Angolo
dell'autrice:Eccoci
giunti
all'atteso capitolo finale, spero vi piacerà.
Martin
sentiva il braccio formicolargli fastidiosamente ma non voleva
svegliarsi, il sogno che stava facendo era troppo piacevole ed
eccitante. Stava baciando una ragazza, non la vedeva in volto ma
sentiva la morbidezza delle sue curve sotto le mani.
Quando
il formicolio si tramutò in crampo fu costretto ad
abbandonare i
sogni.
Gemendo
frustrato aprì gli occhi e si accorse che il braccio che gli
faceva
male era incastrato sotto le spalle di Diana; a giudicare dalla
posizione in cui si trovava avevano dormito abbracciati a cucchiaio.
Per un attimo ebbe l'idea di svegliarla con una cuscinata ed iniziare
il nuovo giorno con una bella battaglia, come erano soliti fare da
bambini. Si stava già preparando a tirare via il braccio con
uno
strattone e ad afferrare il cuscino quando si bloccò. Ancora
intontito dal brusco risveglio non si era accorto dell'evidente
erezione che il sogno gli aveva lasciato in regalo.
Come
in un film vide nella sua testa la scena di Diana che svegliandosi lo
trovava in quelle condizioni e dell'imbarazzo che ne sarebbe seguito.
Con
molta attenzione sfilò il braccio dalle spalle di Diana e
fece dei
respiri profondi per calmarsi mentre un nuovo dubbio lo assaliva; nel
sogno la sensazione della pelle della ragazza era molto vivida e si
chiese, con orrore se non avesse palpeggiato Diana mentre dormiva. Se
lo avesse fatto lei non avrebbe potuto non accorgersene ma, in tal
caso, si disse Martin, lui sarebbe stato già bello che
morto.
Parzialmente sollevato da questo pensiero, ma non del tutto
tranquillo, sospirò e si disse che era meglio mettere un po'
di
distanza tra se e la ragazza, magari facendo una bella doccia fredda.
Non
si era ancora alzato che con un mugolio Diana si girò verso
di lui e
si svegliò.
«Buongiorno.»
disse con voce assonnata.
«Buongiorno
a te. Dormito bene?» chiese Martin, un po' teso.
«Magnificamente!»
esclamò Diana, sorridendogli ma omettendo che a metterla di
buon
umore era stato un sogno in cui era tra le braccia calde e forti di
un ragazzo, anche se non era riuscita a capire chi fosse.
Stiracchiandosi
la ragazza buttò via le coperte e si alzò mentre
Martin distoglieva
lo sguardo, un bottone del pigiama si era slacciato e lasciava
intravvedere il reggiseno bianco di pizzo.
«Risistemiamo
il divano?» chiese la ragazza.
«Ci
penso io, tu vatti a preparare così usciamo.»
rispose il ragazzo,
nel tentativo di allontanarla.
«Ok.»
rispose lei, semplicemente, stupita da tanta galanteria.
«Ma
la luce?» chiese, avvicinandosi all'interruttore ed
accendendo la
luce del salotto. «Perfetto, corro a cambiarmi.»
Quando
la ragazza fu sparita dietro la porta della stanza, Martin si
alzò e
iniziò a disfare il letto. Aveva appena finito di ripiegare
il
piumone quando lo sguardo gli cadde sul fumetto che Diana gli aveva
comprato il giorno prima.
Lei
era stata davvero dolce ma lui non aveva fatto nulla per ripagarla,
doveva rimediare.
In
cerca di un'idea andò nello studio del padre, accese il
computer e
iniziò a navigare su internet.
Pochi
minuti dopo, sorridente, ritornava in salotto per riprendere il suo
lavoro ma il rumore della chiave nella toppa attirò la sua
attenzione. Aperta la porta, Gérard Mystere faceva il suo
ingresso
in casa.
«Papà!»
esclamò Martin, andandogli incontro.
«Figliolo!»
rispose l'uomo, sorridendo.
«Gérard!»
urlò Diana, scendendo le scale velocemente ed abbracciandolo.
