando del debole che aveva per i nipoti, era stata Bellatrix Lestrange a chiedergli di “interrogarmi”? Boccheggiai, inquieto, e, con disgusto, ripensai a come, la sera precedente, fossi stato costretto ad assecondare Malfoy, accettando di fargli quel favore.

    «Non temere, non pretendo nulla di compromettente o di esoso: basterà che domani tu faccia finta di nulla e ti comporti “da bravo ospite” quando Bartemious Crouch si presenterà alla festa, non come scorta del Ministro, ma come “tuo invitato personale”, insieme a moglie e figlio.»
    «Assolutamente no! Non ci penso proprio! Non farò niente del genere per te!»
    «E non lo farai per me, Orion… ma per tuo figlio, per il piccolo Regulus. Quel bambino è così... delizioso! Mi raccomando, cerca di non essere patetico come sempre, Black. Non domani!»
    «Quell’individuo non sarà mai invitato alla festa di Regulus! Hai capito? Mai! Per quale motivo poi ? Che cosa pensi di poter fare al Capo Dipartimento Aurors in casa mia?»
    «Fai troppe domande su cose che non ti riguardano, Black. So che sei bravo a recitare… Recita! Ho provveduto io, settimane fa, a invitarlo, a tuo nome… devi solo fingere che sia stato tu!»

Ero rimasto interdetto per la bizzarra richiesta, poi ero diventato inquieto, infine furibondo quando avevo scoperto che Abraxas aveva spedito già da giorni quell'invito a mio nome: non solo si era permesso di fare qualcosa spacciandosi per me, ma aveva previsto e anticipato le mie mosse e quella sera mi aveva rigirato come uno stupido, incastrandomi e costringendomi a collaborare. Ero spaventato e arrabbiato per la mia prevedibilità e per la mia ingenuità, e disgustato all'idea di essere complice di un individuo che consideravo il più spregevole tra tutti i miei conoscenti. L'unico dettaglio “rassicurante” era che nessuno, a detta di Malfoy, era a conoscenza del suo “progetto”: qualsiasi cosa fosse accaduta a Crouch, pertanto, nessuno avrebbe sospettato il mio coinvolgimento.

    Nessuno sa, a parte Malfoy che, se non l'hai capito, ti tiene per le palle, pezzo di un idiota!

Abraxas se ne era andato sorridendo, sornione e innocente, godendosi il mio sguardo sospettoso, il disprezzo, la rabbia, il timore e soprattutto l'umiliazione che mi divoravano a causa sua. Non mi aveva detto cosa avesse in mente, ed io, dopo i miei minuti di follia, non avevo più avuto il coraggio di aprire becco. Rimasto solo mi ero chiesto se la promessa di riavere indietro Alshain valesse il rischio di assistere all'omicidio dei Crouch, durante una festa di famiglia a Zennor, con le conseguenze per i Black che potevo solo immaginare. Non ci misi molto a darmi una risposta.

    Che cosa t’importa dei Crouch? E chi ha detto che moriranno? Malfoy non è un pazzo assassino come Lestrange, avrà in mente qualcosa di più sottile della morte, per liberarsi o rovinare Bartemious. Non perderai certo il sonno per aver contribuito alla caduta di quel bastardo!

Ci avevo messo poco a convincermi, eppure... Per tutta la notte, non ero riuscito a smettere di tremare, avevo avuto bisogno di controllare la camera di Regulus, di assicurarmi che stesse bene, ero salito deciso a parlargli... poi ero rimasto sulla sua soglia per quasi tutto il resto della notte e alla fine non avevo voluto ascoltare obiezioni, l'avevo accompagnato di persona a Diagon Alley.

    «Sarà tutto normale come dici, ma il pensiero di Crouch ti fa un brutto effetto, cugino... »

Alphard mi riportò al presente, era di fronte a me, l'espressione turbata: seguii il suo sguardo, mi guardai la mano, sembrava un livido artiglio che tremava e stringeva convulsamente la bacchetta.

    «Salazar, Alphard… Questo è il debutto in società di Regulus e i Crouch sono Pureblood di antico lignaggio, in buona parte Slytherins, imparentati da tempo con noi; Bartemious è un individuo molesto e indegno della famiglia di cui porta il nome, lo so, ma è un Crouch ed io sono un Black: non posso venir meno alle regole dell’alta società a causa delle sue intemperanze!»
    «Non solo brutto, un bruttissimo effetto, se ti fa pronunciare tiritere degne di Walburga!»

Sghignazzò, per allentare la tensione, io trattenni l'insolenza che mi era salita alle labbra, non era il momento di rispondergli per le rime, dovevo togliermelo di dosso il prima possibile e tornare dagli altri. Anche se... lo fissai, Alphard era sempre stato eccentrico, ma mai impiccione o intrigante, era serio nel dare giudizi e attendibile nel fornire informazioni. E soprattutto, non si era mai prestato a fare la spia per conto della sorella o di altri. Quella sera era strano, forse voleva parlarmi di qualcosa che lo turbava, e stava prendendo il discorso alla larga perché in imbarazzo. L’appuntamento con Malfoy si avvicinava ed io ero rimasto troppo a lungo lontano dagli ospiti per non creare sospetto in alcuni e fastidio, per non dire irritazione, in altri. Se volevo affrontarlo dovevo farlo alla svelta.

    «Se devi dirmi qualcosa, ti prego di non girarci intorno, Alphard, devo tornare dagli ospiti!»
    «Volevo solo assicurarmi che… non ci fosse... altro... che potessi fare per te... »

Lo guardai intensamente cercando di cogliere qualche indizio che fossi sulla strada giusta. C'era un lieve cenno di nervosismo in lui o era solo una mia impressione?

    «Ho chiesto il tuo aiuto e tu mi hai aiutato, cugino. Sei preoccupato? È cambiato qualcosa?»

Alphard abbassò gli occhi e si riavviò la ciocca di capelli brizzolati, una lunga lama lucente, che nasceva dalla tempia sinistra e percorreva tutta la lunghezza della folta chioma corvina, quella sera lasciata sciolta. Sorseggiò il sidro che aveva con sé poi mi puntò addosso uno sguardo simile al mio. L’ironia, vera o fittizia che fosse, si era spenta e al suo posto vedevo inquietudine.

