Cap 5
Geminato
La
prima
volta che John disse ai genitori di volere diventare medico aveva sei
anni.
Emma Deville, sua compagna di classe e cotta epica dai tempi
dell'asilo, si era
ferita alla testa mentre scendeva dall'albero sul quale si era
arrampicata per
dimostrare agli altri bambini che non la facevano giocare
perché “era una
femmina" che non solo lei poteva salire sull'albero, ma
poteva anche
andare più in alto di loro. Vedendo che Emma era arrivata
quasi in cima,
improvvisamente gli altri bambini, accorgendosi che non ci sarebbe
stato più
nessuno da prendere in giro, avevano deciso che c’erano cose
più interessanti
da fare.
John
invece
l'aveva guardata da lontano e aveva pensato che quella bambina dai
capelli
rossi non aveva proprio niente da dimostrare: era in gamba, tutti lo
sapevano e
proprio per questo non potevano permetterle di vincere. Per rimediare
al suo
orgoglio ferito, il capo dei bulletti, Francis Quine, quando Emma era
ormai
quasi a terra, pensò bene di lanciare un sasso nella sua
direzione colpendola
alla testa.
Più
tardi
Francis avrebbe dichiarato che non aveva intenzione di fare male sul
serio alla
sua compagna, ma John decise
per precauzione
di atterrare Francis e spaccargli in naso, per poi dedicarsi a cercare
di far
rinvenire Emma, svenuta e sanguinante sul selciato.
Ripensando
all'episodio, John era sempre stato certo che quello era stato il
momento che
più gli aveva rivelato la sua natura di amante della
giustizia e di guaritore.
Nell’istante in cui gli era stata confermata la sua Anagrafe
e negli anni
immediatamente successivi aveva capito che, proprio come gli altri
Moirenti, la
carriera che gli si apriva davanti era quella militare: l'unico posto
al mondo
dove quelli come lui potevano avere un po' di sollievo dalla loro
maledizione.
In
guerra i
numeri delle persone erano costantemente bassi, e alla fine era facile
abituarsi, fino a non farci più caso. Tuttavia la natura di
John lo aveva
spinto a diventare medico militare: per quanto razionalmente fosse
davvero
convinto che il Destino non si potesse cambiare, la professione che
aveva
scelto era comunque quella di una persona che col Destino, alla fine,
ci
combatteva sempre contro.
Era
la vita
normale, per lui, il campo di battaglia. Non riusciva più a
guardare le persone
negli occhi a causa dell'ansia di vedere il loro numero. I Moirenti
avevano sempre
problemi di adattamento, gli aveva detto Ella, la sua analista. Ci
voleva
ancora molto tempo, gli ripeteva continuamente, per sconfiggere questo
disagio estremamente
comune. Pensare al suicidio è
statisticamente frequente, ma lui non
doveva cedere, doveva andare avanti. L'unico modo per farlo, gli
diceva, era
lasciarsi la guerra alle spalle.
Avrebbe
dovuto licenziarla, si disse John. Stava camminando con un uomo che
aveva una
sentenza di morte sulla testa incredibilmente prossima e all'improvviso
era ancora in Afghanistan, ad
aspettare il fato con un
fucile in mano.
Non
si sentiva così sereno da anni.
***
Sherlock
Holmes camminava deciso nel quartiere di Belgravia, il cappotto aperto
che gli
svolazzava ai lati come il mantello di un supereroe. Neanche mezz'ora
prima gli
aveva confessato che a quanto pareva erano destinati a stare insieme.
La cosa
era talmente assurda che John non era nemmeno riuscito ad andare in
panico,
cosa che invece con tutta probabilità avrebbe dovuto fare. I
numeri erano una cosa
seria, lo sapevano tutti.
Si
erano avvicinati a un gruppo di case lussuose del quartiere. Tutto
lì intorno
dava l'impressione di ordine e tranquillità: difficile
pensare che quel posto
facesse parte di una città sull'orlo di un attacco di panico
a causa di persone
che si facevano esplodere.
"Poco
credibile che un politico come Andy Smith possa veramente capire i
problemi
della gente da questa reggia di cristallo."
Sherlock
lo
guardò in tralice: "I politici non hanno la minima idea di
cosa la gente
stia passando, per quanto amino affermare il contrario. Dire di avere a
cuore
il destino di tutti è illogico e non credibile. Nessun
essere umano mette
davvero il bene degli altri davanti al proprio. Non è
istintivo."
