Fumetti/Cartoni europei > Martin Mystère
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Autore: Notteinfinita    04/01/2015    2 recensioni
A cinque minuti dalla fine della lezione, gli studenti avevano le facce stravolte e pregavano per il suono della campanella o, in alternativa, anche per una martellata in testa che mettesse fine a quel supplizio.
«Spero che vi sia tutto chiaro.» affermò l'uomo, finendo di disegnare uno dei suoi intricati schemi esplicativi. «Prima che me ne dimentichi, la riunione d'istituto che avremmo dovuto avere mercoledì prossimo è stata anticipata a domani, quindi le lezioni del sabato sono sospese.»
La testa di Martin, che fino a quel momento aveva ciondolato, nascosta dietro al libro, scattò in alto appena udite quelle parole. Niente lezioni, niente compito di matematica, due giorni di vacanza. Solo la paura di una punizione lo trattenne dal saltare in piedi sul banco mentre un largo sorriso si faceva strada sul suo volto e miriadi di progetti prendevano corpo nella sua mente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diana Lombard, Gérard Mystère, Martin Mystère
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo dell'autrice:Eccoci giunti all'atteso capitolo finale, spero vi piacerà.



Martin sentiva il braccio formicolargli fastidiosamente ma non voleva svegliarsi, il sogno che stava facendo era troppo piacevole ed eccitante. Stava baciando una ragazza, non la vedeva in volto ma sentiva la morbidezza delle sue curve sotto le mani.

Quando il formicolio si tramutò in crampo fu costretto ad abbandonare i sogni.

Gemendo frustrato aprì gli occhi e si accorse che il braccio che gli faceva male era incastrato sotto le spalle di Diana; a giudicare dalla posizione in cui si trovava avevano dormito abbracciati a cucchiaio. Per un attimo ebbe l'idea di svegliarla con una cuscinata ed iniziare il nuovo giorno con una bella battaglia, come erano soliti fare da bambini. Si stava già preparando a tirare via il braccio con uno strattone e ad afferrare il cuscino quando si bloccò. Ancora intontito dal brusco risveglio non si era accorto dell'evidente erezione che il sogno gli aveva lasciato in regalo.

Come in un film vide nella sua testa la scena di Diana che svegliandosi lo trovava in quelle condizioni e dell'imbarazzo che ne sarebbe seguito.

Con molta attenzione sfilò il braccio dalle spalle di Diana e fece dei respiri profondi per calmarsi mentre un nuovo dubbio lo assaliva; nel sogno la sensazione della pelle della ragazza era molto vivida e si chiese, con orrore se non avesse palpeggiato Diana mentre dormiva. Se lo avesse fatto lei non avrebbe potuto non accorgersene ma, in tal caso, si disse Martin, lui sarebbe stato già bello che morto. Parzialmente sollevato da questo pensiero, ma non del tutto tranquillo, sospirò e si disse che era meglio mettere un po' di distanza tra se e la ragazza, magari facendo una bella doccia fredda.

Non si era ancora alzato che con un mugolio Diana si girò verso di lui e si svegliò.

«Buongiorno.» disse con voce assonnata.

«Buongiorno a te. Dormito bene?» chiese Martin, un po' teso.

«Magnificamente!» esclamò Diana, sorridendogli ma omettendo che a metterla di buon umore era stato un sogno in cui era tra le braccia calde e forti di un ragazzo, anche se non era riuscita a capire chi fosse.

Stiracchiandosi la ragazza buttò via le coperte e si alzò mentre Martin distoglieva lo sguardo, un bottone del pigiama si era slacciato e lasciava intravvedere il reggiseno bianco di pizzo.

«Risistemiamo il divano?» chiese la ragazza.

«Ci penso io, tu vatti a preparare così usciamo.» rispose il ragazzo, nel tentativo di allontanarla.

«Ok.» rispose lei, semplicemente, stupita da tanta galanteria.

«Ma la luce?» chiese, avvicinandosi all'interruttore ed accendendo la luce del salotto. «Perfetto, corro a cambiarmi.»