    «Quando sei venuto da me, cugino, ho avuto la spiacevole sensazione che non volessi sistemare le tue cose “per prudenza”, come dicevi, ma perché ti eri cacciato o ti stavi cacciando nei guai… vedere qui Crouch mi fa temere di aver ragione… sono… ecco… preoccupato per te… »
    «Che cosa stai cercando di dirmi, Alphard? Da parte mia, non hai motivo di preoccuparti… »

Annuì, muto e nervoso, bevve di nuovo, mi fissò, poi tornò a guardare il fondo del bicchiere.

    «Voglio solo assicurarmi che tu sia impelagato in uno dei tuoi soliti intrighi ai danni di un avversario in affari, e non in qualche brutto guaio con Alshain Sherton e Bartemious Crouch… »

Non fiatai, impegnato a sentire il cuore sprofondare, il sangue farsi ghiaccio. Che cosa significava? Aveva capito la natura di quanto gli avevo consegnato? Era stata Bellatrix a mandarlo da me? Lentamente, impercettibilmente, guardai di sottecchi il buio attorno a noi, temendo che saltasse fuori con Rodolphus per ghermirmi. O era stato qualcun altro ad arrivare ad Alphard? L'avevano ricattato? Minacciato? Gli avevano fatto del male e lui aveva parlato? I miei ricordi erano perduti?

    «Certo che sono impelagato solo in questioni d’affari, Alphard… non avrei neanche tempo di pensare ad altro! Su andiamo, Walburga sarà già irritata… quanto a te, ricordati di cancellare l’odore di tabacco che hai addosso, tuo padre ha sempre avuto naso per i tuoi vizi babbani, ahahah.»

Alphard parve rassicurato dalla mia finta leggerezza, rise con me e rispose con un'insolenza sul caro padre Pollux. Lo fissai, canzonatorio, riprendendo lentamente a respirare: la sua “innocenza” e la sua “fedeltà alla famiglia” apparivano pubblicamente sempre intatte, nonostante le mille occasioni in cui mio cugino si era lasciato coinvolgere e compromettere in faccende che avrebbero fatto inorridire, per non dire impazzire di rabbia e vergogna, tutta la famiglia, una volta venuti a conoscenza. A volte l'avevo ammirato per il coraggio, per la fortuna nel non farsi beccare, altre odiato, per quella faccia tosta con cui riusciva a destreggiarsi impunemente in territori preclusi a qualunque altro Black. Stavo pensando a certe vecchie imprese del mio cugino maggiore quando Alphard, ignaro, con uno dei suoi abituali gesti di complicità, mi diede una pacca sul braccio. Sulle bende che celavano la ferita procurata da Rodolphus. Non riuscii a trattenere un urlo di dolore.

    «Salazar! Che succede? Non ti eri ferito alla mano? Che cos’hai sul braccio?»

Incapace di reagire per il dolore, rimasi in silenzio, mentre Alphard, non ricevendo risposta, si preoccupava e m’incalzava ancora di più: cercò di verificare con i suoi occhi, afferrandomi il braccio, io mi divincolai, o almeno ci provai, con una mossa rapida, mio cugino mi bloccò ed io mi arresi, privo di scampo. Iniziò a sollevare lentamente la manica della mia camicia, mettendo in luce la fasciatura, io strinsi i denti e, un po’ per il dolore, un po’ perché dovevo trovare rapidamente una soluzione, ammutolii del tutto. Facendo attenzione a non graffiarmi, millimetricamente, sollevò anche la benda, fino a mostrare l'orrida ustione che mi devastava il braccio, lo guardai di sottecchi, gli occhi di Alphard si erano riempiti di orrore e sgomento. E tante, troppe domande.

    «Salazar, io ho già visto ferite simili… questa è… Magia Oscura, la usavano nell’antichità sui prigionieri… Chi ti ha torturato, Orion? Perché? Salazar… Salazar santissimo… volevano sapere di Alshain! Tu sei la persona a lui più vicina al di fuori della famiglia… e Crouch… »
    «Crouch non è qui per questo. E questa storia, Alphard, per il bene di tutti quanti, non deve uscire da qui, dimentica ciò che hai visto… te ne prego… fallo per i miei figli… »

Distolsi lo sguardo e ammutolii, Alphard mi lasciò andare la mano e mi diede le spalle, pensieroso.

    «Questo è il prezzo della tua coerenza, delle promesse che hai fatto a un amico, dell’affetto per le persone cui tieni. Ti hanno torturato per costringerti a tradire Alshain… Chi è stato, Orion?»

Alphard si voltò, atterrito e implacabile, iniziava a sistemare i tasselli, si rendeva conto che, stavolta, non si trattava più di una stupida diatriba senza senso. Di sciocche questioni di affari. Ci misi poco a capire che il suo cervello, ragionando velocemente, stava giungendo alla verità vera, ed io, non altrettanto velocemente, stavo cercando una via d’uscita credibile.

    «Salazar… Salazar… ti prego… dimmi che non è come penso… Non è arrivato fin dentro la nostra famiglia, vero, Orion? O no… no… Sono stati loro… sono stati loro… è tutto vero… ora si spiega tutto… ecco perché Walburga era tanto preoccupata della tensione tra te e Lestrange… ecco perché… la sera in cui Walburga ha parlato del tuo testamento… sono subito venuti da me… »

Le mani mi tremarono, il colletto della camicia e la cravatta parvero stringermi, soffocarmi. Dissimulai, ostentai tranquillità e indifferenza, il cuore che perdeva colpi. Come diavolo avevano fatto i Lestrange a capire che Alphard era il mio tramite? Erano andati a colpo sicuro perché imbeccati? O era stato solo… sfiga? E come facevo a distogliere mio cugino da quei ragionamenti? Se qualcuno avesse capito che Alphard era arrivato alla verità, avrebbe sospettato che io...

    «Ma quali cavolate stai dicendo? Tu hai una fantasia troppo fervida, Alphard, quello che mi è accaduto non c’entra nulla con… nostra nipote? Ma senti quello che dici? E spiegami… Da quando è strano che una nipote vada a trovare lo zio insieme al marito? Sei suo zio, o mi sbaglio?»
    «Sei bravo a rigirare le situazioni, Orion, ma non sono uno stolto… la loro prima e unica visita, in quasi un anno… non parlarmi di coincidenze, Orion… Io non credo alle coincidenze... »

Avrei voluto anch’io del FireWhisky a portata di mano, per annegarci dentro. Dovevo fingere che stesse sbagliando, dovevo comportarmi come se avessi di fronte un illuso, un pazzo, quando invece Alphard era l’unico che forse avrebbe potuto capire… aiutare, consigliare… ma non potevo cedere.

