Scritta
per la Battaglia Navale di
Pseudopolys Yard (cliccate sul link, cliccate sul link, cliccate,
cliccate…) dove
lo scopo del gioco e del dolore è quello di affondare
le ship. Perché non ci piace soffrire. :)
Il
prompt era “I bet my life” degli
Imagine Dragons.
*
La
verità
RemusxSirius
1100
parole
You
tell me to hold on
Oh
you tell me to hold on
«
Non dire niente ».
Remus
socchiuse le palpebre per un
istante, permettendo alla voce gracchiante di Sirius di artigliargli
ancora una
volta la mente, di entrare e fare a pezzi un altro angolo della
fotografia del
giovane che ricordava. Ormai ne conservava solo le briciole.
«
Non potrai ignorarmi per sempre » lo
ammonì con voce debole. Lasciò vagare lo sguardo
fra i mobili impolverati della
cucina di Grimmauld Place nel vano tentativo di trovare una
distrazione. « E
questo posto andrebbe pulito come si deve ».
Sirius
tacque. Continuò a giocherellare
con le linee del tavolo di legno, seguendone le curve con il
polpastrello in monotoni
cerchi concentrici per diversi secondi ancora, fino a quando Remus non
perse la
pazienza.
«
Ora devi ascoltarmi ».
«
Lo faccio ».
«
No, tu non ci provi nemmeno » replicò
con durezza, trovando finalmente il coraggio di varcare la soglia della
cucina
e di piazzarsi di fronte a lui. « Forse non ci sei mai
riuscito proprio per
questo motivo ».
Non
era del tutto sicuro che avrebbe
voluto trovarsi lì, né che quello forse il
momento o il luogo adatto per quella
conversazione, per quelle parole.
Avevano già aspettato
troppo – e Sirius lo sapeva quanto lui. Avevano aspettato
prima un giorno, poi
una settimane, poi mesi interi… e un anno dopo niente di
ciò che di loro era
cambiato era ritornato a posto.
Aveva
trascorso l’ultimo anno a
chiedersi se sarebbero mai riusciti a tornare indietro.
C’erano degli istanti
in cui ci credeva davvero, in cui non vedeva altra
possibilità, perché non era
semplicemente concepibile che Sirius non desiderasse cancellare ogni
sbaglio quanto
lo desiderava lui. E in quei momenti di folle positività
ogni strada sembrava
in discesa, ogni violenza del passato dimenticata.
Poi
lo vedeva.
Vedeva
il suo viso, i segni del tempo e
di Azkaban, la profondità dei suoi occhi grigi spenta per
sempre dall’avida
fame dei Dissennatori… e sapeva cosa vedeva Sirius. Vedeva
l’ombra di un uomo
che sorrideva con le labbra e non più con gli occhi, cercava
di scorgere il
ragazzino con i riccioli biondi e ne trovava solo lo spettro dai
capelli
ingrigiti.
Il
tempo in cui si erano amati di
nascosto sembrava perduto per sempre. Erano lucciole, erano fiocchi di
neve, erano
fili d’erba… all’epoca Sirius si
divertiva a trasformare ogni loro carezza in
una metafora stupida. Remus ne rideva fino ad avere il singhiozzo, ma
poi aveva
capito per quale motivo Sirius continuasse a trovare di volta in volta
sempre
più metafore con il mondo, sempre più meraviglie
a cui legarsi… erano
sbagliati, loro due.
Lo
sapevano tutti.
Sirius
era un ricco Purosangue
rinnegato da una famiglia di psicopatici, mentre lui era un disgraziato
Lupo
Mannaro con la divisa di seconda mano. Forse le cose non sarebbero
migliorate
nemmeno se non fossero stati due ragazzi. O forse sì
– una delle cugine di
Sirius non aveva forse sposato un Nato Babbano?
Storie
diverse. Ragazzi diversi.
«
Non mi devi niente, Sirius » iniziò
Remus. « E io non devo nulla a te. Cerchiamo di non
dimenticarlo ».
Sirius
sollevò appena il capo e gli
rivolse un’occhiata inquisitoria.
«
Lo credi davvero? ».
“Certo
che no”.
«
Credo non abbia più importanza,
giunti a questo punto. Sono passati dodici anni…
». Sirius distolse lo sguardo
con un lampo di stizza nello sguardo, ma Remus proseguì
ugualmente: « …siamo persone
diverse. Siamo cambiati. Saremo sempre il passato l’uno
dell’altro, ma io… ».
«
Dillo, Moony » lo incitò bruscamente Sirius.
« Dillo e basta ».
«
Credo di aver smesso di amarti da
molto tempo ». Si appoggiò al tavolo e
incrociò le braccia al petto con un timido
sorriso nostalgico. « Anche se probabilmente amerò
per sempre il ricordo del ragazzo
che sei stato… di ciò che eravamo, ciò
che avevamo. Ma non siamo più noi. Non
abbiamo più niente di noi ».
Sirius
emise uno sbuffo di maligno
sarcasmo.
«
Non ti ricordavo così lapidario ».
«
Lo so » sussurrò Remus a capo chino. «
E mi dispiace ».
«
Non è vero » ribatté Sirius. La sua
voce iniziava a tramutarsi nel sibilo d’odio che Remus aveva
iniziato a temere.
« A me hanno costretto a
dimenticarti, giorno dopo giorno, notte dopo notte. Mi hanno scavato
nelle
viscere e si sono aggrappati a tutto ciò che
trovavano… ti ho tenuto stretto nella
mia testa come nient’altro, gli ci sono voluti anni
perché io ti lasciassi a loro… e a me che dispiace ».
«
Sirius… ».
«
A te è stato sufficiente il tempo
» concluse rabbioso. Si alzò in
piedi di scatto e lo fissò con sguardo astioso. «
Hai ragione, Moony: non ti
devo niente. Cerca di non dimenticarlo ».
Remus
si frappose fra lui e la porta
prima che Sirius abbandonasse la cucina. Colpì lo stipite di
legno con un pugno
furioso e si conficcò le unghie nei palmi, incapace di
credere che quella fosse
realmente la strada che lui intendeva percorrere.
«
Non osare mai più insinuare che sia
stato facile, che sia stato naturale…
». Anche la sua voce iniziava a ricordare il basso ringhiare
di un animale
arrabbiato. « Tu non c’eri e tutto ciò
che conservavo di te era la maledetta
confusione per ciò che avevi fatto! Io ti amavo come non ho
mai amato nient’altro
e tu… ».
Scosse
il capo e abbandonò le braccia
ai fianchi, appoggiandosi con aria sconfitta alla parete. Chiuse gli
occhi e
fece un respiro profondo. Dopotutto lo aveva già accettato
da tempo, forse Sirius
non aveva torto. Aveva accettato da tempo
ciò che era accaduto, si era rassegnato e si era
abituato. Prima o poi
anche Sirius lo avrebbe capito.
«
Hai ragione » gli disse. Sentiva gli occhi
bruciare, ma per nessuna ragione al mondo si sarebbe mai lasciato
andare
davanti a lui – non più. « Mi
è bastato il tempo. E vuoi sapere la verità?
».
Si lasciò andare a una risatina nervosa. « La
verità, Padfoot, è che mi è
servito troppo tempo. La verità è che ho smesso
di amarti nel momento esatto in
cui ho scoperto che Peter era vivo e tu eri innocente…
perché l’unica
spiegazione era che tu non mi avevi
amato abbastanza per fidarti di me ».
Sirius
sferrò un calcio furioso a una
sedia, ma non aggiunse altro.
But
innocence is gone
And
what was right is wrong
I
bet my life –
Imagine Dragons
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