Quando la ragazza fu sparita dietro la porta della stanza, Martin si alzò e iniziò a disfare il letto. Aveva appena finito di ripiegare il piumone quando lo sguardo gli cadde sul fumetto che Diana gli aveva comprato il giorno prima.

Lei era stata davvero dolce ma lui non aveva fatto nulla per ripagarla, doveva rimediare.

In cerca di un'idea andò nello studio del padre, accese il computer e iniziò a navigare su internet.

Pochi minuti dopo, sorridente, ritornava in salotto per riprendere il suo lavoro ma il rumore della chiave nella toppa attirò la sua attenzione. Aperta la porta, Gérard Mystere faceva il suo ingresso in casa.

«Papà!» esclamò Martin, andandogli incontro.

«Figliolo!» rispose l'uomo, sorridendo.

«Gérard!» urlò Diana, scendendo le scale velocemente ed abbracciandolo.

«Sempre più carina.» commentò il padre di Martin, con cenni d'approvazione, facendola arrossire.

«Che ne dite di fare colazione?» aggiunse poi, affacciandosi dal portone e portando dentro un sacchetto, un vassoio da asporto con tre bicchieri e la propria valigia.

«Ma come facevi a sapere che eravamo qui?» chiese Martin, perplesso.

«La tua chiamata mi è sembrata strana così ho controllato l'allarme di casa tramite il cellulare ed ho visto che era stato disattivato, a quel punto ho capito che eravate qui.» spiegò l'uomo, con semplicità.

«Diana ti dispiace portare la colazione in cucina mentre io porto la valigia in camera?»

«Certo.»

«Martin aiuta il tuo stanco padre e porta la valigia.» disse ancora, dandogli uno scappellotto scherzoso.

Con un sorriso la ragazza andò in cucina mentre i due Mystere salivano al piano superiore.

«C'è qualcosa che dovrei sapere?» chiese il padre appena furono entrati nella camera padronale.

«Che intendi?»

«Voi due soli qui, di notte ed in un letto matrimoniale. Non siete più bambini.» spiegò l'uomo, serio.

A quelle insinuazioni e ricordando l'accaduto al risveglio, Martin si sentì arrossire.

Se doveva essere sincero una parte di lui aveva sicuramente intenzioni poco caste ma era certamente solo colpa del sogno, si disse.

«Papà, ma cosa vai a pensare!» esclamò, imbarazzato. «Abbiamo dormito in salotto solo perché c'è stato un black-out quindi i riscaldamenti non funzionavano.» spiegò, scocciato.

«Va bene. Ti credo.» affermò. «Sai com'è, volevo evitare che Viviane mi piombasse in casa per chiedere spiegazioni!» aggiunse, ridendo e cercando di sdrammatizzare.

Martin si limitò a scrollare le spalle e avviarsi verso le scale.

Entrati in cucina videro la tavola apparecchiata e, in perfetta sincronia, si fiondarono sulla colazione sotto lo sguardo divertito di Diana, quei due erano molto più simili di quanto credessero.

«Allora ragazzi, che progetti avete per oggi?»

«Volevamo andare al lago a pattinare e poi dovevo andare a ritirare il mio skate.» rispose Martin.

«Ma, visto che sei a casa, potremmo passare la giornata insieme.» propose Diana, lanciando all'amico un'occhiata di rimprovero.

«Purtroppo ho alcune relazioni da completare per domani, mi porteranno via tutta la giornata. Ma potrei portarvi a pranzo da Matthew, che ne dite?» disse l'uomo.

«Sarebbe fantastico!» rispose la ragazza, sorridendo.

«Se avessi saputo del vostro arrivo mi sarei portato dietro il materiale così da lavorare in albergo tra una conferenza e l'altra. Mi dispiace!»

A queste parole Diana trucidò Martin con lo sguardo.

«Scusami, papà, avrei dovuto avvisarti, solo che volevo farti una sorpresa.» disse il ragazzo, grattandosi la testa.