«Sempre
più carina.» commentò il padre di
Martin, con cenni
d'approvazione, facendola arrossire.
«Che
ne dite di fare colazione?» aggiunse poi, affacciandosi dal
portone
e portando dentro un sacchetto, un vassoio da asporto con tre
bicchieri e la propria valigia.
«Ma
come facevi a sapere che eravamo qui?» chiese Martin,
perplesso.
«La
tua chiamata mi è sembrata strana così ho
controllato l'allarme di
casa tramite il cellulare ed ho visto che era stato disattivato, a
quel punto ho capito che eravate qui.» spiegò
l'uomo, con
semplicità.
«Diana
ti dispiace portare la colazione in cucina mentre io porto la valigia
in camera?»
«Certo.»
«Martin
aiuta il tuo stanco padre e porta la valigia.» disse ancora,
dandogli uno scappellotto scherzoso.
Con
un sorriso la ragazza andò in cucina mentre i due Mystere
salivano
al piano superiore.
«C'è
qualcosa che dovrei sapere?» chiese il padre appena furono
entrati
nella camera padronale.
«Che
intendi?»
«Voi
due soli qui, di notte ed in un letto matrimoniale. Non siete
più
bambini.» spiegò l'uomo, serio.
A
quelle insinuazioni e ricordando l'accaduto al risveglio, Martin si
sentì arrossire.
Se
doveva essere sincero una parte di lui aveva sicuramente intenzioni
poco caste ma era certamente solo colpa del sogno, si disse.
«Papà,
ma cosa vai a pensare!» esclamò, imbarazzato.
«Abbiamo dormito in
salotto solo perché c'è stato un black-out quindi
i riscaldamenti
non funzionavano.» spiegò, scocciato.
«Va
bene. Ti credo.» affermò. «Sai
com'è, volevo evitare che Viviane
mi piombasse in casa per chiedere spiegazioni!» aggiunse,
ridendo e
cercando di sdrammatizzare.
Martin
si limitò a scrollare le spalle e avviarsi verso le scale.
Entrati
in cucina videro la tavola apparecchiata e, in perfetta sincronia, si
fiondarono sulla colazione sotto lo sguardo divertito di Diana, quei
due erano molto più simili di quanto credessero.
«Allora
ragazzi, che progetti avete per oggi?»
«Volevamo
andare al lago a pattinare e poi dovevo andare a ritirare il mio
skate.» rispose Martin.
«Ma,
visto che sei a casa, potremmo passare la giornata insieme.»
propose
Diana, lanciando all'amico un'occhiata di rimprovero.
«Purtroppo
ho alcune relazioni da completare per domani, mi porteranno via tutta
la giornata. Ma potrei portarvi a pranzo da Matthew, che ne
dite?»
disse l'uomo.
«Sarebbe
fantastico!» rispose la ragazza, sorridendo.
«Se
avessi saputo del vostro arrivo mi sarei portato dietro il materiale
così da lavorare in albergo tra una conferenza e l'altra. Mi
dispiace!»
A
queste parole Diana trucidò Martin con lo sguardo.
«Scusami,
papà, avrei dovuto avvisarti, solo che volevo farti una
sorpresa.»
disse il ragazzo, grattandosi la testa.
«Dai,
mi fa piacere vedervi, anche se per poco.» rispose il padre,
dandogli una pacca affettuosa sulla spalla. «Restate anche
per
cena?»
«Purtroppo
è impossibile, lunedì riprendono le
lezioni.» spiegò Diana,
rammaricata.
Finita
la colazione, il signor Mystere salutò i ragazzi e si chiuse
nello
studio a lavorare mentre Martin e Diana disfacevano il letto e
richiudevano il divano.
«Ok,
vado a vestirmi così usciamo.» disse il ragazzo.
L'amica
fece un cenno di assenso col capo e, nell'attesa, andò ad
avviare la
lavatrice così da poter finalmente lavare il suo pigiama
sporco di
cioccolata.
Qualche
minuto dopo Martin scivolava sul corrimano della scala chiamando la
ragazza a gran voce.