    «“Cerco un Mago “fidato”, che curi i miei affari, conosci personalmente qualcuno, zio?” Perché Rodolphus voleva a tutti i costi la lista dei MagisNotai che conosco?»
    «Magari perché lavori al Ministero e conosci molte persone raccomandabili! Suo padre è morto, merlino santissimo! Se vuol dare un’impronta diversa al casato, è di personaggi raccomandabili che Lestrange ha bisogno. E se invece vuol consolidare la posizione di primogenito, mettendolo legalmente in quel posto al fratello sciroccato, deve farsi nominare tutore del minore, per gestirne le risorse ed estrometterlo dagli affari importanti, da qualcuno che abbia una reputazione immacolata, così che non esistano appigli di alcun genere, in futuro!»

Alphard fissò ciò che restava del sidro a lungo. Bevve. Un sorso ancora e poi un altro. Lo sguardo di taglio. Io rimanevo una maschera immota, impassibile e fredda. Solo le mie mani tremavano.

    «Rodolphus ha bisogno di un notaio, Alphard: se è venuto da te dopo quella cena, è solo perché avete parlato di testamenti a quella cena. Se ha chiesto aiuto a te, è perché metti meno soggezione di tutti noi e soprattutto sei noto per farti i cazzi tuoi. Quanto a ciò che ti ho affidato... sono ricordi di me e Sherton che potrebbero mettermi nei guai se finissero nelle mani sbagliate... »

Dovevo fingere una sicurezza che non avevo, mentre il cuore pulsava impazzito, le gambe erano molli per la tensione, la mente cercava soluzioni per il nuovo problema.

    «La verità è sempre molto più semplice e noiosa di quanto si possa immaginare, cugino… »
    «Sei bravo con le parole, Orion, ma non m’inganni: se mi avessi affidato qualcosa di compromettente, non saresti andato in giro a raccontare del testamento; l’hai fatto per mettere in allerta qualcuno, un messaggio tipo “attenti, mi sono garantito”. A quanto pare è andato a segno!»
    «Se questa storia ti mette a disagio, Alphard, ti sollevo da ogni obbligo, ti faccio solo notare che i tuoi ragionamenti sono privi di logica: ricevere la visita di un Lestrange non piace “quasi” a nessuno ma, che tu lo voglia o no, sei “suo” zio. Se non ti hanno fatto visita prima, avranno avuto altro da fare, magari tentare di mettere in cantiere l’erede; Rodolphus sembra in difficoltà con nostra nipote, essendoci passato anch’io, prima della nascita di Sirius, so a quale pressione è sottoposto, e immagino non avrà molti altri pensieri. So che tuo padre ha una paura fottuta che ripudi Bellatrix!»
    «Avrebbero tutto il tempo di rifarsi una vita, entrambi! Non ci sarebbe nulla di male!»
    «Nulla di male? E il buon nome dei Black? Ci manca solo un altro matrimonio… d’amore!»

Alphard mi scrutò allarmato, non amava il discorso “Andromeda”, sapevo che si era dato da fare per consentirle di scomparire con il dannato marito Sanguesporco. Poteva essere quello l’argomento adatto a distogliere da me l’attenzione di mio cugino? Non potevo permettermi pasi falsi.

    «A tal proposito… mio figlio, a casa di tuo padre, ha sentito alcune persone discutere sulla necessità di… “sistemare una volta per tutte la causa principale del nostro disonore…”: ecco il genere di situazioni che s’instaurano quando invece di fare il bene della famiglia, ci si lascia andare alle passioni del momento… nonostante tutto, non odio quella disgraziata, lo sai: se sapessi dove si trova, farei di tutto per metterla in guardia e dirle di fare attenzione, tu che ne pensi, Alphard?»

Sostenni imperturbabile lo sguardo carico di domande e di sorda paura di mio cognato. Non poteva commentare, senza ammettere che i sospetti che avevo sul suo coinvolgimento fossero fondati. Io non potevo aggiungere altro, senza confermare chi fossero gli autori di quel dannato piano.

    «Non vedo come potrei avvertirla… Io non so nulla di Meda, Orion, lo sai… »
    «Certo… e magari sei pronto a giurarlo su quanto hai di più sacro... peccato io sappia che non hai mai avuto problemi a diventare ANCHE uno spergiuro, quando ti ha fatto comodo! Ahahahah…  rilassati, cugino... non ho alcun interesse a rovinare la vita a te o a quei due… »
    «E allora perché rivanghi questa storia, Orion? Solo per distogliere l’attenzione da te stesso? Solo per non ammettere che ho capito come stanno realmente le cose? I tuoi tentativi sono patetici!»
    «La rivango perché ami i tuoi nipoti, tutti i tuoi nipoti, Alphard, come fossero figli tuoi… daresti la vita per ognuno di loro, stai pensando al modo in cui potresti salvare Bellatrix, illuso come sei che l’unico problema di nostra nipote sia il cognome del marito che le hanno imposto! Bene, anche i miei figli sono i tuoi nipoti… se ti dico che questa questione deve morire qui… »

L'elegante distacco di Alphard stava venendo meno a poco a poco… potevo vederne la preoccupazione, non per se stesso ma per Meda, era stato l'unico di tutti noi ad aver voluto mantenere contatti con nostra nipote... Alshain aveva scoperto che era in contatto anche con Dorea e... Mio cugino era fatto così, quando c'erano di mezzo i suoi nipoti, o gli altri randagi che di tanto in tanto saltavano fuori da una famiglia come la nostra... Io stesso avevo rischiato di diventare uno di quei randagi e Alphard, se non ci fosse stato Alshain, sarebbe stata la mia unica ancora a cui tenersi saldi, nel naufragio. Mio cugino non aveva figli, non sapevo perché non volesse sposarsi, ma era chiaro che amava i nipoti come fossero carne e sangue suoi.