«Dai, mi fa piacere vedervi, anche se per poco.» rispose il padre, dandogli una pacca affettuosa sulla spalla. «Restate anche per cena?»

«Purtroppo è impossibile, lunedì riprendono le lezioni.» spiegò Diana, rammaricata.

Finita la colazione, il signor Mystere salutò i ragazzi e si chiuse nello studio a lavorare mentre Martin e Diana disfacevano il letto e richiudevano il divano.

«Ok, vado a vestirmi così usciamo.» disse il ragazzo.

L'amica fece un cenno di assenso col capo e, nell'attesa, andò ad avviare la lavatrice così da poter finalmente lavare il suo pigiama sporco di cioccolata.

Qualche minuto dopo Martin scivolava sul corrimano della scala chiamando la ragazza a gran voce.

«Tranquillo, sono pronta, arrivo!» urlò Diana, dal piano di sopra dove era salita ad ultimare i preparativi per uscire.

Saliti in macchina, partirono in direzione dei negozio di skate.

«Farò in fretta.» disse Martin prima di scendere.

Entrato in negozio e ritirato lo skateboard, tornò in macchina con un sorriso enorme e stringendolo a sé quasi fosse un figlio.

«È bellissimo, non credi?» chiese, mostrandolo a Diana che, vedendo il disegno raffigurante vari mostri, si limitò a sorridere, condiscendete.

Ultimato l'acquisto, ripartirono in direzione del lago.

Arrivati a destinazione, Diana lanciò un urletto estatico osservando ciò che aveva davanti. Il lago era completamente ghiacciato e splendente, gli alberi che lo circondavano brillavano grazie alla neve che si era depositata sui rami spogli mentre poco più di una decina di persone, in coppia o in gruppi, era intenta a pattinare.

Sembrava un paesaggio da depliant turistico e la ragazza era davvero felice di aver deciso di accettare l'invito del suo amico.

Scesi dalla jeep, si avvicinarono alla riva e sostituirono le scarpe con i pattini. Dopo un barcollamento iniziale, i due iniziarono a pattinare affiancati con Martin che la distanziava di alcuni metri per poi tornare da lei.

Voltandosi indietro per tornare dalla sua amica, il ragazzo si fermò un attimo a fissarla. Doveva ammettere che era davvero carina con il vestito bianco in maglia e i leggings scuri, il cappellino candido in testa e le guance accese dal movimento e dal freddo.

Riscossosi dai suoi pensieri si diede una spinta per raggiungerla. Era a meno di un metro quando un bambino tagliò la strada a Diana facendola inciampare e cadere. Trattenendo una risata nel vedere la faccia buffa della ragazza, Martin la raggiunse e le porse la mano per aiutarla a rialzarsi. Purtroppo la sua presa sul ghiaccio non era così salda come pensava e così, appena Diana fece leva sul suo braccio, si sentì attirare al suolo. Per evitare di finirle addosso si slanciò di lato colpendo duramente il ghiaccio.

Preoccupata, Diana gli si avvicinò camminando sulle ginocchia.

«Tutto bene?»

«Non basta così poco per spezzarmi!» rispose Martin, facendole l'occhiolino.

«Che carini! Vorrei che anch'io e Mark formassimo una coppia così affiatata.» cinguettò una ragazzina mentre stava passando di fianco a loro insieme a due amiche che non mancarono di lanciare un'occhiata sognante in direzione della presunta scena romantica.

Sentendola, i due si guardarono in faccia arrossendo per poi distogliere lo sguardo.

Cercando di non dare peso alle parole udite, i due ripresero a pattinare, a giocare ad inseguirsi finché, stremati, non si lasciarono andare su una delle panchine che fiancheggiavano le rive del lago.

«Cioccolata calda?» chiese Martin, riprendendo fiato.

«Non rischiamo di arrivare tardi per il pranzo?»

«No, tranquilla.» la rassicurò il ragazzo.

Reindossate le scarpe, decisero di raggiungere a piedi il bar che distava poco lontano.