«Tranquillo,
sono pronta, arrivo!» urlò Diana, dal piano di
sopra dove era
salita ad ultimare i preparativi per uscire.
Saliti
in macchina, partirono in direzione dei negozio di skate.
«Farò
in fretta.» disse Martin prima di scendere.
Entrato
in negozio e ritirato lo skateboard, tornò in macchina con
un
sorriso enorme e stringendolo a sé quasi fosse un figlio.
«È
bellissimo, non credi?» chiese, mostrandolo a Diana che,
vedendo il
disegno raffigurante vari mostri, si limitò a sorridere,
condiscendete.
Ultimato
l'acquisto, ripartirono in direzione del lago.
Arrivati
a destinazione, Diana lanciò un urletto estatico osservando
ciò che
aveva davanti. Il lago era completamente ghiacciato e splendente, gli
alberi che lo circondavano brillavano grazie alla neve che si era
depositata sui rami spogli mentre poco più di una decina di
persone,
in coppia o in gruppi, era intenta a pattinare.
Sembrava
un paesaggio da depliant turistico e la ragazza era davvero felice di
aver deciso di accettare l'invito del suo amico.
Scesi
dalla jeep, si avvicinarono alla riva e sostituirono le scarpe con i
pattini. Dopo un barcollamento iniziale, i due iniziarono a pattinare
affiancati con Martin che la distanziava di alcuni metri per poi
tornare da lei.
Voltandosi
indietro per tornare dalla sua amica, il ragazzo si fermò un
attimo
a fissarla. Doveva ammettere che era davvero carina con il vestito
bianco in maglia e i leggings scuri, il cappellino candido in testa e
le guance accese dal movimento e dal freddo.
Riscossosi
dai suoi pensieri si diede una spinta per raggiungerla. Era a meno di
un metro quando un bambino tagliò la strada a Diana
facendola
inciampare e cadere. Trattenendo una risata nel vedere la faccia
buffa della ragazza, Martin la raggiunse e le porse la mano per
aiutarla a rialzarsi. Purtroppo la sua presa sul ghiaccio non era
così salda come pensava e così, appena Diana fece
leva sul suo
braccio, si sentì attirare al suolo. Per evitare di finirle
addosso
si slanciò di lato colpendo duramente il ghiaccio.
Preoccupata,
Diana gli si avvicinò camminando sulle ginocchia.
«Tutto
bene?»
«Non
basta così poco per spezzarmi!» rispose Martin,
facendole
l'occhiolino.
«Che
carini! Vorrei che anch'io e Mark formassimo una coppia così
affiatata.» cinguettò una ragazzina mentre stava
passando di fianco
a loro insieme a due amiche che non mancarono di lanciare un'occhiata
sognante in direzione della presunta scena romantica.
Sentendola,
i due si guardarono in faccia arrossendo per poi distogliere lo
sguardo.
Cercando
di non dare peso alle parole udite, i due ripresero a pattinare, a
giocare ad inseguirsi finché, stremati, non si lasciarono
andare su
una delle panchine che fiancheggiavano le rive del lago.
«Cioccolata
calda?» chiese Martin, riprendendo fiato.
«Non
rischiamo di arrivare tardi per il pranzo?»
«No,
tranquilla.» la rassicurò il ragazzo.
Reindossate
le scarpe, decisero di raggiungere a piedi il bar che distava poco
lontano.
Ordinate
le cioccolate presero posto in uno dei tavoli liberi all'esterno;
nonostante fosse inverno, il sole era caldo e faceva piacere godere
dei suoi raggi.
Mentre
sorseggiava la sua bevanda, Diana diede un'occhiata al suo amico
chiedendosi se davvero dall'esterno potevano sembrare una coppia poi
il ragazzo abbassò la tazza rivelando un bel paio di baffi
color
cioccolato e, con una risata, scacciò quei pensieri bizzarri.
«Direi
che è meglio andare.» affermò la
ragazza, poco dopo.
«Ma
non è ancora tardi.»
«Si,
ma prima di andare al ristorante devo cambiarmi.»
«Perché?