    «Sai che puoi fidarti del mio silenzio, Orion… sai che ho capito la verità… perché fingere?»
    «Sei davvero pronto a “giocare” a questo “gioco”? Ad aprire gli occhi su “Lady Lestrange”? Sta a te decidere, vuoi che continui? Bellatrix non è più la graziosa mocciosa di cinque anni alla quale entrambi volevamo bene, Alphard… Bellatrix è ancora nostra nipote, certo, ma è anche tantissime altre cose che tu e mia moglie fate finta di non vedere... Io ho visto, io so, ma non ti dirò che cosa so, altrimenti anche la tua vita, oltre la mia, diventerebbe… complicata… Tu mi sei stato accanto in momenti difficili, Alphard, permettimi di renderti il favore: quando toccherà a te affrontare Bellatrix Lestrange, dimentica che è stata tua nipote, e sii pronto... Mettiti in salvo, vattene più lontano che puoi… o smetti di vivere di utopie, come hai sempre vissuto, rinnega te stesso e nascondi bene i tuoi scheletri... perché quando quei due torneranno a bussare alla tua porta, sarà una Strega pericolosa, molto pericolosa, quella che avrai di fronte...  una Strega che in nome del suo “Signore” ti farà rendere conto con le buone o con le cattive delle mille occasioni in cui hai messo il tuo stupido sentimentalismo davanti ai tuoi doveri d’irreprensibile Black... Andromeda è stata solo una delle tue tante… deviazioni… io lo so… quanto tempo pensi ci metterà, lei?»
    «Dunque… è la verità… lei è davvero… diventata… non è più soltanto… »
    «Te ne meravigli? Dopo la famigerata sera in cui insieme a tutta la famiglia mi ha esortato a bruciare il nome di Andromeda, dopo averla sentita pronunciare parole cariche d’odio contro sua sorella, dopo averla sentito blaterare elogi per il Signore Oscuro nella casa dei nostri padri… hai  continuato a credere che tua nipote fosse ancora solo la bambina cui hai insegnato la Magia con le farfalle? Quella che tenevi sulla ginocchia e che facevi ridere, disegnandoti e disegnandole musi di gatto in faccia? Mi spiace procurarti questo dolore, cugino, perché sei un bravo uomo e a me non piace far del male senza motivo, ma se vuoi la verità… la bambina che entrambi abbiamo visto crescere, cui entrambi abbiamo voluto bene, non esiste più! Al suo posto c’è una Strega che addirittura odia mio figlio, un ragazzino di neanche dodici anni… solo perché è stato smistato a Gryffindor… tu eri presente, a Natale, ricordi? Sai quanto odio, quanta ossessione, quanto disprezzo per quella che chiama la “viltà dei Black” ha in corpo... Ora lei non si limita più a venerarLo, è entrata nelle fila dei suoi… adepti… ha il Suo marchio sul braccio… è Lui la sua famiglia, non noi… non riconosce più… il suo stesso sangue per… “Colui che non deve essere nominato”!»

Alphard si voltò, annichilito dalla verità, immaginai che il pudore dei Black gli impedisse di farsi vedere così vulnerabile. Nessuno dei due, ormai, sarebbe più potuto tornare indietro.

    «Salazar… non è possibile... io credevo… fosse solo… quel sacro furore per il nostro sangue puro… che tutti noi abbiamo avuto da giovani… »
    «Frequenti tuo padre e tuo fratello più di me, sai che stanno cambiando… anche loro… »
    «E ora cosa vorresti fare Orion? A cosa ti servono le provette che mi hai affidato?»
    «Non a procurare altro dolore e sconvolgimento alla nostra famiglia, se è questo che temi… voglio solo che ai miei figli non accada quanto patito dagli Sherton... è solo per i miei figli che ti ho chiesto di nascondere i miei ricordi, non permetterò a nessuno di toccare Sirius e Regulus, neppure a un membro della nostra famiglia… Userò qualsiasi mezzo… qualsiasi… te lo giuro… spero solo che… questa “minaccia” serva a qualcosa… anche se ne dubito… »

Mi avvicinai, Alphard era pronto a farsi carico di un altro mio problema quando mi aveva aspettato, al buio, in quel cortile, ma non era certo preparato ad affrontare quella verità. Vedevo il dolore far capolino tra le rughe attorno ai suoi occhi. Provai un misto di pietà per il peso che gli avevo messo sulle spalle, e al tempo stesso sollievo perché mantenere quel segreto, non confidarmi con l’unica persona di famiglia che poteva capirmi, era diventato insostenibile, da quando non c’era Alshain.

    «Le hai detto qualcosa che possa nuocermi, anche per sbaglio, quella sera?»
    «Certo che no, Orion: ti ho fatto una promessa, avevo dei dubbi, certo, ma non ti ho tradito!»
    «Allora aiutami, te lo chiedo per i ragazzi, non per me: aiutami a tener lontano da loro tutto questo… ed io farò tutto ciò che posso… per ripagarti... »

Gli diedi le spalle, lo distanziai di qualche passo.

    «Orion… Con Meda… hai già iniziato a ripagarmi... »
    «Ti esorto a fingere, Alphard, anche meglio di quanto hai sempre fatto, da bravo Black!»

Mi allontanai, veloce, il passo sostenuto, deciso a ritornare subito dai miei ospiti e lasciando Alphard alle prese con i suoi fantasmi. Non era mia intenzione metterlo in difficoltà, quella sera, ma anche senza sapere della loro visita a mio cugino, ormai conoscevo i Lestrange... quello che mi aveva raccontato Regulus, quella mattina, durante la nostra visita a Diagon Alley, mi aveva dato la nausea, sebbene stavolta, la vittima fosse Andromeda la rinnegata, una giovane Strega che con le sue scelte scellerate aveva disonorato tutti noi. Non potevo reagire altrimenti, non dopo la devastazione che avevo visto perpetrata ad Amesbury. Non avrei più potuto fingere di non sapere... non avrei più potuto nascondere la testa sotto la sabbia… non sapevo ancora come avrei dovuto comportarmi, in seguito, per il bene di tutti noi, ma non avrei permesso al Signore Oscuro di piombare su una Black e ai Lestrange di farla a pezzi, come lupi famelici. Mi illudevo che, se fossi riuscito a evitare almeno questo, ci sarebbe stata ancora una speranza. Per tutti noi.