Ordinate le cioccolate presero posto in uno dei tavoli liberi all'esterno; nonostante fosse inverno, il sole era caldo e faceva piacere godere dei suoi raggi.

Mentre sorseggiava la sua bevanda, Diana diede un'occhiata al suo amico chiedendosi se davvero dall'esterno potevano sembrare una coppia poi il ragazzo abbassò la tazza rivelando un bel paio di baffi color cioccolato e, con una risata, scacciò quei pensieri bizzarri.

«Direi che è meglio andare.» affermò la ragazza, poco dopo.

«Ma non è ancora tardi.»

«Si, ma prima di andare al ristorante devo cambiarmi.»

«Perché? Stai bene vestita così.» chiese Martin, perplesso.

Quell'inaspettato complimenti fece arrossire Diana che abbassò lo sguardo, a disagio.

«Cadendo sul ghiaccio mi sono bagnata.» spiegò, appena recuperata la parola.

«In effetti anch'io.» affermò, portando una mano al dietro dei suoi jeans.

Ridacchiando, Diana si alzò dal tavolo ed insieme si diressero verso la macchina.

Arrivati a casa, i due si fiondarono nelle rispettive stanze.

I preparativi di Martin consistettero nell'infilare un altro paio di pantaloni e nel appallottolare e mettere in valigia quelli bagnati. Una volta pronto, decise di raggiungere il padre nello studio.

«Hey papà, pronto per il pranzo?» chiese, entrando.

«Un attimo e arrivo.» rispose l'uomo, continuando a battere sul computer. «Ho già prenotato il tavolo.»

Lasciato il padre a finire il suo lavoro, Martin tornò in salotto e si mise comodo sul divano. Si era quasi appisolato quando un rumore di tacchi sulle scale attirò la sua attenzione.

Diana stava scendendo le scale. I capelli, imbizzarriti dalla mattinata passata all'aperto erano stati disciplinati in una treccia laterale. Una gonnellina di jeans con sotto delle calze spesse metteva in evidenza le sue gambe snelle mentre il maglione con scollo asimmetrico lasciava scoperta la spalla sinistra. Il look era completato da dei tronchetti col tacco, una borsetta di maglia ed un giubbino sportivo che portava piegato su un braccio.

Il ragazzo rimase a fissarla finché non arrivò alla base delle scale quindi distolse lo sguardo, confuso. Aveva sempre pensato che fosse una bella ragazza, anche se la prendeva spesso in giro per farla arrabbiare, ma ultimamente la sua vicinanza aveva la capacità di mandarlo nel pallone.

Diana aveva notato che Martin aveva abbassato lo sguardo e si chiese perché apparisse così stranito.

«Pronti per il pranzo?» chiese in quel momento il signor Mystere, uscendo dallo studio e ponendo fine alle loro elucubrazioni.

Durante il tragitto verso il ristorante fu sopratutto Gérard a tenere desta la conversazione. Diana aveva ricevuto una chiamata dalla madre e Martin aveva troppi pensieri in testa per chiacchierare.

Arrivati al locale, visto che Diana era ancora al telefono, i due decisero di iniziare ad entrare.

Varcata la soglia, Matthew, il proprietario, venne loro incontro, sorridente come sempre.

Era un uomo sulla settantina, coi capelli brizzolati e la classica pancetta di chi è una buona forchetta.

Aveva aperto il ristorante trent'anni addietro e sia i Mystere che i Lombard erano dei clienti abituali.

«Benvenuto!» li salutò allegramente. «Martin, quanto ti sei fatto grande!»

«Salve Matthew.» risposero i due Mystere.

«Gérard, ti sentirai vecchio ad avere un figlio che è ormai un uomo.» affermò, battendo una pacca sulla spalla di Martin.

«Non esagerare, ha solo sedici anni.» precisò l'uomo.

