Piccola premessa: Buon anno! ♥ Spero che questo lunghissimo capitolo non vi annoi.
Three
23 dicembre.
Stamattina siamo avvolti da un'aria fredda e -stranamente- molto
tranquilla. Quando sono arrivata in cucina, ho avuto la sorpresa di
trovare Haymitch seduto su una sedia a piluccare un muffin allo
zafferano.
Adesso
siamo tutti molto silenziosi: io passo la pancetta a Ranuncolo che si
stiracchia attorno ai piedi del tavolo, l'ubriacone corregge il suo
caffè con un tipo di grappa che ha preso nella mia
credenza... ed è per
questo che è la nipotina di Sae a farmi notare Peeta in
pigiama venire
verso di noi.
«Buongiorno»
ci sorride debolmente facendo una piccola carezza ai capelli della
bambina e posizionandosi nell'unico posto vuoto.
Eppure
pensavo non scendesse a fare colazione...
«Come
mai è vestito così?» mi sussurra poco
dopo la piccola.
Continuo a
mangiare indisturbata perché Sae, che ha ascoltato, mi
precede e risponde prima di me.
«Peeta
si è beccato l'influenza ed è rimasto qui
ma...» lo guarda come per
rimproverarlo «a quanto pare, non ne vuole sapere di stare
fermo a
letto».
Il ragazzo
del pane si versa un po' di miele nel latte tossendo appena
«scusa... ma non avevo molto sonno».
È
da due giorni che Peeta non ha affatto una bella cera. Ieri sera,
mentre cenavamo, mi sono accorta di come il suo corpo era percorso da
continui brividi di freddo; alcune volte deglutiva a fatica e spesso
era colto da incessanti colpi di tosse, era pallido e aveva le labbra
screpolate e viola.
Quando
si è seduto sul divano per alcuni minuti perché
stanco, Sae lo ha
minacciato ordinandogli di rimanere a dormire nella stanza degli ospiti
mentre Haymitch se la rideva allegramente bevendo dalla sua fiaschetta
argento.
«Infetta
mia nipote e sei morto, fornaio!» lo ammonisce Sae
puntandogli un cucchiaio contro.
«Sì...»
Peeta quasi mugugna tirando la testa all'indietro intontito dai suoni
intorno a lui.
Deve
sentirsi davvero male...
L'osservo
attentamente rendendomi conto dei suoi movimenti fiacchi e del respiro
corto; beve lentamente il suo latte e cerca di mangiare un frollino non
riuscendoci.
Come
me, anche la bambina lo guarda leggermente preoccupata del fatto che
non parli per niente. Di solito, è l'unico che cerca sempre
di
mantenere vive le conversazioni.
«E...
panettiere» lo richiama di nuovo l'anziana. «Se ti
trovo a dormire
un'altra volta con anche un solo spiraglio della finestra aperto,
ritieniti morto».
Ha ancora
questa strana abitudine? Pensavo che con questo tempaccio...
«Stamattina
presto sono entrata in quella camera e si congelava. Era
così tanto
rannicchiato sotto le coperte che non ho visto nemmeno una ciocca di
capelli fuori dal piumone. Ho dovuto sigillare tutto» ci
spiega
mandando giù dell'acqua. «Cavolo... ci credo che
ha un febbrone da
cavallo!» esclama infine.
Do
un'altra fetta di pancetta al brutto micio spelacchiato -che gira per
casa- senza mai distogliere gli occhi di dosso a Peeta.
«Sembri
una mummia, ragazzo» asserisce Haymitch rinvenuto dal mondo
degli sbronzi.
«È uno
straccio» corregge Sae indicandolo come se lo volesse
incolpare di un reato gravissimo.
Come fa a
non mandare al diavolo tutti e due? Io l'avrei fatto da un pezzo.
Disegna un
piccolo fiorellino sul fazzoletto e lo restituisce alla bambina
rivolgendole un sorriso gentile.