*

Alphard, visibilmente turbato, riapparve nel salone quasi dieci minuti dopo di me, Walburga, impegnata a parlare di facezie con Druella, Irma e mia madre, sedute sul divano attorno a lei, non si lasciò sfuggire il dettaglio, come forse non sfuggì ad altri ospiti, e appena si scambiarono uno sguardo, raggelò il fratello con una delle sue peggiori occhiatacce. Nei miei confronti fece finta di nulla, come se non si fosse accorta della mia sparizione durata oltre mezzora. In piedi dietro di lei, impegnato a intrattenere gli ospiti che si erano seduti attorno a mia madre e a mia suocera, ero consapevole della sfuriata che avrei subito appena fossero partiti tutti e di cui, sorridendo, le avrei fatto notare che non m'importava niente oramai da un pezzo. Pur sapendo che l’avrei esacerbata ancora di più, quasi senza accorgermene, cominciai a comportarmi come non facevo più da anni, elargendo sorrisi affascinanti e rivolgendo alle nostre ospiti battute frivole e galanti: riscossi tra loro un deciso favore, oltre a provocare un mortale malcontento in mia moglie. Sorrisi di me e di lei, e la guardai con tono di sfida, quando le passai davanti per offrire di persona, compiaciuto, una coppa di vino elfico alla nipote di quel salame di Travers, una ragazzina poco più che ventenne, prosperosa quanto stupida, che mi rispose con un ammiccamento tutt’altro che pudico. Non sapevo se fosse gelosia o rimprovero per il mio comportamento, ma l’occhiata assassina di Walburga mi suscitò un brivido d’intenso piacere. E di cupo terrore. Alla fine, certo di aver insolentito mia moglie a sufficienza, mi allontanai per dedicarmi a conversazioni altrettanto stupide con i “distratti” mariti, che a turno, annoiati, si avvicinavano al divano dei Black, per rendere omaggio alle matrone di cui erano ospiti ma, visto che quel circo durava ormai da ore, era normale che nessuno di noi sapesse più come riempire i silenzi di quella giornata eterna.

    Walburga si è data tanto da fare per questa festa… ed è riuscita ad ammazzare di noia tutti quanti…

Anche la maggior parte dei bambini ormai era stanca e annoiata: da quando era calato il buio, erano stati costretti a rientrare dal parco e ora giocavano tra loro nel cortile coperto, attiguo al nostro salone, quello che avevo destinato loro. Era stato il mio colpo di genio: avevo detto di aver provveduto a insonorizzare il cortile, perché non disturbassero le chiacchiere degli adulti, in realtà, era lì che avevo eseguito gli incantesimi protettivi più potenti che conoscessi allo scopo di difendere mio figlio dalla presenza di Lestrange e di chiunque altro potesse nuocergli. Mi fermai a osservarlo a distanza: ero fiero di lui, si era comportato in maniera impeccabile per tutta la giornata, con i nostri parenti, con i nostri amici, avevo visto gli occhi di mio padre illuminarsi mentre Regulus eseguiva alla perfezione l'incantesimo che gli era stato richiesto, ma al tempo stesso non mi era sfuggita l'espressione insondabile di Pollux, quando mio figlio aveva raccontato a tutti di avere una bacchetta imparentata alla mia. Dovevo imprimermi per bene quell'occhiata nell'anima, perché il ricordo di quell’ombra di disgusto, che mio suocero aveva osato rivolgere a mio figlio, mi avrebbe aiutato a mantenermi saldo nei miei propositi.

    Non permetterò più al resto della mia famiglia di intromettersi tra me e i miei figli.

Sorseggiai fintamente distratto il mio FireWhisky e continuai a guardarlo, quasi accarezzando con gli occhi il corvino dei suoi capelli: Regulus era tutto preso da una partita a Scacchi Magici con il figlio di Crouch, di un paio d'anni più piccolo; era compito e battagliero, lo vidi stracciare in poche mosse il suo amichetto lentigginoso e ghignai tra me, pensando a quanto mi sarebbe piaciuto sistemarne con la stessa astuzia e maestria il padre, il borioso Capo Dipartimento Aurors, che in quel momento mi ricambiava uno sguardo tutt'altro che benevolo, in piedi accanto al Ministro. Mi chiesi che cosa avesse inventato per lui Malfoy. Feci finta di non averlo notato e ghignai tra me, poi continuai a osservare gli ospiti: la mia posizione mi garantiva il controllo su tutti loro, potevo tenere d’occhio Abraxas, che discuteva dall'altra parte del salone con il Ministro e con lo stesso Crouch e soprattutto non perdere di vista Rodolphus Lestrange, che non si allontanava mai troppo da me e da Walburga. Sorrisi. Non avendo figli da controllare, non aveva motivo di avvicinarsi ai ragazzini, tanto meno a Regulus. Quanto a Bellatrix, era sempre al fianco di Irma, sua nonna: dovevano averle chiesto di fare la sua parte, occuparsi della nonna, appena uscita da un breve periodo di malattia, e questo in cambio le dava l’occasione di apparire come una persona normale, legata alla famiglia, e di non esporsi troppo agli ospiti, i quali avrebbero potuto concentrarsi su di lei con inopportune domande. Quella sera, chiaramente, l’obiettivo dei Lestrange non era mio figlio: la scena innocua, Bellatrix alle prese con la nonnina, faceva il paio con Rodolphus che braccava Pollux con la scusa di vezzeggiare le donne di famiglia, proprio come un Lord compassato. Non mi piaceva come tentasse di ingraziarsi Pollux, che già stravedeva esageratamente per lui, quella situazione era pericolosa, una loro alleanza mi avrebbe impedito di liberarmi dall'oppressione di Rodolphus. Fino a pochi giorni prima, immaginavo dovessi cercare un sistema astuto per mettere Lestrange in cattiva luce col vecchio, facendo ricadere la responsabilità di eventuali disgrazie su qualcun altro, naturalmente; da quando Cygnus mi aveva parlato del terrore di suo padre riguardo l’eventualità che Rodolphus ripudiasse Bellatrix, il mio piano era naufragato sul nascere, perché, pur di non creare un nuovo scandalo in casa Black, Pollux sarebbe passato sopra qualsiasi nefandezza di Lestrange. Trattenevo il mio disgusto a stento, osservando la mia allegra famigliola, e al tempo stesso, con noncuranza, controllavo di tanto in tanto la pendola alla mia destra, aspettando sempre più ansioso l'ora indicata da Malfoy. La mano andò a stringere la bacchetta nella tasca interna della toga da Mago, mentre il fiele mi risaliva dallo stomaco, a bruciarmi la gola. A stringerla sempre di più.

