Whitmore College, 11 giorni dopo
“Che hai?”
“Niente.”
Continuare a guardare l’orologio, il cielo e il
calendario era proprio niente. Caroline alzò un occhio dai libri, prona sul
letto. “C’è la luna piena, fra poco.”
Elena seduta sul tappeto, gettò un altro sguardo
fuori della finestra. “Ah sì?”
Caroline chiuse il libro di scatto. “Ammetti di
essere preoccupata per Klaus e piantala di far finta che non ti importi niente
di lui. Chiamalo!”
“Non sono preoccupata” mentì.
“La sua vita - e le nostre - sono nelle mani di
una strega minorenne che lo detesta. Dovresti esserlo.”
“Chi non detesta Klaus…”
soffiò, sedendo sul letto e sistemando il cuscino dietro la schiena. “Facciamo
qualcosa di divertente stasera?”
“Tipo un salto a New Orleans?”
“Viene una nuova band in città...”
“Chiamalo.”
Per dirgli cosa? Avevano tirato fuori Nadia da
Liv ed ora la Viaggiatrice risiedeva in un corpo nuovo, riesumato per l’occasione
dal cimitero da due becchini al soldo di Klaus. Liv non voleva raccontarle
niente. Lei per prima, non era curiosa.
Toc toc.
Caroline si sollevò dal letto, facendo forza sui
gomiti. “Aspettiamo qualcuno?”
“Mi vedo con Luke in biblioteca, più tardi. Forse
ha capito una cosa per un’altra…”
Caroline firmò la bolla di accompagnamento e
prese il pacchetto, ringraziando il corriere. “Per te, da parte di Amazon.”
Uhh! I dvd che aveva ordinato due giorni fa! Le era
proprio passato di mente! Elena strappò la carta marroncina
e sorrise, soddisfatta.
“Tesoro, tu mi preoccupi” disse sventolando la
custodia della seconda stagione del Doctor Who. “Prima ci sono stati gli horror degli anni ’70,
poi i film demenziali e ora la fantascienza rimaneggiata!”
“La stavano trasmettendo sul satellite e fra una
televendita e l’altra, abbiamo visto le prime puntate…”
“Tu e Klaus? Anche lui sa che sei una pazza,
maniaca del cosplayer?”
“Quello lo dico al secondo appuntamento. Noi non
abbiamo mai avuto un secondo appuntamento.”
“Ho visto la catenina che nascondi nel cassetto
della biancheria intima” sparò, testando la sua reazione. Elena, come
preventivato, arrossì. “Hai frugato…”
“Era rimasto aperto, mi è caduto l’occhio dentro
e l’ho vista.”
Andava di fretta. Si era ripromessa di mettere
tutto in ordine al ritorno dalla lezione e quando era rientrata, Caroline aveva
già coperto il suo turno di pulizie. “Ho dimenticato di restituirla.”
Però aveva trovato il tempo di andare al pronto
soccorso, bypassare i normali controlli, indirizzare la sacca di sangue
all’ospedale di New Orleans ed avvertire Elijah del carico in arrivo.
“Lo farò domani pomeriggio” disse e radunò i
libri. “Non ho tempo di occuparmene ora, devo studiare per l’esercitazione.”
“Quel ciondolo è la scusa che cerchi per
giustificare a te stessa la voglia di chiamarlo.”
“Non voglio avere una scusa per chiamare Klaus.
Non funzionava così fra noi. Io cominciavo una frase e lui la terminava, io
ponevo il problema e lui trovava la soluzione. Eravamo sullo stesso piano e lui
ha incasinato tutto come al solito.”
Caroline soppesò le sue parole e annuì con una
buffa smorfia. “Ti ha deluso come ha fatto Damon e Stefan
prima di lui.”
Elena la guardò, basita. “Cosa?”
“Psicologia del primo anno. Tuo padre era
pressoché perfetto e tu hai la tendenza a ricercare la sua perfezione nei
partner” sparò, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Sai che questo
spiegherebbe perché esco sempre con gli uomini sbagliati?”
“Mio padre non era perfetto.”
“Grayson era un papà
meraviglioso ma ha tradito la tua fiducia quella notte, sul Wickery
Bridge. Non è riuscito a salvare la tua vita e quella di Miranda. Non gliel’hai
mai perdonato.”