«Mi
dispiace non aver potuto preparare il pane» ci dice
improvvisamente.
«Se mi lasciaste andare, magari potrei fare delle pagnotte a
casa e
portarle stasera».
«Tu...
cosa?» sghignazza Haymitch sbilanciandosi sulla sedia.
«Ma se non ti
reggi nemmeno in piedi!» lancia il muffin lontano dalla sua
portata.
«Ma
che cavolo combini, Abernathy?!» gli sbraita Sae inorridita
dal suo gesto preoccupandosi di dover pulire.
Ho i nervi
a fior di pelle. Risponderò. Li farò uscire da
qui dentro. Non li sopporto più.
«Che
sarà mai, vecchia!» replica il mentore con un
sorrisetto strafottente sul volto.
Poso
gli occhi su Peeta che continua a bere dalla sua tazza e mi concentro
sulla piccola che credo stia quasi per scoppiare in lacrime
perché
spaventata dalla situazione.
«Idiota
di un uomo! Come ti permetti?» urla la donna non
preoccupandosi del
tono alto della sua voce avventandosi su Haymitch e dandogli uno
scappellotto bello forte.
Non ne posso più.
«Fuori
di qui» sibilo. La mia pazienza è al limite.
«Andate via, ora!» grido non riuscendo a stare
seduta.
Entrambi mi
guardando con occhi increduli.
Sto sudando
freddo e ho il fiato corto. «Uscite, forza!» indico
il corridoio.
Ancora
mi osservano come se stessi dicendo la più grande
assurdità di questa
terra fino a che Haymitch non si alza dal suo posto.
«Bene,
dolcezza, grazie per la colazione» si congeda con un cenno,
per niente turbato dall'accaduto.
È
Sae quella più stizzita. Pietrificata dalla mie parole, forse.
Solo quando
sente la porta di casa sbattere, si riprende e posa alcune stoviglie
sul lavandino senza aprire bocca.
«Andiamo»
ordina alla bambina che sta consumando un biscottino al cioccolato in
santa pace.
«Posso
accompagnarla» le rispondo sicura di me. «Sta
mangiando» continuo glaciale.
«È
mia nipote, ragazzina!» digrigna i denti sbattendo una mano
sul tavolo.
Sto quasi
per controbattere quando Peeta mi interrompe.
«Sae
davvero... può rimanere qui così le disegno
qualcosa da colorare. Non è un problema e non mi
avvicinerò troppo».
Come al
solito, ha sempre la parola giusta nel momento migliore, diversamente
da me che rovino tutto.
Attendiamo
alcuni minuti di silenzio; «d'accordo ragazzo»
sbuffa infine. «Fa la brava e non rompere le scatole a quella lì»
si rivolge alla bambina guardandomi male.
Non mi
interessa quello che può pensare di me, ora. Sono troppo
imbestialita per preoccuparmene.
La vedo
girare i tacchi e lasciarci da soli.
Cado
malamente sulla sedia sospirando rumorosamente.
Vorrei solo
continuare ad urlare a squarciagola.
- Ho
pulito il soqquadro in cucina lavando i piatti e sparecchiando la
tavola con tutta la tranquillità possibile. Niente grida,
niente
schiamazzi, niente di niente...
- Sono
andata in escandescenza senza rendermene conto e ho ancora le mani che
tremano per il nervosismo ma non mi pento di averli fatti
uscire.
- La
nipotina di Sae si è seduta sulla poltrona e ha cominciato a
filare
qualcosa con la lana arancione nel cestino di mia madre -ha scoperto
questa passione da quando è entrata per la prima volta qui.
È quasi
impressionante come le sue piccole manine si muovano veloci con i
ferri. Penso al fatto che -probabilmente- l'unica cosa che io potrei
fare con quei cosi è infilzare gli scoiattoli e
arrostirli.
- Lei
crea, io uccido.