"Andy
Smith vuole catalogare i Moirenti come bestie da macello per
il nostro bene,
a sentire lui."
Sherlock
lo
prese per un braccio e lo trascinò in un vicolo stretto fra
due villette
squadrate, una posizione che dava loro la possibilità di
osservare le case più
belle del quartiere senza dare dell’occhio.
Passarono
diversi minuti in silenzio, così vicini che potevano
scaldarsi grazie al calore
dei loro respiri regolari, Sherlock apparentemente troppo immerso nei
suoi
pensieri per fare caso a inezie come lo spazio personale di John.
Si
riprese
dalla riflessione di colpo, iniziando a parlare come se il discorso che
avevano
iniziato prima non fosse mai stato interrotto: "Smith lavora secondo la
logica del Bene Superiore e nessuno sembra minimamente preoccupato
dalla cosa,
perché sono tutti troppo spaventati. È la paura
che li guida e trovare un capro
espiatorio sarà il passo successivo, già si
stanno mettendo le basi. È così che
si inizia, di solito." Sherlock aveva spiegato con foga, abbandonando
il
suo solito stile gelido. John aveva la netta sensazione che questa cosa
la
facesse specialmente con lui: era come avere una corsia preferenziale
di
accesso ai pensieri di Sherlock Holmes. Prese quel pensiero e lo
accantonò per
analizzarlo in un momento di calma.
"L'unica
differenza è che stavolta la gente ha davvero più
di una ragione per temere i
Moirenti. Per…temerci, insomma."
Era
la prima
volta che ammetteva a voce alta la sua Anagrafe davanti a Sherlock. Non
che
credesse che non l'avesse capita, ma dopo la confessione che suo
malgrado era
riuscito ad "estorcergli", gli sembrava giusto ripagarlo con la
stessa onestà.
"C'è
qualcosa di strano in quelle morti, John, hai sentito anche tu mio
fratello. Le
persone spariscono per tre giorni prima di ricomparire in stato
confusionario,
seminude e con lo stesso tipo di tritolo legato alla vita. Quello che
dobbiamo
chiederci è: perché i Moirenti?"
John
iniziava a capire dove il detective stava andando a parare.
"Pensi
che ci stiano prendendo di mira? E perché?"
Sherlock
gemette frustrato. "Ragiona un attimo! A chi gioverebbe l'improvvisa
pazzia dei Moirenti? Chi trarrebbe un concreto vantaggio da questa
cosa?"
"Qualcuno
che vorrebbe introdurre il registro dei Moirenti, come Andy Smith."
"Esattamente.
Se ci fossimo fermati a dei Moirenti casuali che si fanno saltare in
aria avrei
pensato sicuramente a un complotto di qualcuno che vuole fortemente che
il
Registro si faccia, ma sicuramente non Andy Smith, perché
non è una di quelle
persone che definiresti brillanti: dubito che arriverebbe ad
architettare tutto
questo. Il rapimento di Vera Deyong, invece, è totalmente
illogico e fuori
dallo schema. Rapire l'esponente della fazione opposta la potrebbe
rendere un
martire, aumentando sensibilmente le probabilità di vittoria
del suo partito, a
danno ovviamente della creazione del Registro stesso."
La
velocità
di esposizione e una serie di altri fattori che riguardavano la
presenza stessa
di Sherlock a quindici centimetri di distanza da lui rendevano molto
difficile
seguire i suoi ragionamenti.
"Quindi,
in pratica: il rapimento della Deyong è la nota stonata?"
"Una
nota molto stonata. Scopriremo quanto vedendo che
ne sarà di lei, sempre
che non riusciamo a trovarla prima." Mentre parlava, il detective
continuava a sbirciare oltre il muro dietro a John, come se stesse
aspettando
qualcosa. John riusciva a sentire il suo profumo.
"Ehm…esattamente,
cosa stiamo facendo qui?"
"Aspettiamo
l'inevitabile. Secondo te cosa succede se la maggiore rivale alle
elezioni di
un noto politico sparisce senza lasciare traccia?"
John
non
ebbe tempo di formulare una risposta: due macchine della polizia si
erano
fermate davanti a una casa vicina, facendo scendere, tra gli altri,
anche
l'Ispettore Lestrade.
Nel
giro di
cinque minuti, un sudaticcio Andy Smith usciva dalla porta per salire
su una
delle due macchine, scortato dagli agenti.
"Lo
stanno arrestando?"