Stai bene vestita così.» chiese Martin, perplesso.
Quell'inaspettato
complimenti fece arrossire Diana che abbassò lo sguardo, a
disagio.
«Cadendo
sul ghiaccio mi sono bagnata.» spiegò, appena
recuperata la parola.
«In
effetti anch'io.» affermò, portando una mano al
dietro dei suoi
jeans.
Ridacchiando,
Diana si alzò dal tavolo ed insieme si diressero verso la
macchina.
Arrivati
a casa, i due si fiondarono nelle rispettive stanze.
I
preparativi di Martin consistettero nell'infilare un altro paio di
pantaloni e nel appallottolare e mettere in valigia quelli bagnati.
Una volta pronto, decise di raggiungere il padre nello studio.
«Hey
papà, pronto per il pranzo?» chiese, entrando.
«Un
attimo e arrivo.» rispose l'uomo, continuando a battere sul
computer. «Ho già prenotato il tavolo.»
Lasciato
il padre a finire il suo lavoro, Martin tornò in salotto e
si mise
comodo sul divano. Si era quasi appisolato quando un rumore di tacchi
sulle scale attirò la sua attenzione.
Diana
stava scendendo le scale. I capelli, imbizzarriti dalla mattinata
passata all'aperto erano stati disciplinati in una treccia laterale.
Una gonnellina di jeans con sotto delle calze spesse metteva in
evidenza le sue gambe snelle mentre il maglione con scollo
asimmetrico lasciava scoperta la spalla sinistra. Il look era
completato da dei tronchetti col tacco, una borsetta di maglia ed un
giubbino sportivo che portava piegato su un braccio.
Il
ragazzo rimase a fissarla finché non arrivò alla
base delle scale
quindi distolse lo sguardo, confuso. Aveva sempre pensato che fosse
una bella ragazza, anche se la prendeva spesso in giro per farla
arrabbiare, ma ultimamente la sua vicinanza aveva la
capacità di
mandarlo nel pallone.
Diana
aveva notato che Martin aveva abbassato lo sguardo e si chiese
perché
apparisse così stranito.
«Pronti
per il pranzo?» chiese in quel momento il signor Mystere,
uscendo
dallo studio e ponendo fine alle loro elucubrazioni.
Durante
il tragitto verso il ristorante fu sopratutto Gérard a
tenere desta
la conversazione. Diana aveva ricevuto una chiamata dalla madre e
Martin aveva troppi pensieri in testa per chiacchierare.
Arrivati
al locale, visto che Diana era ancora al telefono, i due decisero di
iniziare ad entrare.
Varcata
la soglia, Matthew, il proprietario, venne loro incontro, sorridente
come sempre.
Era
un uomo sulla settantina, coi capelli brizzolati e la classica
pancetta di chi è una buona forchetta.
Aveva
aperto il ristorante trent'anni addietro e sia i Mystere che i
Lombard erano dei clienti abituali.
«Benvenuto!»
li salutò allegramente. «Martin, quanto ti sei
fatto grande!»
«Salve
Matthew.» risposero i due Mystere.
«Gérard,
ti sentirai vecchio ad avere un figlio che è ormai un
uomo.»
affermò, battendo una pacca sulla spalla di Martin.
«Non
esagerare, ha solo sedici anni.» precisò l'uomo.
«Intanto
il sedicenne si è fatto la fidanzata.»
ribatté l'uomo accennando
col capo alla ragazza che stava entrando in quel momento. «A
proposito, complimenti, davvero una bella ragazza!»
esclamò,
rafforzando il pensiero con una nuova pacca sulla spalla e
guadagnandosi un'occhiataccia da parte del ragazzo.
«Matthew,
ciao!» salutò Diana, entrando.
«Diana,
ragazza mia!» disse l'uomo, avvicinandosi a lei e
abbracciandola.
«Anche tu sei cresciuta parecchio. Pensa che non ti avevo
riconosciuta, ho pensato fossi la ragazza di Martin.»
confessò
l'uomo, ridendo.
Diana
e Martin si scambiarono un'occhiata, a disagio.