- Peeta
è poco più distante sul divano che la osserva
affascinato e stupito
dalla sua bravura. Così piccola e talmente esperta... come
Prim e la
sua innata dote di curare le persone.
- È
straordinario come tutte le cose belle mi ricordino la mia paperella.
- Metto
altri tronchetti di legno a bruciare nel camino dopodiché
giro per la
casa stordita come Ranuncolo. In queste giornate non posso cacciare o
semplicemente andare nei boschi perché c'è
ghiaccio ovunque.
- «Katniss...»
mi chiama Peeta destandomi dai miei pensieri. «Qualcosa non
va?» mi
sorride debolmente facendo segno allo spazio al suo fianco.
- «Scusa
per la scenata di prima» rispondo imbarazzata sedendomi e
giocherellando con un filo di cotone della mia maglia. «Non
sopportavo
più le loro chiacchiere fastidiose, per di più
lei...» indico la
bambina «stava per avere una crisi di
pianto».
- «Capisco»
continua a sorridermi per poi tossire più volte e attirarsi
le gambe al petto.
- Vederlo
così è veramente strano. Ricordo che durante i
nostri primi Hunger
Games, quando era malato, sono andata più volte nel panico
perché non
sapevo che fare per salvarlo dalla morte certa.
- «Non
stai per niente bene» asserisco leggermente
preoccupata.
- «Non
sono del tutto in forma, ecco. E ti ringrazio per aver messo fine alle
parole di quei due» ridacchia. «Ma...»
cerca di continuare. Uno
starnuto lo interrompe. «Maledizioneee» mugugna
esasperato alzando gli
occhi al soffitto.
- «Non
ho intenzione di scusarmi se è quello che vuoi che
faccia» dico schietta incrociando le braccia al
petto.
- «Katniss...»
sospira tirando su col naso. «Non penso l'abbia presa bene,
almeno Sae, intendo».
- Ora
no, sono troppo incavolata per fare questo passo. Non
voglio il suo perdono.
- La
piccola si avvicina a me e Peeta e ci mostra il suo lavoro. Ha qualche
imprecisione qua e là ma si capisce chiaramente che
è una specie di
sciarpa per scaldare le mani.
- Lo
poggia vicino al ragazzo del pane che la guarda incuriosito.
L'espressione del suo viso illuminato dalla luce flebile del camino,
è
un qualcosa alla quale non si può dare una definizione ben
precisa.
- Sta
lì, con la bocca spalancata e gli occhi che luccicano
felici; nel frattempo, ha cominciato a piovere a
dirotto.
- «Per
me?» domanda un tantino impacciato e sbalordito dall'insolito
gesto.
- Lei
muove il capo su e giù e subito dopo cerca di infilargli le
dita nel intreccio di lana.
- È
così buffa quando scopre di aver sbagliato misura, che mi
viene da sorridere.
- «Ti
ringrazio dal profondo del cuore» Peeta le dà una
leggera carezza sulla
guancia. «Questo è il miglior regalo che potessi
ricevere e tu sei una
personcina meravigliosa» ora la stringe forte a
sé.
Prima che il sole tramonti e
prima che si scateni un altro temporale, decido di accompagnare la
nipote di Sae a casa sua.
A me ha
fatto una stellina minuscola con della lana rosa.
La
sua dolcezza mi disarma. Io non sono gentile e buona come Peeta ma lei
ha pensato comunque di farmi un regalino così come ha fatto
con il
ragazzo del pane.
Sono
contenta che questa bambina non avrà mai la
possibilità di conoscere la crudeltà di Capitol
City e degli Hunger Games.
Mi stringe
la mano mentre percorriamo le strade innevate del Distretto 12.
Noto le sue
gote leggermente rosse e gli sbuffi di aria condensata che escono dalla
sua bocca quando respira.
Devo dire
qualcosa, non posso apparire sempre tanto glaciale alla gente.
«Sei
stata bene?» la scorgo alzare lo sguardo un tantino sorpresa
dalle mie parole.