Elena la guardò imbambolata e Caroline nicchiò,
indecisa se continuare o meno. “Non odiarmi per quello che sto per dirti ma…”
“’Nessuno
nasce malvagio, sono gli eventi a cambiarci?’” mormorò con la gola chiusa.
“Sono già stata informata di questo...”
“Tu metti alla prova le persone e quando sbagliano,
c’è un angolino che esulta…”
“’Te
l’avevo detto’…”
Caroline annuì, spiando le espressioni
dell’amica. “Pensi stia già rotolando nel fango insieme agli altri pulciosi?”
///
Non lo so e non voglio pensarci. Sbuffo contro
il palmo della mano, batto la matita sul testo, qualcuno alza gli occhi dai
propri appunti e mi guarda storto. È per questo motivo che non vengo mai a
studiare in biblioteca. Appena respiri, ti mettono alla gogna…
e chiunque sia stato a sbattere la porta in quel modo, verrà linciato. Luke
torna con una tonnellata di libri. Faccio una smorfia tragicomica e lui alza le
sopracciglia e comincia ad aprire il primo tomo.
Caroline ha ragione, sono più che preparata per
l’esercitazione e c’è il dvd del Doctor Who che mi reclama a gran voce. Simulo un forte mal di
stomaco, Luke si preoccupa davvero e mi fa sentire in colpa, ma dieci minuti
dopo sono sul letto, telecomando in una mano e popcorn al formaggio nell’altra.
E chi ci pensa più, a Klaus.
12 giorni dopo
Soffoco uno sbadiglio contro la spalla, cercando
di non farmi vedere dalla dottoressa Redcliffe e
sento gli occhi secchi e stanchi. Mi sono sparata metà della prima stagione e
ho smesso solo quando il pc ha segnalato la batteria
scarica e Caroline mi ha impedito di collegarlo al trasformatore. Esco dalla
sala dell’ospedale di fianco a Luke. Mi chiede se lo stomaco è passato, fatico
un po’ a capire di cosa diavolo sta parlando e quando ormai è evidente che la
bugia è stata scoperta, mi chiede se è lui il problema. Scuoto la testa e quando
mi sfiora le labbra con le sue, lo lascio fare ma non lo ricambio. Mi chiede se
ci vediamo, stasera. Non ho una scusa pronta, dico di sì e lui mi sorride. Mi
sforzo di non correre via, il labbro inferiore stretto fra i denti. Mentre
cammino, sono sempre più nervosa e tesa. Torno nel dormitorio, apro il cassetto
della biancheria e afferro il ciondolo a forma di zanna di lupo. Questo deve
sparire una volta per tutte. Luke è la scelta giusta. È carino, leale,
affidabile, intelligente e normale.
Però
non lo ami.
Mi piace molto!, ribatto e mi sento stupida a
bisticciare con me stessa. Prendo le chiavi della macchina e cammino verso il
parcheggio. È assurdo che non esista un servizio postale in questo posto. Bisogna
arrivare fino in città per spedire la corrispondenza e la fortuna non mi aiuta
perché trovo la macchina incastrata dal solito idiota che non sa parcheggiare. Quando
riesco a tirarla fuori, è passato un sacco di tempo. Finisco la benzina in
prossimità di un distributore automatico - per fortuna! – scopro che non
accetta contanti ma solo carte di credito e ricordo solo in quel momento che la
tessera è scaduta. Resto come una stupida di fronte alla colonnina traditrice e
non credo alla mia sfortuna. Caroline è a lezione e lei è una di quelle che spegne
il cellulare invece di silenziarlo. Sposto la macchina nello spiazzo e aspetto
che legga il messaggio. Giocherello con la catenina, sospirando come un
mantice. Perché non sto chiamando Luke o Alaric?
Perché sto aspettando che cali il sole, che Caroline accenda il cellulare, che
l’ufficio postale chiuda?
13 giorni dopo
L’appuntamento è stato un mezzo disastro e al
momento del bacio della buonanotte mi sono ritratta. Luke ha incassato da vero
signore e mi informato che non ha nessuna fretta e che non posso sfuggirgli,
frequentiamo le stesse lezioni e gli stessi posti. Scherzava ma non sono
riuscita a ricambiare il suo sorriso. Lui crede che sia solo timida e a me va
bene che la pensi così.