«Voi
però siete qui per il pranzo, non per le farneticazioni di
un
pazzo.» affermò ancora l'uomo. «Oliver
accompagna i signori al
tavolo.» disse, affidandoli ad uno dei camerieri.
Arrivati
al tavolo e presa l'ordinazione i tre si ritrovarono finalmente da
soli.
«Allora,
come vanno le cose al Centro?» chiese Gérard.
«Bene!»
rispose Martin, entusiasta.
«Oh,si
se non contiamo i mostri sempre più spaventosi e
repellenti.»
ribatté Diana, facendo una smorfia schifata.
«Tranquilla,
ci sono io a proteggerti.» la rassicurò Martin.
«Lo
so.» rispose semplicemente Diana, con tono dolce e
affettuoso,
sorridendogli e guardandolo negli occhi.
Il
resto del pranzo trascorse tra risate, chiacchiere e aggiornamenti
reciproci sulle novità.
Salutato
Matthew, dopo avergli assicurato di tornare a trovarlo durante le
prossime vacanze, i tre uscirono dal ristorante.
Mentre
si dirigevano alla macchina Gérard rallentò il
passo e trattenne
Martin.
«Ho
visto come ti ha guardato prima. Hai detto che siete solo amici e che
non è successo nulla; io ti credo ma ho l'impressione che
Diana ti
consideri più di un amico. Se tieni a lei stai attento a
come ti
comporti, rischi di ferirla, anche se involontariamente.» gli
sussurrò il padre.
Martin
avrebbe voluto ribattere qualcosa ma avevano ormai raggiunto Diana e
dovette tenere per se i suoi pensieri.
Seduto
in macchina non poté fare a meno di ripensare alle parole
del padre.
Si sentiva fortemente legato a lei, aveva sempre pensato che si
trattasse di sentimenti amichevoli ma se da parte sua non fosse stato
così cosa avrebbe fatto? Come si sarebbe sentito?
La
verità è che non lo sapeva. Si sentiva confuso.
Le voleva bene,
voleva proteggerla e lo infastidiva quando un ragazzo faceva il
cascamorto con lei ma questo era un comportamento da amico o no?
Più
ci pensava più non riusciva a darsi una risposta.
Con
fare stizzito, si scompigliò i capelli imprecando
mentalmente contro
suo padre, i suoi discorsi e i dubbi che era riuscito ad istillargli.
Il
gesto, però, non passò inosservato e lui si
guadagnò un'occhiata
perplessa da parte dei suoi due compagni di viaggio.
«Martin,
tutto bene?» chiese Diana.
«Si,
si.» rispose lui sulle spine.
Anche
se non convinta, si limitò ad un'alzata di spalle. Ci
sarebbe stato
tutto il viaggio di ritorno per parlare e magari non gli andava di
farlo davanti a suo padre.
«Diana
tu cosa devi ancora fare prima di partire?» chiese Martin,
fiondandosi fuori dalla macchina appena arrivati a casa, tenere la
mente occupata era il modo migliore per non indulgere in pensieri
pericolosi.
«Tutto
pronto. Devo solo prendere la valigia.» affermò
Diana, seguendolo.
«Oh, no! Ho dimenticato il pigiama in lavatrice!»
esclamò subito
dopo, in panico.
«Tranquilla,
ci ho pensato io a metterlo in asciugatrice mentre voi eravate a
pattinare.» la rassicurò il signor Mystere,
sorpassandoli e andando
ad aprire la porta di casa.
Entrati,
i due andarono a recuperare i bagagli e si riunirono all'ingresso.
«Allora
è già arrivato il momento di
salutarsi.» affermò Gérard.
«E
si.» rispose Diana, un po' triste.
«Ma
a breve ci saranno le vacanze di Natale e allora ci avrai tra i piedi
per un bel po'.» disse Martin.
«Povero
me!» esclamò il padre, ridendo.
Dopo
i saluti e le raccomandazioni di rito sulla guida prudente i due
montarono in macchina e ripartirono.
«Martin,
davanti a tuo padre non ho voluto dire nulla ma potresti dirmi
perché
sei voluto andare via così presto?»