Mi
chiedo se abbia mai sentito il tono della mia voce -oltre a stamattina
e alle notti in cui urlavo per gli incubi, naturalmente...
Annuisce
più volte facendo attenzione a tenere le labbra ben serrate.
Come me non
è una gran chiacchierona, le piace guardarsi intorno.
«Peeta
ti sta simpatico, vero?» domando dandomi subito della
completa idiota.
Certo che le sta simpatico,
Katniss!
Fa segno di
sì con la testa energicamente «ma anche
tu!» cerca di giustificarsi.
Sorrido
flebilmente, grata del suo commento.
«E
ti è piaciuto il pranzo?» continuo. Mugugna
qualcosa saltando un cumulo
di neve. «Che disegno ti ha fatto Peeta?» ci sto
prendendo gusto.
«Il
tuo gatto» fa dondolare le nostre braccia avanti e indietro.
Quell'animale orribile...
mi fa quasi ribrezzo ricordare il suo pelo color vomito e quei suoi due
occhi fuori dalle orbite che mi osservano sempre come per sfidarmi.
Mi
passa alla mente un episodio in cui Ranuncolo fece cadere una delle
bottiglie di liquore bianco di Haymitch che quasi non lo scuoiava vivo
mentre Sae strillava furibonda di cacciarlo fuori così non
avrebbe
distrutto qualche altra cosa.
A
me, personalmente, non dava per niente fastidio quell'idea ma Peeta
è
stato irremovibile; lo ha appoggiato sulle sue gambe e non l'ha fatto
muovere per ben tre ore.
Arriviamo
dopo circa dieci minuti all'abitazione della bambina.
La saluto e
lei mi abbraccia ringraziandomi della bella giornata passata.
Prim... Sembra
tanto Prim quando era più piccola e assomiglia alla dolce e
tenera Rue che si fidava ciecamente di me.
«Nonna
Sae è stata cattiva oggi» mi sussurra ad un
orecchio quando mi abbasso
per accarezzarle per l'ultima volta la testolina e aggiustarle il
cappello. «Scusala».
«Anche
io lo sono stata» le sorriso iniziando ad incamminarmi verso
il Villaggio dei Vincitori.
- Torno
a casa mia chiudendomi la porta alle spalle e levandomi gli stivali
inzuppati d'acqua.
- Tutt'intorno,
nessun rumore mi disturba e in cucina ci sono tutte le stoviglie
lavate.
- Dov'è andato Peeta
con questo brutto tempo?
- Mi
calmo quando lo trovo disteso sul divano a sonnecchiare tranquillo con
il micio che fa da sentinella ai suoi piedi. Alla fine, anche quel
gattaccio si è affezionato al ragazzo del pane...
- Il
suo respiro è disturbato da alcuni colpi di tosse ma non
noto nulla di tanto preoccupante.
- Il
fuoco del camino si è quasi spento così decido di
aggiungere altra legna per alimentare le fiamme.
- Mi
avvicino a Peeta e sento Ranuncolo soffiarmi contro; immediatamente gli
lancio un cuscino facendolo ruzzolare a terra.
- Quanto
mi diverte vederlo rialzarsi stordito.
- Continua
a fare versi poco carini e quando si rende conto che non ho intenzione
di allontanarmi, se ne va via imbestialito.
- Sposto
alcune ciocche di capelli dagli occhi di Peeta e osservo attentamente
le sue lunghe ciglia bionde per poi seguire la linea del suo
profilo.
- Cosa sei tu per me?
- Mi
soffermo sulle cicatrici delle sue dita trovando quella profonda che
continua per... tutto il braccio sinistro?
- Sono
così stanca che mi addormenterei in qualsiasi posto, anche
sulla tavola se necessario.
- La
scorsa notte è stata orribile. Mi sono svegliata
più volte senza urlare
né dimenarmi. Ho pianto tantissimo e sono stata
tentata di andare
nella stanza degli ospiti dov'era Peeta.