"Dipende
da cosa dirà all'interrogatorio, ma dubito: immagina lo
scandalo internazionale
se si scoprisse che l'esponente conservatore della politica inglese ha
probabilmente fatto eliminare il suo principale avversario ed
è in prigione per
questo. Se lo arresteranno, sarà solo in presenza di prove
più che
schiaccianti."
"E
allora noi cosa ci facciamo ancora qui?" Non che John stesse scomodo,
eh.
Ma il fatto che lo spazio personale non sembrasse un concetto familiare
per
Sherlock aveva reso ormai impossibile evitare di toccarlo
inavvertitamente.
"Andiamo
a fare una visita alla signora Smith."
***
"La
signora Smith vi raggiungerà nel salotto." disse la
cameriera facendoli
accomodare.
La
casa
ovviamente era immensa e molto più costosa di quello che
John avrebbe potuto
guadagnare in tutta la sua vita. La stanza in cui stavano aspettando la
moglie
del politico era stata arredata sui toni del bianco, con un gusto
ricercato, ma
minimal. John si sentiva troppo sporco per sedersi su quel divano
immacolato;
Sherlock, invece, sembrava nato per prendere posto tra quelle mura
snob-chic.
"Signor
Holmes! Che piacere rivederla! - disse una voce femminile
vagamente roca
alle sue spalle - A cosa devo lo visita?"
"Nessuna
idea, signora Smith?" rispose Sherlock sarcastico ma anche, si
stupì John,
vagamente a disagio.
"Legalmente
sono ancora Irene Adler, se non le dispiace: questa barbara abitudine
anglosassone di far prendere alle donne il cognome del marito non la
capirò
mai.- rispose parlando con Sherlock, ma allungando la mano a John (17348
-
la signora Adler avrebbe vissuto a lungo), che gliela strinse
presentandosi
- Molto piacere. Lei è …interessante." gli disse
guardando per una
frazione di secondo proprio sopra la sua testa.
John
doveva
ringraziare il fatto di essere stato disoccupato per lungo tempo dopo
il
ritorno dall'Afghanistan se sapeva chi era quella donna. Lunghi
pomeriggi
passati in casa l'avevano reso estremamente familiare con quel viso che
rimbalzava su gran parte dei canali televisivi grazie a ospitate e
addirittura
a un programma tutto suo. Irene Adler era il più famoso
Geminato di
Inghilterra: aveva reso alla portata di tutti un servizio che di solito
quelli
come lei fornivano in privato dietro un lauto compenso. Con Irene, il
Grande
Consulto era diventato popolare. Le persone normali che riuscivano a
far parte
del pubblico del suo programma avevano la possibilità di
sapere gratuitamente
entro quanto avrebbero incontrato la loro anima gemella. Ovviamente lo
show
aveva avuto un successo enorme, facendo guadagnare alla Adler una
fortuna in
termini di pubblicità e fama.
Quello
di
cui però John non era al corrente era il fatto che quella
donna fosse sposata
con uno dei maggiori esponenti politici della Gran Bretagna.
"Interessante?"
ripeté John, registrando il commento della Adler.
"Molto
interessante." rispose lei con un sorrisetto. "Sherlock, vedo che per
te, invece, non è cambiato niente." Sherlock era impassibile
come una
maschera di cera.
Improvvisamente
John si chiese cosa avrebbe visto un Geminato sopra la testa di
Sherlock:
avrebbe visto il numero che Sherlock vedeva su se stesso? E soprattutto
- si
chiese in un momento di lucida follia - che numero vedeva Irene Adler
sulla
testa di John?
"Devo
ammettere a mio malgrado di avere scoperto tardi che tu e Andy Smith vi
eravate
sposati. L'hai tenuto ben segreto, vedo."
"Non
sono una grande fan della politica. Ma l'incontro con Andy è
stato…beh, è stato
Destino, come si dice in questi casi. D'altra parte, i segreti del
cuore sono
il mio mestiere - fece l'occhiolino a John - Comunque, preferisco di
gran lunga
tenere un basso profilo. Peraltro – sfoderò un
sorrisetto compiaciuto - i suoi
addetti alla comunicazione mi odiano: vorrebbero una moglie da
copertina che
abbandona la carriera per seguire la carriera politica del marito -
disse
togliendosi le Louboutin nere - e invece hanno me."
"Una
presentatrice tv dalla dubbia moralità." Il commento di
Sherlock le spense
per un secondo l’allegria.
"Potrà
considerarmi una truffatrice, signor Holmes, ma almeno le persone non
mi
considereranno mai solo 'la moglie di un politico'."