La mattina seguente, per prima cosa, rinnovo
telefonicamente la carta di credito, indosso i miei jeans attillati e la maglia
rossa del pronto soccorso e copro qualche turno extra per avere crediti in più
agli esami. Esami, studio, lezione pratiche, volontariato all’ospedale e
pochissimo tempo libero… l’ideale per non pensare. Quando
esco dal pronto soccorso, il badge svolazza nella brezza settembrina. Con la
coda dell’occhio, intravedo un SUV nero fermarsi sullo spiazzo delle ambulanze,
ma l’uomo che lo guida non è Klaus e c’è una donna in preda alle doglie al suo
fianco. La sedia a rotelle arriva di corsa con l’infermiera, mi scanso per
agevolare la manovra e poiché sono solo una matricola del primo anno, non posso
fare granché se non guardare. Torno al campus con un groppo in gola. Avevo
paura delle conseguenze e ci sono finita in pieno dentro. La stanza è vuota,
Caroline è alla caffetteria a studiare – da quel che leggo sul post it arancione abbandonato sulla scrivania – accendo il pc e mi riprometto di iniziare la seconda stagione del Doctor Who.
14 giorni dopo
Resisti, Rose! Non mollare! “No! No! Non mollare
quella maledetta leva!” esclamo e Caroline alza gli occhi dai libri.
Il vortice dimensionale è troppo forte, non ce
la farà… “no!” esclamo e sollevo il pc, scuotendo un po’. “No, non potete farmelo!”
La luce bianca scompare e Rose resta
intrappolata nell’universo parallelo, lontano dal Dottore. Non posso crederci… non posso… “Il Dottore
ha perso Rose” sussurro sconsolata e sento la voce roca, come se non usassi le
corde vocali da parecchio tempo. “No…”
“Dove l’ha persa?”
“In un’altra dimensione…
ed ora non potranno mai più incontrarsi…”
“Perché no?”
“L’universo collasserebbe…
fottuta luce bianca…”
Caroline mi passa il box dei kleenex
e gira pagina.
“È la cosa più triste che abbia mai visto in
vita mia…”
“No, la sto guardando io ora” mi rimprovera a
bassa voce. “Come puoi commuoverti per dei personaggi immaginari?”
“Si amavano veramente e lui non è riuscito a
dirglielo, alla fine! Quel maledetto sole si è esaurito…”
“Eh?”
Torno indietro e giro il laptop verso di lei.
<>
Caroline ascolta fino alla fine, mi guarda e
sospira condiscendente. “Non sperarci. Klaus può bruciarti la macchina o la
casa, al massimo” sussurra e qualcuno bussa alla porta. “Tocca a te.”
“Ma sto…”
Caroline mi guarda con le sopracciglia
aggrottate. Mi alzo, e scopro Luke in forma smagliante dall’altra parte. Appena
mi vede, il sorriso devia in preoccupazione. “Ehi, va tutto bene?”
“Stavo solo vedendo un filmato e mi sono commossa”
mormora uscendo sul corridoio e socchiudendo la porta. “Che c’è?”
“Tento la sorte, signorina Gilbert. Vuoi uscire
con me, stasera?” domanda tirando indietro una ciocca di capelli dalla mia
spalla. “Non ti bacerò, lo prometto.”
Un altro appuntamento?! “Luke…”
“C’è un altro” mormora senza batter ciglio.
“Sempre il fidanzato?”
“No.”
“Non sembri felice.”
Non lo sono.
“Se non ti rende felice, non è quello giusto.”
Una morsa nostalgica mi stringe il cuore. “Non
gli ho mai permesso di provarci.”
“Ha toppato la prognosi, dottoressa Gilbert.”
Luke gira su se stesso con un cenno di saluto. “Ci vediamo in giro.”
Appena torno in camera penso che questo mi
avrebbe fruttato una ‘D’ all’esame della Redcliffe.
Prendo il cellulare e mi siedo sul letto, una gamba sotto l’altra. Caroline mi
guarda, speranzosa.
“E se non mi risponde?” sussurro.
“E se ti risponde?”
Dico ‘ciao’ e gli rimbalzo la palla. “Non
raggiungibile” mormoro, abbassando le spalle. “Starà vagando nel bayou, è l’unica
parte di New Orleans che non ha segnale…”
Caroline si sdraia sulla schiena e cambia il
libro con una rivista. “O forse ti odia e ha cambiato numero.”