    «Black, grazie per la magnifica giornata, e per la consueta, generosa ospitalità… »
    «Ministro… spero non si stia annoiando troppo a questa fiera di chiacchiere tra comari… »
    «No no, tutt’altro… grazie al vostro invito sono riuscito a prendere accordi che saranno molto vantaggiosi per i miei affari e soprattutto per la mia collezione d’arte… per non parlare della mia campagna elettorale… »
    «Ne sono lieto… »
    «E voi, avete concluso affari vantaggiosi?»
    «Oggi no… ero preso da mio figlio, non dovrei dirlo, non è conveniente, ma è molto emozionante vivere l’esperienza della prima bacchetta e degli altri riti: si ritorna indietro, a quando si era piccoli… voi avete figli, Ministro?»
    «Sì, due, piccoli… vivono in Francia con la madre, da quando ci siamo separati… »
    «Mi dispiace… posso offrirvi… »
    «Sì, grazie, quel vino italiano è eccellente! Seguitemi Black, allontaniamoci… andiamo verso i giardini… vorrei parlarvi in privato… nonostante il ricevimento si sia protratto a lungo, non sono riuscito ancora a scambiare due chiacchiere con voi… e se sono qui… è solo per voi… »
    «Voi mi lusingate, Ministro, ma vi avverto, la mia collezione non è in vendita!»
    «Ahahahah, Black, no, no, non è la vostra collezione che mi piacerebbe… comprare… Preferirei qualcosa di meno… materiale… informazioni… ecco… informazioni di prima mano… »
    «Il mercato orientale, immagino… non ha segreti per me, posso assicuravi che in questo momento è possibile fare affari molto interessanti con alcuni contatti cinesi che potrei suggerirvi.»
    «No, sono più interessato a… Londra… Siete stato presente durante la ricognizione, vero Black? Voglio sapere che cosa avete visto, senza dover leggere le ottuse relazioni di Crouch… »
    «State parlando dell’affare Sherton? A Essex Street… ho assistito al recupero dei corpi: tutto quello che c’è nella relazione di Moody corrisponde al vero, l’ho scritta di mio pugno… »
    «Non si scrive tutto nelle relazioni per il Ministero, lo sappiamo bene entrambi, Orion... »
    «Che cosa volete sapere, Ministro?»
    «Vostro suocero sostiene che il corpo non ancora identificato sia di Sherton e che voi vi siete opposto al riconoscimento solo per motivi sentimentali… una sorta di estrema protezione nei confronti dei figli rimasti… Siete l’unico a conoscere la verità… vi prometto che resterà tra noi… che non trapelerà nulla a Hogwarts… se non ne siete sicuro mi basta un cenno ai vostri sospetti… »
    «Non si tratta d’incertezza o di sospetti, Ministro. Non si tratta in alcun modo di Sherton! L’uomo trovato aveva anche il simbolo dei Mangiamorte sul braccio… è stato Alastor Moody a farmelo notare… e Alshain Sherton non era in alcun modo… legato al Signore Oscuro… »
    «Poteva esserlo e non avervelo detto… »
    «Non è possibile nasconderlo, se si portano le Rune: Sherton era ricoverato a Inverness, due settimane fa, sottoposto a controlli continui da parte di Crouch e Moody, sanno che era… pulito… »
    «E immagino che nelle due settimane successive… non possa aver cambiato idea, vero? Avete idea di chi possa essere? Anche un labile sospetto… »
    «No… non ne ho la benché minima idea… »
    «Voglio farvi una domanda diretta… prometto che la risposta… resterà tra noi… Non trovate strano che nessuno abbia reclamato quel corpo?»
    «Chi avrebbe urgenza di rivelare che un proprio congiunto era al soldo del Signore Oscuro? Getterebbe il sospetto su tutta la famiglia… »
    «E che cosa ne pensate di un figlio che dichiara morto il proprio padre… senza produrre alcun corpo? Su Black… siete famoso per essere uno degli uomini più arguti della Gran Bretagna… ho visto anch’io quel corpo e a me ricorda tanto… il defunto Roland Lestrange… non solo a me, a dire il vero… anche a Bartemious Crouch!»
    «Sinceramente… non ci ho pensato… no… »
    «Se sono qui… beh… non so in che rapporti siete con il marito di vostra nipote, ma… sappiate che il Capo Dipartimento Aurors mi ha chiesto l’autorizzazione per indagare su di lui e sulla sua famiglia, sulla base di questo sospetto e soprattutto dei suoi legami con il giovane Sherton… Vedete, Black… quelle storie vecchie, di Ronald ed Elladora, di odi ancestrali… alla fine… a parte i Lestrange… pare che nessun altro avesse motivi per odiare Sherton… »
    «Perché mi state dicendo tutto questo? Così mi ritrovo in conflitto, essendo lo zio della moglie e al tempo stesso il tutore legale dei figli delle vittime… »
    «In tempi come questi, le informazioni sono più preziose del denaro, Black… e un uomo come me, nella mia posizione, stando ai piani alti, entrando in contatto quotidiano con gente come Crouch, Moody… sa in anticipo… in quale direzione stanno andando… gli eventi… »
    «Capisco e vi ringrazio, ma, personalmente, a parte l’esistenza eventuale di questo conflitto d’interessi, io non ho motivo di preoccuparmi delle azioni del Capo Dipartimento Aurors... »
    «Davvero? Meglio così… perché mi stavano giungendo strane voci anche su di voi… »
    «Su di me?»

Lo fissai… e subito scivolai con lo sguardo oltre le sue spalle, vidi lo sguardo di Malfoy fisso su di noi, fermi sulla scalinata che dava sul giardino, Abraxas mi sorrise, levò appena il bicchiere, in un tacito brindisi. Sentii la bile salirmi fino alla gola e il volto diventarmi paonazzo per l’ira.