"Non
sembra particolarmente fiera della professione di suo marito, se posso
permettermi" intervenne John. In effetti nemmeno lui sarebbe stato
fiero
di avere un marito come Andy Smith, ma per altri motivi che sicuramente
un
Geminato come quella donna non avrebbe mai potuto capire.
"Le
questioni politiche sono il passatempo dei deboli: vanno bene per
quelle
persone che hanno la patologica necessità di ricevere
l'approvazione dagli
altri ed essere sostenuti nelle proprie idee. Volete del the? Chiamo la
cameriera."
"No,
vorrei andare al sodo della questione, a dire il vero."
"Uh,
mi
piacciono gli uomini che vanno al sodo" rispose lei ammiccando. John si
sforzò di non pensare alla parola "flirtare" ma era
decisamente
quello che quella donna stava facendo. Il fatto che lui fosse nella
stanza
sembrava non turbarla minimamente. In effetti il fatto che lei ci
stesse
provando con il suo coinquilino non avrebbe dovuto turbarlo in generale.
Forse
era
l'associazione che qualcuno potesse flirtare con una persona come
Sherlock
Holmes a infastidirlo. Un uomo apparentemente di ghiaccio difficilmente
poteva
sembrare raggiungibile. John, però, pur avendo passato
pochissimo tempo con
lui, si sentiva come se ci avesse vissuto mille vite insieme: inseguire
pazzi
assassini e scongiurare omicidi fra cui quello del suddetto detective
fa queste
cose al rapporto tra due persone. Inoltre, il buon dottore aveva visto
lo
sguardo di Sherlock Holmes nel laboratorio, mentre gli confessava il
suo più
grande segreto, e di sicuro l'aggettivo "freddo" non gli si poteva
adattare. Sherlock Holmes era fiero, solo e soprattutto ferito dalla
sua stessa
natura, una cosa che John, dottore Moirente, poteva capire benissimo.
"Non
sembri nemmeno preoccupata del fatto che tuo marito sia stato appena
prelevato
dalla polizia per essere interrogato a Scotland Yard."
"Per
favore. Gli interessi in gioco sono troppo alti perché
qualche informazione
scappi e finisca in pasto ai giornali. Non si possono permettere di
fare
saltare queste elezioni, le persone sono diventate paranoiche: non
prendono più
i mezzi pubblici, nemmeno escono di casa. Avete sentito che molte
famiglie
stanno iniziando a mandare i figli in campagna? Come durante la Seconda
Guerra
Mondiale. Ci sono troppe speranze che si appoggiano su queste elezioni:
mio
marito non ha il minimo interesse a far sparire Vera Deyong. Con la
storia di
quei pazzi Moirenti che si fanno saltare come petardi ha già
la vittoria in
tasca."
"Quindi
non crede che il signor Smith possa avere architettato il rapimento
della sua
rivale senza farglielo sapere?" chiese John, sbilanciandosi nel lavoro
del
detective con una sicurezza che non aveva, notando però con
la coda dell’occhio
che Sherlock sembrava positivamente colpito più che
infastidito dalla sua
intromissione in un campo non suo.
"Santo
cielo! - sbuffò Irene rimettendosi le scarpe - Sentite, che
rimanga fra noi:
mio marito non va nemmeno in bagno senza dirmelo. Se fossi minimamente
interessata alla politica, potrei governare indirettamente questo Paese
senza
lasciare il mio salotto. Quando abbiamo saputo della sparizione di
Vera, Andy
ha quasi avuto un attacco di panico. Queste elezioni sono tutto per lui
e se
Vera Deyong muore il suo partito troverà un modo per
cavalcare la teoria del
complotto e della 'politica scomoda fatta fuori dagli avversari
cattivi' e a
quel punto gli scenari sarebbero due: il partito della Deyong
vince oppure
vincerà mio marito per un soffio portandosi dietro un sacco
di sospetti che non
gli permetteranno di governare. Per governare questo Paese,
Andy sa che
non deve assolutamente vincere perché la sua rivale ha dato
forfait: ha bisogno
di una regolare e sacrosanta vittoria schiacciante". Guardando il suo
atteggiamento deciso, John iniziava a pensare che politicamente quella
donna
sarebbe stata comunque un'alternativa migliore del marito.
"Conoscevi
Vera Deyong?" Il repentino cambio di argomento di Sherlock li prese
entrambi
alla sprovvista, ma il detective pretese di non accorgersene.