«Intanto il sedicenne si è fatto la fidanzata.» ribatté l'uomo accennando col capo alla ragazza che stava entrando in quel momento. «A proposito, complimenti, davvero una bella ragazza!» esclamò, rafforzando il pensiero con una nuova pacca sulla spalla e guadagnandosi un'occhiataccia da parte del ragazzo.

«Matthew, ciao!» salutò Diana, entrando.

«Diana, ragazza mia!» disse l'uomo, avvicinandosi a lei e abbracciandola. «Anche tu sei cresciuta parecchio. Pensa che non ti avevo riconosciuta, ho pensato fossi la ragazza di Martin.» confessò l'uomo, ridendo.

Diana e Martin si scambiarono un'occhiata, a disagio.

«Voi però siete qui per il pranzo, non per le farneticazioni di un pazzo.» affermò ancora l'uomo. «Oliver accompagna i signori al tavolo.» disse, affidandoli ad uno dei camerieri.

Arrivati al tavolo e presa l'ordinazione i tre si ritrovarono finalmente da soli.

«Allora, come vanno le cose al Centro?» chiese Gérard.

«Bene!» rispose Martin, entusiasta.

«Oh,si se non contiamo i mostri sempre più spaventosi e repellenti.» ribatté Diana, facendo una smorfia schifata.

«Tranquilla, ci sono io a proteggerti.» la rassicurò Martin.

«Lo so.» rispose semplicemente Diana, con tono dolce e affettuoso, sorridendogli e guardandolo negli occhi.

Il resto del pranzo trascorse tra risate, chiacchiere e aggiornamenti reciproci sulle novità.

Salutato Matthew, dopo avergli assicurato di tornare a trovarlo durante le prossime vacanze, i tre uscirono dal ristorante.

Mentre si dirigevano alla macchina Gérard rallentò il passo e trattenne Martin.

«Ho visto come ti ha guardato prima. Hai detto che siete solo amici e che non è successo nulla; io ti credo ma ho l'impressione che Diana ti consideri più di un amico. Se tieni a lei stai attento a come ti comporti, rischi di ferirla, anche se involontariamente.» gli sussurrò il padre.

Martin avrebbe voluto ribattere qualcosa ma avevano ormai raggiunto Diana e dovette tenere per se i suoi pensieri.

Seduto in macchina non poté fare a meno di ripensare alle parole del padre. Si sentiva fortemente legato a lei, aveva sempre pensato che si trattasse di sentimenti amichevoli ma se da parte sua non fosse stato così cosa avrebbe fatto? Come si sarebbe sentito?

La verità è che non lo sapeva. Si sentiva confuso. Le voleva bene, voleva proteggerla e lo infastidiva quando un ragazzo faceva il cascamorto con lei ma questo era un comportamento da amico o no?

Più ci pensava più non riusciva a darsi una risposta.

Con fare stizzito, si scompigliò i capelli imprecando mentalmente contro suo padre, i suoi discorsi e i dubbi che era riuscito ad istillargli.

Il gesto, però, non passò inosservato e lui si guadagnò un'occhiata perplessa da parte dei suoi due compagni di viaggio.

«Martin, tutto bene?» chiese Diana.

«Si, si.» rispose lui sulle spine.

Anche se non convinta, si limitò ad un'alzata di spalle. Ci sarebbe stato tutto il viaggio di ritorno per parlare e magari non gli andava di farlo davanti a suo padre.


«Diana tu cosa devi ancora fare prima di partire?» chiese Martin, fiondandosi fuori dalla macchina appena arrivati a casa, tenere la mente occupata era il modo migliore per non indulgere in pensieri pericolosi.

«Tutto pronto. Devo solo prendere la valigia.» affermò Diana, seguendolo. «Oh, no! Ho dimenticato il pigiama in lavatrice!» esclamò subito dopo, in panico.

«Tranquilla, ci ho pensato io a metterlo in asciugatrice mentre voi eravate a pattinare.» la rassicurò il signor Mystere, sorpassandoli e andando ad aprire la porta di casa.

Entrati, i due andarono a recuperare i bagagli e si riunirono all'ingresso.

«Allora è già arrivato il momento di salutarsi.» affermò Gérard.