- «Ehi...»
lo sento sussurrare improvvisamente. «Hai sonno?»
si solleva.
- «Un
po'» mi strofino un occhio sbadigliando appena.
- «Forza,
sdraiati qui» si mette in piedi lasciando il divano
libero.
- «Ma...
tu...» cerco di parlare.
- «Ho
riposato abbastanza» mi sorride dolcemente. «Sto
molto meglio» mi posa
un leggero bacio sulla fronte prima di dirigersi in un'altra
stanza.
- Nonostante
le sue parole, scotta ancora molto.
- «Dove
vai adesso?» gli domando stendendomi e afferrandogli un
braccio al volo.
- «A
cucinare» mi stringe la mano e l'accarezza piano con il
pollice. «Non
credo che dopo la sfuriata di stamattina qualcuno si
preoccupi di
doverti preparare la cena» infila le pantofole e io riesco a
vedere il
suo piede artificiale.
- «Va
bene» mormoro prima di sprofondare nel sonno.
Un rumoreggiare mi fa
svegliare di soprassalto.
Incubo o realtà?
Li sento.
Vengono verso di me.
Arrivano.
Mi prenderanno e si vendicheranno.
I morti. Tutti
quanti.
Mi
butteranno viva in una fossa profonda e mi copriranno di terra, di nuovo.
Sempre
più vicino distinguo dei passi irregolari e veloci e subito
dopo
avverto la presenza di qualcuno fermo dietro la porta della mia camera.
La maniglia tremola appena.
Il panico
mi assale.
Prim sei tu? Vuoi che ti faccia
compagnia?
Mi alzo e
resto seduta tra le coperte, immobile. Rabbrividisco.
Perché
deve essere così straziante questa attesa? Fatemi fuori
subito, non perdete tempo.
Stringo tra
le dita un lembo di lenzuolo cercando di scorgere qualcosa
nell'oscurità.
«Katniss»
il ragazzo del pane fa capolino nella camera piuttosto terrorizzato
accompagnato da Ranuncolo che si rannicchia su una poltrona miagolando
isterico perché ha paura dei temporali.
È solo Peeta,
Katniss... solamente lui. Non stai sognando.
Ha il
respiro corto e poi... il buio mi circonda, non riesco a vedere nulla.
Mi
avvicino all'abat-jour sul comodino tastando qualsiasi cosa e in poco
meno di un secondo, quando trovo l'interruttore, la luce sfarfalla per
poi illuminare fiocamente il suo viso.
Dei grossi
cerchi neri gli contornano gli occhi rossi dall'insonnia.
Cos'hai?
Mi guarda
sconvolto e mi scruta per bene fino a quando non sento di
nuovo la sua voce. Rauca.
«Io...
Mi dispiace» sussurra poggiandosi allo stipite accanto a lui.
«Pensavo che... tu non...» continua atono.
Non ha mai
questo tono, nemmeno quando ha un episodio. Le sue parole sono
così agitate che quasi non sembra lo stesso.
«Incubi?»
chiedo senza aspettare troppo. La mia voce suona leggermente stanca.
Mai mi
è capitato di vedere come Peeta reagisce ai brutti sogni.
In
passato, ricordo che mi aveva detto che, di solito, se ne stava
paralizzato nel suo letto e poi, quando si rendeva conto che ero viva e
vegeta accanto a lui, ritornava a dormire sereno.
Annuisce
piano col capo per poi deglutire a fatica. È più
pallido del solito e
questo mi fa pensare che la sua temperatura si sia alzata di parecchio.
Stiamo
minuti buoni a fissarci senza fiatare, quasi mi perdo ad osservare il
suo indice che percorre su e giù la cicatrice sul dorso
della mano
sinistra.
È
lui il primo a rompere il ghiaccio «Katniss, scusa.
Io...» si sposta
dalla sua posizione. Batte i denti dal freddo «Ti... ti ho
spaventata»
continua ad essere scosso da brividi.