«Prima
di tornare alla Torrington devo passare in un posto.» rispose
lui,
succintamente.
Con
un sospiro Diana si mise più comoda sul sedile, la sola idea
di
passare altre ore insieme a pazzi invasati fissati con i fumetti la
deprimeva. Era buona e tollerante ma a tutto c'era un limite!
Quando
Martin, ad un certo punto, mise la freccia ed abbandonò la
superstrada Diana si sporse verso il finestrino nel tentativo
d'individuare la loro meta ma in vista non c'era nulla che ricordasse
una fiera del fumetto o un luna park con simulazioni 3D.
Dei
vessilli che garrivano allegri in lontananza attirarono la sua
attenzione; sospirò, chiedendosi cosa fossero e se magari
segnalassero qualcosa di più divertente di quello a cui
erano
diretti.
Pian
piano li vide avvicinarsi e la sua curiosità crebbe di pari
passo.
Quando poi si fermarono in un parcheggio proprio lì vicino
Diana
volse lo sguardo su Martin, perplessa.
«Sorpresa!»
esclamò lui, sorridente. «È una fiera
rinascimentale, ho pensato
che ti avrebbe fatto piacere visitarla.»
Incredula,
spostò lo sguardo dal ragazzo ai padiglioni colorati che si
intravvedevano oltre l'ingresso dello stabilimento.
«Grazie
Martin!» disse, felice, buttandogli le braccia al collo e
schioccandogli un bacio sulla guancia per poi staccarsi
repentinamente da lui, imbarazzata da ciò che aveva fatto.
«Forse
sarebbe meglio andare.» propose lui, improvvisamente
accaldato.
Senza
farselo ripetere due volte, Diana scese dall'auto correndo in
direzione della fiera.
Per
le successive due ore non fece altro che girare da un padiglione
all'altro gettando gridolini estatici ed indicando tutto ciò
che di
curioso o interessante le capitava sotto gli occhi mentre Martin la
seguiva, divertito.
«Dobbiamo
farci una foto in costume!» annunciò poco dopo,
vedendo un piccolo
banco di posa.
Afferratolo
per un braccio lo trascinò dentro.
Pochi
minuti dopo i due si ritrovarono l'uno di fronte all'altra in costumi
rinascimentali.
Vedendolo
armeggiare con la calzamaglia, Diana non poté trattenere una
risata
divertita.
«Sistematevi
davanti a quello sfondo.» disse il fotografo indicando un
pannello
raffigurante un bosco.
I
ragazzi fecero come gli veniva detto sistemandosi affiancati.
«Su
assumete una posa più rinascimentale, falle il
baciamano.»
consigliò l'uomo.
Martin
fece come gli veniva detto, inginocchiandosi e portandosi la mano di
Diana alle labbra mentre lei lo guardava con una luce divertita negli
occhi.
Quando
però il ragazzo la sfiorò davvero con un bacio
lei non riuscì a
reprimere un brivido.
Il
suo sguardo non era scherzoso ma serio e pensieroso, questo la
turbò.
«Fatto!»
annunciò il fotografo, facendoli sussultare e distaccarsi di
botto.
«Potete cambiarvi negli spogliatoi, lasciate pure
lì i costumi.
Troverete la foto alla cassa.»
Dopo
averli salutati l'uomo andò ad accogliere una nuova coppia
di
clienti mentre i ragazzi andavano a cambiarsi.
Ritornati
in abiti moderni, i due andarono alla casa.
«Siete
una splendida coppia!» esclamò la brunetta alla
cassa, osservando
compiaciuta la foto dei due.
«No,
cioè noi...» cercò di spiegare Diana,
impappinandosi.
«Quanto
le dobbiamo?» tagliò corto Martin, cercando di
nascondere il suo
imbarazzo.
Pagata
la foto, ripresero a girare la fiera.
«Che
ne dici di un bicchiere di sidro?» propose Martin, indicando
lo
stand poco lontano dalla panchina su cui si erano appena seduti.
«Perché
no!» rispose Diana.