«E si.» rispose Diana, un po' triste.

«Ma a breve ci saranno le vacanze di Natale e allora ci avrai tra i piedi per un bel po'.» disse Martin.

«Povero me!» esclamò il padre, ridendo.

Dopo i saluti e le raccomandazioni di rito sulla guida prudente i due montarono in macchina e ripartirono.

«Martin, davanti a tuo padre non ho voluto dire nulla ma potresti dirmi perché sei voluto andare via così presto?»

«Prima di tornare alla Torrington devo passare in un posto.» rispose lui, succintamente.

Con un sospiro Diana si mise più comoda sul sedile, la sola idea di passare altre ore insieme a pazzi invasati fissati con i fumetti la deprimeva. Era buona e tollerante ma a tutto c'era un limite!

Quando Martin, ad un certo punto, mise la freccia ed abbandonò la superstrada Diana si sporse verso il finestrino nel tentativo d'individuare la loro meta ma in vista non c'era nulla che ricordasse una fiera del fumetto o un luna park con simulazioni 3D.

Dei vessilli che garrivano allegri in lontananza attirarono la sua attenzione; sospirò, chiedendosi cosa fossero e se magari segnalassero qualcosa di più divertente di quello a cui erano diretti.

Pian piano li vide avvicinarsi e la sua curiosità crebbe di pari passo. Quando poi si fermarono in un parcheggio proprio lì vicino Diana volse lo sguardo su Martin, perplessa.

«Sorpresa!» esclamò lui, sorridente. «È una fiera rinascimentale, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere visitarla.»

Incredula, spostò lo sguardo dal ragazzo ai padiglioni colorati che si intravvedevano oltre l'ingresso dello stabilimento.

«Grazie Martin!» disse, felice, buttandogli le braccia al collo e schioccandogli un bacio sulla guancia per poi staccarsi repentinamente da lui, imbarazzata da ciò che aveva fatto.

«Forse sarebbe meglio andare.» propose lui, improvvisamente accaldato.

Senza farselo ripetere due volte, Diana scese dall'auto correndo in direzione della fiera.

Per le successive due ore non fece altro che girare da un padiglione all'altro gettando gridolini estatici ed indicando tutto ciò che di curioso o interessante le capitava sotto gli occhi mentre Martin la seguiva, divertito.

«Dobbiamo farci una foto in costume!» annunciò poco dopo, vedendo un piccolo banco di posa.

Afferratolo per un braccio lo trascinò dentro.

Pochi minuti dopo i due si ritrovarono l'uno di fronte all'altra in costumi rinascimentali.

Vedendolo armeggiare con la calzamaglia, Diana non poté trattenere una risata divertita.

«Sistematevi davanti a quello sfondo.» disse il fotografo indicando un pannello raffigurante un bosco.

I ragazzi fecero come gli veniva detto sistemandosi affiancati.

«Su assumete una posa più rinascimentale, falle il baciamano.» consigliò l'uomo.

Martin fece come gli veniva detto, inginocchiandosi e portandosi la mano di Diana alle labbra mentre lei lo guardava con una luce divertita negli occhi.

Quando però il ragazzo la sfiorò davvero con un bacio lei non riuscì a reprimere un brivido.

Il suo sguardo non era scherzoso ma serio e pensieroso, questo la turbò.

«Fatto!» annunciò il fotografo, facendoli sussultare e distaccarsi di botto. «Potete cambiarvi negli spogliatoi, lasciate pure lì i costumi. Troverete la foto alla cassa.»

Dopo averli salutati l'uomo andò ad accogliere una nuova coppia di clienti mentre i ragazzi andavano a cambiarsi.

Ritornati in abiti moderni, i due andarono alla casa.

«Siete una splendida coppia!» esclamò la brunetta alla cassa, osservando compiaciuta la foto dei due.

«No, cioè noi...» cercò di spiegare Diana, impappinandosi.

«Quanto le dobbiamo?» tagliò corto Martin, cercando di nascondere il suo imbarazzo.