«Peeta...»
sussurro, «non stai bene».
«Perdonami,
ti ho svegliata per una stupidaggine» sospira affranto e
barcolla per
un po' cercando di uscire fuori aggrappandosi alla maniglia.
Non
riesco a sopportare di vederlo in questo stato. Non può
richiudersi in
un'altra stanza senza che io faccia nulla. Non può
nascondersi così
spudoratamente da me.
«Vieni»
mormoro talmente piano che quasi penso non abbia sentito ciò
che ho detto.
Volta
la testa. «Ho la febbre. Non vorrei che poi...» si
passa una mano tra i
riccioli color grano accennando un sorriso debole.
«No.
Vieni» gli faccio segno di raggiungermi tra le coperte. Suona
come una supplica la mia.
Resta
immobile per alcuni secondi per poi avanzare di qualche passo fino a
raggiungermi. Si arrampica sul letto e mi abbraccia forte, come se non
mi vedesse da anni.
Come
posso aver mai pensato che mi avesse lasciata sola? È sempre
stato qui
a proteggermi, il ragazzo del pane. Magari è molto
più spezzato di
prima ma anche io sono cambiata dopo la morte di Prim.
Sotto
l'effetto del veleno ha cercato di uccidermi ma alla fine ha combattuto
contro se stesso ed è ritornato quasi quello di un
tempo e poi ha detto che... è ancora innamorato di me, no?*
Ma io...?
Io non lo so. Io non posso provare questo sentimento. Io sono vuota e
troppo arida... adesso.
«Ti
avevo ammazzata brutalmente e quando mi sono svegliato non eri con me e
poi...» lo sento farfugliare tra i miei capelli e avverto la
sua
stretta farsi più vigorosa.
Una lacrima
sfugge al mio controllo bagnandomi il viso; l'asciugo al volo.
«Sono
qui. Tranquillo» ripeto più volte cercando di
calmarlo stringendolo a mia volta.
Il profumo
di cannella è ancora presente sulla sua pelle.
Quanto mi piace.
Sono
così contenta che si sia aperto a me, che mi abbia dato la
possibilità di poter conoscere tutto il male che lo
circonda.
- Non
so quanto tempo passa ma mi risveglio preda di un sogno orribile.
- Mi
alzo dal cuscino e inizio a tremare non riuscendo a fermare i
singhiozzi e il mio pianto sommesso.
- Peeta
mi è accanto, si è accorto di me.
- Fuori
piove a dirotto e i lampi e i tuoni si scatenano.
- «Calma,
Katniss. Calma» sono tra le sue braccia mentre mi sento
completamente irrigidita dal freddo.
- «Non...
Primrose e...» dico tra le lacrime senza farmi
capire.
- «Katniss,
per favore...» mi accarezza i capelli sussurrandomi di non
agitarmi tanto. «Non l'hai uccisa tu»
continua.
- Alla
fine succede sempre questo. Ci troviamo sempre nella stessa
situazione. È lui che mi dà sicurezza mentre
io... non faccio nulla per aiutarlo.
- Mi
aggrappo disperatamente alle sue scapole come se fosse l'unico appiglio
che ho per rimanere a galla.
- «Io...
non ti aiuto mai...» dico. «Io distruggo le vite di
tutti... uccido tutti...» continuo totalmente nel
panico.
- Le
immagini di mia sorella distesa su un pavimento di piastrelle bianche
macchiate del suo sangue mi terrorizzano. L'ho ammazzata con una
freccia. Gliel'ho conficcata più volte nel torace. Con
estrema ferocia.
Senza fermarmi.
- Avverto
la fronte bollente di Peeta appoggiarsi alla mia con delicatezza.
«No.
Guardami» mi costringe ad aprire le palpebre che fino a poco
fa tenevo
ben chiuse.
- Incontro
i suoi occhi cristallini carichi di stanchezza scrutarmi
attentamente.