«Aspettami
qui.»
Guardandolo
allontanarsi, Diana gettò un'occhiata alla foto e sorrise.
Si
sentiva felice, sapeva che Martin non amava quel genere di
manifestazioni ed il fatto che stesse passando il pomeriggio
lì con
lei, che addirittura l'avesse cercata per farle una sorpresa le
scaldava il cuore.
«È
il tuo ragazzo?» chiese qualcuno alle sue spalle facendola
sussultare.
Girato
il capo, vide un ragazzo vestito da cavaliere dai capelli castani
ondulati e con seducenti occhi azzurri che la fissava appoggiato alla
spalliera della panchina.
«Ti
prego, dimmi di no, mi spezzeresti il cuore.»
continuò,
sorridendole.
Diana
arrossì ed abbassò lo sguardo, a disagio.
«No,
noi siamo solo amici.» bisbigliò, mentre in lei si
dibatteva il
piacere per l'attenzione ricevuta e la tristezza per aver dovuto
rispondere no.
Prese
le bibite Martin fece ritorno alla panchina. Vedendo quel ragazzo
sorridente vicino a Diana sentì la rabbia montare,
involontariamente
serrò le mani attorno ai bicchieri e accelerò il
passo.
«Problemi?»
chiese, quasi ringhiando.
Diana
volse lo sguardo dall'uno all'altro non riuscendo a pronunciare altro
che un fievole balbettio imbarazzato.
«Tranquillo,
stavo andando via.» rispose il ragazzo, ghignando.
«Un po' troppo
geloso per essere solo un amico.» sussurrò
all'orecchio di Diana
per poi salutare con un cenno del capo e andare via.
«Ti
stava importunando?» le chiese, porgendole uno dei bicchieri.
«No.
Andiamo.» rispose Diana, nervosamente, alzandosi in piedi.
«Vuoi
continuare a girare per la fiera?»
«No,
voglio andare via.» spiegò, dirigendosi verso
l'uscita.
«Diana,
che succede?» le chiese, andandole dietro.
Non
ricevendo risposta non gli rimase altro da fare che seguirla.
Arrivata
in macchina Diana volse lo sguardo fuori dal finestrino decisa a
ignorare il suo compagno di viaggio.
Era
arrabbiata, innanzitutto con se stessa per essersi lasciata prendere
dall'ira e poi con Martin che era la causa di tutto. Saltava su
appena qualcuno entrava nel suo territorio, ringhiava contro chi le
si avvicinava ma non faceva nulla di più, non dimostrava di
tenere a
lei più di un amico. Non vedeva in lei più di
un'amica.
Sentendo
gli occhi farlesi lucidi si morse il labbra, non voleva che lui la
vedesse.
Seduto
alla guida Martin le lanciava occhiate furtive chiedendosi
perché
avesse reagito in quel modo.
Si
chiese se non si fosse arrabbiata perché aveva interrotto il
suo
colloquio con il “cavaliere”; istintivamente
serrò le mani
intorno al volante, non tollerava quell'idea.
Subito
dopo, però, il senso di colpa prese il sopravvento. L'aveva
portata
a quella fiera per farle una bella sorpresa ed invece aveva rovinato
tutto, anche se involontariamente.
L'intero
tragitto fino alla scuola avvenne nel più totale silenzio.
Appena
Martin ebbe parcheggiato l'auto Diana si catapultò
letteralmente
fuori e aprì il cofano per recuperare la sua valigia.
«Lascia,
è pesante, la porto io.» disse Martin,
sottraendole il bagaglio.
Per
evitare discussioni, Diana lasciò la presa e si diresse a
passo di
marcia verso il suo dormitorio.
Arrivati
in camera, Martin poggiò la valigia e la osservò
a disagio, lei,
dopo aver poggiato la borsa sulla scrivania continuò a
dargli le
spalle.
«Diana,
mi dispiace, non volevo rovinarti il pomeriggio.» disse
avvicinandosi a lei. «Però vorrei almeno capire
perché ti sei
arrabbiata così tanto.»
«Perché,
perché?» attaccò Diana, incapace di
tenere ancora a freno i nervi.