Pagata la foto, ripresero a girare la fiera.

«Che ne dici di un bicchiere di sidro?» propose Martin, indicando lo stand poco lontano dalla panchina su cui si erano appena seduti.

«Perché no!» rispose Diana.

«Aspettami qui.»

Guardandolo allontanarsi, Diana gettò un'occhiata alla foto e sorrise. Si sentiva felice, sapeva che Martin non amava quel genere di manifestazioni ed il fatto che stesse passando il pomeriggio lì con lei, che addirittura l'avesse cercata per farle una sorpresa le scaldava il cuore.

«È il tuo ragazzo?» chiese qualcuno alle sue spalle facendola sussultare.

Girato il capo, vide un ragazzo vestito da cavaliere dai capelli castani ondulati e con seducenti occhi azzurri che la fissava appoggiato alla spalliera della panchina.

«Ti prego, dimmi di no, mi spezzeresti il cuore.» continuò, sorridendole.

Diana arrossì ed abbassò lo sguardo, a disagio.

«No, noi siamo solo amici.» bisbigliò, mentre in lei si dibatteva il piacere per l'attenzione ricevuta e la tristezza per aver dovuto rispondere no.

Prese le bibite Martin fece ritorno alla panchina. Vedendo quel ragazzo sorridente vicino a Diana sentì la rabbia montare, involontariamente serrò le mani attorno ai bicchieri e accelerò il passo.

«Problemi?» chiese, quasi ringhiando.

Diana volse lo sguardo dall'uno all'altro non riuscendo a pronunciare altro che un fievole balbettio imbarazzato.

«Tranquillo, stavo andando via.» rispose il ragazzo, ghignando. «Un po' troppo geloso per essere solo un amico.» sussurrò all'orecchio di Diana per poi salutare con un cenno del capo e andare via.

«Ti stava importunando?» le chiese, porgendole uno dei bicchieri.

«No. Andiamo.» rispose Diana, nervosamente, alzandosi in piedi.

«Vuoi continuare a girare per la fiera?»

«No, voglio andare via.» spiegò, dirigendosi verso l'uscita.

«Diana, che succede?» le chiese, andandole dietro.

Non ricevendo risposta non gli rimase altro da fare che seguirla.

Arrivata in macchina Diana volse lo sguardo fuori dal finestrino decisa a ignorare il suo compagno di viaggio.

Era arrabbiata, innanzitutto con se stessa per essersi lasciata prendere dall'ira e poi con Martin che era la causa di tutto. Saltava su appena qualcuno entrava nel suo territorio, ringhiava contro chi le si avvicinava ma non faceva nulla di più, non dimostrava di tenere a lei più di un amico. Non vedeva in lei più di un'amica.

Sentendo gli occhi farlesi lucidi si morse il labbra, non voleva che lui la vedesse.

Seduto alla guida Martin le lanciava occhiate furtive chiedendosi perché avesse reagito in quel modo.

Si chiese se non si fosse arrabbiata perché aveva interrotto il suo colloquio con il “cavaliere”; istintivamente serrò le mani intorno al volante, non tollerava quell'idea.

Subito dopo, però, il senso di colpa prese il sopravvento. L'aveva portata a quella fiera per farle una bella sorpresa ed invece aveva rovinato tutto, anche se involontariamente.

L'intero tragitto fino alla scuola avvenne nel più totale silenzio. Appena Martin ebbe parcheggiato l'auto Diana si catapultò letteralmente fuori e aprì il cofano per recuperare la sua valigia.

«Lascia, è pesante, la porto io.» disse Martin, sottraendole il bagaglio.

Per evitare discussioni, Diana lasciò la presa e si diresse a passo di marcia verso il suo dormitorio.

Arrivati in camera, Martin poggiò la valigia e la osservò a disagio, lei, dopo aver poggiato la borsa sulla scrivania continuò a dargli le spalle.

«Diana, mi dispiace, non volevo rovinarti il pomeriggio.» disse avvicinandosi a lei. «Però vorrei almeno capire perché ti sei arrabbiata così tanto.»