"L'ho
vista una volta, quando ho accompagnato Andy a una raccolta fondi che
non ho
potuto evitare, per la gioia della sua pubblicista."
"Molto
bene. - Sherlock si alzò, facendo gesto a John di seguirlo -
I migliori auguri
per le elezioni". Così come non poteva essere più
evidente che quegli
auguri non erano sentiti, così era altrettanto evidente come
a Irene Adler non
importasse assolutamente nulla del risultato delle elezioni,
né tantomeno della
carriera del marito. All'ingresso si avvicinò a Sherlock per
dargli un leggero
bacio sulla guancia, quasi al limite delle labbra: "Sono felice di
sapere
che non sei più solo. La tua unicità mi ha
perseguitata per anni, ma adesso
credo di avere capito di cosa si trattava."
Sherlock
era
teso come una corda di violino; prese il cappotto e aprì la
porta.
"Andiamo, John."
"Oh,
non gliel'hai detto?- Irene sembrava uno di quei gatti che preferiva
giocare
con il topolino prima di mangiarlo – Deve sapere, John, che
io e Sherlock ci
siamo conosciuti qualche anno fa, quando Sherlock venne chiamato da un
mio
vecchio cliente per recuperare delle foto che mi aveva lasciato come
garanzia
di pagamento, foto che ovviamente non rivide più
perché il pagamento non arrivò
mai. A Sherlock ancora brucia, vero caro? – era evidente che
se Sherlock avesse
potuto, probabilmente l’avrebbe strozzata sul posto.
– Quando lo vidi,
beh, era inevitabile che catturasse la mia attenzione - si era
avvicinata a
Sherlock e lo guardava rapita - non era solo un bel visino, era
intelligente e
soprattutto non vedevo alcun numero sulla sua testa."
Sembrò
ricordarsi della presenza di John solo dopo avere passato un dito lungo
la
mascella di Sherlock.
"Io
vedo tante cose, Dottor Watson. Persone con numeri molto bassi, altri
con
numeri talmente alti che probabilmente non incontreranno mai la persona
per
loro, perché nascerà tra cinquant'anni, quando
forse saranno già morti. La vita è ingiusta e la
mia Anagrafe spesso me lo ricorda:
quello che ho imparato
è che non ha senso gettare la gente nello sconforto. La
persone non mi pagano
per dire la verità, ma per avere belle notizie. Per questo,
in caso di brutte
notizie, mento e non mi sento minimamente in colpa perché lo
faccio per loro.
Tuttavia Sherlock è un cultore della verità e
anche per questo mi disprezza. In
ogni caso, nella mia vita non avevo mai visto qualcuno senza numero.
Ammetto di
avere pensato per un momento che lui fosse la mia anima gemella, ma poi
capii
che non era così. Anche se ho accettato questa cosa tempo
fa, oggi lei, John,
risolve uno dei miei più grandi misteri.”
Silenzio.
Era evidente che troppi anni di televisione avevano lasciato in quella
donna la
perenne esigenza della suspense che di solito c’è
prima di uno stacco pubblicitario.
John avrebbe voluto non darle la soddisfazione di fare la domanda, ma
la
curiosità era sinceramente troppa.
“In
che
senso?”
“Neanche
lei
ha un numero. Oh, è fantastica questa cosa, potrei studiarvi
per anni,
giuro."
"Questo
non vuol dire niente." intervenne Sherlock trascinando John nel
giardino
per un braccio.
"Vuol
dire tutto detective Holmes! Vuol dire proprio tutto." la sentirono
cantilenare mentre chiudeva la porta dietro di loro.
***
Era
sera e
stranamente erano già tornati al 221B.
Sherlock
era
stato in silenzio per tutto il viaggio e oltre, immerso nei suoi
pensieri. Da
quando era uscito dalla casa di Andy Smith aveva detto una sola parola:
"Bugiarda". Tutte le insistenze di John per fargli spiegare in cosa
la Adler stesse mentendo non trovarono risposta.
"Comunque
ha senso." - si mise a riflettere John ad alta voce mentre preparava il
the, parlando tra sé e sé.
"Cosa
ha senso?" Sherlock a quanto pare aveva abbandonato il mondo delle Idee.
"Oh,
beh… se tu vedi solo i nostri numeri, è logico
pensare che un Geminato non ne
veda alcuno."