«Perché fai sempre così, ringhi a
chiunque mi si avvicini ma di me
in realtà non ti importa nulla!»
«Non
è vero!»
«Bugiardo!»
Martin
conosceva bene quello sguardo, Diana stava per partire in quarta e
sapeva che se lo avesse fatto non gli avrebbe più dato
ascolto.
Doveva impedirglielo, a qualunque costo.
Afferratala
per le spalle l'attirò a se per poi tapparle la bocca con le
proprie
labbra.
Fu
un bacio a stampo, veloce ma bastò a scioccarla al punto da
farla
tacere.
«Di
te m'importa e molto.» confessò Martin, serio.
«Tu,
tu mi hai baciato.» disse Diana, confusa.
«Si,
e se sapevo che bastava questo per farti stare zitta lo avrei fatto
prima.» affermò Martin, sornione.
«Brutto
imbroglione approfittatore!» urlò Diana, cercando
di fargli il
solletico.
Nel
tentativo di bloccarla, Martin la strinse tra le braccia ma,
nonostante questo, lei continuava a muoversi come un'indemoniata.
Impossibilitata
ad usare le mani, Diana decise di ricorrere ai piedi, avvolta una
gamba a quella di lui riuscì a fargli lo sgambetto.
Ciò che non
aveva calcolato era che lui non avrebbe mollato la presa con il
risultato di trovarsi sdraiata sul letto con Martin spalmato addosso.
Ridendo,
Martin si alzò rimanendo a cavalcioni su di lei.
«Dai,
lasciami andare.» pregò
«Scherzi?
Devo ancora vendicarmi del solletico.»
Proprio
in quel momento la porta si aprì e Jenni fece irruzione
nella
stanza.
Vista
la scena che le si parava davanti gli occhi arrossì e fece
dietrofront.
«Scusate,
non volevo disturbarvi!» urlò, dopo essersi
richiusa la porta alle
spalle.
«Oh,
no!» esclamò Diana, portandosi le mani al volto in
fiamme per
l'imbarazzo.
«Dai,
che importa, tanto prima o poi sarebbe venuta a saperlo.»
ribatté
Martin, afferrandole entrambe le mani e bloccandogliele sulla testa.
«Che
cosa?» chiese Diana, con aria falsamente ingenua.
«Che
ormai sono uscito da mercato.» rispose Martin, sorridendole
per poi
sdraiarsi su di lei e riprendere a baciarla con passione.
Ben
presto le mani del ragazzo abbandonarono quelle di lei per sfiorare
le sue braccia, i fianchi, le gambe in una carezza che si faceva via
via più passionale.
«Martin.»
gemette, mentre le labbra di lui si spostavano sul suo collo
provocandole mille brividi lungo la schiena.
«Martin!»
urlò poco dopo, sentendo le sue mani che cercavano
d'intrufolarsi
sotto la sua gonna, e allontanandolo da se.
«Cosa?»
chiese lui, ancora stordito dalla sua vicinanza.
«Non
pensi sia il caso di fermarci?»
«Perché?»
«Bé,
insomma, c'è tempo.» spiegò Diana,
arrossendo.
«Hai
ragione.» rispose Martin, con un sospiro, sdraiandosi di
fianco a
lei. «Allora però forse è meglio che
vada a fare una bella doccia
fredda.» affermò, facendole andare il volto in
fiamme.
«A
dopo.» le disse, dandole un bacio a fior di labbra e
lasciandola
sdraiata ed ancora in preda al batticuore.
Uscendo
dalla stanza Martin sospirò, fermarsi gli era costato molto,
il
profumo della pelle di Diana lo faceva impazzire. Dopo un attimo,
però, sorrise ora stavano insieme e le occasioni per stare
vicini
non sarebbero mancate.
NDA:Questa
mini-long è giunta alla fine ma ho una piccola sorpresa per
voi.
Tenete d'occhio la mia pagina perché nel corso della
prossima
settimana pubblicherò Friendzone la
mia prima OS a rating rosso sui nostri piccioncini.
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