«Perché, perché?» attaccò Diana, incapace di tenere ancora a freno i nervi. «Perché fai sempre così, ringhi a chiunque mi si avvicini ma di me in realtà non ti importa nulla!»

«Non è vero!»

«Bugiardo!»

Martin conosceva bene quello sguardo, Diana stava per partire in quarta e sapeva che se lo avesse fatto non gli avrebbe più dato ascolto. Doveva impedirglielo, a qualunque costo.

Afferratala per le spalle l'attirò a se per poi tapparle la bocca con le proprie labbra.

Fu un bacio a stampo, veloce ma bastò a scioccarla al punto da farla tacere.

«Di te m'importa e molto.» confessò Martin, serio.

«Tu, tu mi hai baciato.» disse Diana, confusa.

«Si, e se sapevo che bastava questo per farti stare zitta lo avrei fatto prima.» affermò Martin, sornione.

«Brutto imbroglione approfittatore!» urlò Diana, cercando di fargli il solletico.

Nel tentativo di bloccarla, Martin la strinse tra le braccia ma, nonostante questo, lei continuava a muoversi come un'indemoniata.

Impossibilitata ad usare le mani, Diana decise di ricorrere ai piedi, avvolta una gamba a quella di lui riuscì a fargli lo sgambetto. Ciò che non aveva calcolato era che lui non avrebbe mollato la presa con il risultato di trovarsi sdraiata sul letto con Martin spalmato addosso.

Ridendo, Martin si alzò rimanendo a cavalcioni su di lei.

«Dai, lasciami andare.» pregò

«Scherzi? Devo ancora vendicarmi del solletico.»

Proprio in quel momento la porta si aprì e Jenni fece irruzione nella stanza.

Vista la scena che le si parava davanti gli occhi arrossì e fece dietrofront.

«Scusate, non volevo disturbarvi!» urlò, dopo essersi richiusa la porta alle spalle.

«Oh, no!» esclamò Diana, portandosi le mani al volto in fiamme per l'imbarazzo.

«Dai, che importa, tanto prima o poi sarebbe venuta a saperlo.» ribatté Martin, afferrandole entrambe le mani e bloccandogliele sulla testa.

«Che cosa?» chiese Diana, con aria falsamente ingenua.

«Che ormai sono uscito da mercato.» rispose Martin, sorridendole per poi sdraiarsi su di lei e riprendere a baciarla con passione.

Ben presto le mani del ragazzo abbandonarono quelle di lei per sfiorare le sue braccia, i fianchi, le gambe in una carezza che si faceva via via più passionale.

«Martin.» gemette, mentre le labbra di lui si spostavano sul suo collo provocandole mille brividi lungo la schiena.

«Martin!» urlò poco dopo, sentendo le sue mani che cercavano d'intrufolarsi sotto la sua gonna, e allontanandolo da se.

«Cosa?» chiese lui, ancora stordito dalla sua vicinanza.

«Non pensi sia il caso di fermarci?»

«Perché?»

«Bé, insomma, c'è tempo.» spiegò Diana, arrossendo.

«Hai ragione.» rispose Martin, con un sospiro, sdraiandosi di fianco a lei. «Allora però forse è meglio che vada a fare una bella doccia fredda.» affermò, facendole andare il volto in fiamme.

«A dopo.» le disse, dandole un bacio a fior di labbra e lasciandola sdraiata ed ancora in preda al batticuore.

Uscendo dalla stanza Martin sospirò, fermarsi gli era costato molto, il profumo della pelle di Diana lo faceva impazzire. Dopo un attimo, però, sorrise ora stavano insieme e le occasioni per stare vicini non sarebbero mancate.



NDA:Questa mini-long è giunta alla fine ma ho una piccola sorpresa per voi. Tenete d'occhio la mia pagina perché nel corso della prossima settimana pubblicherò Friendzone la mia prima OS a rating rosso sui nostri piccioncini.



  
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