    «È difficile non essere al centro di chiacchiere quando si ha il mio cognome, Ministro… per fortuna siamo in ottime mani e la Giustizia arriva sempre alla verità… per questo sono sereno… »
    «Avete ragione, Black, la Giustizia è anche una delle mie principali… ossessioni? Anch’io, come voi, ho tutto l’interesse che si mantenga equilibrata ed efficace com’è stata finora… senza strane derive autoritarie… Questo tema sarà il pilastro del mio mandato, se sarò riconfermato… »
    «Lo trovo un ottimo principio ispiratore, soprattutto di questi tempi… »
    «Lo so, per questo motivo ho voluto parlare con voi… L’appoggio di una famiglia come la vostra mi sarebbe molto utile per portare avanti i miei progetti, ne avreste notevole beneficio anche voi… faciliterebbe certi affari… limiterebbe certe ingerenze… certe derive politiche che deprimono la vita di uomini come noi sarebbero ridotte al loro… come dire … posto… Sappiamo bene che sono stati elargiti troppi privilegi a chi non ne ha diritto… Insomma Black, quando si ha la vostra influenza, autorevolezza, si può determinare il destino del Mondo Magico, o scendendo in campo in prima persona o favorendo chi ha gli stessi ideali… Purtroppo, però, è sufficiente instillare il germe del dubbio, per perdere il proprio prestigio e la propria posizione… »
    «Sì, è vero, è così… infatti, io sono uno dei pochi che… si è sempre ostinato a non credere a nessuna voce sul vostro conto, Ministro, o sul conto dei vostri amici, come il signor Malfoy… non credo dobbiate preoccuparvi di tutto questo… Anche perché… se anche avessi remore su di voi, e non è così, le alternative che ci sono proposte mi disgustano a tal punto da non aver bisogno di essere esortato a sostenervi pubblicamente… Potete contare sul sostegno di tutta la nostra famiglia… l’unico indeciso potrebbe essere Alphard, ma solo perché il vostro diretto concorrente è un suo personale amico… ma non temete, farò sì che anche lui vi sostenga, Lodge… certo… Sempre ammesso che, come dite voi, l’appoggio di un Black continui a lungo… a essere un punto di forza… perché certe chiacchiere potrebbero trasformarlo, al contrario, in un handicap…»
    «O non ho alcun timore che il vostro nome e quello dei vostri congiunti, saranno sempre e a lungo una garanzia nel mondo dei Pureblood… »
    «Molto bene, meglio così… di questo, ne sono certo, ne godremo i benefici tutti quanti, Lodge… Ora, credo sia meglio rientrare… nonostante gli incantesimi, l’aria si è raffreddata… »

Fissai la pendola, mancavano solo dieci minuti alle sei, non potevo credere che Malfoy avesse architettato tutto quel suo castello di chiacchiere solo per garantirsi il sostegno dei Black nella campagna elettorale del suo tirapiedi, l’idiozia, la petulanza e la macchinosità di quell’individuo non finivano mai di meravigliarmi.

    Chi altri avrei potuto votare secondo lui? Un amico di Dumbledore? Crouch? Idiota!

Guardai il capo dipartimento Aurors, stava discutendo con mio padre e si stava avviando dai bambini, forse era il caso che sondassi il suo pensiero, che verificassi di persona la sua intenzione di indagare sui Lestrange. Quella storia non mi piaceva per niente. Poteva uscirne di tutto.

    «Crouch… andiamo a vedere come se la cavano i nostri ragazzi? Ho sbirciato prima, ho visto che i nostri figli hanno rinsaldato la loro amicizia davanti a una scacchiera!»
    «Black… il vostro invito, non ho avuto modo di dirvelo prima, mi ha sorpreso… »
    «Perché mai? Quello che accade davanti al Wizengamot non deve avere strascichi fuori dall’aula 10, non trovate?»
    «Certo… purché non ci si aspetti di… come dire… indirizzare ciò che accade in quell’aula, attraverso le attività ricreative che si organizzano fuori… non credete, Black?»
    «Ed io non ho alcun interesse a indirizzare ciò che avviene in quell’aula… per quanto mi riguarda, anzi, spero di non doverci rimettere piede per un bel pezzo, eheheheh… »
    «Vedremo… »

Mio padre Arcturus mi rivolse un’occhiata preoccupata, io lo fissai per fargli capire che non avevo idea di che cosa volesse quell’individuo molesto, cercò di venirmi incontro, spostando l’attenzione da me ai ragazzi, fece un caloroso complimento, inusuale per una mummia incartapecorita come lui, al figlio del nostro ospite, ma il bambino dai capelli color paglia non parve reagire con maggiore calore di quanto ne esibisse quel cerbero del padre.

    «Regulus, figliolo… hai una scacchiera davvero bella! Orion, dove l’hai trovata? È un pezzo da collezione: ne ho vista una simile solo una volta, anni e anni fa, a Herrengton, davanti a una pregiata bottiglia di Firewhisky del buon vecchio Donovan… »
    «Donovan Sherton, Lord Black?»

Crouch non attese la risposta di mio padre, non parve ascoltare minimamente le mie obiezioni: io non sapevo nulla di quella scacchiera, a mio figlio avevo regalato un bellissimo set di bilancine in oro, perché negli ultimi mesi, dopo le settimane passate a Herrengton, Regulus aveva dimostrato una straordinaria propensione allo studio delle arti Pozionistiche. Il Mago si sporse sul figlio, senza degnarlo di uno sguardo, e pur essendoci sopra una partita avviata, sollevò la scacchiera e un paio di pezzi, provocando lo sguardo smarrito e oltraggiato di Regulus. Si mise a osservarla con attenzione. L’espressione vittoriosa che apparve su quel muso da faina non mi piacque per niente.

    «Interessante… La riconoscete Black? »

Presi in mano la scacchiera che Crouch, gli occhi di fuoco, mi porgeva. Sentii il respiro mozzarsi, le mani cominciarono impercettibilmente a tremare: conoscevo la scacchiera di Donovan, ci avevo giocato per anni, con Alshain, ogni volta che andavo a Herrengton e, in seguito, quando il padre aveva concesso al figlio di portarla a scuola. Conoscevo ogni singolo dettaglio, scheggiatura, lieve variazione del colore del legno. Quella che avevo davanti poteva essere solo la scacchiera di Alshain, o al massimo una copia perfetta ottenuta con la Magia. Quando presi tra le mani il re nero, però, non ebbi più alcun dubbio e non riuscii a mascherare oltre i miei pensieri. Non c’era tempo di fermarsi a pensare come quella scacchiera fosse arrivata fin lì, evidentemente doveva essere il perverso dono di Rodolphus Lestrange per il compleanno di mio figlio, quello che mi preoccupava di più era che questa dannata “epifania” fosse avvenuta proprio davanti a Crouch…

    «La scacchiera e i pezzi sembrerebbero gli stessi… ma la scatola non è quella originale… »
    «Certo, la scatola originale si trovava a Londra, nella casa di Essex Street, in quella che si presume fosse la camera della ragazzina: lì abbiamo trovato una scatola da scacchi, senza pezzi e senza scacchiera… ci chiedevamo appunto che fine avessero fatto… Ragazzo, da quando hai questa scacchiera… e soprattutto, chi te l’ha data?»
   
Regulus non si lasciò intimidire dalla ruvidezza di Crouch, ne sostenne lo sguardo senza esitazione e, come gli era stato insegnato, disse la verità, una verità che mi lasciò parecchio sconcertato.