New Orleans, in quel momento
Il cellulare aveva fatto un bel volo dalla
montagna, ma Klaus era riuscito a salvare la sim e la schedina aggiuntiva. Era
stato un tour massacrante ma soddisfacente. Non si sentiva così rilassato e
sicuro di se da mesi. Hope era attratta dalle
immagini colorate che correvano sullo schermo del computer e le osservava con
una concentrazione commovente. “Era della nanna” disse riportandola nella
culla.
Tornando a casa, aveva scovato un negozietto
‘tutto ad un dollaro’ che conteneva non pochi gioiellini da aggiungere alla sua
libreria e un bel libro di favole nordiche, illustrate egregiamente. Lo stava
leggendo sul pullman che lo riportava a New Orleans quando aveva notato non
pochi sguardi di curiosità dalla sua vicina. La donna aveva sorriso. “Maschio o
femmina?”
“È una bambina” aveva detto con una punta di
orgoglio e il sorriso della donna si era fatto più intenso, neppure le avesse
mostrato il saldo del conto in banca. Il mondo funzionava in modo strano… e quel dannato cellulare non slottava!
Toc toc
Eh… bei tempi quando bastava staccare la batteria.
“Avanti.”
“Bentornato.”
“Fratello…” sussurrò
perplesso e guardò il retro liscio del telefono nuovo. Cosa diavolo doveva ‘slottare’, secondo loro?
Kol infilò l’unghia in uno spazio invisibile e aprì
il guscio posteriore. “Non c’è di che.”
“Non me lo hanno dato con le istruzioni.”
“Non ci sono mai. Non è contemplato che gli
uomini le leggano.”
“La mia parte femminile deve essere più
sviluppata di quel che credevo” disse ricompattando il telefono dopo aver
inserito scheda sim, scheda aggiuntiva e batteria. Il sistema si avviò con un piacevole
jingle. “Immagino che tu sia qui per reclamare un duello all’alba. Sappi che
non ne ho alcuna voglia” disse, veloce. “La ragazza aveva superato il limite.”
Kol lo informò che nessuno di loro la vedeva più da
tempo ma se si fidava, avrebbe portato lui avanti l’incantesimo.
“Ho piena fiducia in te” rispose scorrendo le
ultime chiamate che aveva perso da quando il cellulare si era fracassato su una
roccia. Elena? Bah! Si era disintossicato da Elena Gilbert. Klaus cancellò le
chiamate perse e si affossò sulla sedia girevole di pelle. Il doloraccio al cuore gli ricordò che per dimenticare una
donna, ne serviva un’altra. “Usciamo, ti offro da bere.”
///
Kol osservò l’impronta
bagnata del bicchierino ed emise un piccolo ruttino. Klaus non aveva bevuto un
goccio ma era riuscito ad intrattenere una conversazione animata con la barista
bionda e carina, riempito il suo bicchiere tre volte e tornato con una ragazza
per braccio. La chiacchierata con le ‘conquiste’ non lo aveva soddisfatto e
Klaus le aveva spedite a divertirsi altrove.
Davina entrò
all’improvviso con un gruppetto di amici, bella come un tramonto incendiato, un
vestito che non le aveva mai visto indosso e i lunghi capelli abboccolati. Era allegra e sorrideva molto.
Klaus alzò le
sopracciglia e la indicò. “Si
è fatta più carina o sbaglio?”
Era più carina e aveva uno stuolo di cascamorti
dietro. Tranne quei due, dichiaratamente gay. Kol la
ignorò e diede le spalle al mondo, prima di accorgersi che il fratello si era
già allontanato in direzione della ragazza con passo baldanzoso ed elastico, le
braccia spalancate.
“Mia cara, sei radiosa!”
Il sorriso di Davina morì all’istante. Klaus era
sparito il giorno del suo compleanno e per altri dodici, aveva respirato di
sollievo. Doveva ancora somatizzare il terribile bacio, però. “Grazie” biascicò
sfilando la mano da sotto le labbra del vampiro, un secondo prima che la
omaggiasse con il solito ridicolo baciamano che sapeva troppo di presa per il
culo. “L’incantesimo è pronto, ho solo bisogno del tuo sangue per completarlo”
disse, mantenendo lo sguardo fermo ma perdendo un po’ di sicurezza dalla voce.