- «Era
solo un bruttissimo incubo. Tu hai cercato in tutti i modi di salvare
Prim» ripete fino a quando i miei muscoli non si
distendono.
- Come
fa a non avere un episodio? È tantissimo che non ha i suoi
flashback...
In quali circostanze il veleno degli aghi inseguitori comincia ad avere
il controllo su di lui?
- «Peet...»
cerco di pronunciare il suo nome ma un nodo alla gola me lo
impedisce.
- Mi
abbraccia ancora. Le sue labbra mi sfiorano il collo freddo e questo mi
provoca una specie di scarica elettrica che mi percorre interamente il
corpo.
- Istintivamente
allaccio le mie gambe alle sue.
- Di nuovo... non ho
freni quando sono in compagnia del ragazzo del pane.
- Mi
prende il viso tra le mani e mi osserva preoccupato.
- «Va
meglio?» mi dice portandomi una ciocca corvina dietro
all'orecchio.
- Annuisco
impercettibilmente abbassando lo sguardo.
- Mi
sento così in colpa nei suoi confronti.
- «Non
ti permetto di dire queste cose, Katniss» è serio
quando pronuncia
queste parole. Decido di puntare i miei occhi nei suoi. «Tu
mi dai
sempre la forza per andare avanti. Sarei già morto da
suicida se non
fosse stato per te».
- Inutile.
Non riesco a contrastare le sue iridi celesti.
- Comincio
ad accarezzargli i capelli color grano con lentezza estrema non sapendo
cosa rispondere.
- Le
sue affermazioni mi spiazzano sempre.
- «Ecco...
vedi?» continua. «Anche con questi piccoli
gesti».
- Mi
fermo istintivamente.
- «Ma...
non è possibile» mormoro sul suo collo.
- «Sì,
invece» sta sorridendo.
- Il
fatto che -nei miei confronti- abbia costantemente questo tono gentile
e pacato, non mi aiuta affatto a comprendere che posto occupi nel mio
cuore.
- Cosa sei tu per me?
- Si
avvicina silenziosamente.
- I
nostri nasi si toccano; percepisco il suo alito caldo accarezzarmi la
pelle. Dopo vari tentennamenti mi bacia piano e ogni singolo oggetto
della camera comincia a ruotare velocemente.
- Il
secondo bacio da quando è venuto qui al Distretto 12. E mi
provoca
sempre lo stesso immutato effetto che mi fa girare la testa.
- Non
so che significato abbia per me che sono una mentalmente
instabile.
- È giusto, Prim,
sentirsi così mentre tu sei morta in quel modo tanto
disumano?
- Non
potrà mai provare sentimenti del genere la mia
paperella...
- Peeta
si allontana da me accarezzandomi appena una guancia, come se avesse
paura di rompermi. «Perdonami» bisbiglia per poi
giocherellare con la
mia treccia disordinata.
- No. Non scusarti, Peeta. Non hai
nessuna colpa.
- Scuoto
il capo piano sollevando un angolo della bocca. Dovrebbe essere una
specie di sorriso il mio.
- «Dormi,
Katniss» mi scioglie il groviglio che mi trovo in testa come
solo lui sa fare.
- È
ancora tanto malato: la sua voce rauca... le sue guance bollenti e il
suo inspirare ed espirare affannoso.
- Cerca
di nasconderlo ma l'ho capito da un pezzo che in realtà la
sua temperatura corporea si è alzata.
- «Grazie»
gli mormoro stringendomi alla sua schiena.
- Sta
lì. Fermo, immobile se non fosse per alcuni brividi che lo
scuotono
leggermente. Per un momento lo sento anche battere i denti.
- «Buonanotte»
mi dà un leggero bacio sulla tempia per poi cadere tra le
braccia di Morfeo ormai esausto.
- Mi
addormento cullata dal suo respiro leggermente irregolare e avvolta dal
profumo che lo caratterizza.