"Logico
- ripeté Sherlock sprezzante - Non c'è nulla di
logico in questa storia. I
numeri non sono una scienza esatta. Anzi, non sono proprio una scienza,
potremmo paragonarli all'oroscopo, per quanto sono accurati." Sherlock
era
sdraiato sul divano, gli occhi chiusi, il collo lungo rilassato sul
bracciolo,
le dita unite sotto il mento.
"Ma
adesso abbiamo due riscontri: il tuo e quello di Irene."
"Potremmo
avere mille riscontri, John, pensavo fossimo d'accordo su questo punto:
- si era seduto sul divano e adesso guardava John, infastidito - non
è questo
l'importante."
"E
cosa
è importante esattamente?" si era ripromesso di
preoccuparsene più avanti,
è vero, ma l'incontro con Irene in qualche modo aveva
riportato il discorso
bruscamente a galla.
Sherlock
sembrava indeciso su cosa dire: "Cosa vuoi tu."
"Cosa
voglio io? Perché solo quello che voglio io?" Sherlock
continuava a
parlare della possibilità per John di voltare le spalle al
Destino e prendere
un'altra strada, una che lo portasse lontano da lui. Non aveva mai
parlato di
cosa provava lui. "Tu cosa vuoi?"
Sherlock
sospirò, passandosi una mano sul viso, come per scacciare
via la stanchezza o
nascondersi in un momento di vulnerabilità. "Non sono bravo
in queste
cose. Non è proprio il mio campo."
"Beh,
neanche il mio. Quindi lo cose sono due: o ne parliamo adesso e non ci
pensiamo
più oppure ci giriamo attorno per un tempo indefinito. Io
sarei per la prima
soluzione, perché per quanto odi parlare di sentimenti, mi
sembra che in questi
ultimi giorni mi stiano ricorrendo qualunque cosa faccia. - John stava
girando
per casa gesticolando, in preda a un flusso di coscienza - Quindi
inizio io, va
bene? È una situazione assurda, pazzesca, ma sai una cosa?
Non mi sentivo così
bene da anni. Non mi interessa se sulla mia testa vedi un numero, nulla
o un
coniglietto saltellante. Probabilmente sarei sempre qui a dirti che da
quando
ti conosco la vita non è solo più sopportabile,
ma mi piace anche. E non so cosa
questo voglia dire. - si risedette sulla poltrona, in preda a una sorta
di
confuso sconforto. Passarono interminabili secondi a
fissarsi, senza
fiatare.
"Coniglietto
saltellante?" chiese Sherlock con un sopracciglio alzato.
"Già,
un coniglietto saltellante. Va bene anche quello." John si stava
sforzando
di non ridere. Fortunatamente Sherlock sapeva come alleggerire la
tensione. Il
suo sguardo si era ammorbidito, ma era anche malinconico.
"Sei
l'unica persona a cui sembro piacere davvero, che non alza gli occhi al
cielo
quando mi vede e che non pensa che io sia un pazzo strambo con la fissa
delle
scene del crimine. Sei anche l'unica persona di cui davvero mi importi
il
giudizio, che è una cosa assurda, razionalmente parlando:
non ti conosco quasi
per niente. – Sherlock si guardava le mani e John si
trovò a pensare che sì, in
effetti Sherlock era un po’ strano, ma non è che
lui potesse proprio definirsi
normale e quindi gli andava bene così –
-
Penso che
tutto questo voglia dire qualcosa, anche se non so cosa. Non ho mai
voluto
stare con qualcuno, non credo di esserne capace. Ci perderesti davvero
solo tu,
John."
John
sentì
una strana stretta al petto, si alzò e andò a
sedersi di fianco a Sherlock. Gli
prese la mano senza guardarlo negli occhi. "Ti sembrerà
strano, ma nessuno
vuole stare con uno che si sveglia la mattina e vede quanto manca alla
sua
morte. Quindi davvero, mi sa che stai facendo tu il cattivo affare.
Diciamo che
sono quello che la gente considererebbe ‘merce
avariata’.”
"A
volte la merce che non vuole nessuno è unica nel suo
genere." Sherlock gli
appoggiò la testa sulla spalla. John poteva sentire l'odore
dei suoi capelli.
Per
quella
sera, andava decisamente bene così.
Ho avuto qualche problema col
capitolo, nel senso che l'ho cancellato per sbaglio :(
So
che è un po' intricata la storia politica dietro le
elezioni, spero si
sia capita più o meno bene. Spero anche di non aver
sbrodolato troppo
con la scena finale, let me know!
Ringrazio
al
solito Sara, la mia super editor!
V.
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