“Mi metti nei guai, cuoricino. Ho promesso a Kol di accettare il suo aiuto.”
La seccava aver fatto tanta fatica per niente,
ma era pur sempre il fratello ed uno stregone più forte di lei.
Il disappunto le corse fra i lineamenti, e non
sfuggì al vampiro. “Kol è un ladro, un bugiardo e un
disonesto, qualità che ho molto apprezzato in passato” disse e la guardò da
capo a piedi. “Ora che ci penso, non mi fido delle belle donne, sono crudeli ed
infide.”
Davina lo guardò di soppiatto. “Kol è molto più forte di me, percepisco i suoi incantesimi
dall’altra parte della città e la congrega delle streghe è preoccupata che
possa usarli per scopi malvagi.”
Klaus spostò lo sguardo sul tavolo occupato dal
ragazzo mezzo sbronzo e lo indicò col pollice. “Quello lì? Ma lo hai visto
bene?”
Lo ricordava. Non aveva bisogno di vederlo di
nuovo.
Davina era sempre così sicura di se che
scoprirla vulnerabile all’argomento, lo inteneriva. Klaus sorrise e si appoggiò
al bancone, ordinando da bere anche per lei.
Offriva alcool ad una minorenne?! “Sono astemia.”
“Non è vero” soffiò offrendole uno shot di qualcosa che bruciava come l’inferno e la faceva
tossire. “Ti sto dando le attenzioni che pretendi da una vita.”
Non era vero… e non
doveva azzardarsi a…
“Gesundheit” disse battendo il bicchierino contro il suo. “Ti piace che dipenda da te
per quell’incantesimo…”
Beh, non poteva negarlo.
“… e sei arrabbiata con mio fratello per il
bacio nel bayou…
ma in verità l’hai mollato perché ti caghi sotto ad uscire con lui e hai
inscenato la tragediola della barriera elettrica, sia
mai avesse tentato la tua verginità, cuoricino.”
Davina lo guardò, rossa in volto. “Inscenato?!”
“Vuoi schiaffeggiarmi per aver pronunciato
l’orribile verità ad alta voce?” disse, sorridendo invitante. “Hai fatto una
scelta che ti si è ritorta contro.”
La strega contò fino a tre. Inutilmente. “Era
l’unica che lo teneva al sicuro da te!” esclamò. “Sei nocivo e hai la tendenza
a comportarti di merda con le persone che ti vogliono bene! Saresti arrivato a
minacciare anche Kol per piegarmi!”
Il braccio del vampiro girò attorno alla vita
sottile di Davina che perse parzialmente l’equilibrio e gli planò addosso con
un tonfo morbido. Non aveva i jeans stavolta e la sensazione fisica che le
rimandò un corpo tanto diverso dal suo, fu inspiegabilmente attraente.
“Kol ha di nuovo i
suoi poteri, non potrei torcergli un capello neppure volendo” mormorò
guardandola negli occhi. “E non farei alcuna fatica a ‘piegarti’, Davina
Claire.”
Ma che… scherzava o…
“Dovresti vedere la tua faccia in questo
momento” sogghignò, lasciandola andare di colpo. “È da morire dal ridere!”
Ma lei non stava ridendo, nessuno dei suoi amici
stava ridendo e anche Cami ci aveva creduto.
“Distructio.”
Il bicchierino esplose, inondandolo di scotch.
Klaus non se la prese e le indirizzò un sorrisetto condiscendente. “Piuttosto,
dov’è finita la fottuta barriera, cuoricino?”
Già… dov’era?, si chiese osservando accigliata il
vampiro che ordinava un altro giro e le sue mani che sentiva pulsare di
sangue.
Che caldo! Klaus spostò la giacca dal collo
mentre Camille raccoglieva i cocci, attenta a non
ferirsi. “Stai bene? Sei sudato.”
Già risentiva degli influssi della luna piena?
Cominciavano presto, quel mese… “Credo di dover…”
L’ondata di calore lo attraversò da capo a piedi
e la nausea gli strinse lo stomaco. Si sentiva bruciare dentro…
“Kol, basta! Così lo
uccidi!”