    «Era nel pacco regalo di Meissa: mi ha mandato questo libro e quella scatola… »
    «È impossibile, Meissa me ne avrebbe parlato… mi avrebbe consegnato il dono, l’ultima volta che sono stato a Hogwarts, due giorni fa… non è… possibile… »
    «Noi sappiamo che… la scatola era a Londra! Come ti è stato consegnato il… »

Non ci fu tempo. L’interrogatorio s’interruppe quando alle nostre spalle si levò un mormorio, via via più alto e allarmato, mi voltai, circondato da bambini che puntavano il dito dietro di me e si chiedevano che cosa stesse accadendo. Una palla argentea aveva già solcato gli alberi che delimitavano il parco e aveva attraversato il giardino, stava volteggiando sopra la testa degli invitati che, ammutoliti, erano simili a statue, fermi a guardarla. L’oggetto, un Patronus messaggero, si librò fino a fermarsi dinanzi a Crouch. Lì si aprì in una leggiadra forma non del tutto definita e la voce dell’Auror Potter ruppe il silenzio sceso tra noi.

    «Bartemious, organizza il rientro del Ministro con la sola scorta indispensabile e raggiungici con quanti più uomini hai a disposizione… siamo sotto attacco dei mannari di Greyback! Morvah è il luogo che stavamo cercando!»
    «Ferguson, Mitchell, Cavandish, svelti, scortate il Ministro a Londra… Richardson, tu e tutti gli altri state pronti a venire con me!»
    «Dove state andando, Crouch? Che cosa c’è a Morvah? Quale… »
    «Non preoccupatevi, Ministro… è finita! Entro domani vi prometto che avrete anche le chiavi di Herrengton!»
    «Come sarebbe, Crouch?»
    «La Fiamma di Habarcat deve essere consegnata al Signore Oscuro fuori dalle Terre del Nord, visto che Lui non fa parte della Confraternita… Sono giorni che aspettiamo e cerchiamo… il furto delle carte di Doire è stato illuminante: Morvah era uno dei posti in cui Habarcat può essere nascosta, fuori dai territori della Confraternita… e oggi, finalmente, abbiamo trovato tracce di Magia del Nord, nei pressi dei ruderi di quell’antico convento, qui in Cornovaglia… »
    «Salazar santissimo… »

Sentii il bisbiglio soffocato di mio padre, la sua presa incerta sul mio braccio, mi voltai, a sostenerlo, carico di domande

    «Che cosa c’è, padre? Vi sentite male?»
    «No, Orion, no… Salazar… le storie antiche… Signor Crouch… le storie antiche… »
    «Padre… che cosa ti prende? Ti senti male? Ti chiamo il Medimago… »
    «Orion, no! Lasciami finire! Signor Crouch… secondo la tradizione, Morvah è molto probabilmente il luogo da cui fu estratta l’Antica Fiamma ai tempi della diaspora dei Daur… era il più sacro santuario, pregno di antica Magia, era il luogo in cui si riunivano tutte le tribù, di solito in lotta tra loro. Questa Magia… impediva ai Maghi della Confraternita di compiere sortilegi d’attacco, solo in questo modo era possibile per loro convivere in pace.»
    «Che cosa cercate di dirmi, Signor Black? Non capisco… »
    «Non molte famiglie si tramandano ancora queste storie, signor Crouch, neanche noi Black, anche se… abbiamo vissuto quegli eventi. Se avessi ricordato… sarei riuscito ad aiutare il figlio di Donovan… se è laggiù, Crouch… se il Signore Oscuro è riuscito a trovare la sacra grotta… è il luogo perfetto in cui tenere prigioniero un Mago della Confraternita, senza che possa ribellarsi!»
    «Mi spiace, non capisco, signor Black… chi si dovrebbe ribellare?»
    «Siete forse stupido Crouch? Mio padre vi sta dicendo che è Morvah la prigione in cui sono reclusi gli Sherton! Salazar santissimo, tutto torna… è stato lui … è lui il vero traditore! Alshain e Fear sono stati a Morvah in primavera… ed io, idiota, non ci ho pensato! Presto, andiamo!»

Li fissai, li fissai tutti. Crouch mi guardava inebetito, cercava di mettere insieme i pezzi, non capiva ancora, mia moglie e mio padre, che al contrario erano già giunti alle conclusioni, mi fissavano spaventati a morte, sicuri che fossi impazzito. Io sapevo che, se fossi andato, avrei rischiato la vita, ma dovevo andare, lo dovevo per tutto quello che Alshain aveva fatto per me e per tutti gli errori che avevo commesso la notte del matrimonio di Mirzam. Dovevo essere io a riportarli indietro.

    «Devo farlo, Walburga, devo… e tu lo sai…»

Mia moglie mi fissò impietrita, incapace, per una volta di reagire, io le diedi subito le spalle, pronto a seguire gli Aurors di Crouch, quanto a mio padre, era troppo afflitto dalla sua memoria traditrice, per opporsi, forse sentiva che il mio intervento poteva, in qualche modo, compensare il suo errore. Quando vidi il sorriso sornione di Abraxas, tremai, ci misi poco a leggergli le labbra.

    Cerca di non essere patetico come sempre, Black. Non domani!

Era tutto previsto, anche questo, anche la mia reazione: stavo facendo il suo gioco. Non sapevo che cos’altro avesse progettato per me, per tutti noi, che cosa mi attendeva a Morvah, ma io non potevo fare altrimenti. Quando vidi la luce dell’orgoglio negli occhi di mio figlio, però, la paura, il dubbio, l’incertezza, sparirono e nulla ebbe più importanza.


*continua*



NdA:
Ciao a tutti, scusate il ritardo, vado sempre di fretta, ormai sarete rassegnati, ma per Natale volevo farvi trovare qualcosa sotto l'albero. Eccomi perciò qui, con questo capitolo lungo lungo e molto "chiacchierato", in cui finisco di delineare "gli schieramenti" dei vari personaggi nella "guerra" che sta per scoppiare. Un capitolo in cui invece che sulla violenza fisica, i nostri "cattivi" si sono basati molto su inganni,  minacce, e giochi non molto... "puliti", visto che stanno coinvolgendo anche dei bambini. Ringrazio quanti hanno letto, commentato, aggiunto alle liste, ecc ecc. r approfitto per farvi i miei auguri di Buon Natale e che il 2015 sia meraviglioso per tutti voi.
Valeria


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