*Peeta
spiega a Katniss di averla sempre amata (era stato il veleno ancora in
circolo nel suo corpo a fargli dimenticare cosa provasse per lei)
in Nell'oscurità...
una luce. però non può prometterle
niente perché non è del tutto guarito. Ha paura
di poterle fare del male.
---------------
Ciaooo!
È
finita. Finita. FINITAH!
Giuro,
mi mancherà questa mini long ç^ç
Sento
così tanto la sua mancanza già da adesso.
È così straziante dirle addio.
Prometto
che farò una raccolta... una specie di serie di one-shot o
brevi long. Non abbandonerò tutto così.
Ho
pianto come un'idiota scrivendo la parte dell'incubo di Peeta.
Cavolo,
comprendetemi! È disperato e mi ha dato una tristezza
infinita. Quasi
volevo stritolarmelo per bene ç____ç (mi sento
tanto ridicola a
scrivere 'ste cose... sono esagerata a volte, me ne rendo conto).
E
poi mi sono immedesimata tantissimo in Katniss - nemmeno avessi
partecipato agli Hunger Games - quando il ragazzo del pane l'ha
consolata.
Non
so... è difficile descrivere ciò che sento. Una
parte di me strepita e
urla e un'altra si deprime in un angolino e non solo perché
è arrivato
il momento di cliccare su quel maledetto "Completa" ma anche
perché non
so assolutamente come abbiate preso questo ultimo capitolo. Ho
cercato di descrivere tutto l'arco di una giornata e forse mi sono
dilungata troppo.
Per
favore, ditemi come lo avete trovato. OOC? Noioso?
ç___ç
*attacco
d'ansia improvviso*
Eppure
ho pensato ad un discorso così sensato ieri! L'ho
dimenticato, scusate.
Cercherò
di andare in ordine...
Ecco
spiegato Flu.
VOLEVO con tutta me stessa metterci un Peeta malato (perché come si fa a non prendere l'influenza a furia di dormire con le finestre aperte?)/gentile♥
e una
Katniss preoccupata/arrabbiata/non-tanto-glaciale/spaventata e una Sae
rompiscatole e una nipotina dolce e un Haymitch menefreghista/burlone.
Mi
sono divertita molto con questo capitolo, specialmente con la prima
parte.
Be', il bacio...
All'inizio non volevo mettere quella parte perché mi
sembrava troppo
scontata. Avrei anche chiuso con l'incubo di Peeta ma poi, sì, alla
fine l'ho fatto e non me ne pento affatto. Dovevo evidenziare i drammi
interiori di Katniss che non riesce a conpredere cosa prova per il
ragazzo del pane, quel suo stato di profonda angoscia, il suo non
volere sentirsi bene perché Prim è morta e non
potrà provare i suoi
stessi sentimenti e dovevo evidenziare quanto Peeta tenga a lei, quanto
sia impacciato e spaventato perché ha paura di poterle fare del male...
Io li amo in
maniera smisurata gli Everlark.
Detto
questo, non so... Vi ritroverò nelle prossime storie che
pubblicherò?
Mi
avete così tanto incoraggiata e sono DAVVERO felice di
aver conosciuto persone come voi ♥
Grazie
mille per le recensioni, per i preferiti, per le ricordate e seguite e
grazie anche a chi legge silenziosamente e che non vuole commentare (io
sono la prima che molte volte non riesce a lasciare un misero messaggio
perché va di fretta). Mi sono così tanto
affezionata a questa storia
quanto a voi che mi avete fatto tanti di quei complimenti - che forse
nemmeno mi merito tanto perché non scrivo benissimissimo.
Non
starete capendo nulla. Ho cominciato a digitare a macchinetta.
Solo GRAZIE per
questa fantastica mini-avventura.
E
ora concludo prima di
fare qualcosa di stupido come mettermi a piangere.
Un
bacio,
♥
ps:
la prossima one-shot che pubblicherò sarà «Bel gancio,
ragazzo» - un dialogo tra Peeta e
Haymitch.
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